Haruno
Sakura era sempre
stata quel genere di ragazza che tutte avrebbero voluto essere. Di buona famiglia, bella,
piuttosto popolare.
Tutte la invidiavano per i suoi splendidi capelli rosa, curatissimi e
lunghissimi, sempre perfetti. La invidiavano per la sua corporatura
esile ma
slanciata e i suoi occhi da cerbiatta, verdi come smeraldi. Per le sue
labbra,
la sua bocca che sembrava una ciliegia e per le sue dita affusolate. Per la pelle che pareva
quella di una bambola
e per le sue gote sempre leggermente arrossate. Per la sua camminata
sempre
aggraziata e per le unghie sempre curatissime. Per la sua risata
cristallina e
per l’essere sempre impeccabile in ogni occasione. Sakura era
bella e
soprattutto era consapevole della sua bellezza.
La
ragazza smise di prendere
appunti per la lezione di scultura. Tanto oramai, aveva già
saltato parte della
lezione, non avrebbe avuto senso continuare a scrivere pigramente
quattro
concetti su un bloc-notes. Al massimo avrebbe chiesto a Ten Ten, forse
una
delle poche persone che cercavano di seguire la lezione, di prestarle
gli
appunti che aveva. Odiava la teoria, ma nella pratica si divertiva
tantissimo e
riusciva ad avere anche buoni risultati. Seccata prese una ciocca di
capelli. I
suoi capelli, che aveva trattato con la massima cura per anni adesso
erano un
cespuglio corto e spettinato. Maledì in silenzio il momento
in cui aveva deciso
di aiutare Hyuga e di prendere parte alla rissa con Izumi. Da una
parte, si
sentiva invece fiera di se stessa.
Kin sarebbe stata sospesa e francamente era una vita che desiderava
darle una
lezione, come metà delle ragazze della scuola. Non era che
una ragazzina
arrogante che si divertiva a cercare rogne dovunque.
Si chiese comunque, se il gesto che aveva compiuto avrebbe cambiato il
parere
della gente su di lei, o meglio il parere di Sasuke su di lei. I ragazzi normalmente
stravedevano per lei e
aveva perso il conto delle dichiarazioni dalla seconda elementare. Ma
Sakura
aveva il cuore solo per lui.
Lo aveva conosciuto qualche anno prima. Glielo aveva presentato
Uzumaki, suo
amico d’infanzia.
Sasuke. Il migliore. Bello, anzi no, bello è un termine
riduttivo: stupendo,
intelligente, il migliore in ogni esame. Il ragazzo che ogni ragazza
avrebbe
voluto. Anche a costo di uccidere.
Per averlo però bisognava lottare. Era una vera lotta per la
popolarità, in una
giungla urbana che aveva le sue regole: durissime. Tacchi a spillo,
soldi
buttati al vento, amicizie che alla fine non erano amicizie, alcol,
droga.
Feste che duravano fino alla mattinata successiva dove circola gente
affatto
raccomandabile.
Proposte a dir poco indecenti, ricatti. Iniziano le sigarette, lo
stress, un
dimagrimento che non era di certo frutto di una vita sana. I voti
calano. I
rapporti con la famiglia vanno a pezzi. I vecchi amici si allontanano.
In effetti Sakura più volte si era chiesta se la vita che
conduceva fosse
davvero adatta a lei. Nonostante i voti, che di certo non brillavano
era una
ragazza intelligente, era creativa e anche se cercava di assomigliare
il più
possibile alle sue compagne di classe, dentro di lei c’era una Sakura diversa, una Sakura
che era entrata in
quella scuola non per i pavimenti di marmo italiano o per i parcheggi
riservati. Una Sakura che sognava di diventare una grande stilista, una
Sakura
che timida si vergognava ancora un pochino di indossare le sue
creazioni e si impegnava
per migliorarle giorno dopo giorno. Sakura amava disegnare modelli di
abiti da
sera o semplici, quotidiani. Non ne parlava quasi con nessuno, ma
effettivamente
aveva talento da vendere. La professoressa Anko lo aveva notato e
perciò
l’aveva iscritta ad un concorso di nuovi talenti in campo
dell’alta sartoria.
Sarebbe avvenuto da lì a poche settimane e Sakura, stava
facendo praticamente i
salti mortali per rendere al meglio il suo abito. Eppure
era dalla serata al Red che non
riusciva più a concentrarsi.
Finalmente aveva avuto quello che desiderava da tanto tempo. Aveva programmato quella
serata da tutta la
vita. Il suo abito Chanel preferito, corto da capogiro. Il profumo che
le aveva
consigliato Ino ed era stata dal parrucchiere tutto il pomeriggio. Era
stupenda. E quella era la sua serata. Come previsto arrivarono le rose
e lo
champagne. L’invito per il privè. Ma…
Baciarsi con Sasuke però non era stata
quella cosa da film che aveva tanto sognato. Era stato freddo, la sua
lingua le
era quasi andata in gola tanto in profondità che avrebbe
potuto soffocarla. Ma
guardava altrove. Non partecipava affatto. La accarezzava, ma in modo
distaccato. E ogni tanto la respingeva, per partecipare alla
discussione,
dimenticandosi di Sakura. E quando chiamarono altre ragazze e Sasuke si
mostrò
interessato, Sakura si sentì come se mille spade le
trafiggessero il cuore
nello stesso momento.
Chissà chi erano quelle ragazze. Probabilmente devono essere
state bellissime
quella sera, perché Sakura aveva dato veramente il meglio di
se. Non era
riuscita a vederle, perché nel momento che decisero di farle
salire, facendo
sforzi sovraumani per trattenere le lacrime (ci mancava anche che
Sasuke la
considerasse una piagnucolona) si inventò una scusa
qualunque e tornò a casa, senza
nemmeno salutare Ino.
Le lacrime bagnarono il quaderno degli appunti. Anche pensarci faceva
troppo
male. Perché lei dopotutto era innamorata di Sasuke e
avrebbe dato ogni cosa
per comprendere i suoi sentimenti.
“Saku… tutto bene?” sussurrò
Ino, che aveva appena finito di ripassarsi lo
smalto. Viola, il suo colore preferito. Sakura la guardo per un attimo
e finse
un sorriso.
“Aehm, nulla. Mi lacrimano solo un po’ gli occhi.
Sai tutto questo polline… io
sono delicatissima in questo periodo… vado in bagno. Sai, il
mascara.”
La
rosa uscì in fretta
dall’aula, con una minitrousse per il
trucco e si diresse a passo svelto verso il bagno.
La scuola come sempre, anche in questo, si distingueva dalle altre.
Bagni impeccabili
e di lusso.
Tirò
fuori dalla mini trousse
firmata Louis Vuitton il rimmel e in lucidalabbra Dior. Specchiandosi vide i capelli
e le ritornò in
mente del disastro di prima. In qualche modo Ino e Sanami [Nota: vedi capitolo 1.] erano riuscite a
sistemare quello che era
“sistemabile”. In effetti non era un completo
disastro. I capelli corti non le
stavano affatto male. Si toccò una ciocca con le unghie
laccate di rosso.
Sentiva di potersi piacere anche così. Ma…
“Secondo me stai meglio con i capelli corti.”
Sakura si girò di colpo. Ma non c’era nessuno. Era
una voce maschile. In un
bagno femminile…?
- Perfetto. -
pensò. – Adesso sto pure
diventando un’esaurita. -
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Karin
entrò nell’aula con
Hyuga e si sedette al solito posto.
Suigetsu
cercò di volgere lo
sguardo altrove. Ma non ci riuscì. Ultimamente ne era
ossessionato.
Poco prima due ragazze gli avevano chiesto il numero di telefono, ma
non era
riuscito a divertirsi e soprattutto a comportarsi come al solito. Tutta
colpa
di quella pazza violenta.
Da una parte Izumi gli dava sui nervi. Anzi, dire che le stava sui
nervi era
riduttivo. Certe volte non riusciva proprio a sopportarla. Da
un’altra non
riusciva a non togliersi dalla testa la serata al Red, quando era nei
bagni con
lei. Si, ammise Suigetsu, dopo tanti anni: Izumi non era brutta, ma
insomma non
era proprio il suo tipo. E poi aveva un carattere da vecchia zitella. E
alcune
volte Suigetsu avrebbe voluto volentieri buttarla giù da
qualcosa di alto,
molto alto. Ma non riusciva a spiegarsi lo stato di perenne tensione
quando la
vedeva. E non era una semplice tensione. Quella volta che i ragazzi
avevano
invitato Karin al privè, aveva temuto di impazzire. Di
perdere la testa.
Diamine, forse era già impazzito.
Doveva
capire quello che
diamine gli passava per la testa o sarebbe rimasto uno straccio.
Suigetsu
alzò la mano.
“Mi scusi, professor Kabuto, vorrei chiederle
se…”
“Si Hozuki?” rispose freddamente il professore.
“Senta…a proposito del risultato
dell’ultimo test…”
“Certo. E’ stato un risultato non proprio
brillante, il suo, Hozuki.”
Metà
classe inziò a ridere. E
Suigetsu a lanciare occhiate assassine ai compagni.
- Bella dimostrazione di
maturità. – pensò
Karin, infastidita dalle risatine ocheggianti, quando avrebbe voluto
solamente
tornare a casa, anche se praticamente non ne aveva più una,
ed eliminare dalla
storia quella giornata. Hinata restava in silenzio e continuava a
scarabocchiare carinerie varie ovunque poteva.
“Si, già. Emh volevo chiedere. Io vorrei
migliorare, ma da questa postazione
non riesco a concentrarmi.”
Karin
spalancò gli occhi e si
girò di scatto. – Oddio, no, non lo voglio qui! -
Hinata smise di scarabocchiare cuoricini e prestò
più attenzione alla scena. Se
l’avessero separata da Karin sarebbe morta sul colpo. Non era
ancora
psicologicamente pronta per aprirsi di nuovo a qualcuno.
“Allora prendi il posto di Misora, accanto a
Higuchi.” Sospirò il docente.
“Dietro di noi.” Sussurrò Hinata,
visibilmente sollevata a Karin che invece
rabbrividì.
Ancora
nemmeno lei era
riuscita a dimenticarsi del Red. Dei bagni. Ma anche del doposcuola a
fare le
pulizie. Ma fra tutti i problemi che aveva, quello semplicemente
passava al
secondo posto.
Misora cambiò posto con Hozuki tutta contenta per il suo
trasferimento in
ultima fila, mentre Suigetsu iniziò a pensare che forse era
meglio se fosse
restato nei banchi in fondo e di essere un idiota completo. Il fatto
che anche
Karin lo pensasse era ovvio.
“E adesso ragazzi, andate a pagina 453, paragrafo 2.
Yamanaka, puoi iniziare a
leggere.”
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Karin
nell’ora di pranzo non
toccò cibo. Si limitava a prendere la forchetta e a
giocherellare con una
polpetta. Hinata, unica compagna di tavolo, la guardava preoccupata.
Il suo braccio era stato subito fasciato nell’infermeria e
cercava di coprire
la fasciatura il meglio che poteva con il suo cardigan azzurro. Era
sempre
impeccabile e carinissima. I capelli oggi erano lievemente ondulati e
le unghie
fresche di french manicure. Trucco leggero ma curatissimo. Il suo
profumo,
Hypnotic Poison di Dior, dolcissimo, si diffondeva nell’aria.
Karin invece
indossava solo una t-shirt bianca, con sopra stampata una frase tratta
da una
canzone e i suoi capelli erano spettinati come sempre. Indossava i suoi
pantaloni preferiti in similpelle, neri, regalo risalente al suo scorso
compleanno. Ai piedi i vecchi anfibi, un po’ rovinati. La
matita un po’ sbavata
sugli occhi e mascara a go go. Le unghie, rovinate e un po’
rosicchiate, rigorosamente
smaltate di nero.
“Non mangi nulla?”
“Non mi va.” Rispose Karin, inespressiva.
“Se
non mangi ti sentirai
male.”
“La
mia vita fa schifo.”
Brontolò la rossa.
“Ma
se non mangi, le cose non
miglioreranno.”
“La
mia vita fa schifo.”
“Kairi! Dai su, assaggia qualcosa.”
“Buhhhhh” si lamentò Karin.
Hinata fece un sospiro. C’era qualcosa che non andava. Karin
era davvero troppo
strana quel giorno.
“Su, smettila di fare la bambina. Tante storie solo
perché un compagno di
classe con cui non vai proprio d’accordo ora è nel
banco dietro il nostro...”
la rimproverò.
Karin
le avrebbe voluto
urlarle che diamine, non era per Suigetsu, cioè si anche per
lui, ma che lui
non le importava così tanto da farle perdere
l’appetito. Erano gli altri
problemi che la tormentavano. La serata di lavoro. La cinepresa.
Tayuya. La
casa. E i soldi che non c’erano mai. Senza parlare del
richiamo della preside e
della borsa di studio praticamente giocata per una cretina come Kin. Ma alla fine decise di
restare in silenzio.
Si era ripromessa di non trattare male Hinata o di non fare o dire
assolutamente nulla che la urtasse. E poi ci mancava solo rendere
un’altra
persona partecipe dei suoi problemi. Una ragazza come Hinny,
probabilmente non
avrebbe dormito la notte.
“Scusa… è che sono solo un
pò stanca.” Si limitò a dire e
alzandosi, si diresse
verso l’uscita della sala mensa, a passi veloci.
Passando solo dal corridoio riuscì a dare
un’occhiata alla bacheca e a vedere
che un annuncio per la vendita della sua preziosa cinepresa era stato
staccato.
Rimase davanti alla bacheca imbambolata.
La prima volta che si iniziò ad interessare di cinema era a
8 anni. A scuola le
avevano dato un progetto e lei aveva deciso di rappresentarlo con un
piccolo
documentario. Il titolo era: Perché
la
mia vita è felice.
Da uno scatolone aveva recuperato grazie a zia Eveline una vecchia
videocamera
vinta con i punti del supermercato. Lei l’aveva sgridata. Era
sempre stata
autoritaria e severissima, e Karin la chiamava strega.
Ma
in fondo le voleva bene.
Anche se non lo aveva mai confidato a nessuno.
Perché la sua vita era felice? Perché i gelati
del bar sotto casa sua erano
sempre buonissimi, perché zia Eveline profumava di
marmellata di fragole,
perché sua sorella Tayuya era sempre con lei. Era felice
perché quando c’era il
sole, poteva andare a giocare nel campo di fronte e anche se alcune
volte si
faceva male, era felice lo stesso. E se pioveva, la zia le preparava le
crostate. Era felice perché la scuola le piaceva. Le
insegnanti erano giovani e
carine ed erano tutte molto dolci. Era felice.
Le cose continuarono però ad andare gradualmente peggio di
prima. Zia Eveline,
che anche se aveva avuto i suoi crucci, severa come un generale
militare, un
po’ brusca nei modi, era sempre stata come una di quelle
anziane fatine buone
dei film di animazione, si ammalò molto e Tayuya dovette
lasciare gli studi,
per trovare un lavoro con uno stipendio migliore, per le cure.
Karin si dedicò ancora di più al suo nuovo hobby.
Riuscì a comprare con anni di
risparmi un computer di seconda mano e inziò a montare i
suoi video. Cercò di
impegnarsi sempre di più con la scuola, perché
voleva che zia e Tayuya fossero
fiere di lei.
La zia però continuava a peggiorare. Il suo tumore era ormai
terminale. La malattia
che la divorava da tempo non le consentiva più di continuare
le cure a casa.
Venne trasferita nell’ospedale vicino.
Dopo qualche settimana, dopo che Karin ebbe finito di mangiare la cena.
Tayuya
le disse, con la voce che le tremava, che la zia era salita in cielo e
che
adesso finalmente stava bene. Karin,
come ogni bambina di 10 anni, anche se diceva di odiarla, non
riuscì a
trattenere le lacrime. Pianse tanto, consolata dall’abbraccio
dolcissimo di
Tay.
La mattina dopo, Tayuya decise far saltare a Karin un giorno di scuola.
La
prese per una mano e la portò nel negozio di elettronica
più vicina. Karin non
ci credeva: una cinepresa professionale, tutta per lei.
“Ma posso veramente?” sussurrò, timorosa
anche solo di sfiorarla con la sua
manina.
“E’ un regalo della zia.” Sorrise Tayuya,
accarezzandole la testa.
La
Karin liceale, al
rievocare di quei ricordi, sorrise; ma fu un sorriso amaro.
Quell’oggetto
rappresentava molto di se. Più di quanto si fosse potuto
immaginare. E adesso
rischiava di finire come “accessorio vintage” nella
cameretta di un ragazzino
viziato. Strinse i pugni per la rabbia.
“Che stai guardando, tomato ketchup?” senti
sussurrare all’orecchio.
Karin si girò di scatto, furiosa. Ma Suigetsu Hozuki si
allontanò in tempo, per
evitare di mettere a repentaglio la propria vita.
“Nemmeno
all’elementari si
inventano tali nomignoli.” sibilò glaciale la
rossa.
Suigetsu
sospirò, cercando di
assumere un atteggiamento controllato.
“Izumi, vengo in pace.” Disse alzando la mano
destra e imitando i gesti del
tipico film di fantascienza.
Karin si lasciò scappare una risatina nervosa. Solo adesso
Suigetsu si accorse
che aveva gli occhi lucidi e rossi, come se avesse trattenuto le
lacrime da un
sacco di tempo. Questo gli ricordò la serata al Red, lei
come una principessa
triste, come una cenerentola allo scoccare della mezzanotte. Con il suo
temperamento aggressivo come ultima difesa dal pianto, quando al posto
di una
carrozza d’avorio si trovava sul freddo pavimento del bagno
del locale. Come
quando le loro labbra erano state sul punto di sfiorarsi e intrecciarsi
in una
folle romantica danza. Cercò di prendere coraggio e si
promise di essere il più
serio possibile e di evitare altre frecciatine.
“Senti” continuò lui abbassando la voce.
“Questo sabato faccio una festa e ci
sarà tutta la scuola e magari potevi venire anche
tu.” Lentamente si avvicinò a
lei.
Karin restò immobile. Anche se lo sguardo del ragazzo la
metteva non poco in
soggezione, ma non evitò lo sguardo e lo fisso con fermezza,
come per sfida.
Suigetsu durante la lezione di storia aveva passato tutto il tempo a
guardarla.
E ne era rimasto come ipnotizzato. Senza motivo non poteva staccarle
gli occhi
da dosso. La sua
schiena, coperta solo
da una maglietta bianca un po’ consumata che si appiccicava
alla pelle per il
sudore, il suo collo bianco, i capelli spettinati e il reggiseno nero
che si
intravedeva appena sotto la maglietta bianca. Aveva passato la lezione
a chiedersi
cosa gli stava succedendo.
E adesso la fissava negli occhi. Era pronto a cogliere ogni cosa di
lei. Sempre
avvicinandosi, riuscì a percepire il suo respiro. Non voleva
perdere un attimo
di lei. Lo sguardo si poso per un attimo sulle labbra della ragazza,
per poi
ritornare allo sguardo.
Karin si sentiva bruciare dentro lentamente. Avrebbe voluto continuare
quel
gioco di sguardi e di sfida, ma si rendeva conto che stava rivelandosi
troppo
pericoloso. Istintivamente gettò lo sguardo a terra.
“Mi dispiace, questo sabato ho lavoro da fare.”
Sussurrò con una punta di
amarezza che cercò di nascondere il meglio possibile. La
campanella suonò in
quel preciso istante.
Con le guance in fiamme decise di entrare il più velocemente
possibile in
classe senza dire nient’altro.
Suigetsu immobile la guardava.
Promise’s CORNER
Hola
ragazze!
Grazie
mille per le
recensioni e per il sostegno, anche se non me lo merito!
E
grazie a tutti gli utenti
che hanno messo la fiction fra i preferiti o fra le storie seguite o da
ricordare.
So
anche che ultimamente
posto capitoli sempre più corti, ma preferisco fare
così, invece di inserirne
uno all’anno. E poi penso che così riesca a
definire meglio la scena, invece di
fare confusione. Che ne dite?
Voglio
un’attimo parlare di
questa fan fiction. Finalmente, dopo tanto tempo ho fatto
un’aggiornamento in
tempo decente – a distanza di soli 2 giorni! - (NON CI CREDO
NEMMENO IO) e ho
incluso più personaggi nella storia. Certo, si tratta di una
Suika, ma vorrei
che si approfondisse di più ogni personaggio. Non so come
farò, ma dai,
proviamoci.
Ci saranno vari intrighi. Non voglio una cosa tipo telenovela,
intendiamoci. Ma
credo di voler rendere la vita dei giovani protagonisti molto
più
spregiudicata. Anche perché è passato tanto tempo
e mi accorgo di rimanere sul
banale. Quindi aspettatevi di stupirvi.
Ah e tranne il Suika, non ci saranno pairing fissi. E
poi non stupitevi, poiché già il Suika
è una
coppia particolare. Ahaha, sono una sadica, lo so.
Amo
sempre di più Karin,
ancora di più del personaggio originale. E’ una
figa pazzesca, cioè non mi
sarei mai aspettata di creare un personaggio OC così forte.
Il bello è che ha
anche un lato tenero (anche se molto nascosto). Francamente mi piace
anche un
botto come si veste.
Anche la “mia” Sakura mi piace molto di
più. Sebbene resti un personaggio
“passivo” e ancora un po’ insicura sotto
molti aspetti, è cosciente delle sua
condizione e sta facendo passi da gigante per cambiarla. E poi la trovo davvero molto
cool. Sento
proprio che diventerà importante nella storia.
[[Mamma
Promise è tanto
felice]]
Hinata invece non
mi soddisfa ancora. La
trovo molto dolce, ma non mi piace più come mi piaceva anni
fa (quando iniziai
la ff, per intenderci). Cercherò di sviluppare di
più il suo carattere. E’
molto pucciosa, ma la voglio più tosta. Almeno un pochino.
Suigetsu, l’ho definito poco a dire la verità, ma
troverò il modo di impegnarmi
di più su di lui. Idem per Sasuke e per Naruto, che
sarà un personaggio a dir
poco fondamentale nella storia.
Fra
le ragazze, credo che
approfondirò anche Ino ed altre, ma non voglio anticiparvi
tutto.
Parlando di cose idiote, adoro quando Suigetsu chiama Karin
“Tomato Ketchup”.
Beh spero di non avervi annoiato troppo!
Al
prossimo aggiornamento…
spero di sentirvi presto!
E…
BUONA PASQUA. <3
xoxo