Era una giornata insolitamente ventosa in Black Court Street.
Gli alberi agitavano le chiome
seguendo il ritmo di una musica silenziosa, numerosi volantini
pubblicitari
vorticavano nell’aria e anche i capelli della signora
Columbine Begum
faticavano a stare al loro posto, quel pomeriggio di giugno.
Erano da
poco passate le tre e l’energica vecchietta, dopo aver dato
un’occhiata al suo
orologio, scrutò a lungo l’altro lato del
marciapiede, appoggiandosi saldamente
ad un palo della luce, in attesa della sua cliente.
Non si
vedeva anima viva, eccezion fatta per un cane che attraversò
la strada con
tutta tranquillità, per poi ripararsi dal vento sotto una
macchina
parcheggiata.
La signora
Columbine non si stupì.
“Forse
ha
cambiato idea- pensò- dopotutto non è una bella
zona per una ragazza sola della
sua età.”
Stava per
andare via, quando il rumore di una valigia che veniva trascinata
faticosamente
sui sampietrini attirò la sua attenzione.
Si
voltò ad
osservare la figura che,
controvento, tentava di avanzare verso di lei.
Era una
ragazza alta e slanciata, dall’aria vagamente infastidita
mentre combatteva
contro il vento che le scompigliava i lunghi capelli neri. Aveva con
sé
solamente una grande valigia blu notte, le cui ruote si incastravano
spesso tra
un sampietrino e l’altro, costringendola a rallentare.
La signora
Columbine continuava a domandarsi cosa potesse spingere una ragazza
così
giovane, dimostrava all’incirca diciannove anni, ad abitare
da sola in una zona
così malfamata dell’East End londinese.
Man mano
che avanzava, i dettagli del suo volto si fecero più nitidi,
e la massa
indistinta di capelli neri lasciò il posto a due grandi
occhi nocciola, che la
scrutarono con curiosità.
-Salve.
È
lei la singora Begum?- Domandò cortesemente, con un sorriso
un po’ stanco.
-Oh,
chiamami pure Columbine! Vogliamo andare?-
-Spero non
sia molto lontano da qui, questo vento mi sta facendo dannare!-
La
vecchietta rise, scoprendo i denti ingialliti
dall’età e dal caffè, e
frugò nella
tasca della borsetta alla ricerca di una chiave.
-Tranquilla
signorina, siamo arrivate!-
La ragazza
alzò lo sguardo e vide un’antica villetta a due
piani, risalente al periodo
vittoriano, che stonava alquanto con gli edifici circostanti.
Le imposte
delle finestre al pianterreno avevano bisogno di una riverniciata,
l’edera e le
crepe si contendevano il possesso dei muri e tutta la casa nel
complesso
necessitava di una bella ristrutturazione, ma per quel prezzo non
poteva
chiedere di meglio.
Con un gran
sorriso seguì la vecchietta mentre la conduceva
all’interno e depositò la
valigia nel grande salone polveroso che incontrarono sulla destra.
-Mi devi
scusare cara, ma Eveline, la mia governatrice di fiducia, è
andata in pensione
il mese scorso, e così non ho potuto dare una sistemata!-
-Non
è un problema,
ci penserò io!-
L’anziana
proprietaria le mostrò il resto della casa e infine le
consegnò le chiavi.
Prima di
abbandonare il luogo dove aveva vissuto per tutta la vita, si
voltò a osservare
la ragazza, e notò nel suo sguardo un’ombra che il
sorriso non riusciva a
mascherare.
Perplessa,
continuava a interrogarsi sulle sue motivazioni, ma quando si
ritrovò
nuovamente in Black Court Street, aveva già archiviato quel
pensiero.
“
Dal canto
suo, nell’elegante ma decadente dimora, la ragazza si stese
su un letto, stanca
dal lungo viaggio.
-Bleah
queste lenzuola puzzano di gatto mort…Marilou!!-
Con un
balzo sorprendente per i suoi muscoli stanchi ed affaticati, si
tirò su e corse
verso la finestra, dove una gatta nera la fissava con i suoi bellissimi
occhi
giada.
Aprì
la
finestra e l’animale saltò giù con
eleganza.
-Marilou,
sei arrivata tutta sola soletta? Vieni qui, amore mio! Sei affamata?-
Dalla tasca
posteriore dei jeans tirò fuori una bacchetta in legno
d’ebano, e riempì di
cibo una ciotola che aveva trovato sul davanzale.
“Evidentemente
anche la signora Columbine ama i gatti!”
Marilou la
guardò con riconoscenza, mentre con velocità
disarmante svuotava la ciotola del
suo contenuto.
-Eh lo so
piccola, il viaggio dalla Romania è stato stancante! Anche
io ho bisogno di
rimettermi in sesto. Che ne dici se tu mi aspetti qui e io vado a
riempirmi lo
stomaco di schifezze dal primo Mc Donalds che trovo?-
Marilou la
guardò con disapprovazione e poi le voltò le
spalle.
La ragazza
rise di gusto.
-Tanto non
ingrasso!- Disse mentre si cambiava con un incantesimo.
Due minuti
dopo era già fuori, e percorreva a passo spedito Black Court
Street alla
ricerca di un posto dove far tacere il suo stomaco brontolante.