Ricatto o compromesso?
«Dicono
alcuni… che finirà nel fuoco il mondo, altri nel
ghiaccio. Del desiderio, gustato quel poco… che mi fa scegliere
il fuoco. Ma se dovesse due volte finire…» mi sollevo sui
gomiti, avvicinandomi sempre più a lei. Sfioro con il naso i
suoi capelli, gustandomi l’odore di fresia, unito a quello forte
e penetrante del suo sangue. Un sangue che mi ha sempre fatto impazzire
di desiderio, di fame, un’oscura, mostruosa, come me.
«…so pure cos’è odiare».
Già, io so cosa disprezzare.
Odio il suo sangue e allo stesso tempo lo bramo. Odio e amore si
mischiano, creando una miscela esplosiva, temuta dall’uomo,
bramata dal vampiro. Con la mano sinistra sposto con delicatezza quei
lunghi capelli che molte volte sono stati il mio riparo, il mio faro
nell’oscurità, per far sì che il suo viso mi sia
mostrato in tutta la sua innocente bellezza. Cosa mi fai sentire, Isabella Swan… percepisco
di essere tornato umano, uomo in tutta la mia interezza, perché
nonostante l’odore che sprigiona il suo sangue, nonostante il mio
bruciore sia fastidioso, sento finalmente di aver trovato il tasto
giusto, quello che mi permette di starti vicino, persino mentre i miei
occhi sono lo specchio della sete più buia, un pozzo senza fine.
Già i miei occhi, in quell’intervallo, non sono una
promessa di morte?
«E per la distruzione… posso dire…» la sento
deglutire, mentre il suo cuore comincia ad aumentare i suoi battiti.
Sorrido; è l’effetto delle mie mani su di lei, è
l’effetto di qualcosa di profondo che si scatena ogni volta che
ci sfioriamo. È l’effetto degli innamorati alle prese con
ormoni impazziti.
Edward, il ragazzo innamorato.
Un bacio, sul lato destro del suo viso, vicino la tempia.
Lento, carezzevole, un invito sensuale a interrompere la sua attenta
lettura, di cui io conosco già ogni più piccolo,
insignificante significato. Perché il mio corpo ha già
vissuto, la mia mente ha già fatto esperienze, ma il mio cuore
è nato solo lo scorso gennaio, il giorno in cui il sole è
venuto a illuminarmi nel ben mezzo della notte.
«…che anche il ghiaccio… è terribile»
ancora una volta, scosto altre ciocche dei suoi morbidi capelli scuri,
avvicinando il viso nuovamente verso il suo profilo, restando qualche
millesimo di secondo in attesa, respirando l’odore di fresia e
fragole, per poi lasciarle un altro bacio, socchiudendo lentamente gli
occhi e lasciandomi trasportare dalle emozioni che un semplice tocco
tra di noi è in grado di scatenare dentro di me.
«E può bastare» mentre avverto una lieve
flessione nella sua voce e sentendo un piccolo spostamento
d’aria. Si sta voltando verso di me, forse infastidita dalle mie
“innocue” torture.
«Sai, io fra poco ho un esame…» la sua voce vorrebbe
uscire con un’intonazione quantomeno autoritaria, ma ciò
che ottiene è misto tra una domanda e una supplica, che
s’inclina verso la fine, mentre tento di avvicinarmi sempre
più alla mia meta ambita già da qualche minuto.
«mmmh, mmmh» la mia risposta, incapace di formulare un
qualsiasi pensiero che richieda una benché minima
attività cerebrale, del tutto assente al momento. È una
calamita, loro solo una forza ben più potente e coercitiva della
forza di gravità: io, il polo negativo, lei… beh, con
certezza quello positivo.
«Serve concentrazione» la sua voce si affievolisce, non
appena appoggio la mia fronte sulla sua. Un attimo, un millesimo di
secondo e le nostre bocche si schiudono simultaneamente, in attesa
delle loro gemelle; l’unica differenza tra queste, è la
temperatura. Ghiaccio e fuoco s’incontrano e si fondono in un
bacio, dal sapore di distruzione. Peccato che sia tutt’altro che annientamento; fusione di anime, di respiri, di un cuore, che batte per entrambi: il suo.
Le mie labbra si uniscono, assaggiano con una dolce ferocia le sue, che
timide assecondano il movimento impetuoso delle mie, danzando al mio
ritmo tremendamente impaziente di gettare lontano quell’odioso
libro che ha monopolizzato la sua attenzione, di farle scomparire dalla
mente la parola “esame” e di occuparsi di qualcosa –
o meglio qualcuno – che richiede il suo respiro, delle sue
labbra, del suo cuore, dei suoi occhi posati costantemente sulla sua
figura: me.
La mia mano destra dotata di volontà propria – o forse no
– si solleva, sfiorando il suo braccio, coperto dalla sua camicia
a quadri, fino a insinuarsi tra i suoi capelli, per poi poggiarsi sul
suo collo, facendo una leggera, effimera, pressione per non permetterle
di allontanarsi per qualche oscura, impensabile, ragione. Egoismo che
si manifesta persino in piccoli gesti come quello; piccoli, involontari
per te, così evidenti per me.
Come sei potuto solo arrivare a concepire l’idea che io possa
sopravvivere senza di te, quando io vivo solo per un tuo semplice
sguardo? Il tuo tocco è ciò che ho sempre cercato, da
più di un secolo.
Una domanda, quella con cui l’ho perseguita da settimane, fino a
farle venire la nausea, preme per uscire, mentre le nostre bocche
continuano a giocare, sfiorarsi dolcemente, finché lei cerca di
mettere un po’ di distanza per riprendere fiato, perché il
sottoscritto non ne ha bisogno. Ma le nostre fronti continuano a
combaciare, incapaci di separarsi anche solo di poco. Un contatto, noi
abbiamo bisogno di quello, per quanto sia pateticamente scarso.
«Sposami…» più che una domanda, sembrerebbe
un’imposizione, se non fosse per il lieve tono supplichevole, per
incitarla ad ascoltarla e ad assecondarmi. Ma una risata appena
accennata è ciò che sento, mentre attendo a occhi chiusi
la risposta affermativa che tanto aspetto; sicuramente, un sorriso fa
capolino sul volto di colei che continua a tenere segregato il mio
cuore, una copia perfetta del suo.
«No» risponde secca e con un pizzico di divertimento nel
tono con cui mi si rivolge. Una risata vera è ciò che mi
concedo. Per quanto lei si ostini a vederla come un mio capriccio, o
semplicemente un ricatto con cui cerco di allontanare la parola
“trasformazione”, ciò non fa che ferirmi. Infatti,
quella risata, per quanto vera, maschera qualcosa che non oso e non le
concedo di intuire; una risata con un velo di amarezza. Ogni suo
“no”, deciso e sicuro, allontana la possibilità di
condurla all’altare, di poterla ammirare nel suo abito bianco,
nell’attesa che la sua mano si poggi sulla mia, nell’esatto
istante in cui suo padre – seppur con rancore e disappunto, dopo
gli ultimi avvenimenti – me la affida. Un sogno, il mio, che
vorrei ardentemente che si realizzasse il più presto possibile,
sapendo che forse, ciò che le ho causato, abbia irreparabilmente
distrutto o quantomeno “modificato” il legame che ci univa
prima di quel tragico giorno di settembre.
Con la mano sinistra, allontano alcune ciocche per poterla osservare
meglio. So che non sto giocando pulito, cercando di ammaliarla, ma in
guerra e in amore, tutto è concesso, e tra di noi, è
sempre una dolce, intensa guerra, come quella che si sta disputando tra
di noi, in questo momento. Occhi contro occhi, dorato contro
cioccolato. Prendo un respiro profondo, e il sorriso scompare,
lasciando spazio a un’espressione seria e intensa, come poche
volte ho avuto. Le sto chiedendo di sposarmi, accidenti! Già mi
rifila un due di picche mentre glielo chiedo scherzando, persino mentre
sono serio, deve dirmi di no? Che cosa devo fare per dimostrarle che
non è per niente un’idea decisa sul momento? È da
quando ho capito d’amarla che immagino la sua scena, vestita da
sposa, che pronuncia quel fatidico “sì”, che ci
avrebbe unito per tutta la vita, poiché ero intenzionato –
e lo sono ancora adesso – a barattare ancora del tempo, pur di
rimandare la sua assurda e folle idea di diventare un mostro come me.
«Sposami…» le chiedo nuovamente. È una
supplica vera e propria, un tentativo, per quanto futile, di
persuaderla ad accettare, ad accogliermi in maniera più
ufficiale di quanto non lo sia già. Voglio dire al mondo che lei
appartiene a me, solo ed esclusivamente a me. Non a un lupo dal pelo
rossiccio che continua, senza sosta – anche da lontano – a
torturarla facendole sentire il peso delle sue ultime parole, molto
più che un macigno per lui, molto più che una liberazione
per me.
Lei abbassa lo sguardo, incapace di sostenere l’intensità
del mio, e sospira, quasi rassegnata dalla mia estenuante insistenza su
un argomento così strano e imbarazzante, quasi. Ma ciò
che più mi rende ansioso e continuamente scorbutico con la mia
famiglia, e la mancanza di una spiegazione che regga il suo rifiuto
così ostinato, che non mi lascia intravedere neanche una fessura
nell’intricata matassa della sua mente, a me preclusa.
Se prima mi sentivo frustrato di questo suo silenzio, ora desidero in
maniera viscerale conoscere i suoi pensieri, e quindi le sue
opposizioni, riguardo a una nostra ufficiale e che non lascia dubbi sui
nostri sentimenti e l’amore che ci lega.
Io sono sicuro dei miei sentimenti, del mio amore per te. E tu?
Perché ti ostini a respingere ciò che alla fine ti avrei
domandato? Per me il tempo non può più scorrere,
perché avrei dovuto aspettare, il mio amore per te è
cristallizzato, indelebile nella mia mente, scolpito in maniera
definitiva. Niente e nessuno potrebbe cancellare o annullare ciò
che sento, ogni volta che i tuoi occhi incrociano i miei, ogni volta
che il tuo corpo sfiora il mio.
Per quanto io sia dotato, ormai, di un autocontrollo invidiabile
perfino da Carlisle, non è il suo sangue a costringermi a
rallentare, a mettere un freno. È il suo corpo, ciò che
davvero mi fa vacillare sempre più. Sono un uomo, prima di
essere un vampiro, un uomo follemente innamorato, che desidera sempre
più.
«Trasformami» afferma con un sorriso, consapevole che una
risposta affermativa non la otterrà da me, o almeno non in
maniera così semplice. Peccato che adesso io, ferito, voglia
cercare una scorciatoia, qualcosa che mi garantisca un suo semplice
“sì”, affinché possa scrollarmi di dosso
l’idea che, forse, non vuole legarsi in maniera definitiva a me.
Una mezza risata, la mia risposta a questo piccola quanto innocua
richiesta, secondo il suo parere, - una tragedia per me - seguito da un
piccolo compromesso, molto più conveniente e accettabile per
entrambi.
«Lo farò, ma tu prima sposami…» già,
non sei l’unica a desiderare ardentemente qualcosa che qualcuno
si ostina a negarti, «…è quel che si dice un
“compromesso”».
La vedo annuire, non convinta e soddisfatta della mia uscita, per poi
gettarsi su di me, facendomi sprofondare sull’erba fresca e
soffice. Le mie mani, come dotate di vita propria, si poggiano
delicatamente sui suoi fianchi, in un gesto intimo che mi fa sorridere,
ma non quanto le sue parole.
«È quel che si dice un “ricatto”!» mmh,
forse, ma d’altronde non trovo altre possibilità pur di
farti temporeggiare su quel chiodo fisso che è la
trasformazione. È vero, da una parte voglio che diventi come me,
per poterla stringere senza il terrore di farle del male, senza la
continua tentazione causata dal suo delizioso sangue, ma
c’è un’altra parte, quella altruista, quella
terribilmente innamorata, da voler a tutti i costi il suo bene, la sua
felicità. Peccato che il suo bene e la sua felicità siano
su due binari differenti.
«Non è giusto…» mi dice con tono lamentoso,
per poi avvicinarsi al mio viso, fino a sfiorarci con il naso,
«il matrimonio… è una firma su un pezzo di
carta». Ah, è così che la vede quel giuramento che
due persone pronunciano davanti a tanti testimoni? Soltanto una firma
su uno stupido pezzo di carta? Evidentemente, il mio di vedere la cosa
è “piuttosto” diverso. Anch’io potrei
benissimo affermare che si tratta di una firma su un foglio, ma
c’è molto di più dietro! Altrimenti che importanza
riveste quest’unione? Che la mia visione di matrimonio sia troppo
antiquata per lei? Probabile, ma ai miei tempi, il matrimonio sanciva
ciò che un uomo e una donna provavano l’uno per
l’altra: amore, puro e semplice. Una risata, la mia, in
contrapposizione a quel tono disperato che scorgo persino nei suoi
occhi.
«Da dove vengo io, è il modo migliore per dire “ti
amo”» possibile che non riesca a mettersi nei miei panni?
Due persone che si amano compiono alla fine questo passo, perché
attendere oltre?
«Beh, dalle mie parti, e alla mia età, è il modo
migliore per dire “sono incinta, cavolo!”» e dopo un
bacio a fior di labbra, si allontana, ritornando seduta. Io resto
qualche secondo a metabolizzare le sue parole; ecco dove risiede il
problema! Ho sempre pensato si trattasse di un problema legato al
sacramento, dato l’esperienza dei suoi genitori, e invece si
tratta di ciò che si dirà in città non appena si
verrà a sapere. Ha sempre odiato essere in primo piano, e sapere
di esserlo, soprattutto a causa di uno scandalo, è inconcepibile
e disastroso per lei. Nient’altro che questo, Edward. Eppure,
come il solito, ho dubitato che in qualche modo io fossi il motivo
principale. Che vampiro innamorato e insicuro che sono!
«Quindi… ti preoccupi di quello che penserà la
gente…» costato, non appena mi rimetto seduto, affianco a
lei, che intanto comincia a mettere i libri nel suo zaino. Lei mi
lancia un’occhiata, accompagnata da un sorriso, e posa
l’ultimo libro, chiudendo la borsa, per poi sedersi sopra di lei
gambe e passando un braccio attorno al mio collo, giocando con i
capelli sulla nuca. Mi è sempre piaciuto questo gesto che
è capace di rilassarmi – cosa del tutto strana per un
vampiro.
«Due coppie su tre, dopo un po’ divorziano» afferma
con tono cantilenante, per rendere più efficaci le sue parole e,
soprattutto, le sue ragioni riguardo al rifiuto che continua a
rifilarmi ogni volta. Crede davvero che chiederei il divorzio dopo aver
atteso più di cento anni da solo? Potremmo perfino sposarci in
questo istante, per me, non esiterei un solo istante di più,
sapendo di poter trascorrere il resto della mia eternità con
lei. Ma, per quanto mi sia sforzato di farglielo capire, non può
comprendere cosa significhi passare tanto tempo da soli, incompleti,
alla ricerca di una metà che non è ancora stata creata.
Lei è nata un secolo dopo di me, ho dovuto attendere, ma adesso
è qui. Divorziare non rientra nei miei progetti, tantomeno nella
mia educazione.
«Credo… che la percentuale di divorzi, nelle coppie miste
vampiri-umani, sia un po’ più bassa» ma lei rimane
in silenzio, valutando il senso delle mie parole e, forse, riesce a
capirlo, dato che le sue guance si tingono di rosso; l’imbarazzo
sul suo viso, una caratteristica che mi mancherà, se dovesse
diventare come me.
«Perciò sposami» termino, sperando di aver dissolto
i suoi dubbi, le sue incertezze, ed anche la sua paura di scatenare uno
scandalo. I suoi occhi continuano a fissarmi, silenziosi, studiando la
serietà delle mie parole, probabilmente. Poi, dopo un tempo che
sembra essere infinito, scuote freneticamente il capo, come a voler
scacciare un pensiero fastidioso.
«È escluso» mi risponde, e ancora una volta, il mio
sorriso si affievolisce, insieme alle mie precarie speranze. Cosa mi
aspetto? Che metta da parte la sua testardaggine così, su due
piedi? Non sarebbe la ragazza cocciuta di cui mi sono perdutamente
innamorato. Chissà se Alice ci sta vedendo in questo momento;
sicuramente aveva previsto tutto e neanche si è sorpresa di un
ennesimo rifiuto come questo. D’altronde, anche lei ha capito che
con Bella ci vuole pazienza, soprattutto con questo genere di
richieste. «Charlie mi aspetta alle quattro» e si porta una
ciocca dietro l’orecchio, distogliendo lo sguardo dal mio e
raccogliendo lo zaino per poi infilarci altre cose rimaste fuori. Si
volta a guardarmi un’altra volta, per accertarsi di non avermi
ferito, cosa del tutto falsa, dato che, nonostante il mio sguardo sia
rilassato, dentro mi sento deluso.
Ancora una volta ha cambiato argomento, qualsiasi cosa pur di eludere
me e la parola “matrimonio”, neanche si trattasse di peste
bubbonica.
Si avvicina ancora, riportando una mano dietro il mio collo, per
evitare di allontanarmi e per sorreggersi, e mi bacia. Un bacio lungo,
lento e dolce, proprio come lei.
Qualche istante dopo, osservo la sua figura mentre s’inoltra nel fitto della boscaglia.
D’accordo, questa volta hai vinto tu, ma anch’io sono testardo, e non mi arrenderò di certo.
Alla fine dirai “sì”, ed io sarò l’uomo più felice della Terra.
Angolo autrice:
I dialoghi sono quelli del film, senza alcuna modifica, per cui la fic, o perlomeno i dialoghi, non sono farina del mio sacco. I personaggi, naturalmente, non mi appartengono, ma sono di proprietà di Stephanie Meyer.