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Autore: Dark Magic    25/04/2011    6 recensioni
Questa shot è tratta dal film Eclipse ed è ambientata nella scena della radura, quella iniziale. Siamo nella mente di Edward ed è scritta secondo il mio punto di vista. Per chi non avesse visto il film, si tratta di spoiler, per cui io vi ho avvisati.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen
Note: Movieverse | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Eclipse
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ricatto

Ricatto o compromesso?

«Dicono alcuni… che finirà nel fuoco il mondo, altri nel ghiaccio. Del desiderio, gustato quel poco… che mi fa scegliere il fuoco. Ma se dovesse due volte finire…» mi sollevo sui gomiti, avvicinandomi sempre più a lei. Sfioro con il naso i suoi capelli, gustandomi l’odore di fresia, unito a quello forte e penetrante del suo sangue. Un sangue che mi ha sempre fatto impazzire di desiderio, di fame, un’oscura, mostruosa, come me.
«…so pure cos’è odiare». 
Già, io so cosa disprezzare. 
Odio il suo sangue e allo stesso tempo lo bramo. Odio e amore si mischiano, creando una miscela esplosiva, temuta dall’uomo, bramata dal vampiro. Con la mano sinistra sposto con delicatezza quei lunghi capelli che molte volte sono stati il mio riparo, il mio faro nell’oscurità, per far sì che il suo viso mi sia mostrato in tutta la sua innocente bellezza. Cosa mi fai sentire, Isabella Swan… percepisco di essere tornato umano, uomo in tutta la mia interezza, perché nonostante l’odore che sprigiona il suo sangue, nonostante il mio bruciore sia fastidioso, sento finalmente di aver trovato il tasto giusto, quello che mi permette di starti vicino, persino mentre i miei occhi sono lo specchio della sete più buia, un pozzo senza fine. Già i miei occhi, in quell’intervallo, non sono una promessa di morte?
«E per la distruzione… posso dire…» la sento deglutire, mentre il suo cuore comincia ad aumentare i suoi battiti. Sorrido; è l’effetto delle mie mani su di lei, è l’effetto di qualcosa di profondo che si scatena ogni volta che ci sfioriamo. È l’effetto degli innamorati alle prese con ormoni impazziti. 
Edward, il ragazzo innamorato. 
Un bacio, sul lato destro del suo viso, vicino la tempia. 
Lento, carezzevole, un invito sensuale a interrompere la sua attenta lettura, di cui io conosco già ogni più piccolo, insignificante significato. Perché il mio corpo ha già vissuto, la mia mente ha già fatto esperienze, ma il mio cuore è nato solo lo scorso gennaio, il giorno in cui il sole è venuto a illuminarmi nel ben mezzo della notte.
«…che anche il ghiaccio… è terribile» ancora una volta, scosto altre ciocche dei suoi morbidi capelli scuri, avvicinando il viso nuovamente verso il suo profilo, restando qualche millesimo di secondo in attesa, respirando l’odore di fresia e fragole, per poi lasciarle un altro bacio, socchiudendo lentamente gli occhi e lasciandomi trasportare dalle emozioni che un semplice tocco tra di noi è in grado di scatenare dentro di me. «E può bastare» mentre avverto una lieve flessione nella sua voce e sentendo un piccolo spostamento d’aria. Si sta voltando verso di me, forse infastidita dalle mie “innocue” torture.
«Sai, io fra poco ho un esame…» la sua voce vorrebbe uscire con un’intonazione quantomeno autoritaria, ma ciò che ottiene è misto tra una domanda e una supplica, che s’inclina verso la fine, mentre tento di avvicinarmi sempre più alla mia meta ambita già da qualche minuto. «mmmh, mmmh» la mia risposta, incapace di formulare un qualsiasi pensiero che richieda una benché minima attività cerebrale, del tutto assente al momento. È una calamita, loro solo una forza ben più potente e coercitiva della forza di gravità: io, il polo negativo, lei… beh, con certezza quello positivo.
«Serve concentrazione» la sua voce si affievolisce, non appena appoggio la mia fronte sulla sua. Un attimo, un millesimo di secondo e le nostre bocche si schiudono simultaneamente, in attesa delle loro gemelle; l’unica differenza tra queste, è la temperatura. Ghiaccio e fuoco s’incontrano e si fondono in un bacio, dal sapore di distruzione. Peccato che sia tutt’altro che annientamento; fusione di anime, di respiri, di un cuore, che batte per entrambi: il suo.
Le mie labbra si uniscono, assaggiano con una dolce ferocia le sue, che timide assecondano il movimento impetuoso delle mie, danzando al mio ritmo tremendamente impaziente di gettare lontano quell’odioso libro che ha monopolizzato la sua attenzione, di farle scomparire dalla mente la parola “esame” e di occuparsi di qualcosa – o meglio qualcuno – che richiede il suo respiro, delle sue labbra, del suo cuore, dei suoi occhi posati costantemente sulla sua figura: me.
La mia mano destra dotata di volontà propria – o forse no – si solleva, sfiorando il suo braccio, coperto dalla sua camicia a quadri, fino a insinuarsi tra i suoi capelli, per poi poggiarsi sul suo collo, facendo una leggera, effimera, pressione per non permetterle di allontanarsi per qualche oscura, impensabile, ragione. Egoismo che si manifesta persino in piccoli gesti come quello; piccoli, involontari per te, così evidenti per me.
Come sei potuto solo arrivare a concepire l’idea che io possa sopravvivere senza di te, quando io vivo solo per un tuo semplice sguardo? Il tuo tocco è ciò che ho sempre cercato, da più di un secolo.
Una domanda, quella con cui l’ho perseguita da settimane, fino a farle venire la nausea, preme per uscire, mentre le nostre bocche continuano a giocare, sfiorarsi dolcemente, finché lei cerca di mettere un po’ di distanza per riprendere fiato, perché il sottoscritto non ne ha bisogno. Ma le nostre fronti continuano a combaciare, incapaci di separarsi anche solo di poco. Un contatto, noi abbiamo bisogno di quello, per quanto sia pateticamente scarso.
«Sposami…» più che una domanda, sembrerebbe un’imposizione, se non fosse per il lieve tono supplichevole, per incitarla ad ascoltarla e ad assecondarmi. Ma una risata appena accennata è ciò che sento, mentre attendo a occhi chiusi la risposta affermativa che tanto aspetto; sicuramente, un sorriso fa capolino sul volto di colei che continua a tenere segregato il mio cuore, una copia perfetta del suo.
«No» risponde secca e con un pizzico di divertimento nel tono con cui mi si rivolge. Una risata vera è ciò che mi concedo. Per quanto lei si ostini a vederla come un mio capriccio, o semplicemente un ricatto con cui cerco di allontanare la parola “trasformazione”, ciò non fa che ferirmi. Infatti, quella risata, per quanto vera, maschera qualcosa che non oso e non le concedo di intuire; una risata con un velo di amarezza. Ogni suo “no”, deciso e sicuro, allontana la possibilità di condurla all’altare, di poterla ammirare nel suo abito bianco, nell’attesa che la sua mano si poggi sulla mia, nell’esatto istante in cui suo padre – seppur con rancore e disappunto, dopo gli ultimi avvenimenti – me la affida. Un sogno, il mio, che vorrei ardentemente che si realizzasse il più presto possibile, sapendo che forse, ciò che le ho causato, abbia irreparabilmente distrutto o quantomeno “modificato” il legame che ci univa prima di quel tragico giorno di settembre.
Con la mano sinistra, allontano alcune ciocche per poterla osservare meglio. So che non sto giocando pulito, cercando di ammaliarla, ma in guerra e in amore, tutto è concesso, e tra di noi, è sempre una dolce, intensa guerra, come quella che si sta disputando tra di noi, in questo momento. Occhi contro occhi, dorato contro cioccolato. Prendo un respiro profondo, e il sorriso scompare, lasciando spazio a un’espressione seria e intensa, come poche volte ho avuto. Le sto chiedendo di sposarmi, accidenti! Già mi rifila un due di picche mentre glielo chiedo scherzando, persino mentre sono serio, deve dirmi di no? Che cosa devo fare per dimostrarle che non è per niente un’idea decisa sul momento? È da quando ho capito d’amarla che immagino la sua scena, vestita da sposa, che pronuncia quel fatidico “sì”, che ci avrebbe unito per tutta la vita, poiché ero intenzionato – e lo sono ancora adesso – a barattare ancora del tempo, pur di rimandare la sua assurda e folle idea di diventare un mostro come me.
«Sposami…» le chiedo nuovamente. È una supplica vera e propria, un tentativo, per quanto futile, di persuaderla ad accettare, ad accogliermi in maniera più ufficiale di quanto non lo sia già. Voglio dire al mondo che lei appartiene a me, solo ed esclusivamente a me. Non a un lupo dal pelo rossiccio che continua, senza sosta – anche da lontano – a torturarla facendole sentire il peso delle sue ultime parole, molto più che un macigno per lui, molto più che una liberazione per me.
Lei abbassa lo sguardo, incapace di sostenere l’intensità del mio, e sospira, quasi rassegnata dalla mia estenuante insistenza su un argomento così strano e imbarazzante, quasi. Ma ciò che più mi rende ansioso e continuamente scorbutico con la mia famiglia, e la mancanza di una spiegazione che regga il suo rifiuto così ostinato, che non mi lascia intravedere neanche una fessura nell’intricata matassa della sua mente, a me preclusa.
Se prima mi sentivo frustrato di questo suo silenzio, ora desidero in maniera viscerale conoscere i suoi pensieri, e quindi le sue opposizioni, riguardo a una nostra ufficiale e che non lascia dubbi sui nostri sentimenti e l’amore che ci lega.
Io sono sicuro dei miei sentimenti, del mio amore per te. E tu? Perché ti ostini a respingere ciò che alla fine ti avrei domandato? Per me il tempo non può più scorrere, perché avrei dovuto aspettare, il mio amore per te è cristallizzato, indelebile nella mia mente, scolpito in maniera definitiva. Niente e nessuno potrebbe cancellare o annullare ciò che sento, ogni volta che i tuoi occhi incrociano i miei, ogni volta che il tuo corpo sfiora il mio.
Per quanto io sia dotato, ormai, di un autocontrollo invidiabile perfino da Carlisle, non è il suo sangue a costringermi a rallentare, a mettere un freno. È il suo corpo, ciò che davvero mi fa vacillare sempre più. Sono un uomo, prima di essere un vampiro, un uomo follemente innamorato, che desidera sempre più.
«Trasformami» afferma con un sorriso, consapevole che una risposta affermativa non la otterrà da me, o almeno non in maniera così semplice. Peccato che adesso io, ferito, voglia cercare una scorciatoia, qualcosa che mi garantisca un suo semplice “sì”, affinché possa scrollarmi di dosso l’idea che, forse, non vuole legarsi in maniera definitiva a me.
Una mezza risata, la mia risposta a questo piccola quanto innocua richiesta, secondo il suo parere, - una tragedia per me - seguito da un piccolo compromesso, molto più conveniente e accettabile per entrambi.
«Lo farò, ma tu prima sposami…» già, non sei l’unica a desiderare ardentemente qualcosa che qualcuno si ostina a negarti, «…è quel che si dice un “compromesso”».
La vedo annuire, non convinta e soddisfatta della mia uscita, per poi gettarsi su di me, facendomi sprofondare sull’erba fresca e soffice. Le mie mani, come dotate di vita propria, si poggiano delicatamente sui suoi fianchi, in un gesto intimo che mi fa sorridere, ma non quanto le sue parole.
«È quel che si dice un “ricatto”!» mmh, forse, ma d’altronde non trovo altre possibilità pur di farti temporeggiare su quel chiodo fisso che è la trasformazione. È vero, da una parte voglio che diventi come me, per poterla stringere senza il terrore di farle del male, senza la continua tentazione causata dal suo delizioso sangue, ma c’è un’altra parte, quella altruista, quella terribilmente innamorata, da voler a tutti i costi il suo bene, la sua felicità. Peccato che il suo bene e la sua felicità siano su due binari differenti.
«Non è giusto…» mi dice con tono lamentoso, per poi avvicinarsi al mio viso, fino a sfiorarci con il naso, «il matrimonio… è una firma su un pezzo di carta». Ah, è così che la vede quel giuramento che due persone pronunciano davanti a tanti testimoni? Soltanto una firma su uno stupido pezzo di carta? Evidentemente, il mio di vedere la cosa è “piuttosto” diverso. Anch’io potrei benissimo affermare che si tratta di una firma su un foglio, ma c’è molto di più dietro! Altrimenti che importanza riveste quest’unione? Che la mia visione di matrimonio sia troppo antiquata per lei? Probabile, ma ai miei tempi, il matrimonio sanciva ciò che un uomo e una donna provavano l’uno per l’altra: amore, puro e semplice. Una risata, la mia, in contrapposizione a quel tono disperato che scorgo persino nei suoi occhi.
«Da dove vengo io, è il modo migliore per dire “ti amo”» possibile che non riesca a mettersi nei miei panni? Due persone che si amano compiono alla fine questo passo, perché attendere oltre?
«Beh, dalle mie parti, e alla mia età, è il modo migliore per dire “sono incinta, cavolo!”» e dopo un bacio a fior di labbra, si allontana, ritornando seduta. Io resto qualche secondo a metabolizzare le sue parole; ecco dove risiede il problema! Ho sempre pensato si trattasse di un problema legato al sacramento, dato l’esperienza dei suoi genitori, e invece si tratta di ciò che si dirà in città non appena si verrà a sapere. Ha sempre odiato essere in primo piano, e sapere di esserlo, soprattutto a causa di uno scandalo, è inconcepibile e disastroso per lei. Nient’altro che questo, Edward. Eppure, come il solito, ho dubitato che in qualche modo io fossi il motivo principale. Che vampiro innamorato e insicuro che sono!
«Quindi… ti preoccupi di quello che penserà la gente…» costato, non appena mi rimetto seduto, affianco a lei, che intanto comincia a mettere i libri nel suo zaino. Lei mi lancia un’occhiata, accompagnata da un sorriso, e posa l’ultimo libro, chiudendo la borsa, per poi sedersi sopra di lei gambe e passando un braccio attorno al mio collo, giocando con i capelli sulla nuca. Mi è sempre piaciuto questo gesto che è capace di rilassarmi – cosa del tutto strana per un vampiro.
«Due coppie su tre, dopo un po’ divorziano» afferma con tono cantilenante, per rendere più efficaci le sue parole e, soprattutto, le sue ragioni riguardo al rifiuto che continua a rifilarmi ogni volta. Crede davvero che chiederei il divorzio dopo aver atteso più di cento anni da solo? Potremmo perfino sposarci in questo istante, per me, non esiterei un solo istante di più, sapendo di poter trascorrere il resto della mia eternità con lei. Ma, per quanto mi sia sforzato di farglielo capire, non può comprendere cosa significhi passare tanto tempo da soli, incompleti, alla ricerca di una metà che non è ancora stata creata. Lei è nata un secolo dopo di me, ho dovuto attendere, ma adesso è qui. Divorziare non rientra nei miei progetti, tantomeno nella mia educazione.
«Credo… che la percentuale di divorzi, nelle coppie miste vampiri-umani, sia un po’ più bassa» ma lei rimane in silenzio, valutando il senso delle mie parole e, forse, riesce a capirlo, dato che le sue guance si tingono di rosso; l’imbarazzo sul suo viso, una caratteristica che mi mancherà, se dovesse diventare come me.
«Perciò sposami» termino, sperando di aver dissolto i suoi dubbi, le sue incertezze, ed anche la sua paura di scatenare uno scandalo. I suoi occhi continuano a fissarmi, silenziosi, studiando la serietà delle mie parole, probabilmente. Poi, dopo un tempo che sembra essere infinito, scuote freneticamente il capo, come a voler scacciare un pensiero fastidioso.
«È escluso» mi risponde, e ancora una volta, il mio sorriso si affievolisce, insieme alle mie precarie speranze. Cosa mi aspetto? Che metta da parte la sua testardaggine così, su due piedi? Non sarebbe la ragazza cocciuta di cui mi sono perdutamente innamorato. Chissà se Alice ci sta vedendo in questo momento; sicuramente aveva previsto tutto e neanche si è sorpresa di un ennesimo rifiuto come questo. D’altronde, anche lei ha capito che con Bella ci vuole pazienza, soprattutto con questo genere di richieste. «Charlie mi aspetta alle quattro» e si porta una ciocca dietro l’orecchio, distogliendo lo sguardo dal mio e raccogliendo lo zaino per poi infilarci altre cose rimaste fuori. Si volta a guardarmi un’altra volta, per accertarsi di non avermi ferito, cosa del tutto falsa, dato che, nonostante il mio sguardo sia rilassato, dentro mi sento deluso.
Ancora una volta ha cambiato argomento, qualsiasi cosa pur di eludere me e la parola “matrimonio”, neanche si trattasse di peste bubbonica.
Si avvicina ancora, riportando una mano dietro il mio collo, per evitare di allontanarmi e per sorreggersi, e mi bacia. Un bacio lungo, lento e dolce, proprio come lei.
Qualche istante dopo, osservo la sua figura mentre s’inoltra nel fitto della boscaglia.
D’accordo, questa volta hai vinto tu, ma anch’io sono testardo, e non mi arrenderò di certo.
Alla fine dirai “sì”, ed io sarò l’uomo più felice della Terra.

Angolo autrice:

I dialoghi sono quelli del film, senza alcuna modifica, per cui la fic, o perlomeno i dialoghi, non sono farina del mio sacco. I personaggi, naturalmente, non mi appartengono, ma sono di proprietà di Stephanie Meyer.

   
 
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