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Autore: Lies_Of_My_Mind    25/04/2011    1 recensioni
Il respiro le si era bloccato nel momento in cui si era accorta con orrore che correre non era più per fuggire, ma per sopravvivere.
L’ombra del cane nero, la morte, si stava avvicinando sempre di più, ne sentiva la presenza pressante, ne sentiva il respiro leggero e profondo, ne sentiva l’odore acre di corpi in decomposizione.
Genere: Drammatico, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Lily Luna Potter, Scorpius Malfoy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Undisclosed Desires

by Lies_Of_My_Mind

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

I rami le graffiavano il viso e le braccia mentre le gambe correvano veloci quasi senza toccare il terreno.

Correre, correre sempre, senza mai fermarsi, senza dare la possibilità alle ombre di afferrarti.

L’aria le schiaffeggiava le guance violentemente, come la mano impertinente di un demone, rendendole rosse come arance mature, come il sangue denso e caldo che le scorreva veloce nelle vene.

Il respiro le si era bloccato nel momento in cui si era accorta con orrore che correre non era più per fuggire, ma per sopravvivere.

Se si fosse fermata le sarebbero rimasti solo pochi istanti per poter pronunciare le ultime preghiere e poi il buio eterno l’avrebbe avvolta.

Come un cane nero le correva appresso per poterla mordere e portarla con se nelle tenebre da cui era arrivato.

Legno freddo e crudele continuava a graffiarle le guance e gli arti, senza pietà, strappando pezzi di pelle, stremandola ancora di più, fino al limite.

Ogni passo era una benedizione ed ogni respiro una fortuna che in pochi comprendono, ma in quel momento tutto, anche le lacrime che le scorrevano sul viso, le parevano qualcosa di troppo grande e stupendo da perdere.

La vita le era fin troppo cara e preziosa per permettere a qualcuno di strappargliela via.

Gli ansiti si facevano via, via più profondi e spezzati, sempre più ansiti di una condannata a morte che ansiti di una ragazza.

Perché era quello ciò che era, una condannata a morte che cercava una via di fuga, rimandando l’inevitabile.

Si guardò indietro notando che nessuno più la seguiva, ma sentendo perfettamente la magia nera che le avviluppava il collo strozzandola piano, piano, lentamente come una dolce tortura.

Si era allontanata dal castello solo pochi minuti prima, addentrandosi nella foresta proibita per passeggiare un poco.

Dopo tutto il coraggio non era una prerogativa limitata ai Grifondoro, anche lei aveva un fuoco dentro che le ardeva e che le dava il coraggio di affrontare tutto, o quasi.

Ma forse chiamarlo coraggio non era del tutto appropriato, no, non era coraggio, era solo curiosità, era coraggiosa solo quando le interessava, solo quando la curiosità era più forte di ogni altro sentimento e la sovrastava. Dunque: coraggiosa? No non lo era per nulla.

I capelli le si impigliarono in un ramo facendole perdere velocità e facendole lacrimare ancora di più gli occhi da gatta, lasciando delle ciocche rosse abbracciate a quell’albero.

Curioso come un posto da cui si vuole scappare trovi il modo di tenerti con sé per sempre così facilmente.

Lily Potter scappava da qualcosa che neanche lei aveva visto bene in faccia, un qualcosa che la terrorizzava nel profondo e che le dava la forza di correre ancora.

 

“Devi smetterla di essere così!”
“Così come?!”
“Debole!”
“Io non sono debole!”

Le lacrime le rigavano le guance e le unghie andavano a scalfirle delle piccole lunette sui palmi dolendole le mani.

Non capiva, non capiva come mai Scorpius le stesse dando così contro, dopotutto erano amici da sei anni e mai avevano litigato, mai.

“Ah no? Allora smettila! Smettila di non voler affrontare la realtà!”
“Non capisco… io…”
“Lily, o ti decidi a voltare pagina, oppure lo farò io per te, ma sappi che non ti farà piacere, perché così facendo non perderai solo lui!”

Stare assieme a Demon era stata la cosa più stupida che potesse fare, ma ora il dado era tratto e non ci si poteva far più nulla.

I segni delle percussioni venivano diligentemente nascosti dalla rossa tutte le sere, così da poter cancellare, anche dalla sua mente, ciò che le accadeva frequentemente.

“Devi dargli quello che si merita! È uno stronzo, ma io non posso farci nulla se tu non collabori!”
“Io… io non posso…”
“Allora rimani come sei. Debole, come sei sempre stata… mi fai pena!”

Ed era così che se n’era andato.

Ed era così che era scappata.

 

Una lampo, la luce le illuminò la schiena arrivandole da dietro.

Mangiamorte? Probabile, ma ora non c’era tempo, doveva scappare.

Le radici nel terreno erano quello che più temeva, a causa loro era già caduta parecchie volte ed il terrore le aveva attenagliato le viscere, una paura fottuta di morire in quell’istante.

Già, era una serpeverde perciò perché mai avrebbe dovuto essere coraggiosa?

Non lo era mai stata e mai lo sarebbe stata, era una degna serpe, fifona e voltagabbana, ma non poteva farci nulla e dopotutto i suoi le perdonavano quei due piccoli difetti perciò perché mai avrebbe dovuto non perdonarseli lei stessa?

Ed allora perché doveva finire tutto così? Perché una vita come la sua, ricca di amicizie, soddisfazioni, felicità doveva finire così, al buio di una foresta, fra felci e muschio, dove nessuno mai l’avrebbe più trovata? Sei anni di studi per poter costruirsi un futuro degno di nota buttati nel cesso!

Si lasciò andare ad un grido liberatorio sentendo i polmoni riempirsi d’aria e poi svuotarsi velocemente.

L’ombra del cane nero, la morte, si stava avvicinando sempre di più, ne sentiva la presenza pressante, ne sentiva il respiro leggero e profondo, ne sentiva l’odore acre di corpi in decomposizione.

Riprese a correre, forse più veloce di prima, con più foga e disperazione cercando una via d’uscita da quell’incubo.

Lo stomaco le si contorse nell’istante in cui il suo viso venne a contatto con il terreno umido graffiandole la pelle soffice lasciando che il sangue caldo sgorgasse libero.

Una dannata radice le stava impedendo di vivere, aveva deciso per lei il suo destino, la sua fine. Un dannato pezzo di legno si era permesso di prendere la decisione più importante della sua vita, ma probabilmente era meglio così.

Perché vivere poi? Vivere sapendo che il tuo migliore amico ti disprezza, che il tuo ragazzo ti picchia perché non sei degna di lui, dei suoi occhi, dei suoi muscoli di cui va tanto fiero. Se li tenga pure tutti i suoi muscoli! A lei non sarebbe mai importato!

Vivere sapendo che i tuoi cugini ti evitano e ti deridono e che perfino i tuoi genitori amano di più i tuoi fratelli solo perché tu hai sbagliato casa.

E allora perché vivere? Perché non rimanere sdraiata per sempre su di questa bara di foglie e terriccio,in un sonno eterno privo di problemi ed odio, un abbraccio freddo che in un secondo ti libererà da tutto ciò, rendendoti un’anima libera.

Perché? Le chiedete perché?
Merlino! Perché lei voleva ancora sentire l’aria fra i capelli, voleva ancora sentire l’acqua fredda del lago nero avvilupparle le membra. Voleva sentire il calore del sole, l’umido della pioggia.

Il brivido di un bacio, l’emozione di un bel voto, le risate degli amici e molto ancora. Voleva morire da vecchia, con tanti nipotini e la morbidezza di un cuscino ad accarezzarle le guance, circondata da parenti amorevoli ed amici fidati.

Ma evidentemente qualcuno al di sopra di lei aveva deciso che quello non sarebbe stato il suo destino, che nessuna famiglia mai gli avrebbe dato gli ultimi saluti nel caldo di un letto, ma che, anzi, sarebbero stati gli insetti gli ultimi suoi compagni.

Un odore acre di morte le inondò le narici lasciandola dormiente per sempre al freddo di un bosco e per cuscino solo uno stupido sasso.

  
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