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Autore: LightningStrike    26/04/2011    1 recensioni
Il vento continua a tamponare il tuo viso. Non smette e non vorrà mai farlo, perché lui andrà avanti anche senza di te, ti lascerà indietro mentre tu dovrai rincorrerlo con tutte le forze, ma sarà troppo tardi. Perderai la cognizione del tempo, del vento e le tue suole si consumeranno, le ginocchia decadranno, il fiato si spezzerà.
Non capirai mai l’importanza del vento se non lo cerchi, se non lo rincorri, se non lo vivi.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Comptine d’un autre été: l’après midi

 

E’ già passato troppo tempo, pensi.

Il cielo si estende ovunque, circonda qualsiasi cosa, avvolge e prende, consuma il pontile diroccato a pochi metri da qui.

Il cielo è blu, come ogni cielo d’Estate, come ogni scintilla che fa esplodere in mille bagliori il Sole, come ogni nuvola spazzata via dal vento che è solito spirare qui.

E’ il vento che sposta via le nuvole, le scaccia, le divora.

Quel pezzo azzurro di firmamento che si pone al di sopra della tua testa se ne sta immobile, aspettando che tu ti muova, faccia qualcosa, invece che oziare su questa spiaggia deserta.

Sei acciambellata sopra una sedia che non è nient’altro che ghiaia umida e lucente: tutta la spiaggia è così.

Il mare s’infrange sulle pietre, le trascina al largo con sé, le inghiotte affamato senza esitazioni, le trascina nel baratro nero della sua profondità e loro non torneranno più indietro.

Pensi se mai riuscirai a ritrovare quel ciottolo lungo e circolare che trovasti sette anni fa, giocando su questa stessa riva, quando questo angolo non era ancora stato dimenticato da Dio, quando il mare era qualcosa di diverso, di allegro, quando i tuoi due più cari sassolini non sprofondarono nelle acque cristalline del mare.

Ti piaceva tanto, quel ciottolo. Era grigio e liscio, perfetto per esser lanciato e per far fuggire tutti i pesci che ti hanno messo sempre tanta inquietudine. <> ti dicevano sempre quando uscivi dall’acqua salata e amara, con i capelli scuri e penzolanti, la cute raschiata dallo iodio e i denti che tremavano: il vento spirava anche allora.

Ti hanno sempre fatto paura le piccole cose. Non c’è bisogno di esser intimoriti da una bomba atomica, quando è la vita la tua prima causa di preoccupazione.

Sì, perché tu hai paura della vita, perché non sai mai come potrà mai andare, non sai che strada prendere.

I bivi che s’intromettono tra noi ed il nostro percorso nascondono le insidie più atroci e oscure, non sapremo mai quale scelta sarà corretta.

E’ questo il punto: indecisione.

Non sai mai che fare. Sei un’idiota e questo ormai l’hai capito. Perché inutile rincorrere dietro ai ricordi sfocati e bruciati, è inutile provare a proiettarsi vari futuri davanti al tracciato che stai lentamente disegnando con mano tremolante ed insicura, è inutile cercare di pensare ad un altro presente: un presente differente da questo, dove non esiste sofferenza, dove il dolore svanisce, dove l’amore partecipa e la felicità ne è complice.

Scordati tutto questo, perché non esiste.

Non esiste la perfezione, non esiste la totale felicità, la completa libertà, non esiste luogo in cui i problemi svaniscono.

Pensaci, se avessi una vita senza problemi, per cosa vivresti a fare?

Nessun uomo sarà contento pienamente di ciò che possiede, di ciò che fa: niente sarà mai abbastanza. Ci allargheremo verso nuove storie, nuove curiosità, nuove vite. Niente ci potrà rendere perfetti o felici.

E se un giorno troverai qualcuno pienamente felice di sé stesso, sai che significa?

Che non ha capito nulla dalla vita.

Non è semplice capire la vita, lo sai. Non la capisci nemmeno tu, perciò perché scervellarsi?

Questo è il gioco in cui l’obiettivo lo devi trovare tu stessa, devi crearti tu paletti e limiti, orizzonti e sfide, solo tu e nessun altro.

E forse tu l’apprezzi maggiormente la vita, rispetto a qualcun altro. Perché la vita non è fatta solo di vivere, è fatta di credere, di vedere, di ascoltare e capire. Tu hai avuto tutto questo, o almeno, una parte di te lo sussurra sottovoce, senza emergere troppo.

Ti stai soffocando.

E’ stupido cercare di reprimere noi stessi per respingere il passato. Perché niente si può cancellare, non possiamo eliminare nulla di ciò che è stato. Tu forse comprendi meglio di altri la vita. Perché la vita non è fatta solo di vivere.

 Tutto finisce.

I libri si consumano lentamente nelle pagine finali, le canzoni nelle note lente degl’ultimi secondi, il pianoforte nei suoi ultimi tasti, il violino nelle sue corde sottili e stridule, la vita nel culmine di una giornata.

La vita finisce.

Cosa potrebbe farti apprezzare di più la vita se non la morte? Cosa ti può far apprezzare l’inizio se non la fine? Come potresti gioire se non sapresti della sofferenza?

Gli opposti ricordano, gli opposti giocano, gli opposti si attraggono.

 L’inizio è molto vicino alla fine, la gioia è affiancata dalla sofferenza, la vita è semplicemente un’appendice della morte.

Sì, perché anche se sono differenti, la vita esclude la morte e nello stesso tempo l’avvolge… O forse è la morte stessa che circonda la vita?

Domande, domande e ancora domande. Questioni che continuerai a rivolgerti, continuando il tuo tormento ininterrotto che non cessa di risucchiarti in quel vortice che non è altro che la tua stessa mente.

Ti avveleni.

Il vento continua a tamponare il tuo viso. Non smette e non vorrà mai farlo, perché lui andrà avanti anche senza di te, ti lascerà indietro mentre tu dovrai rincorrerlo con tutte le forze, ma sarà troppo tardi. Perderai la cognizione del tempo, del vento e le tue suole si consumeranno, le ginocchia decadranno, il fiato si spezzerà.

 Non capirai mai l’importanza del vento se non lo cerchi, se non lo rincorri, se non lo vivi.

Domande, domande e ancora domande. Questioni che continuano a trapelare sfacciatamente in tutto questo tempo, ragionando ed ipotizzando su perché e come, continuando a ridurre in minuscoli frammenti quello che ancora puoi salvare, quello che ancora poteva rimanere intatto.

Ma preferisci moltiplicare i tuoi problemi, ispezionare senza renderti partecipe, rendendoti solo spettatrice della tua esistenza.

Passerà tutto come questa giornata, come questo pomeriggio d’estate. Le ore voleranno via, si libreranno nell’aria senza che nemmeno tu te n’accorga, scivoleranno lentamente, tacite e misteriose, e non ti concederanno momenti per pensare, per riflettere, non più.

E pensi ancora a quei sassi, ne hai persi così tanti che oramai è più semplice contare quelli rimasti.

Stringi la ghiaia attorno alle dita, non molli la presa, questa aumenta sempre più potente. Per poco non sanguinano le mani. Perfino quell’infinità di pietre non si accorge di te, una distesa interminabile che, muta e solerte, non smette.

I sassi… Il vento li ha trascinati nel mare, li ha gettati, li ha fatti scomparire per sempre.

Alcuni sono caduti da soli, trastullandosi su altre pietre abbandonate posate su altre ancora, accatastandosi l’una sull’altra in modo sempre più compatto e monotono, volgendosi poi in una spirale infinita.

Altri ancora, invece, sono stati strappati dal bel posto in cui giacevano, frantumati e distrutti, corrosi dallo iodio e dall’impazienza, continuando a scivolare sempre più in basso dove la luce non penetra più, dove l’ombra regna.

E pensi ancora a quei sassi, vuoi quei due che ti sono stati negati prematuramente, decisamente troppo prematuramente.

Con quelle due pietre preziose passavi qui i tuoi pomeriggi, le tue rime d’estate.

Quelle frasi che si accavallavano come onde, onde profonde e allo stesso tempo svettanti che s’infrangono sugli scogli rocciosi ed indissolubili, che nonostante la loro erosione, rimangono impettiti sulla costa.

Mai cadranno.

Vorresti stringere forte i tuoi sassolini, portarli al petto e piangere dalla gioia, rotolandoti su tutte questa inutile distesa di pietre che non riesce a scaldare nemmeno un corpo umano.

Ti mancano tanto, loro.

Il tempo non risana le ferite, aiuta a farle sanguinare piano, sempre più piano, in un’agonia che non si può curare, non esiste medicina per farlo.

La morte non si cura.

Il tempo non cancella le lacrime, non accarezza il tuo viso con un fazzoletto asciutto e delicato, non ti conforterà. Gli altri sassolini non guardano, incespicano in sciocchezze, continuando quel ritmo di materialismo e superficialità, non osservando mai le lacrime che continuano a scalfirti silenziose.

La vita non si cura.

Non esiste rimedio per tutto questo, potrai solo appigliarti alle tue belle domande e studi, cercando di trovare qualsiasi motivo o ragione, sbattendo la testa da tutte le parti, sanguinando dal naso e sputando acqua salata dalla bocca. Potrai continuare a ricercare, ma non troverai nulla.

Perché, credimi, non puoi trovare quello che cerchi.

Non qui, non ora.

Ma è giusto così.

Senza una fine non ci può essere un inizio, senza tristezza non può esserci la gioia. E’ l’altra faccia della medaglia che devi vedere, è giusto vedere.

Le tue belle pietre non torneranno. Sono semplicemente nella stanza accanto, ti dà speranza questa frase. Anche se la curiosità di poter vedere, anche solo percepire, quella camera ti assale, ti uccide completamente. Non puoi sapere se la vedrai, ma puoi percepire il vento che continua a spirare famelico ed incessante.

Svegliati.

Uno di quelle due pietre di portava a pescare, consumando ogni rima in Estati incessanti, con cieli sereni e Soli alti nel firmamento. Il vento soffiava pesantemente anche allora, forse anche più bramoso di adesso, e allora perché non te n’eri resa conto?

Piangi ancora, non finirà mai. Il tempo non torna indietro.

Due cuori fermi, due cuori con lo stesso destino, stesse ore e stesse coincidenze eppure con sei anni di differenza.

Non è questo il vero amore?

Non è lo stare vicini anche se in due stanze completamente diverse? Non è la costante voglia di raggiungere l’altro al di sopra di ogni razionalità e ragione? Non è essere uniti?

Sì, ora sono uniti… E per sempre.

Ma li odi, cazzo. Li odi da morire.

Perdi e provi ad afferrare qualche corda, le mani si consumano dallo sforzo e dalla fatica. Asciughi il sudore che gocciola ghiacciato dalla fronte, tutto sembra andare per il verso giusto,  e poi cadi.

Perdi e cadi ancora. Continuerai sempre a perdere.

Sembra che l’unica cosa in cui tu sia esperta è perdere. La tua materia di studio ti tormenta,  forse la tua ossessione sta diventando proprio questa e le domande continuano, continuano ad imperversare sempre più strane ed inquietanti, continuano a farti diventare pazza.

Ma non li odi, li ami.

Giochi con i ricordi e le parole passate, il vento non potrà cancellare questo, persino con il suo passo accelerato ed indistruttibile. Il vento avvolge ogni cosa, anche il ricordo, anche la speranza.

L’odore e il sapore della perdita fanno male. Bruciano, s’intaccano fastidiose sulla nostra pelle, sulla nostra anima e non ci lasciano, ci divoreranno per sempre.

Ogni cosa perderemo, perfino la vita. Tutto se ne andrà, persino quello che ora pensiamo di avere è già partito e non è stato il vento a farlo smettere di soffiare.

L’hai già pensato; alcune pietre sono scivolate nel mare con loro decisione e fermezza.

Pessimista? No, sei semplicemente interessata.

Perché gl’insegnamenti aiutano e la libertà non basta. La libertà è rischiare, correre senza fermarsi, provando a raggiungere il vento stesso.

 E dovresti incominciare anche tu a correre, scappare via dalle onde tumultuose del mare, che si rovesciano meste sui tuoi piedi affondati nella ghiaia. Dovresti liberarti dalle tue catene che t’imprigionano tra una cornice di pietre e mare, da un infinito limitato dal vento.

Scappa finché puoi, lo show deve andare avanti.

I tuoi bei sassi ora non sono altro che l’apice di una collezione che lo stesso mare fa, giocando con te, mettendoti alla prova, provando ad avvinghiare il sale su te stessa.

Corri.

E’ già passato troppo tempo, pensi.

Ti alzi da tutti quei fastidiosi sassi che scivolano lenti dalla cute, afflosciandosi l’uno sull’altro, scemando in chiacchiere e brusii scorbutici, unica cosa di cui sono capaci.

Cammini veloce, dalla parte opposta al mare, arrivando al molo diroccato e vecchio. Dà l’impressione che crollerà da un momento all’altro, ma non è così. Non permetterai di farlo crollare. Terrai ben ritta la schiena e salverai un molo.

Un molo intriso di vita, della tua vita.

Ti aggrappi sugli scogli, quelle masse rocciose che non cadranno, mai più. E continui a stringerli, forse perderai anche loro… Forse no.

E’ questo il punto.

Non possiamo continuarci ad illudere, sperando ed ipotizzando. Non possiamo permettere che il vento ci trascini via.

Le parole sono sempre le stesse: E se…?

Le due congiunzioni che continuano a tormentarci e a tormentarti, ricercando qualche remota possibilità di cambiamento di un passato già concluso e di un futuro troppo lontano per poterlo scorgere da qui. Domande, affermazioni e pensieri. Non puoi riavvolgere il passato, non puoi correre avanti nel futuro, tutto il segreto sta nello schiacciare il tasto <> e lì scoprirai. Scoprirai il vento davvero.

Per ora continuerai a studiare, è l’unica cosa libera e priva di razionalità. E’ solo tua, non fartela rubare.

Osserverai?

Certo.

Ti abbatterai?

Probabile.

Il vento?

Forse.

Spirerà?

Sempre.

- Ispirata dalle note della composizione Comptine d’un autre été: l’après-midi di Yann Tiersen.

   
 
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