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Autore: LightningStrike    26/04/2011    3 recensioni
E Lara vorrebbe maledettamente mangiare la quella torta, vorrebbe semplicemente assaggiarla, darle un piccolo morso, provare ad indovinare che sapore ha e magari le piacerebbe da morire quel sapore dolce, oppure non capirebbe il retrogusto che ristagna sulla sua lingua.
Ma Lara non potrà mai sapere che gusto ha quella torta, perché siamo stati noi a strappargliela da quelle mani curiose e brillanti che possiede, abbiamo preso la sua borsa e l’abbiamo svuotata interamente, le abbiamo tolto i libri, la sua musica e la sua torta.
Dedicato a quelle persone rinchiuse in quelle due torri identiche,a chi voleva vivere, a chi si è spento senza aver commesso alcuna colpa, a chi non ha un briciolo di cuore e ha messo in atto tutto questo, a chi si deve vergognare. Dedicato a chi ora non c'è, a chi era lì, a chi era Lara, a chi non ha potuto godersi appieno la sua torta al cioccolato.
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Torta al cioccolato

 

Lara esce da casa sua.

E’ una bella giornata oggi, pensa, constatando che il cielo brilli nonostante la mattina è ancora agli inizi. I palazzi, quei blocchi di cemento e mattoni, sembrano come prendere fuoco, come ammiccare grazie a quella piccola fiammella che non è altro che un semplice sole di Settembre.

L’iridescenza dei palazzi sembra più che incredibile, i colori smaglianti e azzurri rimbalzano sulle pareti della città, lasciando ogni angolo lucido, rispecchiando il fiume ed il cielo sulle abitazioni che sembrano dire “buon giorno” anche a lei, come lo augura a loro il sole.

Ogni giorno è diverso dagli altri, continua a ripetersi convinta, perché lei trova differenze in ogni dì, coglie ogni singolo particolare impostato in un modo diverso dal giorno precedente e dall’altro ancora, perché lei sa che ci sono particolari nascosti che non vediamo, che non possiamo vedere.

Lara è intelligente, è sincera, è giusta. Perché lei non si fa ingannare dall’esterno, non vive per vedere, vive per credere. Perché lei non si dà per vinta, ha la certezza.

Avete mai pensato a quanti pensieri ci tormentano la mente ogni giorno? Avete mai pensato che non sono mai gli stessi? Avete mai fatto caso che non pensiamo ad un determinato oggetto o persona, nello stesso momento ed in egual modo di un qualsiasi altro giorno? Avete mai notato come le riflessioni cambiano facilmente nel tempo, come creta nelle mani di un vasaio che sa giocare, che sa muoversi come le mani comandano gli di fare, senza condizioni?

Lara sì.

La città è già sveglia anche se sono le sette e mezzo del mattino. Perché la città è caos, la città lavora, la città si muove rumorosamente senza che nessuno però stia davvero a sentirla. Avete mai captato la differenza tra sentire ed ascoltare? Avete mai realmente capito la differenza tra leggere e interpretare?

Sono sottigliezze che il mondo ormai sta archiviando in un angolo remoto di cui non vuole esser partecipe, leggendo solo, sentendo a volte e non capendo mai sul serio.

Lara a volte si sente così, non si sente interpretata. Solitamente questa parola andrebbe sostituita con “incompresa” ma lei è fermamente certa di essere come un libro. Perché i libri non vanno letti, vanno decifrati, vanno capiti e soprattutto dobbiamo cercarne il significato, il senso. Perché i libri che Lara è solita trovarsi sotto quel naso candido parlano della vita, trattano degli argomenti che la riguardano, esprimono quello che noi dovremmo esser tenuti a sapere.

Lara pensa che la sua vita avrà un finale e colpi di scena, avrà antagonisti, avrà dialoghi e descrizioni, avrà capitoli tristi ed altri felici. Lo sa perché cambiare fa parte della vita.

Perciò lei si sente un bel libro, rilegato da una copertina rossa carminio e un titolo a caratteri cubitali verde, con magari il suo nome utilizzato come intestazione. Perché lei si sente partecipe della sua vita, nonostante gli alti e i bassi, nonostante i cali e le ascese. Lo sapete ormai, il cambiamento fa parte della vita.

Lara non possiede un’auto, non le sono mai piaciuti quegli oggetti computerizzati che manipolano sempre più la vita dell’uomo, una vita sempre più programmata e sedentaria, come una vera a propria macchina.

Perché Lara forse conosce il termine “umano”, conosce che sono il carattere a costruirci e non la pelle, sono i sentimenti a scalfirci non la religione, è il nostro essere che ci rappresenta, non il nostro nome.

 Lara è un nome, Lara potrebbe esser qualsiasi cosa, ma noi attribuiamo a quel nome qualcosa; qualcosa che si costruirà su un essere, su ciò che è.

 Lara è grande ma è ancora un bimba, è vecchia anche se è giovane. Lara studia, studia ogni giorno, perché è attratta da come le cose sono, da come le cose funzionano, da come tutto il sistema che la circonda gira intorno a lei con apparente calma e tranquillità, come le cose irrazionali suscitano la più folle e smisurata curiosità.

Nel mondo bisogna essere curiosi per comprendere, bisogna interessarsi per reagire, bisogna fare tesoro delle poche cose che si possiedono. Perché nulla andrà sempre in modo perfetto, perché il mondo non ci darà mai quello che pienamente desideriamo, perché non sarà mai abbastanza.

E allora non accontentiamoci, e cerchiamo nel nome quello che è, cerchiamo nel fiore la brattea, nel giardino il frutto, nel mare la leggiadra schiuma che si va ad infrangere sui granelli di sabbia dorata.

Lara non si ferma e non può farlo.

Infatti lei cammina, a passo regolare e fiato monotono, come lo scrosciare delle suole della gente che la circondano in quell’immenso marciapiede che incomincia ad affollarsi. La città di Lara è grande, è ricca di vita, di lavoro e di gente.

E’ contenta, Lara. Ieri ha preparato quella torta al cioccolato che suo fratello ama tanto, quella con lo zucchero a velo sparso sulla glassa e le gocce di cioccolato che scendono lente sul pan di spagna al cacao.

E’ semplice, Lara.

Lara percorre circa centocinquanta metri ogni mattina per arrivare alla stazione della metropolitana, impiega trenta minuti ad arrivarci e per solamente per quattro minuti attende il treno carico di persone che lei ogni giorno scorge, che lei ogni giorno ammira con sguardi loquaci che poi a loro non giungono mai. Lei non ha mai visto lo stesso viso due volte.

E’ piccola Lara. Smilza e vivace si mescola tra le persone che non le degnano uno sguardo. Passano impassibili al fianco di quel corpicino minuto e dolce, scompigliandole la zazzera di capelli rossi che si ritrova, trastullando a volte con passo incerto davanti a quella ragazza sgargiante che diventerà soltanto un granello nella loro testa tra pochi minuti, per poi sparire definitivamente, spazzata via dalla memoria e dalla fretta.

Perché nelle grandi città funziona così: nessuno guarda, nessuno ascolta, nessuno interpreta.

Si va dritti per la propria strada, perché è la fretta che ci conduce, è la macchina che ci condiziona, è il lavoro che ci fa diventare schiavi. E Lara non vuole diventare  una schiava, ma cerca un lavoro, lei ora studia.

Studia qualsiasi cosa possa trovare davanti a quegl’occhi verdi e compiaciuti, ricchi di interesse e sincerità. Lara è schietta, non mente.

L’orologio che ha sul polso esile segna le sette e ventiquattro. Lara è certa che tra sei minuti arriverà alla stazione  della metro. Lara calcola ogni cosa, la diverte farlo.

<< Tu sei strana. >> Ride ogni volta sua mamma, mentre vede la figlia consumarsi in ragionamenti cervellotici e carichi di senso, più profondi persino di quelli che potrebbe fare il suo professore di psicologia, persino più densi di quelli che potrebbe fare la vita stessa.

Lara crede che abbia ancora tanto da imparare dalla vita, crede che il suo apprendimento non è stato molto gratificante, ha ancora molte domande a cui non riesce inspiegabilmente  a trovare una risposta. E’ convinta che deve esserci, bisogna trovare la risoluzione, no?

O forse ci sono davvero domande senza risposta, questioni irrisolte, che nemmeno la mente umana, per quanto onorevolmente valutata e filosofica possa essere, non risolverà mai, che nemmeno il più abile compositore di puzzle riuscirà a trovare i tasselli mancanti che lo completano.

Nemmeno Lara crede di poterci riuscire. Lara crede di poter fare di meglio, lei è certa che troverà un’altra domanda senza risoluzione, vuole ricercare qualcosa senza un senso, vorrebbe sapere come sarebbe una cosa folle, una cosa insensata, priva di risposta.

Lara pensa che la vita sia così, è pazza, forse senza una vera e propria risposta, è rapida, è una clessidra che  fa atterrare ogni granello nella parte di vetro opposta, senza indugi. Perché la vita è come le persone che la circondano, ha fretta.

Lara continua a guardare la gente che rovescia i suoi occhi in punti fissi: inchiodano con gli sguardi la loro meta in un tragitto confuso e continuo, e la gente va, continua ad andare.

Avete mai pensato alle persone che vi circondano mentre siete sui marciapiedi, intenti a percorrere tranquillamente la vostra vita? Avete mai pensato che in quel momento la vostra vita sta includendo ed include allo stesso tempo altre vite? Avete mai pensato a quanto possano esser differenti storie di uomini e donne che vi strattonano per un istante per la strada? Avete mai pensato a cosa loro stessero pensando, se la loro storia avrebbe potuto coincidere con la vostra? Porsi magari le stesse domande?

Lara sì.

Lara in questi ultimi trenta minuti avrà fatto almeno parte di cento vite, cento storie, cento libri. Ma quei libri lasceranno lei come lei ha lasciato loro, dando per scontato il buffo cappello viola  del signore che le ha urtato il braccio o della bimba che teneva per mano la madre giocosa, la quale sbadatamente ha riconosciuto Lara per qualcun altro.

Magari avete incontrato Lara un giorno, magari vi è passata affianco ma distrattamente non avete fatto caso a lei. E come potreste? In media s’incontrano mille persone in una giornata, lo sapevate?

Lara aspetta quei quattro fatidici minuti, lasciandosi andare sulla colonna della stazione,  ma non le è mai piaciuto aspettare. Lei è una ragazza che corre, è una ragazza che non si ferma. Ve l’ho detto, lei interagisce e si muove, niente la può fermare.

Ascolta la musica, Lara, e sa che oggi è una giornata diversa. Le lezioni si svolgeranno di pomeriggio, ogni martedì le lezioni si svolgono dalle quindici alle diciassette.

Lara ha dei sogni. Lara ha delle speranze. Lara è come qualsiasi altro essere umano, ha aspettative. Lei ambisce molto, ambisce molto in ogni aspetto della vita.

Oggi Lara andrà a trovare suo fratello poco più grande che già possiede un lavoro, che già riesce a portare qualcosa a casa, per poter mantenere e pagare gli studi di Lara, le medicine per il padre e i prodotti casalinghi per la madre.  Porterà al giovane la torta al cioccolato che lui adora, faranno colazione insieme, per poi parlare da bravi fratelli. E’ sempre stato speciale il fratello di Lara.

E’ più grande di lei, qualche anno in più, ed è bravo con i numeri, è bravo a calcolare e a decifrare, è diventato un contabile grazie a questo.  E grazie suo fratello, Lara ha imparato a contare, a contare i minuti e giorni che passano, con quello spasmodico tormento di velocità e di corsa, quella strana ed inquietante vivacità che avvolge Lara.

Lara vorrebbe trovare un lavoro, manca poco e potrà riuscirci, potrà sperimentare anche lei quella fretta e quella routine quotidiana che ci avvolge. Lei ancora si sente estranea a tutto questo.

Perché lei non è come la vita, lei non è come noi: non ha fretta.

Lara si trascina calma sul vagone della metro, accomodandosi su un sedile logoro e sciupato in un angolo del vagone. E’ già  tutto caotico, il ritmo della città comincia ad avanzare senza sosta.

E’ questa una delle tracce che Lara è solita ad ascoltare.

Ma non oggi.

Il finestrino contro cui poggia il capo è opaco, sporco. A Lara non è mai piaciuto lo sporco.

Ci vorranno quarantacinque minuti per arrivare a destinazione, quarantacinque minuti in cui Lara rifletterà sul da farsi, mimerà con quelle labbra rosee qualche parola delle canzoni che le rimbombano nelle orecchie, osserverà ad ogni fermata le persone che se  ne andranno ed altre che arriveranno.

Lara ha sempre paragonato la sua vita ad uno squallido tragitto della metropolitana. Non perché lei pensi che la sua vita sia squallida, ma provate ad interpretare. Per lei la vita è come un viaggio in metro, c’è chi scende, chi staziona un poco e chi poi scompare inesorabilmente per una rotta che non prevede un ritorno.

Vedete, i pensieri di Lara sono semplici: non ci vogliono parole raffinate o universitarie per affermare un’idea, non bisogna esser un genio per capire e non bisogna credersi senza cervello per poter smettere di ragionare.

Perché Lara sa che vuole tenere la sua intelligenza per sé, e non si farà certo condizionare da brutte notizie che si trovano ogni giorno davanti a quella scatola maledetta o a quei fogli incisi di rosso, lei sa che può farcela. In fin dei conti, basta poco per sperare.

Lara pensa che la speranza sia qualcosa di inspiegabile per l’uomo, è qualcosa di cui esso ne ha inconsapevolmente bisogno, come l’amore, come l’appoggio di altre persone. John Donne disse che << Nessun uomo è un’isola >>, Lara ha sempre concordato con quel poeta inglese, poeta così remoto che dimostra la somiglianza dell’umano di allora e di oggi. L’essere umano non muta nel tempo, è il tempo stesso a farlo cambiare. E Lara nel tempo è cambiata, ma ha bisogno della sua famiglia, dei suoi amici, persino dei suoi conoscenti, così come lei è legata a loro. Ve lo detto, per lei nessun dettaglio è irrilevante.

Lara è arrivata, sono le otto e trentasette minuti ed il sole svetta alto nel firmamento.  Le sembra di essere ripiombata nel punto di partenza: edifici, case e strade. Lara pensa che la sua città sia la più interessante e più bella del mondo; magari non ha nulla di speciale, è solo l’ennesima metropoli gigantesca, ma a lei piace mescolarsi tra le gente e viverla, perché lei non vuole vivere solo la sua vita.

Ci è voluto molto di più di quello che si aspettava per arrivare qui, questo Lara non l’ha calcolato.

Porge il viso verso l’alto, bramando i lievi raggi solari che le scaldano la pelle chiara, che fanno apparire ancor di più quella spruzzata di lentiggini che si ritrova sul quel nasino all’insù che sporge dolcemente da quel viso adorabile.

Trascina con sé quella grossa borsa colma di libri e arranca con fatica verso il grande palazzo. E’ contenta, ha preparato quella torta al cioccolato che suo fratello ama tanto, quella con lo zucchero a velo sparso sulla glassa e le gocce di cioccolato che scendono lente sul pan di spagna al cacao.

Lara continua a ripeterselo perché lei ama alla follia quella torta.

Entra nelle porte vetrate di quel palazzo enorme, tocca il cielo per quanto è alto. Meravigliata dall’imponenza dell’edificio Lara si fa strada tra il gigantesco atrio che l’accoglie. Estasiata dal silenzio e dallo stesso tempo dal movimento contrito che la circonda, fatto di gente che lavora e che sa il fatto suo, ammira sbalordita tutto ciò.

Arriva alla grande scrivania e chiede gentilmente alla segretaria se può annunciare il suo imminente (e raggiante, per lo più) arrivo nell’ufficio del fratello. La segretaria con sguardo accigliato scruta questa ragazza spuntata da chissà dove, così allegra ed impaziente. Impaziente della vita? Può darsi.

Mentre la signora fa il possibile per poter lasciar passare la ragazza senza alcun problema, Lara osserva la montatura rettangolare dei suoi occhiali, i capelli biondi sale e pepe, la carnagione più scura e lucente della sua. La scrivania è in ordine, impostata al centro dell’atrio e non è sola, la segretaria. Ce ne sono altre che condividono con lei la sua grande postazione.

Lara osserva le penne che dispone in un contenitore la segretaria, i suoi cosmetici infilati sotto al bancone con maestria e il calendario con una graziosa foto di New York. A Lara è sempre piaciuta New York, in fondo ci vive da quando è nata, eppure non è mai stanca, ogni giorno ne scopre un lato nuovo, oggi  ha visto bene e per la prima volta questi due enormi palazzi identici che paiono infiniti, entrando addirittura in uno.

Il calendario segna il mese di Settembre, e Lara ricorda che oggi è l’undici Settembre, fra tre giorni sarà il compleanno di un suo caro amico. Fra qualche ora avrà un appuntamento con lui, passeranno la giornata a casa sua, rimpinzandosi di schifezze e guardando tv spazzatura che a loro piace tanto commentare e ridere su come la televisione stia diventando un mezzo di distruzione occulto.

Lara fa così: accende risate sui fatti tristi, è l’unica cosa può permettersi di fare.

Lara vede un signore dalla postura impettita e rigida uscire con fare lento dall’edificio. Sospira paziente: una piccola visita e poi uscirà anche lei.

Passano parecchi minuti prima che Lara possa davvero aver accesso all’ascensore dell’edificio. Soffoca una risata quando vede i numerosi piani che l’attendono per l’ascesa. Questo posto è enorme.

Guarda ancora il quadrante dell’orologio, sono le nove e un minuto.

Si fa strada dall’ascensore e da quei corridoi che sembrano progettati da Dedalo in persona, districandosi in cunicoli e vicoli ciechi. La gente è impegnata,  tacita e concentrata nel proprio lavoro, quello che Lara sente non è altro che un brusio, un incantevole brusio di collaborazione e tranquillità.

Sembra che regni la pace, qui.

Sono le nove e due minuti.

Lara scuote i capelli rossi e avanza verso la porta, la condurrà in una strada che le è stata spiegata precedentemente dalla segretaria. E’ semplice l’istruzione fornitale,  andare sempre dritto. Lara cammina con calma, sentendo il peso della torta che le spezza la schiena.

Ha fame, Lara. Vuole addentare quella torta, saggiarne  l’impasto morbido ed assaporarlo fino in fondo, apprezzando la glassa che si scioglie nella bocca, lo zucchero a velo che si deposita come farina bianca tra le increspature delle labbra. Lara vuole tutto questo.

Ma Lara non riuscirà mai più a vedere suo fratello, né mangiare con lui la tanto adorata torta al cioccolato.

Sono le nove e tre minuti.

Perché oggi è un giorno diverso dagli altri, e questo Lara lo sa, ma purtroppo niente va come lei ha immaginato, niente va come immaginiamo. Gl’imprevisti sono quel qualcosa che si divertono a colorare la  nostra vita.

Perché chi di voi lo sa, oggi è un giorno che non va dimenticato… E nemmeno Lara lo farà.

Perché ora Lara vede solo polvere e cemento fatto in brandelli, con frammenti che circondano quel corpicino sfinito e confuso, intriso di paura, perché Lara non sa che succede.

Le macerie ora sono le sue uniche amiche, il sangue è il suo unico compagno, il dolore è l’unico appiglio di sofferenza. Perché dire che Lara è frastornata non basta, perché pensare che lei sia arrabbiata non è giusto, perché pensare che tutto questo sia un insulto alla sua vita è dire troppo poco.

Perché Lara ora non vede il cielo splendente, Lara vede il cielo grigio, grigio e cupo. Il cielo che prima era azzurro e limpido ora si sta sporcando e diventando sciupato, scuro e denso, come il  fumo polveroso che l’attornia.

Ora Lara si sente attonita e svuotata, perché chiunque di voi la conosce e conosce la storia del mondo, sa che oggi è un giorno che il mondo non può dimenticare, perché nell’undici settembre duemilauno altre tremila Lara sono state uccise.

E Lara vorrebbe maledettamente mangiare la quella torta, vorrebbe semplicemente assaggiarla, darle un piccolo morso, provare ad indovinare che sapore ha e magari le piacerebbe da morire quel sapore dolce, oppure non capirebbe il retrogusto che ristagna sulla sua lingua.

Ma Lara non potrà mai sapere che gusto ha quella torta, perché siamo stati noi a strappargliela da quelle mani curiose e brillanti che possiede, abbiamo preso la sua borsa e l’abbiamo svuotata interamente, le abbiamo tolto i libri, la sua musica e la sua torta.

E oggi Lara sa che i suoi pensieri sono diversi da quelli di ieri.

Sa che ha incontrato persone diverse.

Sa anche di aver trovato una domanda senza una risposta.

Perché lei ora, tra quelle macerie si chiede la ragione di tutto questo, impreca e urla aiuto in silenzio, ma nessuno potrà salvarla, perché la mente umana, per quanto onorevolmente valutata e filosofica possa essere, non si rende conto a quanta crudeltà possa arrivare. E Lara forse oggi ne ha la prova, perché forse ci saranno altri undici Settembre, altre grida di dolore lancinante e di memorie estirpate.

Lara dovrà aspettare cinquantasei lunghissimi minuti per spegnersi, passeranno cinquantasei strazianti minuti prima che l’enorme torre si abbatterà al suolo, passeranno cinquantasei infiniti minuti che non ritorneranno indietro per chi conosceva Lara, per chi l’amava, per chi come lei si è abbattuto al suolo come mattoni e calce struzzo sull’asfalto rovente.

Perché, nonostante siano passati anni, quelle strade ancora bruciano.

E Lara ancora oggi si fa questa domanda, ed una risposta non la trova: nessuno vuole farlo.

Perché la scatola e i fogli rossi continuano a ricaderci nelle mani, manipolandoci e dicendoci che siamo incapaci di scegliere, d’intendere e di volere. Ma non dateli retta, perché Lara sa che il mondo non fa schifo, e lei continuerebbe a lottare se fosse in voi.

Perché non bisogna togliersi la vita per concludere, non bisogna non possedere la vista per dire che si è ciechi, non bisogna tacere se l’urlo ci pervade.

E Lara non si darebbe  per vinta, continuerebbe a voler assaggiare quella fetta di torta che lei tanto ama, che dovremo assaporare noi al posto suo.

Perché lei ora non può.

Non oggi.

-Dedicato a chi ora non c'è, a chi era lì, a chi era Lara, a chi non ha potuto godersi a pieno la sua torta al cioccolato.

   
 
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