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Autore: _ToMSiMo_    26/04/2011    3 recensioni
Aprì la lista e decise di seguire l’istinto. Chiuse gli occhi e con un dito toccò uno dei titoli che vi erano segnati: Oscar Wilde. Il ritratto di Dorian Gray.
-Basta andare al secondo piano, la terza fila a destra. Lo scaffale numero quindici.- le disse la ragazza al banco.
Si avvicinò allo scaffale numero quindici e quasi urlò di gioia quando notò che era l’ultima copia rimasta.
Era entusiasta della sua piccola vittoria e accarezzava la copertina come se fosse un gatto. Mentre stava lì impassibile a tutto e immersa nel nuovo mondo creato dal signor Wilde, venne urtata da un ragazzo con un cappotto grigio e degli stivali.
Era disperato, o pazzo o tutte e due. Diceva qualcosa di incomprensibile a bassa voce e cercava tra lo scaffale quindici e sedici senza tregua come se avesse dimenticato qualcosa.
Genere: Demenziale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ben Barnes
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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La mattina seguente Carrie aveva infornato i biscotti e premuto le arance per una tazza di vitamine . Si sentiva in dovere di prepararla per tutti anche perché ne aveva bisogno per il suo primo giorno da modella.
Romeo le avrebbe dato un passaggio e sarebbe rimasto con lei per appoggiarla anche se Carrie era una forza della natura. Sophie si alzò di buon umore, merito forse della telefonata ma nonostante il sorriso dipinto sul volto, dovette trascinarsi per arrivare al tavolo.
-Ehi Buondì- disse Romeo che stava leggendo un giornale.
-Puonciorno a tutti- rispose la rossa mettendo i biscotti già preparati in bocca accompagnandoli con il latte che le aveva versato Romeo.
-Hai fame?- le chiese Carrie.
-Perché non vedi che sta per divorarsi tutto?- le domandò Romeo.
Dopo aver ingoiato e aver sbadigliato –Ma che carino!- gli rispose.
-Con chi parlavi al telefono ieri?- esordì Carrie mentre toglieva i biscotti dal forno e li appoggiava sopra a quelli già freddi.
Romeo alzò un sopracciglio,come per dire “io non ho fatto nulla” e poi prese un biscotto bollente scottandosi.
-Lo sapevo che devo starti dietro come un bambino- lo rimproverò la bionda.
Sophie sorrise e prese un giornale dalla sedia accanto per leggerlo e per evitare di rispondere. Che avrebbe detto?
-A che ora devi andare in studio?- domandò poi grattandosi un tallone con le dita dei piedi.
-Era l’attore vero?- chiese senza risponderle.
-Mmm.. si- confessò.
-E  che voleva?-
Sophie guardò Romeo, e lui capì.
-Oh Carrie. È tardissimo! Corri che dobbiamo scendere!- disse prontamente per salvare l’amica e ci riuscì poiché Carrie prese la giacca e tirandosi Romeo per la mano lo trascinò giù.
Rimasta sola finì di fare colazione e una volta preparata si recò all’accademia. Iniziò la giornata consegnando alcuni rullini per un compito che aveva già svolto e poi alla sua lezione di chimica.
Purtroppo per fare fotografia doveva svolgere anche i compiti del professore Mash. Odiava la chimica, non perché la considerava una materia inutile ma perché non sopportava l’idea di memorizzare nomenclature per quello che avrebbe potuto chiamare semplicemente in un modo, cioè usando la lingua normale. La sua  media comunque, non si scomponeva in nulla. Poteva essere definita una brava studentessa,ma non la migliore. Quando lasciò la classe di chimica, fu fermata da ragazzi più piccoli che le chiesero un aiuto in letteratura per quello stesso pomeriggio. Non era suo solito rifiutare di aiutare le persone ma aveva già promesso il suo aiuto a qualcuno per cui doveva fingere di essere Sybil.
Immediatamente si ricordò di Ben. Aveva il copione almeno da leggere o avrebbe fatto una figura da idiota quando lui le avrebbe detto “vai, tocca a te!”.
I ragazzi capirono, o almeno finsero di aver capito anche se lei si scusò dando la colpa ad un bucato venuto male e al  bisogno di una lavatrice nuova. Il professore di letteratura incantò la classe con vecchie diapositive che poi avrebbero dovuto riassumere e la sua docente preferita si complimentò per la prima parte della recensione al romanzo della Austen. Una volta terminate le lezioni e tornata a casa, continuò la sua lettura per tre capitoli e poi vagando nella sua testa ritrovò le immagini delle diapositive e portò a termine anche l’altro compito. Decise di aspettare per pranzo Carrie e Romeo, ma questi le mandarono un messaggio perché avevano deciso di pranzare fuori per festeggiare il primo rullino di foto di Carrie. Telefonò alla sua famiglia e si ricordò di quanto fosse bello parlare tedesco o di sentire qualcuno che sapesse farlo. Le mancava un sacco la Germania, tanto quanto le mancava in quel momento sua madre. Aveva bisogno di parlare con lei per avere un consiglio o un po’ di supporto,ma questo non accadeva spesso. Le loro telefonate erano piuttosto corte e non aveva mai tempo.
Prese una pentolina dal mobile e mise dell’acqua a bollire. Avrebbe cucinato qualcosa di sano: spaghetti al pomodoro. Il sugo lo amava e poi sua madre da ottima cuoca le aveva insegnato i trucchi del mestiere. Mangiò in silenzio, leccandosi i baffi alla fine. Si occupò di sistemare le stoviglie e si dedicò al bucato. Quando vide le sue felpe preferite sporche, fu presa dal panico. Cosa avrebbe messo?
Gettò la sua testa nell’armadio e prese un lungo respiro. Stava per iniziare a buttare tutto sul letto quando le squillò il telefono: un’altra volta un numero che non conosceva. Sapeva però di chi fosse e rispose da persona calma ed educata,ma soprattutto calma.
-Ehi!- esordì, maledicendosi per il tono troppo confidenziale. Lui aveva trent’anni.
-Sophie, mia cara, disturbo?- disse Ben con un accenno di sorriso nel tono. Aveva aspettato il momento giusto per chiamarla, indeciso se farlo prima o dopo pranzo e temendo di disturbarla durante una lezione. Sophie era una tipa strana per lui. Tedesca e non fredda come tutti pensano. Stare in suo compagnia gli metteva gioia e poi era stato destino si continuava a ripetere. Era un’ottima amica ed una bellissima ragazza. Certo, non era il suo tipo fisicamente ma quanto potevano lavorare bene loro due? Quando Greta la sera della loro prima prova, gli aveva chiesto se “la signorina fosse di suo gradimento”, lui non aveva badato a quel particolare. Non sapeva rispondersi se nonostante tutto Sophie l’attraesse. Di certo ne era completamente affascinato.
-No, Ben. Stavo cercando qualcosa da mettermi- rispose la rossa buttando in aria maglioncini da nonna e scarpe da vecchia.
-Staresti benissimo con qualsiasi cosa- ammise e la fece diventare rossa anche se inconsapevolmente.
Lei prese del tempo prima di ringraziarlo, non voleva fare la sfacciata o la spudorata.
-Alle quattro allora scendi, va bene?- le chiese lui, trattenendo l’ansia che aveva di vederla.
Forse,ammise in cuor suo, Greta aveva ragione. Ma ora gli serviva solo finire quel copione.
Sophie non aveva mica dimenticato una cosa del genere? Certo che no.
E alle quattro,dopo aver provato cento abbinamenti, era lì. Mise il copione e Dorian nella sua borsa e lasciò la casa lasciando un messaggio ai suoi amici.
Come aveva già immaginato si ricordava ogni semaforo, ogni parcheggio o stradina. Era stata così attenta il giorno precedente da meravigliarsi essa stessa. Quando l’autista si fermò davanti il suo portone, Sophie si aggiustò il cappotto, rimise i guanti e riprovò a pagare. Per la seconda volta,Ben aveva già pagato per lei. Fece esattamente come la prima volta e trovò Benjamin allo stesso posto del giorno prima.
Quando la vide le sorrise e la fece entrare in casa tenendole la mano. Una volta in casa, le tolse il cappotto e lo lasciò a Greta che intanto aveva salutato.
-Come stai?-le chiese Ben una volta che furono in studio.
-Bene, è andato tutto bene oggi all’accademia. Tu come stai?- sorrise.
-Non hai idea di come sia stressato. L’unica cosa positiva è recitare insieme a te- confessò.
La rossa abbassò lo sguardo e poi lo ringraziò.
Quando era con Benjamin si divertiva troppo. Staccava la spina da quelli che erano i suoi obblighi da studentessa ma conosceva anche quello che le sarebbe successo una volta che il romanzo o le prove sarebbero terminate. Certo, non era giusto affezionarsi così ad una persona conosciuta per sbaglio, ma fin da bambina sognava di incontrare l’amore tra uno scaffale in biblioteca. Non doveva e non stava pensando a Ben come amore,ma era inevitabile chiedersi se lui la trovasse almeno affascinante. Lui avrebbe potuto acquistare quel romanzo ovunque, e dalla maestosità dei suoi arredi, non erano i soldi il problema. Cosa spingeva Benjamin a passare del tempo con lei?
-Cosa facciamo oggi?- chiese Sophie interrompendo il flusso del suoi pensieri senza essere arrivata a nessuna conclusione concreta.
-Spiegami perché secondo te, Sybil decide di uccidersi- le chiese Ben sistemando le poltrone seconda la disposizione di scena.
-Come poteva non uccidersi per Dorian?- gli richiese senza rispondergli.
-Non lo so. Dorian era ancora un bravo ragazzetto-
-No Ben, Henry già stava attuando il suo lavaggio del cervello. Forse Sybil lo aveva immaginato. Non lo so, mi sono fermata alla lettura dove sei arrivato tu. Che scena vuoi che ti aiuti a provare oggi?- continuò
-Sul mio copione lei va a pranzo da lui… tu sei la mia Vane oggi- le disse alzandole un mento con una mano.
-Va bene, Dorian.- scherzò Sophie.
Ben preparò un tavolino alla bell e meglio e poi sistemandosi come era scritto sulla carta iniziò  a provare la scena. Sophie era in imbarazzo totale; aveva la fortuna però di aver recitato all’oratorio in Germania e di cavarsela con l’espressività.
Si sedette a tavolino con lui, consapevole che quello bravo doveva essere lui. Lei serviva solo per dargli la possibilità di attaccarsi alle battute.
-Chissà quante ne avete portate qui- disse entrando perfettamente nel ruolo di Vane.
Dorian le sorrise, tenendo tra le mani un fiore finto che dovava usare nella scena.
-In verità nessuna- disse facendo scivolare il fiore sulla punta del suo naso- ci sei solo tu-
Sybil sorrise, e Dorian sfoggiò il suo sorriso perfetto. Ben era favoloso, entrava nel personaggio così bene da confondere tutti. Sophie si era dimenticata di Londra, dello studio e di tutto il resto; stava contemplando il “ci sei solo tu”. Quando Ben si alzò e cambiò posizione fu costretta a fare la parte del fratello della Vane e lo vide recitare in un momento di disperazione. Avevano appena finito di leggere dal libro della morte della giovane e Ben fu entusiasta della sua interpretazione poiché aveva sconvolto anche Sophie. Scherzando e provando più volte le parti nuove e ripetendo quelle vecchie, passarono le ore. Greta mentre stavano mettendo a posto le carte, li interruppe.
-La cena è pronta- disse.
Sophie divenne viola in volto.
-Benjamin mi dispiace, non credevo si fosse fatto così tardi. Me ne vado subito- ammise cercando il suo cappotto e i suoi guanti per scappare da quella situazione. Non si era resa conto di aver fatto così tardi né Ben le aveva detto nulla.
-No, la cena è per noi due- le disse.
-Come per noi due?- domandò tenendo il cappotto in bilico tra le braccia.
-Se te l’avessi chiesto mi avresti risposto di no. Devo pur ringraziarti in qualche modo!-
Si posizionò dietro di lei e l’aiuto a togliersi il cappotto che aveva indossato per metà.
-Rilassati Sophie- le sussurrò avvicinandosi, con un tono molto basso rispetto al normale,al suo orecchio destro. Diecimila vibrazioni partirono dalla sua spina dorsale e arrivarono alla sua testa. I suoi neuroni intenti a ballare una samba si immobilizzarono di botto. Si trasformarono tutti in piccoli Ben o Dorian che le sfilavano il cappotto.
Stava davvero facendo la figura della cretina, ne era consapevole. Ben la prese per una mano e la fece entrare in una piccola stanza, con le pareti in vetro che si affacciava sul giardino. La stanza era calda e sembrava una di quelle giapponesi.
-Quanto è bella questa stanza, Ben!- gli disse meravigliata. Al centro della stanza c’era un tavolino bassissimo con dei cuscini attorno e sopra tutti cibi orientali.
-Spero ti piaccia il giapponese. Il mio ristorante preferito è chiuso- disse dispiaciuto.
-Non conosco i tuoi gusti ma so fare qualcosa di italiano..-
-Adoro il cibo italiano, ma come riesci a farlo?- le chiese facendola sedere di fronte a lui.
-Io sono tedesca,ma mia madre è italiana. Passione per la Germania, ha sposato un tedesco e vive a Berlino-
-Mi stupisci ogni giorno di più. Tu sei meravigliosa!- le sorrise.
Ancora. Gli diceva ancora quella parola. Alla fine prima o poi ci avrebbe creduto sul serio.
-Io sono inglese. Madre inglese, padre inglese. Tutti siamo inglesi!- continuò ridendo e la fece ridere.
-Siete una razza pura-gli disse.
-Non ti va proprio il giapponese?-
-Tranquillo lo mangio, ma la prossima volta cucino io!-
Ben cambiò atteggiamento dopo aver sentito la sua frase e Sophie se ne accorse.
-Ho detto qualcosa che non va?- domandò dispiaciuta.
-Hai solo ammesso,senza volerlo, che ci sarà una prossima volta tra di noi- le rispose riprendendo il colorito di prima.
-Solo perché voglio farti mangiare qualcosa di sano e di buono- scherzò la rossa mettendo le bacchette nella sua ciotola.
-Dici che mangio cose poco salubri?- fece il finto offeso mettendo poi una porzione in bocca.
Sophie rischiò di affogarsi guardando Ben riempirsi la bocca di cibo dal nome impronunciabile.
-Uhm direi che sì! Tu mangi cibo poco salubre ed hai bisogno di una dieta ferrea!-
-Lo ammetto, tu diventerai la mia nuova cuoca personale!-
-Oh Beh! Giusto quello che cercavo, Ben!- affermò la rossa versandosi del tè. –Ne verso anche a te?- gli chiese.
-In realtà dovrei essere io a versarlo a te, ti ho invitata a cena e mi comporto da maleducato!-
A Sophie non importava  versare o avere del tè nel bicchiere. Non faceva nulla se lui non lo aveva fatto  o se involontariamente, perché era evidente che fosse stato involontario,se ne fosse dimenticato. Era perfetto così, con il codino a mantenergli i capelli lontano dagli occhi e la camicia fuori dal pantalone.
-Lascia stare, siamo moderni- disse evitando di farlo sentire in colpa.
Passarono tutta la serata a raccontarsi le loro storie e Ben non disse mai il suo cognome. Aveva trovato per la prima volta qualcuno a  cui interessava così com’era. Fu facile lasciarsi andare a racconti senza senso e divertenti o a descrizioni di episodi da dimenticare. Sophie gli raccontò di Berlino e lui ne rimase incantato da volerci passare qualche giorno.
-Ti va un bicchiere di vino rosso?- le chiese aiutandola ad alzarsi da terra per portarla in cucina. La cucina era mille volte il buco che aveva nel suo appartamento. Isola al centro con i fornelli e frigorifero ultratecnologico. Sprecata per una persona  sola, che tra l’altro non sapeva neanche cucinare.
-A che pensi?- le chiese prendendo i calici dalla vetrina e il vino dallo scaffale. Versò il vino tenendo con una mano il calice e con l’altra la bottiglia e il primo lo diede proprio a lei.
-Pensavo quanto fosse sprecata questa cucina per te- gli disse aspettando che fu pronto anche lui prima di portare il bicchiere alla labbra. Le labbra di Ben attaccate al vetro del calice sembravano più rosse ed erano meravigliose.
-E’ vero, non so neanche cucinare!- rise.
Sophie era appoggiata di spalle all’isola della cucina, di fronte  a Ben che dava le spalle al lavello.
-Sei fidanzata?- chiese a brucia pelo, senza giri di parole, guardandola direttamente negli occhi.
-Non sono fidanzata. Non è l’amore che cerco; o meglio,lui ha smesso di venirmi incontro e ho deciso di aspettarlo senza muovere un dito e dedicandomi solo alla lettura e al lavoro.- alzò le spalle come sconfitta da una situazione che aveva già vissuto volte precedenti- Tu? Che fai? L’amore lo aspetti o lo cerchi?- chiese.
-L’ho perso- disse – Ma non vedo l’ora di imbattermi in qualcosa di molto più forte. Prima o poi lo incontrerò. Non ho paura di sbattere contro di esso, non temo neanche di farmi male. C’è qualcosa che mi fa ancora credere, tutto qui- le confessò e poi bevve un altro sorso.
-Io ho solo paura di ferirmi ancora, magari dirò no alla persona giusta solo perché temo che si comporti come quella passata!- gli confidò guardando poi il vino che stava facendo ruotare nel calice.
-Buono questo vino?-            
-Si, hai dei gusti ottimi… questa è l’unica cosa salutare di stasera!- gli fece l’occhiolino.
Mentre Ben finiva di bere lei alzò gli occhi e si rese conto di aver fatto tardi. Non voleva rovinare quel momento di pace che aveva trovato, né tantomeno fare la maleducata ed andare via dopo aver bevuto, ma era consapevole che l’indomani avrebbe dovuto andare a lezione.  Ben sembrò accorgersene e appoggiò il suo calice sul lavello.
-Devi andare? Ti ho trattenuta troppo, vero?- le chiese guardando anche lui l’orologio.
-Domani ho lezione ed è tardi. Non voglio essere un peso. Mi dispiace, è stata una bella serata-
-Ma non ti devi dispiacere. Ti capisco benissimo, ti ho trattenuta fin troppo. Vado a prenderti il cappotto.-disse mentre si allontanava dalla cucina. In quel preciso momento si maledisse per aver guardato l’orologio. Un po’ le dispiace doversi allontanare da lui, anche perché la situazione si era fatta estremamente piacevole. Passare del tempo con lui era rilassante e le faceva svagare la testa dai numerosi impegni scolastici che aveva e che doveva affrontare. Parlare della recitazione con Ben era interessante anche perché non sembrava affatto uno di quegli attoruncoli, anzi. Ogni volta che entrava nel personaggio, si vestiva dei suoi panni così intensamente e meravigliosamente da confondere le persone una volta che la parte finiva. Ci si poteva innamorare dei suoi personaggi e doveva ammettere che Dorian l’aveva sempre affascinata. Quando Ben tornò l’aiuto a mettere il cappotto e le porse i guanti.
-Grazie- gli sorrise Sophie.
-Vuoi che ti dia un passaggio con la mia auto o preferisci andare con lo stesso taxi?- si azzardò a chiedere.
-Tranquillo- disse- grazie mille,ma credo che prenderò la metro. Arrivo prima e posso pagare!- scherzò facendogli capire a cosa si riferisse e cioè all’autista che non accettava mai i soldi.
L’accompagnò all’uscio e la salutò baciandole le mani, come una vera dama inglese.
-Mi vizi troppo Dorian, ma non oso immaginare a quante altre donne tu abbia concesso un simile lusso- gli disse vestendo i panni di Miss Sybil Vane. Ben ne restò affascinato, anche perché non si aspettava che lei prendesse l’iniziativa anche per scherzare e recitasse la sua parte. Stette al gioco, da bravo attore qual era.
-Stai tranquilla, ci sei solo tu per me!- rispose mentre Sophie si allontanava nella nebbia di Londra.
Per strada c’era ancora qualche coppia che passeggiava dopo aver cenato in qualche locale e la strada era illuminata fino alla metropolitana. Si sentì importante quando riuscì a fare un biglietto che accettarono senza storie e attaccata al finestrino del primo vagone, si lasciò andare a sogni ad occhi aperti. Ben, a casa sua, poteva dirsi soddisfatto della serata. Quella donna era davvero qualcosa di speciale. Riusciva a mettergli il buon umore ed era in grado anche di saper attaccare al momento giusto quando recitavano. Certe volte sembrava che lei fosse davvero Sybil per i sentimenti che provava e si domandò se quella cena per lei avesse significato qualcosa in più o in meno di quanto aveva significato per lui. Sicuramente poteva dirsi soddisfatto dei progressi teatrali, anzi cinematografici, perché lui lo sapeva che Dorian sarebbe stato un film di successo e sapeva anche che prima o poi lei avrebbe letto o visto qualcosa su di lui. Data l’età di Sophie e il suo passaggio dalla Germania all’Inghilterra, comprendeva benissimo le ragioni che lei aveva per non averlo riconosciuto. Se non ascoltavi gli Hyrise (ed era un bene!), se non avevi visto Narnia o Stardust, era quasi impossibile ricordarsi di lui. Sophie poteva aver mentito e conoscere benissimo la sua fama, ma dai suoi occhi, non l’avrebbe mai detto. O, era un’attrice da oscar meglio di lui, oppure lo conosceva ma lo trattava da persona normale.
Arrivata a casa, stranamente trovò Romeo ancora sveglio e Carrie che stava sistemando la cucina.
-Ma dove sei stata per tutto questo tempo?- le urlò contro Romeo da “migliore amico in prenda al panico”
-Stavo aiutando Ben.- disse.
Carrie guardò Romeo come per ammonirlo anche perché non erano affari suoi. Se Sophie avesse voluto parlare con loro lo avrebbe fatto. Nonostante l’avvertimento avuto dagli occhi della fidanzata, Romeo, continuò le sue domande.
-E torni alle undici e mezza?-
-Scusami se ho una vita e se sono rimasta a cena!- rispose prima di sbattere la porta e di chiudersi nella sua camera. Per quanto adorasse Romeo, non erano affari suoi. Ok, si preoccupava ma ciò non implicava entrare fino all’osso della questione. Erano pur sempre affari suoi! Se lui non si fosse rivolto male avrebbe parlato con lui il giorno successivo o il giorno dopo ancora. Sophie aveva paura di sentirsi dire sempre le stesse cose “stai attenta!” “non correre!”. Sentirsi dire quelle cose che non avevano senso per una storia che non esisteva, per un interesse che da parte di lui non c’era. Mentre era appoggiata alla sua scrivania per terminare o iniziare qualche altro compito, Carrie bussò alla sua porta.
-Posso entrare?- chiese quando aveva già un piede dentro.
-Sei già dentro- disse da vecchia acida.
-Se vuoi me  ne vado- sussurrò la bionda entrando ancora di più nella stanza consapevole che non avrebbe mai risposto no.
Si girò verso Carrie e la guardò con un’espressione non abbastanza simpatica.
-Romeo vuole solo proteggerti. Che ne sa lui di questo fantomatico trentenne che vedi!-
-Io non vedo nessuno. Sto solo aiutando una persona e prendo appunti per le recensioni. Tutto qui. Non è certo il tipo d’uomo che sta cercando una studentessa-fotografa alle prime armi. Lui, oh- disse guardandola con occhi luccicanti- è qualcosa di indescrivibile. Mi piace come persona. È un ottima compagnia e ha bisogno di aiuto con Dorian- confessò
-E non ha caso, tu sei Sybil Vane per lui- commentò Carrie.
-Che vorresti dire?- le chiese sedendosi con le gambe incrociate sul letto.
-Che forse, lui.. non è che vuole altro da te?- domandò.
Sophie sorrise immaginando come sarebbe se fosse una donna in carriera con la possibilità di dedicarsi all’amore e di dedicarsi a lui. Ma era a conoscenza che Ben, sarebbe rimasto uno dei tanti amici inglesi che avrebbe sentito solo per messaggi una volta andata via.
-Tranquilla, penso che non ci siano possibilità del genere. Ben è interessato ad altro-
-E’ GAY?- strillò Carrie.
-Certo.. come no! Non ho detto che sia gay. Ho detto che lui è interessato a me come “posseditrice del tesoro di Gray”-
Carrie alzò le spalle e sorridendo si allontanò dalla stanza.
Mentre allegramente si decideva a mettere il pigiama e abbracciare Morfeo acquistando forze per il mattino seguente, Ben, le mandò un messaggio:
“Spero che la carrozza di vostra dolcezza Sybil sia arrivata a destinazione”
Presa dal panico, e non sapendo come rispondere ad una cosa così carina, decise di farlo in un modo diverso dal solito.
“Oh Dorian, quanto ancora dovrò aspettare prima di vederti ancora?”
Ben poteva aspettarsi di tutto, ma non che continuasse il gioco.
“Mia cara Sybil sei perfetta quanto la Giulietta che hai recitato questo pomeriggio in teatro. Ti prometto che domani alle quattro verrà a prenderti Lord Henry.” Lasciò qualche rigo e aggiunse  “PS: Sophie, buona notte.”
 
  
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