Ve l’avevo detto che non avrei aggiornato prima di
Pasqua ùu
Sono felicissima di sentire nuove lettrici *-* e vedere
che la storia è seguita. Questo mi fa un enorme piacere. Vi lascio al
capitolo, non aggiungo altro.
E aspetto i vostri commenti ;D
krisbianislove su twitter.
Yeah Efp su face book.
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Appuntamento con Isabella Swan
Edward
“E quindi hai un appuntamento con Isabella?”
Guardai mia sorella con disappunto, continuando a mangiare
la torta al cioccolato fatta da mia madre.
Non avevo un appuntamento con Isabella Swan.
Accompagnarmi a scuola non era un appuntamento. Era un
passaggio.
“No. Certo che no.” Spiegai,
trangugiando un’altra fetta.
“Io dico che tu hai un appuntamento con
Isabella.”
Alzai gli occhi al cielo, questa volta non degnandola di
una risposta.
Infondo era sempre così: lei inizia con le sue
supposizioni, e finché non le davo ragione continuava fino allo
sfinimento. “E tutto grazie a me!” Alice batté la mani euforica, facendo cadere il cucchiaino con cui stava
mangiando i cereali dritto nella tazza di coccio.
“Come?”
“Se io non me ne fossi andata, Isabella non ti
avrebbe accompagnato. Ovvio. Tutto questo grazie a me.”
“O grazie alla mia Volvo che ora è in sala
operatoria.” Specificai, pensando alla mia povera piccolina.
Una settimana. Ancora una settimana e l’avrei
riavuta con me.
Dovevo soltanto pazientare.
“Non direi. Tutto questo è grazie a
me.”
“Alice,” presi un
profondo sospiro, guardandola dritto negli occhi. “Tutto questo, cosa?
Isabella molto gentilmente verrà a prendermi, per accompagnarmi a
scuola. Poi tornerà qui, nella sua. Non succederà un bel
niente.”
“Sì, questo raccontalo a Tanya.”
Dio! Mi ero completamente dimenticato di Tanya!
Non doveva assolutamente scoprire quello che stava
succedendo.
Lei non mi avrebbe mai accompagnato fino a
Ma non doveva sapere di Isabella. Per niente al Mondo.
“Soltanto io, te e Isabella
sappiamo di questo appuntamento barra passaggio. Io cercherò di non
aprire bocca con nessuno, se non con Angela. E forse anche con Jasper.”
“Sei insopportabile!” Spostai la sedia,
alzandomi e dirigendomi al piano di sopra, per lavarmi i denti.
Non avevo calcolato che la piccola nana mi avrebbe
seguito.
“Dai, lo sai che devo
parlarne con qualcuno!”
Sospirai, aprendo l’acqua del rubinetto e mettendo
un po’ di dentifricio sullo spazzolino blu.
Inizia a strofinare bene, togliendo ogni residuo della
torta al cioccolato.
“E poi di Angela posso fidarmi. E anche di Jasper,
lo sai.”
Scossi la testa, ormai rassegnato.
Se doveva per forza parlarne con qualcuno, tanto valeva
che lo facesse con la sua migliore amica ed il suo fidanzato.
Povero Jasper.
“Fai quello che vuoi. Basta che la voce non arrivi a
Tanya. Non ho voglia di sorbirmi tutte le sue
lamentele. E non ho nemmeno voglia di darle spiegazioni.”
Alice sorrise, continuando a mangiare i cereali che si era
portata dietro.
“Va bene. Hai un
appuntamento con Bella Swan!” Aggiunse poco
dopo, continuando la sua cantilena finché non udimmo il suono di un
clacson provenire da fuori.
“Oh mio Dio! E’
arrivata!”
Come poteva essere così euforica? Dio, proprio non
riuscivo a capirla.
Anzi, non riuscivo a comprendere come facesse ad essere
mia sorella.
Non ne avevo idea.
“Alice, mi raccomando.”
“Sì, non preoccuparti. Ne farò parola
soltanto con Angela e Jasper, raccontando a tutti e due nei minimi dettagli
questo appuntamento.”
“Alice!” L’ammonii, posandole un bacio
sulla testa.
Poi mi voltai, uscendo definitivamente da quella casa.
Il pick up rosso sostava
momentaneamente sul vialetto.
Avevo intravisto Isabella appena ero uscito, che
picchiettava le dita sul volante.
Sembrava agitata.
Scossi il capo, pensando che quella peste di mia sorella
mi aveva messo tremila strane idee in mente.
Riuscii ad aprire la portiera di quella vettura dopo
qualche insistenza, e poi rivolsi alla ragazza dinnanzi a me un sorriso a trentadue
denti.
“Isabella.” La salutai, posando lo zaino
dietro.
“Edward. Buongiorno.”
La sua voce era roca, segno che ancora aveva sonno.
Ovvio, si era dovuta alzare prima per passarmi a prendere.
Mi sentivo un perfetto approfittatore.
Certo, lei era così carina e gentile ma…
Carina. Non avevo mai pensato ad Isabella in questo modo.
Okay, era una bella ragazza, non c’è che dire.
Un corpo snello ma non troppo perfetto. Insomma, le curve
giuste al punto giusto.
Questa volta la testa la scossi più energicamente,
mandando via tutti quei pensieri strani.
Dio, certo! Era tutta colpa di Alice!
“Dormito bene?” Mi domandò, cercando di
smorzare tutta quella tensione che si era creata.
“Benissimo, per quel poco
che ho dormito.
Stamattina devo consegnare una tesina su Romeo e Giulietta.”
Risposi, pensando al professore di letteratura e a quella scocciatura di tesina
che ci assegnava ogni mese.
Tutto sul Mondo Shakespeariano, ovviamente.
“Tu?” Chiesi con gentilezza, notando che ero
davvero interessato alla risposta che mi stava per dare.
“Non molto bene. Ho pensato tutta la notte alle
parole di Jacob.”
Mi domandai cosa le avesse detto Jacob.
Sicuramente le aveva parlato della sua cotta.
“Jacob?” Feci finta di non conoscere tutto
quello di cui avevano parlato.
Ed era vero.
Io conoscevo soltanto la versione di Jake.
“Oh. Scusa, non dovevo
parlartene.”
“Se vuoi, puoi dirmelo. Insomma, non voglio
forzarti.” La curiosità mi stava uccidendo, ma non ci pensai.
“Non preoccuparti. Non è un problema. Sei il
suo migliore amico, e te l’avrebbe detto lo stesso.”
Iniziò a raccontarmi di tutto quello di cui avevano
parlato il pomeriggio precedente.
Delle intenzioni di lui, e dei buoni propositi di lei.
La stetti ad ascoltare in silenzio, beandomi del suono
della sua voce.
Era dolce e soave, non come quello di tutte
le ragazza che conoscevo.
La maggior parte di loro sembravano delle galline, quando
mi rivolgevano la parola.
E poi la guardai, notando il turbamento nella sua voce e
gli occhi stanchi e lucidi.
Doveva anche aver pianto per la metà della notte.
Sospirai, pensando a tutto quello che aveva fatto.
Anche se era stanca e sarebbe potuta rimanere a letto
riposandosi, era uscita anche prima per passarmi a prendere.
Quando imboccò la strada per
“Aspetta, aspetta!” Frenò di colpo, e
quasi non ci schiantammo.
“Sei matto, o cosa?!”
Non l’avevo mai sentita sbraitare, o almeno alzare la voce.
Ed aveva tutte le ragioni del Mondo.
“Scusa.” Sussurrai, in preda
all’imbarazzo.
Cosa diamine mi era passato per la testa?
“Scusa tu.” Disse appena, buttandosi con la
schiena sul sedile.
Forse la mia idea non era poi così magnifica come
pensavo.
“Hai qualche materia di importante
stamattina?”
Mi guardò interrogativo, non capendo neanche cosa
le avessi chiesto. “Vorrei portarti in un posto.” Mi sentivo
totalmente un idiota patentato.
“Io e te?” Sorrisi, scuotendo la testa.
“No. Io e il pick up. Tu
puoi tornare indietro a piedi.”
Mi tirò un pugno, ma non troppo forte.
“E tu non dovevi consegnare la tesina su Romeo e
Giulietta?”
“Il professore non se la prenderà. E non
nuocerà alla mia media scolastica.”
Lei mi guardò fisso negli occhi, alzando un
sopracciglio.
“Va bene. E non nuocerà neanche alla mia ora
di Educazione Fisica.”
Risi di gusto. Alice mi aveva accennato che Isabella non
era molto portata per lo sport.
“Scendi.”
“Come?” Mi guardò, sbalordita dalla mia
richiesta.
“Ti devo portare in questo posto. E tu non sai dove
andare.”
“Puoi sempre indicarmelo.” Alzai le
sopracciglia contemporaneamente, mentre lei con uno sbuffo scendeva dal pick up.
“Tratta bene la mia macchina.”
“Non ti preoccupare, ho le mani d’oro.”
Il posto era proprio dove lo ricordavo.
Erano anni che dovevo andarci, forse da quando avevo
cambiato scuola.
Andavo lì per lo più per rilassarmi, e per
pensare.
Mi piaceva ascoltare il cinguettio degli uccelli, e
sentire l’erba fresca sotto le mia dita.
Ma la cosa che adorava di più di quel posto, era la
cascata.
Non troppo grande, ma uno spettacolo della natura. Lo
scrosciare dell’acqua mi destabilizzava i sensi.
C’ero andato sempre da solo, ed ci stavo portando
Isabella.
Saltando così un giorno di scuola.
“Siamo arrivati!” Annunciai, posteggiando il pick up in una piazzola.
Inutile dire che tutt’intorno a noi c’erano
alberi e cespugli.
“Ho capito!” Sussurrò appena, mentre i
suoi occhi iniziavano a sgranarsi pian piano.
Diamine, non era possibile! Come poteva esser già
stata in quel posto? Non lo conosceva quasi nessuno!
“Mi vuoi uccidere. E poi seppellire il mio cadavere
qui.” Spiegò cautamente, ma con una nota di divertimento.
Questa volta la botta sul gomito gliela diedi io, mentre
lei si massaggiava la parte lesa.
Sospirai. “Ora capisco perché sei amica di ma
sorella.” Alzai gli occhi al celo, e scesi dalla
macchina.
Aspettai che scendesse anche lei, e poi la guidai.
Non si mosse.
“Che c’è? Hai cambiato idea? Vuoi andare a scuola?” La bombardai di domande.
“Uno, non ho cambiato idea.
Due, non voglio andare a scuola. Tre, io non faccio trekking.” Sospirai
silenziosamente, senza farmi notare.
“Non dobbiamo fare trekking. Soltanto camminare per
qualche metro.”
“Appunto.” Sussurrò, abbassando la
testa imbarazzata.
“Okay.” Sorrisi, avvicinandomi a lei.
“Torniamo indietro?”
“No.” Risposi tranquillamente, issandola sulle
mie spalle.
“Edward! Cosa stai facendo?”
“Tu non vuoi trekking, ed io voglio portarti in
questo posto. Tanto vale che cammini per tutti e due.”
“No!” Obbiettò, cercando di darmi
qualche colpo sulla schiena.
Tutto inutile, visto che pesava pochissimo ed io ero anche
più forte di lei.
Camminai per qualche metro, mentre Isabella smise di darmi
pugni e dimenarsi.
Quando arrivai, la riposi con i piedi per terra.
“Sei impossibile!”
Obbiettò, puntandomi un dito contro.
“Stai zitta.” Dissi, scuotendo la testa con un
sorrisino di vittoria.
Aprii il passaggio – formato da qualche foglia e
qualche cespuglio -, e poi le feci segno di entrare.
“Forse vuoi uccidermi davvero.” Mi
sorpassò, entrando nella radura.
Presi posto vicino a lei, ed inizia ad osservarla.
I suoi occhi erano sgranati, e la bocca formava una O muta.
“Oh mio dio.” Sussurrò appena, quasi
che non riuscii a sentirla.
“Ti piace?” Sorrise, posando il suo sguardo su
di me.
“Se mi piace? Oh, Dio! Edward
è bellissimo!”
Entrò del tutto nella radura, ammirandosi intorno.
Raccolse qualche fiorellino, e poi si avvicinò alla
cascata. Mise una mano dentro per sentire l’acqua, ma poi la ritrasse
immediatamente.
“E’ congelata.”
“Siamo in Ottobre.” La informai.
“E a Forks.”
Aggiunse poco dopo.
Purtroppo non c’era il sole, e quindi lo scenario
non era del tutto meraviglioso.
Con il sole e la luce, faceva tutt’altro effetto.
“Come hai scoperto questo posto?” Chiese poco
dopo, sedendosi a gambe incrociate davanti alla piccola cascata.
“Qualche anno fa.” Spiegai, prendendo posto
vicino a lei. “Stavo andando a
“Allora chiamai a Jacob. Mi disse che aveva un
impegno e sarebbe passato non prima di venti minuti. Cosa potevo fare in venti
minuti, con un sole accecante e chiuso nella mia Volvo? Così iniziai a
fare una passeggiata. E scoprii questo posto. Da quel giorno ci vengo qualche
volta, quando voglio stare solo. Ma era da qualche anno che dovevo ritornare.”
Mi guardò confuso.
“Perché?”
“Sai, con la scuola e tutto il resto…”
“No.
Perché ci sei venuto oggi, con me?”
Ecco,
bella domanda Isabella.
L’unica
domanda che non doveva farmi.
“Non
lo so. Siamo passati da questa parte, e mi è venuto in mente.”
Nessuno
riusciva a sviare i discorsi meglio di come facevo io.
“Oh.”
Continuammo
a stare in silenzio, godendoci il paesaggio.
Volevo
che godesse appieno di tutta quella meraviglia della natura. Anche se poteva
tornarci ogni volta che ne aveva voglia.
“Edward,
posso farti una domanda?”
Come se
avesse dovuto chiedermi il permesso.
“Certo.”
“Sei
liberissimo di non rispondermi.”
Sorrisi,
lasciandola continuare.
“Dov’è
tuo fratello Emmett?”
Questa
volta rimasi in silenzio, per più di qualche minuto.
“Scusa. Non dovevo.” Disse infine, abbassando la testa.
“No.
Non preoccuparti.”
Presi un
bel respiro. “Emmett è al college. In
Alaska.”
“In
Alaska?”
La
curiosità uccise il gatto, Isabella.
“Già.”
Non
continuai, sperando che la finisse lì.
E infatti fu così.
Non mi
chiese più niente, intuendo che non volevo più rispondere alle
sue domande.
“E’
complicato. E ancora non ho voglia di parlarne.”
“Non
è un problema.” Posò la sua esile mano sul mio braccio.
Dio,
era così piccola e fragile.
La
guardai, notando che le sue gote si erano arrossate e una ciocca di capelli
penzolava sulla guancia.
Istintivamente
la presi, riportandola dietro il suo orecchio. Lo strato di pelle che avevo
toccato in quell’istante ardeva.
Decisi di
prolungare quell’istante, e invece di ritirare la mano indietro la posai
sulla sua guancia. Questa volta per più di qualche secondo.
“Edward.”
Il suo fu un sussurro appena percettibile.
Appena
percettibile, perché lo bloccai sul nascere posando le labbra sulle sue.
Un bacio
appena accennato, casto.
Chiusi
gli occhi, soltanto per un breve istante. E poi mi ritrassi.
Lei gli
aveva spalancati. Ed era rimasta così, immobile.
“Scusa.”
Sussurrai, rendendomi appena conto di quello che avevo fatto.
L’avevo
baciata.
Per Dio,
come mi era saltato in mente?
Doveva
soltanto accompagnarmi a scuola. Ed eravamo finiti lì, in quella radura
ed io l’avevo appena baciata.
Si
passò una mano nei capelli, riavviandoseli.
Poi,
sospirò.
“Che
ore sono?” Presi il cellulare dalla tasca, notando appena che avevo
ricevuto due messaggi.
“Le
dieci.”
Due ore.
Due ore che eravamo in quel paradiso.
E che io,
in un solo istante avevo trasformato in un inferno.
“Vogliamo
andare?”
Senza
dire niente l’assecondai, alzandomi e aspettandola.
Questa
volta camminò per tutto il tragitto, cercando di non inciampare cadere.
Cosa che
successe molte volte, perché riuscii a prenderla prima che accadesse
almeno tre volte.
“Puoi
guidare tu, se vuoi.” Sussurrò, aspettando che aprissi la portiera
del passeggero per farla entrare.
Quando
entrai anch’io, contai fino a dieci prima di mettere in moto.
“Vuoi
venire con me in un posto?” Domandai, giocandomi il tutto per tutto.
“Dove?”
“A
prendere un caffè.”
La vidi
annuire, e poi ingranai la marcia.
Forse
aveva ragione Alice.
Quello
era un appuntamento con Isabella Swan.