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Autore: Deirdre_Alton    27/04/2011    1 recensioni
Galahad ripensa alla sua vita. Quando fu chiamato a Camelot da Re Artù e dovette abbandorare il monastero in cui è cresciuto, lontano dalla madre e dal padre che non gli hanno mai mostrato l'amore di cui aveva bisogno.
(Il titolo del racconto deriva da un pezzo dei Placebo "I'll Be Yours")
Genere: Avventura, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Bedivere, Mordred
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 28

Mi sentivo bene, mi volevo alzare, ma Bedivere mi costrinse quasi a forza a stare a letto. Lo pregai di raccontarmi cos'era successo durante la mia malattia, ero rimasto svenuto, semi cosciente e tra il delirio per quattro giorni.
Mi raccontò.
Il giorno prima che io e Mordred rientrassimo a Camelot, era giunta a corte Morgana con suo marito Re Urien, erano stati invitati da Artù.
La sorella del Re aveva un piano, il mio improvviso malore e la confusione che ne era seguito l'aveva aiutata. Qualcuno aveva sospettato che io fossi stato avvelenato.
Bedivere mi chiese cosa avessi mangiato dal mio ritorno, gli risposi che avevo solo bevuto il vino che mi aveva offerto il Sommo Re e che dopo il mio rientro in camera mi ero sentito così stanco che non avevo toccato null'altro.
Nimue infatti aveva scartato l'avvelenamento, aveva parlato solo di una forte febbre.
Causata da cosa, non si sapeva. Ma io e lei lo immaginavamo, ero certo che fosse stato a causa della luce del sogno. Che mi divorava, che mi chiamava. Non dissi nulla al riguardo.
Era stato Gareth il primo ad accorgersi che Excalibur non era al suo posto, c'era una copia, un falso, nella sala rotonda, la spada gli era sembrata stranamente opaca. Nimue, che era già al castello e si era presa cura di me, sentendo Gareth parlare in quel modo, non ebbe dubbi, partì all'inseguimento di Morgana. La sorella del Re aveva infatti abbandonato Camelot assieme ad un certo Accolon, un cavaliere, il suo amante.
Anche Mordred era partito con Nimue all'inseguimento della Regina.
Capii molte cose, nei piani di Morgana dovevo essere io ad aiutarla, ovvero fare il lavoro sporco per darle la spada. Cosa ne volesse fare di Excalibur era però un mistero.
Una settimana dopo, io ero riuscito a convincere tutti -ovvero Bedivere, Artù, Galessin, Bors e la Regina Ginevra- che mi avevano accudito, assistito e tenuto compagnia in quei giorni, che stavo bene, riuscivo a mangiare da solo ed ero capace di camminare.
Mordred tornò.
Lo vidi entrare dalla porta principale, io mi trovavo sulle mura con la Regina Ginevra ed il suo seguito, Galessin, Gareth, Amr ed una graziosa bambina dai boccoli neri di nome Melou. Quest'ultima era vezzeggiata ed adorata dalle fanciulle, Gareth sembrava invece adorare una delle damigelle in particolare, il suo nome era Sylvànie. La Regina sembrava aver trovato qualcosa che le piaceva in me, forse, pensai, Artù le aveva detto di chi era stata l'idea di affidarle Melou o forse aveva provato compassione per me durante la malattia. Aveva espressamente richiesto la mia compagnia quel giorno.
Mordred aveva riportato Excalibur a Camelot, questi a molti apparve come un segno divino, con cui veniva ufficialmente riconosciuto l'erede legittimo al trono. Come avrebbe reagito il Duca Costantino a questo?
Morgana era stata affidata al marito che era rientrato nel Rheged e lì doveva attendere la sua punizione, rinchiusa nelle sue stanze. Accolon aveva chiesto il perdono, dicendo di essere stato sedotto dalla Regina Morgana, non era stato risparmiato, venne ucciso in regolare duello dal primogenito di Urien.
Nimue non era rientrata a Camelot, aveva questioni urgenti che la portavano a Sud, forse oltre il mare, sul continente. Ma aveva lasciato un messaggio per me, non scritto ma a voce e fu Mordred a portarmelo.
Mi trovato nell'armeria con Bedivere e Amr che stava duellando con un nemico invisibile con la sua spada di legno, ci metteva molto impegno mentre il capitano gli dava consigli su come muoversi.
Vidi con la coda dell'occhio un'ombra sulla porta, feci un cenno a Bedivere ed uscii. Mordred era pallido.
«Devo parlarti, Nimue mi ha chiesto di dirti una cosa, ha detto che era importante», mi appoggiai al muro invitandolo a parlare. Lui si guardò attorno, puntò gli occhi sui miei. «Non ti devi preoccupare è stata solo una febbre data dalla preoccupazione, stai procedendo nella via che avevi tracciato. Quella cosa tornerà e tu sarai pronto. Abbi fede in te stesso, sempre.»
Abbassai lo sguardo sul suo collo, dove vidi il suo pomo d'Adamo muoversi mentre deglutiva.
Forse voleva aggiungere altro. Io mormorai «E' già tornato, ma non mi sento affatto pronto», mi riferivo al sogno, lo faceva almeno una notte sì e una no da dopo la malattia.
«Che cosa... Galahad, sei forse malato?» era... preoccupato. Tornò però velocemente a nascondersi dietro alla sua maschera impassibile.
«No, Nimue non si riferiva a quello... sto bene», gli sorrisi, lo ringraziai per essere venuto a portarmi il messaggio. Stavo per tornare in armeria ma lui parlò ancora.
«Sono stato forse io? Le preoccupazioni di cui parlava Nimue. Ho forse... sono stato troppo brusco con te?»
Scoppiai a ridere e lui rimase stupito dalla mia reazione. «Forse Mordred. Perchè sei stata la prima persona che ha avuto il coraggio di dirmi che non mi voleva tra i piedi e questo mi ha sconvolto. Mi ero abituato ad essere rifiutato da chi ammiro senza avere una spiegazione», chinai la testa, non avevo più il coraggio di guardarlo in volto. Mi voltai per la seconda volta verso l'armeria, lui mi poggiò la mano sulla spalla destra.
«Volevo invitarvi, tu e il tuo amico Galessin, a fare una galoppata con me e Gareth. Magari potremmo stare via tutto il giorno. Possiamo andare a pescare o quantomeno potrei tentare di insegnarvi. Fammi sapere entro domani sera.» Tolse la mano e se ne andò, sentii solo il rumore del suo mantello corto che frusciava.
Ecco, da lì incominciò il periodo più bello della mia vita. Il momento in cui compresi che c'era un motivo per vivere.
Quella sera mentre cenavo nella stanza di Bors, dissi a Galessin dell'invito. Mi ci volle molto tempo per convincerlo che non stavo scherzando, che stavo bene e che era stato Mordred in persona ad invitarci. Era scettico, aveva paura di qualcosa. «Mi costringi ad andare da solo, farei una pessima figura. Tanto non ci inviterà mai più, figurati», lui guardò Bors brevemente, il cavaliere stava cercando d'intonare un qualche tipo di ballata.
Ripresi a parlare, «bè se sei impegnato...», Galessin batté una mano sul tavolo. «No! Nessun impegno! Dì pure a Ser Mordred che ci sarò. Ma non ci penso proprio a farmi insegnare a pescare da lui, so pescare benissimo!»
Più tardi Galessin mi disse, mentre spingeva via con i dorsi delle mani delle piccole lacrime dalle sue guance arrossate, che Bors lo stava allontanando. Gli aveva fatto dei discorsi tipo “sei giovane e la tua è stata solo una sbandata, cercati una ragazza, io sono solo un vecchio”.
Di fatti le cene da Bors erano via via diminuite, feci un rapido calcolo e pensai che Bors non fosse così vecchio, doveva avere quatto o cinque anni più di Artù. Forse aveva paura che la relazione, anche se di preciso non sapevo cosa c'era tra il cavaliere e Galessin... qualsiasi cosa fosse, Bors aveva paura che fosse Galessin a stancarsi per primo e lo allontanava per non farsi ferire. Da dove mi veniva tutta questa saggezza? Erano solo mie ipotesi.
«Galessin, tu fagli capire che stai bene con lui, adesso in questo momento. Il futuro... è futuro e non lo conosce nessuno.» Lui mi guardò speranzoso. «Bè non guardarmi così, non ho fatto mica una profezia! Io vado a cercar di dormire, tu vedi di fare pace, Bors depresso non è uno spettacolo edificante.»

   
 
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