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Autore: Deirdre_Alton    28/04/2011    2 recensioni
Galahad ripensa alla sua vita. Quando fu chiamato a Camelot da Re Artù e dovette abbandorare il monastero in cui è cresciuto, lontano dalla madre e dal padre che non gli hanno mai mostrato l'amore di cui aveva bisogno.
(Il titolo del racconto deriva da un pezzo dei Placebo "I'll Be Yours")
Genere: Avventura, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Bedivere, Mordred
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 29

La metà del giorno seguente la passai arrovellandomi sul come rispondere all'invito di Mordred. Ovvero sul tono che avrei dovuto usare. “Mordred, grazie dell'invito, ci saremo”, era troppo amichevole. “Ti ringrazio dell'invito, parteciperemo con piacere”, troppo formale. Pensai anche a fargli avere un biglietto, era perfetto, non gli avrei dovuto parlare di persona. Sì, ma come l'avrei dovuto scrivere?
Lasciai perdere, gli avrei detto qualcosa inventato al momento e tutto sarebbe andato bene.
Mi stavo facendo delle paranoie? Decisamente sì. Forse mi aspettavo qualcosa di troppo da questo invito.
Dopo pranzo lo cercai ma sembrava che ci fosse qualcosa che mi impediva di trovarlo.
Mi trovai a passare davanti alla sala rotonda, era aperta tutto il giorno, con due soldati di guardia. Mi decisi ad entrare, cosa che avevo fatto solo durante i consigli. Mi sedetti al mio posto, ero solo, nessun cavaliere era lì.
Pensai al giorno in cui ero tornato a Camelot con Amr e Mordred, quella sera forse il Re mi avrebbe fatto cavaliere ufficialmente, almeno così aveva detto il Principe. Spada sulle spalle, schiaffo sul volto e le urla dei compagni di Artù, mio padre... Ser Lancillotto che si congratulava con me. Mi avrebbero fatto bere e non sarei stato in grado di rendermi conto di dove mi avrebbero portato o fatto fare. Non mi appariva in bella prospettiva quella cerimonia. Forse era meglio così, potevo rimanere com'ero, le mie decisioni non avrebbero certo cambiato il destino del regno.
Mi strofinai gli occhi con le dita, avevo impresso sul retro delle palpebre come una luce, ma non ce n'erano di così intense nella sala, solo candele.
«Galahad! Aspetti qualcuno?» La voce del Re. Mi alzai di scatto facendo quasi cadere all'indietro la sedia. Vedevo doppio? Mi passai una mano sulla fronte. «Vostra Maestà, veramente cercavo il Principe Mordred ma non l'ho trovato. Passando davanti alla sala mi sono fermato... un poco a pensare.»
Artù si fece pensieroso. «Mi dispiace Galahad, ho trattenuto Mordred fino a poco fa per delle questioni riguardanti un trattato d'amicizia. Ma c'è qualcosa che ti turba o mi devi chiedere?» Dovevo avere una faccia terribile se Artù mi parlava così.
«No ecco io... sedendomi qui mi è venuto in mente la sera che sono stato male», mi aggrappai alla tavola con le mani. Lui si avvicinò e mi fece segno di sedermi. Lui si appoggiò solo al bordo della tavola.
«Galahad, credo di averti fatto un torto. Quella sera volevo insignirti come cavaliere, poi sono successe delle cose, lo sai bene anche tu. Rimedieremo presto, al prossimo consiglio...» Alzai lo sguardo su di lui.
«Mio signore io non amo essere al centro dell'attenzione, non penso nemmeno che il mio voto abbia peso nelle questioni del regno, sto bene così.»
«Non se ne parla Galahad, faremo una cosa privata se preferisci. Alzati.» Mi alzai. Lo vidi dirigersi verso il suo scranno, prenderlo, metterlo rasente al muro sotto a dove era appesa Excalibur. Si arrampicò simile ad un bambino su un albero e tirò giù la spada. Le guardie sentendo dei rumori sospetti erano entrate, Artù le liquidò con un'occhiata.
Mi inginocchiai di fronte a lui, chinai la testa, sentii il piatto della lama di Excalibur sulle mie spalle e poi Artù mi diede un buffetto sulla guancia. Mi diede la mano, mi aiutò ad alzarmi.
Vedevo nuovamente doppio.
No, dietro al Re c'era Mordred, i suoi occhi ridevano. Artù seguì il mio sguardo. «Mordred! Non ti avevo sentito arrivare. Abbiamo un nuovo cavaliere a Camelot.» Gli batté una mano sulla spalla e fece per andarsene. «Vi lascio soli, avete importanti questioni da discutere.» Parve ricordarsi di avere Excalibur ancora in mano, ma decise di farla sistemare ad uno dei soldati che dovette arrampicarsi incerto sullo scranno di Artù sotto lo sguardo attento mio e di Mordred.
Rimanemmo soli. «Quali importati questioni devo discutere con te?» Io guardavo il suo collo, avevo voglia di toccarlo, scossi la testa. «Nulla d'importante davvero, tuo padre ha esagerato. Volevo solo dirti che io e Galessin siamo onorati dell'invito…»
«Ma non verrete?» disse spazientito.
«Verremo volentieri!»
Abbassò leggermente le palpebre. «Ah.» Alzò una mano ma si fermò a metà del gesto.
Quella mattina, uscii di corsa dalla chiesa, sperando che Galessin fosse già sveglio ed almeno vestito per quell'ora. Quando arrivai alle stalle trovai quattro cavalli sellati, due dei quali conoscevo, un terzo nero e dal garrese alto lo riconobbi come quello di Mordred ed il rimanente baio, immaginai che fosse quello di Gareth. Mi avvicinai alla mia cavalcatura, la accarezzai sulla fronte, gli mormorai delle parole, quelle cose poco sensate e dolci che fanno stare calmi i cavalli, non che il mio cavallo fosse agitato, quello che non riusciva a stare fermo ero io. Sentii dei passi avvicinarsi. Mordred seguito da Gareth che gesticolando stava cercando di spiegare qualcosa ad un apparentemente scettico Galessin che si grattava nervosamente un polso.
Galessin mi raggiunse, sospirò, roteò gli occhi e bisbigliò «Sai di chi sono figli questi due vero? Ricordami come hai fatto a convincermi per questa uscita assurda.» Mordred mi stava guardando anche se faceva finta di essere impegnato a sistemare una sacca sulla sella.
Io sorrisi. «Non avrai mica paura, vero? Se notiamo qualcosa di strano possiamo sempre indossare gli abiti al contrario o mettere in atto qualche tuo altro saggio rimedio.» Galessin sbuffò. «Bell'amico che sei!» Salimmo sulle nostre cavalcature ed uscimmo.
Settembre era appena iniziato, la giornata era splendida, il cielo di un azzurro intenso ed io mi sentivo sereno. Quante volte ero stato così felice in vita mia?
Ci fermammo sulle rive di un ruscello, Galessin si era chiuso nel mutismo e seduto sui sassi se ne stava a fissare l'acqua che scorreva. Mordred mandò Gareth a cercare dei bastoni adatti da usare come canna da pesca ed invitò gentilmente Galessin a seguirlo.
Rimanemmo soli.
«Il tuo amico si è svegliato male oggi?» disse lui lanciando un sasso nell'acqua.
«Forse troppo presto» risposi io sedendomi sotto un albero.
«Perchè mai dovreste mettervi gli abiti al contrario? Dalle mie parti se capita per caso di indossare qualcosa al rovescio si dice che porti fortuna.»
Mi sentii un idiota, mi aveva sentito.
Mi guardava attendendo una risposta.
«E' stato Galessin a dirmi tempo fa che serve per far scappare gli spiriti, le creature dei boschi…»
«E le streghe?»
Non risposi, cosa potevo dire?
«Venni a sapere che lei era mia madre solo dopo che arrivai a Camelot e da quando sono qui l'ho vista una sola volta. La notte in cui è morta. Considero mia madre la donna che mi ha allevato.»
Si avvicinò e sedette sotto il mio stesso albero. «Anche questa donna non c'è più, è morta poco dopo la mia partenza per il Sud. Mi piace pensare, forse la troverai una brutta cosa, che sia stata troppo triste senza di me e che non ce l'abbia fatta più a vivere dopo la mia partenza.»
Gli guardai le mani intrecciate appoggiate sulle ginocchia, gli occhi chiusi. Perchè quando gli stavo vicino, sentivo il desiderio di toccarlo? Volevo sfiorargli i capelli.
«Ti sei mai innamorato Mordred?» sbottai.
Lui si mise a ridere, poi tornò serio. «Credevo... fino a qualche tempo fa di esserlo. Ma mi ero innamorato solo di un'idea. Ho la sensazione che tu sappia di chi sto parlando.»
Ginevra, pensai. Non avevo motivi particolari per crederlo, ma sentivo che era lei.
«Ora non la ami più?» chiesi in un sussurro.
«Dopo aver sentito Melou chiamarla nonna?», rise di nuovo. Avevo visto giusto.
«Sai cosa ti dico Galahad? Non so se si può pescare in questo torrente, è troppo basso. Meglio cercare i nostri dispersi e cercare un punto migliore.»
Ci spostammo più a valle dove il torrente era più largo, più profondo e meno sassoso. Mordred tentò d'insegnare, a me e a Galessin, come attaccare un'esca al filo della canna, eravamo due pessimi allievi e Gareth impaziente ci prendeva spesso il filo di mano mostrandoci quanto fosse semplice.
Il bottino della giornata fu ben misero, non prendemmo nulla ma vidi Mordred ridere, rilassato come non lo era mai stato a corte. Gareth non faceva altro che parlare di damigella Sylavànie ed aveva trovato in Galessin un buon ascoltatore e consigliere.
Tornati a castello ci salutammo con la promessa di fare altre cavalcate assieme, cosa che successe spesso. A volte uscivamo da soli, io e Mordred, a palazzo però non pranzavamo mai assieme, entrambi esitavamo come due sciocchi davanti ai fin troppi occhi che ci guardavano.

   
 
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