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Autore: Yunalesca Valentine    28/04/2011    3 recensioni
Una soffitta in disuso da anni nella propria casa, per solo una mattina, può diventare l’unico luogo in cui nascondersi e fuggire da tutto e da tutti.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ok, questo va completamente fuori dalla solita area in cui bazzico, ma visto che era in un angolino remoto di una mia cartella sul pc, ho deciso di farle vedere la luce; tanto non ci guadagno e non ci perdo nulla. xD

Scritta tempo addietro, - non mi ricordo nemmeno come, quando, perchè, chi, cosa, dove - è rimasta così com'era stata scritta: nessuna correzione, nessuna aggiunta, se non l'introduzione, e... non c'è nient'altro da dire ^^"

Non ha uno stile ben definito, visto che i periodi sono messi un po' qui ed un po' là: basta vedere quelle piccole frasette sole -.-"

Non ho - veramente - nient'altro da dire... quindi... boh, spero che a qualcuno cada l'occhio su questo piccolo spaccato di vita. Ecco cosa mi stavo dimenticando! È nata da un'esperienza personale della sottoscritta, ma solo una parte è vera, mentre l'altra... oh beh, starà a chi leggerà, capire quel è quella vera, e qual è quella falsa.

- - -

 





Quella mattina era iniziata male: i miei genitori litigavano, e la causa, come sempre, ero io.

Non mi sono mai ritenuta una ragazza problematica, ma come dice il detto: “Nessuno è perfetto”. In fondo, ognuno di noi, anche se non lo dà a vedere, ha qualche problema; grosso o piccolo che sia.

Come al solito i miei genitori fecero colazione velocemente e poi uscirono: chi per andare a lavoro, chi per andare a trovare il nonno all’ospedale.

E come sempre rimasi da sola in cucina, insieme alle due fette biscottate nel piatto, ed al cane, che dormiva beatamente nella sua cuccia. In poche parole: Sola.

Ma ero abituata a stare da sola, e tra l’altro un po’ mi piaceva stare lì, in silenzio, senza la baraonda fatta dagli amici e dai parenti.

Mangiate le fette biscottate, andai a lavarmi i denti; dopodiché misi in una borsa il cellulare, le chiavi di casa, il portafogli e l’MP3: le sole cose di cui avessi veramente bisogno.

Mi misi la giacca con il cappuccio di pelliccia, presi la borsa e lo zaino, e tornai in cucina.

Guardai le scale che conducevano alla soffitta: la voglia di salire era forte.

Andai dal cane, l’accarezzai per un po’ ed a bassa voce gli dissi che sarei tornata. Lo salutai con un’altra carezza e chiusi il portone a chiave, per poi salire le scale della soffitta.

 

Una volta lassù, cercai un possibile nascondiglio: in fondo a sinistra, tra l’armadietto e la finestra, c’era lo spazio sufficiente sia per sedersi che per sdraiarsi. Era perfetto.

Mi sedetti lì e posai la borsa e lo zaino accanto a me.

 

Non avevo niente da fare; allora guardai il cielo attraverso la finestra.

Dopo una mezz’ora che ero seduta lì, incominciai a sentire freddo sia ai piedi che al sedere. Allora mi tolsi la giacca e la misi in terra, e mi sedetti sopra, usandola come cuscino e fonte di calore.

Avevo risolto il problema del freddo al sedere, ma in poco tempo incominciai ad avere freddo dappertutto.

Per fortuna prima avevo visto sopra all’armadietto una coperta di pail!

La presi e mi coprii immediatamente.

Guardai l’orologio: segnava le 8.00.

Dovevo rimanere lassù fino alle 13.00, visto che mia madre avrebbe chiamato a casa per quell’ora, per sapere com’era andata a scuola. Inoltre, sarebbe tornata a casa tra dieci minuti per poi uscire verso le 11.15 per andare all’ospedale. Se mi avesse vista ci sarebbero stati problemi...

 

Tirai fuori l’MP3 dalla borsa e mi misi ad ascoltare la musica fissando nuovamente il cielo.

Ogni due canzoni guardavo l’orologio: il tempo passava lentamente. Troppo lentamente.

Sembrava che nella soffitta il tempo non passasse mai...

Alla fine dovetti spegnere l’MP3: la batteria era quasi giunta al limite.

Lo rimisi dentro la sua custodia, dentro la borsa, e guardai nuovamente l’orologio: segnava le 9.00.

Poco dopo sentii il portone di casa aprirsi: mia madre era tornata.

Trattenni il fiato fino a che non la sentii sedersi al tavolo di cucina ed accendere il portatile; quel portatile che doveva essere mio, ma che per volere di mio padre era diventato “proprietà” di mia madre.

Sistemai la coperta e mi sdraiai appoggiando la testa sopra lo zaino e ripresi a guardare fuori dalla finestra.

Ormai quella finestra era diventata un punto fisso...

Guardai fuori per chissà quanto, poi riguardai l’orologio: erano le 9.37.

Chiusi gli occhi e mi girai di lato, e sistemai meglio la coperta.

Nonostante il gelo che mi attanagliava i piedi, mi addormentai, e quando mi svegliai erano le 10.15, e mia madre si stava preparando per uscire e mi stava preparando il pranzo.

Alle 10.30, esattamente quindici minuti dopo, uscì di casa; infatti, oltre ad aver sentito il portone di casa chiudersi, sentii i passi sulle scale.

Rimasi col fiato sospeso fino a che non sentii più i passi sulle scale. Dopodiché mi tirai su.

Evidentemente muovendomi avevo inavvertitamente spostato, seppur di poco, qualcosa: il cane mi sentì, ed incominciò a mugolare.

Per mia fortuna mia madre era uscita, altrimenti sarei stata scoperta.

Dopo un quarto d’ora che sentivo i lamenti del cane, decisi di scendere giù; tanto in casa, a parte noi due, non c’era nessun altro. La via era libera.

Mi alzai, piegai la coperta, la rimisi al suo posto, presi la giacca e tutto il resto e scesi giù.

Una volta giù accarezzai il cane e poi andai in camera mia e lasciai il mio “equipaggiamento”.

Lasciata la roba, mi misi i pantaloni del pigiama e le ciabatte. Presi il libro che avevo iniziato a leggere due settimane prima, e me ne andai in salotto, dove mi sedetti sul divano.

Accesi la TV, mi misi la coperta di lana addosso, e prima di leggere, guardai l’ora: 11.30. A quanto pare il tempo aveva ripreso a scorrere appena scesa dalla soffitta...

Misi il primo canale che mi capitò a tiro ed iniziai la lettura.

Quando rialzai gli occhi, avevo letto due capitoli, ed erano le 12.15.

Chiusi il libro, scesi dal divano, ed andai a mangiare quello che mia madre mi aveva lasciato: minestrone di verdure passato con pezzi di pane.

Non ci fu nemmeno bisogno di riscaldarlo: era tiepido, al punto giusto. Che fortuna...

Non ci misi molto a mangiare: infatti, alle 12.30 ero di nuovo sul divano, con la coperta, a guardare la TV.

Dopo nemmeno dieci minuti che ero sul divano, chiamò mio padre, il quale mi chiese com’era andata la giornata. La mia risposta fu: “Tutto bene. Non si è fatto nulla, come al solito”.

E dopo altri dieci minuti, se non di meno, arrivò mia madre, che mi fece la stessa domanda, alla quale risposi allo stesso modo.

 

La mia “fuga” non fu mai scoperta, e nessuno, a parte me ed il cane, seppe mai la verità.

   
 
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