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Autore: sing oldsongs    28/04/2011    5 recensioni
Fred Weasley ha quel tipo di mezzo sorriso che lei proprio non riesce a sopportare: arrogante e quasi crudele, dipende dalle occasioni; non è affascinante: è fastidioso, derisorio, beffardo e irriverente sempre nel momento sbagliato.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Fred Weasley, Hermione Granger | Coppie: Fred Weasley/Hermione Granger
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Lack of many a thing I sought

Disclaimer:  giuro che i personaggi qui utilizzati sono tornati sani e salvi alla loro legittima, bionda, inglese (e soprattutto ricca sfondata) proprietaria.


N.d.T.: la storia che segue (di cui si può trovare l'originale in inglese a questi link: FF.net, AO3, LJ) è stata scritta da sing-oldsongs nell'agosto del 2007 e tiene quindi conto di tutti i libri della saga. Per questo e per il fatto che potrebbe benissimo essere un episodio 'non raccontato' del quinto libro ho deciso di non mettere AU tra gli avvertimenti. Il titolo è stato tratto da un verso del sonetto XXX di Shakespeare, che è riportato per intero alla fine della storia. Dato che è una delle Fred/Hermione più interessanti che mi sia capitato di leggere, mi prendo, ovviamente e come al solito, tutta la responsabilità della traduzione e di non averla saputa rendere bene in italiano.

Infine ringrazio chi ha letto/commentato Lies by omission e Draco, Like a Mac and Cheese Virgin

Buona lettura, LuxLucis




Lack of Many a Thing I Sought

I. Agosto

Sono solo piccole cose, solo sciocchezze. Come, ad esempio, le sue dita sopra quelle di lei quando, a cena, allungano contemporaneamente la mano per raggiungere la saliera; oppure la sua espressione sorpresa quando si scontrano per caso mentre lei sta uscendo dal bagno dopo aver fatto la doccia; oppure ancora  i loro incontri casuali davanti all’armadio dell’ingresso, quando è in cerca di un’altra coperta per il suo letto.

Grimmauld Place è enorme, cavernosa, talmente vuota e spettrale che le voci rimbombano attraverso stanze e corridoi; eppure, alle volte, sembra che l’intera casa le si stringa attorno. Quando Harry comincia ad urlare; quando Ron dice qualche stupidaggine e si accapiglia con lei; quando di notte Ginny le dice – il primo segreto confessato tra amiche fra le quattro pareti della loro stanza – che Michael Corner l’ha baciata l’ultimo giorno di scuola e che lei intende baciarlo ancora.

Ma la casa non sembra mai così stretta ed angusta come quando Fred segue con lo sguardo ogni suo movimento.  

 

***

 

II. Settembre

Fred Weasley ha quel tipo di mezzo sorriso che lei proprio non riesce a sopportare: arrogante e quasi crudele, dipende dalle occasioni; non è affascinante: è fastidioso, derisorio, beffardo e irriverente sempre nel momento sbagliato.

Si ostina a rubarle i libri quando, di sera, si siede da sola nella sala comune e li sventola sopra la sua testa, facendole promettere di metterli via se li vuole rivedere interi; ma quando poi glieli restituisce, lei non fa altro che prendere tutti i suoi tomi e correre nella sua camera, e se mentre sale lungo le scale lo sente urlare “Ehi, non è corretto! Non stai seguendo le regole del nostro patto!” si trattiene a stento dal voltarsi e dal dirgli quanto sia ridicolo che proprio lui parli di correttezza.

 

 ***

 

III. Ottobre

La notte prima di Halloween fa fatica a prendere sonno e non riesce a dormire tranquillamente, i suoi incubi sono popolati da stanze buie e abbandonate, dalla musica di un organo, da pesanti tendaggi che sventolano, bianchi e inquietanti. Alla fine, quando si sveglia, ha l’impressione di aver appena assistito ad un film muto di pessima qualità.

Nei suoi sogni facevano la loro comparsa anche una chioma di capelli rossa e pelle chiara e lentigginosa – ma si rende conto, con sgomento, che quelle membra tese e madide non sono le stesse – familiari – di vecchie visioni.

Il giorno dopo è seduta in biblioteca, fissando file e file di libri illeggibili, mentre la luce attorno a lei diventa sempre più insopportabilmente fioca e all’esterno infuria una tempesta autunnale. Pensando di essere sola, sobbalza per lo spavento quando lo vede comparire da dietro un imponente scaffale, mentre le sue spalle sono scosse dalla risata per un scherzo a lei sconosciuto. Comincia a ridere ancora più forte quando si accorge della sua paura.

“Vedi cosa succede a studiare tutta da sola ad Halloween, signorina Granger?” le dice, rimproverandola scherzosamente, allungandosi sul tavolo con le mani sopra i suoi libri e il viso troppo vicino al suo. “Non posso credere che tu ti stia perdendo una tempesta come questa, nascosta in biblioteca.”

“E tu? Cosa stai facendo qui?” gli chiede, ma le parole che nella sua mente sarebbero dovute essere pungenti e sarcastiche suonano stranamente strozzate e confuse quando le pronuncia a voce alta.  

Le sorride, mostrandole una lunga serie di denti bianchi. “È un segreto,” mormora.

Per ‘segreto’ intende dire che la sta spiando, ma questa è una cosa che lei imparerà molto tempo dopo.

 

***

 

IV. Novembre

Il cielo sopra di lei è grigio, invernale e la ruvida corteccia di un albero le si sta conficcando nella schiena; Fred Weasley la sta baciando, sente il tocco della sua lingua lungo la linea della mandibola e i suoi morsi leggeri sul collo, mentre con le mani la accarezza sotto i vestiti.

È un sogno. È un sogno. È un sogno, un sogno, un sogno.

Continua a raccontarsi delle menzogne per rendere più sopportabile la realtà che sta vivendo, l’assurdità alla quale sta partecipando.

Con le braccia gli cinge la vita, avvicinandolo prepotentemente a sé, e quando hanno finito, quando si allontanano l’uno dall’altra, lei lo guarda in viso, cercando l’indizio di una qualche emozione, ma non trovando nulla, mormora con cautela, “Fred…per favore…non dirlo a Ron.”

La fissa senza mostrare alcuna espressione per qualche istante. Le sue labbra sono gonfie e rosse e la pelle della fronte e delle guance, pallida e arrossata dal vento pungente, è costellata da una miriade di lentiggini.

È necessario un minuto perché la crudeltà ricompaia sul suo viso.

“Cielo, no, Hermione,” dice. “Non potrei mai fare una cosa del genere.”

Torna al castello da solo, lasciandola accasciata contro l’albero sull’orlo delle lacrime, mentre si chiede perché non gli ha chiesto una volta ancora di mantenere il segreto.

 

***

 

V. Dicembre

“Aprilo quando sei da sola” le sussurra e lei si ritrova in mano una scatola che le ha passato velocemente e con la destrezza di un borseggiatore.

Lei rimane esterrefatta; mancano ancora settimane prima di Natale e nell’aria c’è l’agitazione che aleggia sempre sugli ultimi giorni del quadrimestre, resa peggiore quell’anno dall’imminente collasso, dal terrore serpeggiante, dai segreti custoditi.

Non si era aspettata un regalo da lui.

Tre ore dopo è seduta a gambe incrociate sul suo letto; si è fatta la doccia, si è cambiata con i suoi vecchi pantaloni di flanella e la maglietta consunta che usa per andare a dormire – ha fatto qualsiasi cosa per procrastinare quel momento ed ora è raggomitolata sulle coperte, mentre fissa la scatoletta rettangolare e fa scorrere le dita sul morbido velluto nero che la ricopre.

All’interno, avvolto in altri strati di delicata carta nera c’è una fine catenella d’argento attaccata ad un piccolo e discreto ciondolo a forma di stella. È probabilmente il regalo più costoso che abbia mai ricevuto.

Glielo dice dietro la porta chiusa di un’aula in disuso, mentre fuori dalla finestra sta cadendo la terza neve dell’inverno, soffice e bianca. Lui l’ha fatta sedere su uno dei banchi, infilandosi tra le sue gambe e tenendo appoggiate le mani sulle sue ginocchia, mentre lei lo tiene stretto per le spalle.

“Ti è piaciuto quello che ti ho preso?” le chiede, la voce rauca e soffocata mentre la sta baciando sul collo.

“È troppo” dice “Non puoi spendere così tanti soldi per me. Non puoi.”

Si allontana improvvisamente, gli occhi che la stanno guardando conservano ancora un’antica scintilla di malizia. “Ma io posso, l’ho fatto e non mi puoi fermare, Hermione Granger. Non riesci a sopportare che gli affari ci stiano andando così bene, ma ti dovrai abituare. Di questo passo io e George conquisteremo il mondo.”

“Non esagerare” Lo avverte, ma è troppo tardi: lo ha già fatto.

 

***

 

VI. Gennaio

Si incontrano nei tetri e mal illuminati corridoi di Grimmauld Place. Capodanno è arrivato e passato, ma lì il tempo è come sospeso, avvolto e avviluppato alla magia che gocciola dai rubinetti e che si accumula, come la polvere, sulle mensole delle librerie e sulle cornici dei ritratti. Non pensava di tornare in quel luogo tanto presto.

La schiena di Hermione è appoggiata contro la carta da parati, decrepita e intrisa di qualcosa di cui lei non vuole nemmeno sapere il nome. Fred le sta di fronte, con le dita allargate sul muro dietro di lei, le mani appoggiate ai lati della sua testa.

“Papà sta sempre meglio ogni giorno che passa,” le racconta.

“Mi fa piacere.”

Poi, ancora una volta, sono circondati da un silenzio oppressivo e penetrante, per infrangerlo occorrerebbero parole che entrambi non hanno né la forza né la voglia di pronunciare. Fred passa gentilmente un dito sulla catenina, appena visibile attorno alla pallida pelle del collo di lei: la tiene sotto il colletto delle camicie, per star tranquilla.

Incontra il suo sguardo mentre si sta mordicchiando il labbro.

“Mi sono spaventato a morte,” ammette, poi ridacchia, forzatamente e per breve tempo. Lei non sa cosa dire, la falsità di ogni sua possibile parola la paralizza. Alla fine allunga un mano per accarezzargli gentilmente il viso; le sue labbra, a quel punto, si aprono in un nuovo sorriso, più malinconico, ma sicuramente più sincero.

 

***

 

VII. Febbraio

Durante quel gelido inverno le aule di lezione sono opprimenti e i corridoi pericolosi. Si incontrano nella Stanza delle Necessità, nel bagno dei prefetti, nel dormitorio dei ragazzi del settimo anno. Lei si preoccupa degli incantesimi per insonorizzare la stanza, mentre lui incanta tutte le finestre – una città diversa per ogni volta che si incontrano, per avere l’illusione di viaggiare, della libertà e della fuga. Si esercitano con gli incantesimi di difesa. Restano sdraiati sul pavimento, con la testa di lei appoggiata sul suo petto, mentre lui le cinge le spalle con un braccio, e immaginano tutti i possibili modi in cui far impazzire la Umbridge.

“Potremmo usarla come cavia agli incontri dell’ES.”

“O organizzarle un appuntamento con Tu-Sai-Chi. Sarebbero perfetti insieme.”

“O spedirla a vivere con i Dursley, così capirebbe finalmente cos’ha passato Harry.”

“O fare sesso sulla sua scrivania!”

È la sua ultima proposta, urlata contro le volte decorate degli alti soffitti, come se non gli importasse nulla di chi potrebbe sentirli, che infrange definitivamente la calma di Hermione.

“Mentre sta guardando? Ma è tremendo!”

Ha cominciato a ridere ancora prima di finire la frase, gli occhi chiusi, quasi a difendersi da quelle immagini ridicole e non volute – e quando le loro risate si esauriscono contemporaneamente, lei si accorge che sono ancora più vicini di prima e che lui la sta guardando con uno sguardo serio ed profondo.

Solo allora si ricorda, piuttosto all’improvviso e piuttosto stranamente, che è il giorno di San Valentino.

Vorrebbe dirgli che è innamorata di lui, ma non è del tutto sicura che sia vero.

 

***

 

VIII. Marzo

Ron si sta addormentando sul suo compito di Pozioni e Harry sta guardando fuori dalla finestra. Riesce a scorgere solo il suo riflesso: un volto pallido, scurito solamente dal cielo notturno, un paio di lenti brillanti che nascondono altrettanto brillanti occhi, i lineamenti perfettamente composti in quell’espressione  imperscrutabile che lei non è mai stata capace di decifrare.

All’altro capo della stanza, Fred e George stanno usando come cavie umane alcuni ignari bambini del primo anno per i loro esperimenti. “Avvicinatevi,” sta urlando Fred, “avvicinatevi! Ammirate quest’uomo valoroso e senza paura” (e il ragazzino sorride compiaciuto perché un ragazzo del settimo anno – popolare, importante e per giunta piuttosto ricco – lo sta chiamando ‘valoroso’, e per lui questo è tutto quello che conta) “diventare invisibile davanti ai vostri stessi occhi!”

Si è formata una piccola folla di persone davanti a loro.

Hermione guarda, per nulla colpita dalla loro dimostrazione, mentre la pelle del bambino vira verso una tonalità sempre più chiara, le dita, le orecchie e la punta del naso diventano quasi completamente traslucidi.

“È ancora in fase sperimentale,” sta spiegando George.

Fred la sorprende mentre lo sta fissando e cerca di scoccarle uno dei suoi irresistibili sorrisi, ma lei è troppo veloce nell’andar via.

Più tardi, su una poltrona della sala comune, Ron si agita nel sonno e si rigira su se stesso, borbottando qualcosa a proposito di “ragni”, “orso” e “vattenevia!” e qualcos’altro che suona stranamente simile a “Fred, ti odio.”

 

***

 

IX. Aprile

Nella sua lettera le racconta di aver pianificato tutto già da un po’ di tempo, non dice di preciso da quanto.

“Ovviamente non avremmo dare spettacolo in quel modo,” scrive, “quello è stato soltanto un vantaggio collaterale.”

Vorrebbe rispondere chiedendogli se sono davvero convinti, lui e George, di essere i soli ad odiare la preside e a non sopportare più la scuola, di essere i soli a desiderare così tanto di scappare e fuggire lontano. Alla fine non lo fa.

Non gli chiede perché non l’ha portata via con lui, sa che probabilmente ci ha pensato, ma che ha ritenuto che lei non sarebbe stata d’accordo. Non gli chiede neppure quando si rivedranno: pensa che non sarà tra molto, dopotutto non sono poi così lontani.

Quando però esclude tutte le cose che vorrebbe davvero scrivergli, ma che non può, si rende conto che non è rimasto molto da dire.

Prova con “Mi manchi,” ma lo cancella subito dopo: è la cosa più sincera che potrebbe scrivere, ma se lui non lo capisce da solo, senza che lei glielo dica, allora non vale neppure la pena metterlo così nero su bianco.

 

***

 

X. Maggio

Ron è in infermeria, mentre si consuma e si strugge con pensieri non suoi, con memorie di eventi che non ha mai vissuto; si strofina sovrappensiero la cicatrice che ha sul braccio ed evita di guardarla mentre sta parlando.

Hermione è seduta su una sedia accanto al suo letto, con le mani incrociate sulle ginocchia; tutti i muscoli, le ossa e gli arti che ha in corpo sono ancora doloranti, ma ormai si è abituata a fingere, persino con se stessa, che non lo siano più. È diventata bravissima – a fingere – persino Madama Pomfrey l’ha fatta alzare dal letto senza nessun problema.

Fuori il tempo li sta adescando con un vago accenno d’estate, quando in realtà tutto ciò che lei vorrebbe vedere è la rinascita e lo sbocciare di nuova vita che promette la primavera. Raggi di chiara luce mattutina penetrano attraverso la finestra, illuminando le ciocche color rosso acceso dei capelli di Ron, fino a quando non risplendono di luce dorata.

Gli chiede di Harry.

“Starà bene,” risponde Ron, cercando di convincere anche se stesso di quello che sta dicendo ed Hermione si chiede se sta pensando, come lei, all’espressione che compare sul viso di Harry quando crede che nessuno lo stia guardando.

Le cicatrici sul braccio di Ron sono in rilievo e ancora fresche, come distorti e rossi sentieri che hanno appena cominciato a scomparire; quando lei rialza lo sguardo dopo averle fissate per qualche istante si accorge che lui la sta guardando.

“A proposito di Fred,” comincia.

Non risponde, ma spalanca gli occhi, il respiro accelera ed è costretta a ricomporre il viso in un’espressione più neutra e indifferente.

“George mi ha scritto,” continua Ron. “Lui…voglio dire…Fred…gliel’ha detto.” Si sta strofinando le cicatrici con tanta forza da far diventare la pelle che le circonda dello stesso colore. “Pensava che lo sapessi.”

“Oh,” si lascia scappare lei, ma non intende scusarsi, non quando in realtà non sa neppure se è veramente dispiaciuta, oppure se vale davvero la pena anche solo fingere di esserlo.

“Già,” borbotta Ron. “È quello che ho pensato anch’io.”

 

***

 

XI. Giugno

Il caldo torrido e appiccicoso dell’ultima settimana di Giugno li avvolge in una cappa asfissiante. Lei indossa un paio di pantaloni corti, una maglietta leggera e ha raccolto i suoi capelli in una crocchia disordinata. Ha appena piegato l’orario dei treni in un ventaglio artigianale e lo sta usando per farsi aria quando lo vede camminare in mezzo alla folla con passo lento e dinoccolato, le mani in tasca e lo sguardo vigile, mentre passa in rassegna tutti i volti in cerca del suo. Quando finalmente la scorge comincia a correre verso di lei: tutti alla stazione li stanno fissando.

Ridendo la solleva e le fa fare un mezzo giro in aria, per tutto il tempo un ampio e divertito sorriso gli si apre sul volto. Non si sono visti per due mesi.

“Mi permetta di mostrarle il negozio, signorina,” le dice.

Non riesce ad accantonare l’impressione che sia tutto un sogno o un qualche film o proiezione mentale in cui lei si è svegliata per caso, talmente simile alla realtà da non destare in lei alcun sospetto all’inizio, ma in contemporanea talmente diverso da alimentare il suo dubbio.

Non approva metà dei prodotti messi in vendita, ma rimane in silenzio per non creare problemi. George nel frattempo la guida attraverso tutti gli scaffali del negozio, spiegandole questa o quella cosa (la piuma che esplode nel momento in cui tocca la pergamena, il kit per colorare di tutte le tonalità dell’arcobaleno il pelo di ogni animale domestico; il telescopio che è in grado di girare attorno agli angoli e di infilarsi negli spiragli delle porte), mentre Fred si occupa dei clienti al bancone.

Più tardi, quando sono da soli, lei, guardando il tramonto rosso sangue che si intravede dalle finestre del negozio, gli chiede, “Volevi che Ron lo scoprisse, vero? È per questo che hai detto a George di noi?”

Lui le risponde che sperava non tirasse in ballo l’argomento, ma che non è sorpreso che l’abbia fatto. “E no,” aggiunge. “L’ho detto a George perché è mio fratello. Mi ero un po’ stancato di tenerglielo nascosto, se proprio ci tieni a saperlo.”

È appoggiata al lato del bancone, con le braccia conserte sul petto e sulla difensiva; Fred è vicino a lei, proprio dietro, con le mani in tasca. Riesce percepisce il suo sguardo, fisso su di lei.

“Mi avresti potuta avvertire prima. E – e fargli credere che Ron già sapesse tutto! Cosa ti è venuto in mente?”

“Non gli ho detto una parola di Ron. Non è venuto fuori nessun altro nome se non il mio e il tuo. Perché mi stai dando la colpa di – ?”

Mentre sta parlando sfila le mani dalle tasche, facendo in aria vaghi gesti che la fanno innervosire definitivamente.

Lo interrompe a metà della frase “Perché si è convinto che Ron lo sapesse già! Deve pur esserci un motivo!”

“Non posso essere responsabile di quello che mio fratello pensa!” urla, la sua voce è concitata, con quel tono brusco e aspro che lei non ha mai sopportato, e per un momento si chiede se non ha intenzione di colpirla, invece fa uno strano gesto, come se volesse strapparsi i capelli, sebbene poi si passi solo le mani tra le lunghe ciocche ramate, e le posa le mani sulle spalle, avvicinandosi a lei fino a quando il naso di uno sfiora quello dell’altra.

“Ho mantenuto la promessa che ti ho fatto,” le sussurra. “Solo, credimi, fidati di me.”

La sta guardando con attenzione ora, cercando disperatamente di decifrare la sua espressione, mordendosi le labbra per il nervosismo, in attesa.

Tutto quello che lei dice è “Fidarsi di Fred Weasley? Mi stai prendendo in giro?”

Quando lui se ne va sbatte dietro di sé la porta, facendo tintinnare lievemente i barattoli di vetro allineati lungo lo scaffale appena dietro di lei. Si copre gli occhi con le mani e prende lunghi e profondi respiri, ma anche quando riesce a calmarsi non riesce a sentirsi meglio in alcun modo.

 

***

 

XII. Luglio

Dopo quattro lettere di lei e una di lui cominciano di nuovo a parlarsi.

Si sforzano di trovare qualcosa da dirsi: lei gli comunica che ha intenzione di fermarsi per qualche tempo alla Tana e gli chiede se ci sarà anche lui. Lui, da parte sua, le risponde che gli dispiace, ma gli affari stanno andando troppo bene e non può lasciare il negozio proprio in quel momento.

Riceve i risultati dei suoi G.U.F.O. e gli spedisce la notizia, senza molto entusiasmo e chiedendosi se gli importerà davvero qualcosa. Lui le risponde facendo del suo meglio nel fingere interesse.

Parlano della guerra solo occasionalmente, si scambiano informazioni, ogni tanto è lei che porta delle novità, altre volte, invece, è lui.

Un giorno Ron le dice con finta noncuranza che non ha tradito la sua fiducia e che non gli importa più; lei lo ringrazia, ma non gli confida l’ultimo dei suoi segreti: che in fondo ad uno dei suoi vecchi libri di testo è nascosta una lettera che comincia con Non credo di essere più in grado di sostenere ancora tutto questo e finisce con Mi dispiace. Per tutto quanto.

 

***

 

XIII. Agosto

Sono solo piccole cose, avvenimenti da nulla. Come lo sguardo nei suoi occhi quando lei entra in una stanza; oppure la lieve pressione della sua mano sulla schiena di lei mentre la conduce lungo un corridoio; oppure ancora il suono falso delle sue scuse quando si scontrano, più tardi, in un incidente che entrambi avrebbero volentieri evitato.

Il negozio dei Tiri Vispi Weasley è affollatissimo durante gli ultimi giorni di Agosto, giovani maghi e streghe, indaffarati con le compere per la scuola, si incontrano per caso con i loro amici, esibiscono i loro acquisti e chiedono ai genitori di comprar loro questo o quello. Ron sta accumulando nelle sue braccia scatole su scatole, Ginny sta fissando in adorazione le puffole pigmee e in alcuni punti, davanti ai prodotti più popolari, anche respirare è diventato praticamente impossibile.

Hermione si ferma davanti alla dimostrazione dei SogniSvegli Brevettati, fermandosi a fissarli distrattamente, senza veramente vederli, ed è proprio in quel momento che lui la trova.

“Mi hai fatto paura,” gli dice, portandosi una mano al cuore e voltandosi a guardarlo.

Quando si accorge che le tiene ancora posata una mano sulla spalla, si allontana bruscamente, fuori dalla sua portata.

Lui distoglie improvvisamente lo sguardo da lei e si rivolge verso la dimostrazione dei sogni ad occhi aperti. “È magia davvero notevole,” gli dice ammirata – soprattutto per rompere il pesante silenzio che li ha avvolti, malgrado il cicaleccio in sottofondo.

“Già,” risponde lui, sovrappensiero, “George e io siamo stati i primi a testarlo.” Lascia che un minuscolo sorriso gli incurvi i lati della bocca. “I miei sogni erano tutti su di te.”

Lei esita, evitando il suo sguardo, e chiede “Cosa vuoi che ti risponda?”

“Niente”, ribatte lui, subito prima di andarsene. “Ho solo pensato che dovessi saperlo.”

 

 

SONETTO XXX

Quando all'appello del silente pensiero When to the sessions of sweet silent thought
io cito il ricordo dei giorni passati, I summon up remembrance of things past,
sospiro l'assenza di molte cose bramate I sigh the lack of many a thing I sought,
e a vecchie pene lamento lo spreco della mia vita: And with old woes new wail my dear time's waste:
allora, pur non avvezzi, sento inondarsi gli occhi Then can I drown an eye, unused to flow,
per gli amici sepolti nella notte eterna della morte, For precious friends hid in death's dateless night,
e piango di nuovo pene d'amor perdute, And weep afresh love's long since cancell'd woe,
e soffro lo stacco di tante immagini scomparse: And moan the expense of many a vanish'd sight:
allora mi affliggo per sventure ormai trascorse, Then can I grieve at grievances foregone,
e, di dolore in dolore, tristemente ripasso And heavily from woe to woe tell o'er
l'infelice conto delle sofferenze già sofferte The sad account of fore-bemoaned moan,
che ancora pago come non avessi mai pagato. Which I new pay as if not paid before.
Ma se in quel momento io penso a te, amico caro, But if the while I think on thee, dear friend,
ogni perdita è compensata e ogni dolor ha fine. All losses are restored and sorrows end.

William Shakespeare

   
 
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