[post Invisible Women]
Spencer
amava il proprio lavoro. Davvero. Solo che, in momenti come quelli,
quando il telefono iniziava a squillare alle due del mattino, non
mancava dal chiedersi perché mai avesse deciso di diventare
un
profiler.
“Pronto?”
mugugnò, portandosi all'orecchio la cornetta.
Al
contrario di ogni sua aspettativa, a salutarlo dall'altra parte del
filo non c'era la voce vellutata di JJ che gli annunciava che
sarebbero dovuti partire immediatamente per chissà quale
Stato per
lavorare a un caso che era stato portato all'attenzione
dell'Unità
di analisi comportamentale.
“Qual
è il tuo colore preferito?”
Reid
allungò la mano verso il comodino e inforcò i
propri occhiali, come
se in questo modo potesse capire meglio quello che gli era appena
stato detto “Come?”
“Il
tuo colore preferito.- ripeté quella voce cristallina e
vivace che
non riusciva ancora a riconoscere- Qual è?”
“Ma
chi parla?”
La
voce ignorò la sua domanda, continuando a chiacchierare
allegra
“Personalmente lo cambio ogni mese ma oggi credo proprio che
sia il
viola. Pensaci bene: è un perfetto mix di colori caldi e
freddi, il
connubio di rosso e blu, che poi erano i miei colori preferiti il
mese scorso. Direi che è il viola, quindi.”
“Sei...Sei
Alaska Ross?” chiese quindi Spencer, sbattendo le palpebre:
aveva
riconosciuto la strana pronuncia eccessivamente secca delle c
e immediatamente l'aveva associata all'unica persona che conosceva
che aveva sentito parlare in questo modo. La dottoressa Alaska Ross,
antropologa forense, aveva mantenuto la sua promessa e l'aveva
chiamato, neanche qualche giorno dopo dal loro ritorno da Baltimora.
“Certo,
non mi avevi riconosciuta?- ribatté la ragazza, mentre uno
strano
senso di realizzazione l'assaliva- Oddio, dimmi che non ho sbagliato
numero. Non posso credere di averlo fatto, non di nuovo!E' che ci
sono quei tre tre di fila e il dito mi va in tilt quando cerco di
comporre il numero e ho già chiamato un ragazzo che studia a
Georgetown e una vecchia signora di...”
“No,
non hai sbagliato il numero.- la interruppe il profiler, leggermente
imbarazzato dall'attenzione che aveva nei suoi confronti Alaska- Sono
io, Reid...uhm, Spencer.”
“Meno
male.- rise la giovane, per poi tornare all'argomento che l'aveva
portata a telefonare- Allora, il tuo colore preferito?”
Reid
aggrottò la fronte, stranito da quella domanda
“Uhm...Non ne ho
uno in particolare, non ci ho mai pensato prima,
però...Sì, credo
che il viola sia carino.”
“Wow!Abbiamo
lo stesso colore preferito!Non è fantastico?”
trillò Ross con un
entusiasmo che il ragazzo non riusciva per niente a condividere.
“Sì...uhm...Sai
che ore sono?”
“Sì.
Le due e venticinque.- rispose Alaska tempestivamente, con tono
gioviale- Oh, adesso ventisei. Ti si sono rotti gli orologi in
casa?”
“No,
è solo che...Non dormi?” domandò quindi
Spencer, sempre più
spiazzato dal comportamento dell'antropologa.
“Dormire
con un tutore al braccio è un inferno. Mi ero addormentata,
ma al
negozio qua sotto è scattato l'allarme e mi sono svegliata
di nuovo
e poi ho iniziato a pensare e mi è venuto in mente che non
sapevo
quale fosse il tuo colore preferito così ti ho
chiamato.”
“Ah.”
fu tutto ciò che riuscì a ribattere, troppo
assonnato per poter
formulare un pensiero coerente.
“E'
stata una bella conversazione.- dichiarò quindi Alaska
soddisfatta-
Ti chiamerò ancora. Buonanotte!”
“Buonanotte...” salutò
Reid, ma la parola risuonò solo all'interno della propria
camera da
letto.
...
Derek
alzò un sopracciglio quando sentì trillare il
cellulare di Reid. Il
suo collega non riceveva mai telefonate. Non al lavoro, perlomeno.
“Pronto?”
rispose Spencer, altrettanto sorpreso da quella chiamata.
“Io
adoro il Natale.- proruppe una voce squillante- Non posso farci
niente, so che può sembrare infantile, ma il Natale
è la mia festa
preferita.”
Reid
fece ruotare la sedia, per nascondere la propria faccia da Morgan
“Alaska?”
“Non
che io non ami le altre festività.- continuò a
chiacchierare
allegra l'antropologa- Adoro anche la Pasqua, ad esempio: la caccia
alle uova in giardino è ancora una delle mie
attività preferite. E
anche il Ringraziamento è molto pittoresco...Ma non
c'è
assolutamente niente di meglio del Natale. Probabilmente è
per via
di Babbo Natale, della neve, gli elfi e i bastoncini di zucchero.
Credo che questo amore incondizionato dipenda anche dal mio ceppo
finlandese. Tu che dici?”
Il
giovane genio sbatté le palpebre più volte,
leggermente confuso da
quella parlantina veloce e dall'argomento assurdo “Sei...sei
finlandese?”
“Per
metà, mia mamma è nata a Lappeenranta e si
è trasferita qui in
America con i miei nonni quando aveva circa quindici anni.-
spiegò
Alaska, prima di tornare a porre la domanda iniziale- Allora, la tua
festa preferita qual è?”
“Direi
Halloween.” convenne Spencer, dopo una breve riflessione.
Dall'altra
parte del filo la ragazza proruppe in un gridolino estasiato
“Oh,
io adoro Halloween: la ricerca del travestimento perfetto, il trucco
variopinto, il tradizionale dolcetto e scherzetto e tutti quei
dolci...Sai una cosa?”
“Cosa?”
“Al
prossimo Halloween dobbiamo assolutamente andare in giro per le
strade a fare dolcetto e scherzetto insieme. Ci divertiremmo molto,
che ne dici?”
“Sarebbe
fantastico.” mormorò Spencer con tono sognante,
prima di
accorgersi che la ragazza aveva già chiuso la comunicazione.
...
Reid
sapeva cosa voleva dire essere un drogato.
Il
modo in cui aspettava le telefonate di Alaska, il modo in cui gli
sembrava che durassero sempre troppo poco e il modo in cui cercava
sempre di trattenerla al telefono con qualsiasi tipo di argomento lo
informavano che quelle chiamate inaspettate e folli erano la sua
nuova droga.
Questa
volta, però, Spencer sapeva che non sarebbe stato in grado
di
disintossicarsi.
Che
non voleva
disintossicarsi.
“Pronto?”
disse, rispondendo al telefono e cercando di sentire quanto gli
veniva detto al di là del chiacchiericcio che rendeva
rumoroso quel
vagone della metropolitana.
“Tu
sei il primo Spencer che conosco.- lo informò Alaska con
tono serio-
Non è una cosa straordinaria?Voglio dire, di tutti gli
Spencer del
mondo io ho conosciuto te. Quindi, d'ora in poi, tu sarai una specie
di metro di paragone verso tutti gli altri Spencer che
incontrerò.”
Reid
non poté impedire a un sorriso di allargarglisi sul volto al
solo
sentire quella voce “Anche tu sei la prima Alaska che
conosco.”
“Davvero?”
domandò stupita la ragazza.
“Già.-
confermò Spencer, mentre si alzava per cedere il posto a
sedere a
una vecchietta dall'aria gentile- E considerando la scarsa diffusione
di quel nome credo che sarai anche l'unica.”
“Non
si può mai dire nella vita.- ribatté invece
l'antropologa, prima di
riprendere le fila del discorso- Emily è stata la mia nona
Emily,
Aaron il quinto Aaron, Derek il settimo Derek e Penelope la mia
seconda Penelope. David è stato il mio quarto David e ha
rivalutato
completamente la categoria perché a quei tempi c'era un mio
compagno
di scuola che si chiamava in quel modo ed era estremamente
dispettoso...”
“Tu
ricordi i nomi di tutti quelli che incontri?” la interruppe
quindi
Reid, sinceramente stupito.
“Certo,
tu no?”
“Non
tutti.”
“Non
hai una memoria eidetica?” si informò quindi
Alaska.
Reid
scrollò le spalle, un po' imbarazzato per quella pecca
“Sì,
ma...a volte i nomi mi sfuggono.”
“L'importante
è che non ti sfuggano le persone.- lo rassicurò
quindi Ross, e lui
non poté impedirsi di immaginarla sorridente- E quelle a
volte
corrono davvero forte, sai?”
...
Spencer
si appoggiò in vita il libro che stava leggendo e
allungò la mano
verso il tavolino da caffè davanti a lui per afferrare il
cordless che squillava.
“Pronto?”
“Sono
ventisette.” disse lapidaria la voce di Alaska, stranamente
priva
della solita vivacità.
“Cosa?”
domandò Reid, raddrizzandosi sulal poltrona e prestando la
massima
attenzione.
“I
cadaveri di cui ho ricostruito i tratti del volto.- continuò
a
spiegare l'antropologa con tono triste- Sono ventisette.”
Il
profiler si morse il labbro inferiore, preoccupato per quanto l'umore
della giovane influisse su di lui “Stai lavorando a un
caso?”
“No,
sono vittime di un'epidemia di polio in un vecchio villaggio che
è
stato riportato alla luce da degli scavi per la costruzione di un
centro commerciale fuori città.- spiegò Ross
prima di affrontare
l'argomento che l'aveva spinta a chiamarlo- Sono ventisette e sono
state sepolte ammassate e senza nome e sono state dimenticate e non
è
giusto.”
“Hai
ragione.- concordò Reid con un sospiro- Non è
giusto.”
La
voce della ragazza diventò leggermente titubante
“Ti va di...stare
un po' al telefono con me?Potrei raccontarti la loro storia.”
“Va
bene, Alaska. Racconta.”
...
Rispondere
al telefono era l'ultima cosa che Reid voleva fare in quel momento.
Tutto
quello che voleva fare era dormire e dimenticare quella terribile
giornata.
Eppure,
con un sospiro stanco, si portò la cornetta all'orecchio
“Pronto?”
“Mi
dispiace davvero tanto, Spencer.” la voce di Alaska era
contrita,
velata da vera tristezza.
Reid
si passò stancamente una mano sugli occhi
“Alaska...”
“Bringman
mi ha parlato del caso di Cincinnati.- spiegò quindi
l'antropologa-
Deve essere stata dura.”
Lo
era stata. Un caso che coinvolgeva dei bambini e che si era concluso
con la morte di un agente di polizia era duro. Troppo.
“Sì...”
esalò quindi Spencer con un filo di voce.
“Siete
già tornati a Washington?” si informò
Ross, con tono premuroso.
“Già.-
borbottò, prima di scuotere la testa, sicuro di non essere
in grado
di tenere alcun tipo di conversazione in quel momento- Senti, mi
dispiace Alaska, ma non sono dell'umore di parlare stasera...”
Se
la immaginò annuire “Ti capisco.”
“Ti
richiamo domani, d'accordo?” propose quindi, sentendosi un
po' in
colpa per averla respinta così.
“No,
non riattaccare.” disse invece Alaska con determinazione.
“Perché?”
“Ti
parlerò finché non ti addormenti.- gli
spiegò quindi la ragazza-
Non mi piace sapere che sei lì da solo dopo una giornata
come
questa.”
Mentre appoggiava la testa sul cuscino, senza mollare
la cornetta del telefono, il primo e ultimo sorriso di quella
giornata gli si allargò sul volto “Grazie,
Alaska.”
“Buongiorno,
Spencer.” quella voce gentile nel suo orecchio era senza
dubbio la migliore sveglia che potesse esistere.
Reid
allungò il collo per sbirciare l'ora sull'orologio
“Sei ancora al
telefono?”
“Volevo
assicurarmi che non ti svegliassi.” spiegò
semplicemente Alaska,
come se stare al telefono per una notte intera con qualcuno per
vegliare sul suo sonno fosse la cosa più normale del mondo.
Spencer
spalancò la bocca, incerto su cosa dire. Tuttavia, non
avrebbe avuto
il tempo di ringraziarla per la sua premura nemmeno se avesse parlato
immediatamente.
“Senti,
mi è venuta un'idea meravigliosa!”
trillò infatti Ross.
“Che
cosa?”
“Che
ne dici di venire a trovarmi qui a Baltimora nel week-end?”
“Sarebbe
fantastico.” rispose sorridendo, felice come non mai per
quella
semplice proposta.