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Autore: C r i s    29/04/2011    5 recensioni
La Tour Eiffel potrebbe spaventare, se visitata di notte, perchè troppo romantica? Esiste un'allergia affibiata al romanticismo? Sembra che sia Brian che Megan ne siano affetti, ma potrebbero sempre munirsi di antistamici e combatterla, in fondo un pizzico non ha mai ucciso nessuno...Nel migliore dei casi.
Parigi rimane preziosa, sia di giorno o di notte, la differenza è sottile e Melanie lo sa, ecco perchè conserva la meta per ultima. Il viaggio estivo volge al termine e, dopo Agosto, saranno di ritorno alla vita reale. Chissà cosa aspetta al varco.
Probabilmente il check-out.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Il decalogo del sesso'
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»Demolished Defences «

I want you to know
With everything, I won't let this go
These words are my heart and soul
And I'll hold on to this moment you know

With Me – Sum41.

 
 
 
«Spostati di qualche centimetro!»
«Comincio a non volerla più questa foto».
Megan inarcò di qualche centimetro il braccio sinistro, stiracchiando appena le dita della mano, beccandosi un’ennesima occhiataccia da parte di un ragazzo alquanto stufo.
«Ed io comincio ad averne abbastanza della tua faccia».
«Per fare sesso non ne hai bisogno, della mia faccia», lo punzecchiò la ragazza, fingendosi offesa.
Probabilmente la finzione divenne realtà; Megan e Brian amavano dilettarsi nell’arte dell’offesa gratuita, non mancava occasione nella quale entrambi ne dicessero di tutti i colori, senza neanche pensare che, ad un occhio esterno, quel loro comportamento potesse associarli ad uomini delle caverne, anziché ad una felice neocoppia innamorata.
«Potrei averne. In tal caso, comprerò delle buste biodegradabili e vi farò giusto un foro per la bocca, quella sì che serve!», ironizzò Brian, sbattendo innocuamente le palpebre.
Fortuna che a dividerli erano all’incirca dieci metri di prato verde, altrimenti ogni filo d’erba sarebbe finito nella sua gola, terriccio compreso.
«Attento, le pantere mordono, non lo sai?», lo canzonò Megan con un sorriso complice ed un barlume di malizia negli occhi.
Brian, dal suo canto, impallidì appena, ricordando la volta in cui si lasciò andare alla fase ‘sclero d’orgasmo’, definendola pantera. Non che poi le si addicesse poco, persino gli occhi felini della ragazza parlavano chiaro e, di fatto, non le era neanche dispiaciuto tanto come appellativo.
«Anche se devo ammettere che ce ne vuole dal diventare pantere, essendo ippopotami», infilò maggiormente il dito nella piaga, lasciando che il sorriso si allungasse fin dietro le orecchie per quanto fosse carico di malvagità.
Era quasi palpabile nell’aria.
«Facciamo questa benedetta foto?», trillò Brian, trattenendo uno sbuffo possente che avrebbe fatto tremare l’intera Tour Eiffel, inclusi i turisti che si erano prodigati sino alla cima.
Megan non si trattenne dall’esultare vittoria, seppur senza proferir parola, ma Brian riuscì a vendicarsi senza darle angolazioni precise circa il rapporto mano-torre.
«L’ho sempre detto che sei un incompetente!», sbuffò Megan, una volta scrutata con tanto di cipiglio la sua immagine impressa sul piccolo schermo della digitale, «Non c’è affinità
«Ora l’ha scoperto», borbottò Brian, lasciandosi sfilare l’attrezzo dalle mani senza tante cerimonie.
«Non tra me e te», tenne a precisare la ragazza con un bagliore particolare negli occhi.
Parlare di loro come coppia poteva sempre passare per argomento taboo. Ancora non era scattata l’abitudine, anzi, a dirla tutta, non sembravano neanche essere amanti. Il loro modo di relazionarsi era piuttosto complicato: scherzare era il verbo intorno al quale ruotava il loro mondo.
«Tra me e lei!», Megan agitò l’indice in direzione della Tour Eiffel, mastodontica ed impressionante, da lasciare la bocca asciutta per quanto fosse tutt’altra storia vista da vicino.
«Avete soltanto qualche metro di differenza, tesoro», sghignazzò allora il ragazzo, passandole un braccio attorno alle spalle e riuscendo nuovamente a soffiarle da sotto il naso la digitale. «E sei anche fortunata perché in questa foto il colosso sembri tu e non lei!», proseguì, inoltrandosi sul filo del rasoio.
Megan gli tirò una gomitata nella costola e il mugolio di dolore che ne seguì fu musica per le sue orecchie.
«Fingerai sicuramente che questa non sia un’offesa, ma io so, Brian, che invece è proprio quello che sembra! Intanto questo colosso a letto riesce a sfiancarti anche in cinque minuti, anzi, credo che dovresti ingerire del Viagra, ho notato che fatichi parecchio con le erezioni».
Megan schioccò la lingua nel palato e gli sorrise melliflua, portandosi una ciocca dietro l’orecchio e  lasciando che Brian, al suo fianco, assimilasse la frecciatina.
Quando ciò avvenne, avevano già raggiunto Melanie, sdraiata sul prato con un libro sulle ginocchia ed un cappello di paglia sulla testa.
«Forse fatico perché non ho lo stimolo giusto», sibilò tra i denti, mentre Megan cascava al fianco dell’amica e le rubava una caramella dalla borsa, senza pensare lontanamente di porgerne un’altra al suo presunto ragazzo.
«Forse con la busta biodegradabile tutto avrebbe un senso», lo scimmiottò la ragazza, sfregando con teatralità il mento e sciogliendo la caramella alla menta sul palato.
«Puoi scommetterci! E comprerò anche una museruola, così evitiamo i morsi».
«Museruola in cambio di Viagra, si può fare».
Le rotelle di entrambi i ragazzi vennero arrestate dalla proposta di Melanie; fissava, come ipnotizzata, la Tour Eiffel, sulla quale neanche lontanamente avevano pensato di salire quella mattina d’Agosto, probabilmente troppo afosa e sicuramente poco stimolante per il loro corpo già in via di scioglimento.
«Questa sera noi andremo lì», l’indice di Melanie si innalzò appena, indicando con decisione la punta della Torre, gesto che fece agghiacciare il sangue dei presenti, dove probabilmente avevano somministrato il vaccino anti-romanticismo.
«NO!», un monosillabo secco e deciso echeggiò nell’aria, tanto che Melanie, incuriosita e leggermente urtata, li osservò in silenzio, in attesa di una qualche spiegazione, che non arrivò, se non quando sbuffò sonoramente, pronta ad uno sproloquio in piena regola.
«Mi verrebbe l’orticaria», fu la prima dichiarazione.
«Non ho abbastanza anticorpi. Metti che poi l’orticaria è contagiosa, questa notte non potrei neanche mordere la mia pietanza!», fu la seconda, che si portò una mano alle labbra, enfatizzando il tutto.
«L’orticaria non è contagiosa», grugnì Brian con fastidio.
«L’orticaria francese potrebbe esserlo, non puoi saperlo».
«Neanche tu, però magari conviene prenderla, avrai anticorpi migliori ed una nuova esperienza da raccontare ai posteri», Brian la stava palesemente prendendo in giro, con un sarcasmo pungente pari a pochi.
«Se sarà contagiosa, sei consapevole che sarai il primo a prenderla, dopo di me?»
«Se usiamo la busta biodegradabile non correremo rischi».
L’espressione di Melanie era alquanto basita.
«Qual è il vero problema?», domandò allora Melanie, facendo scivolare il libro nella borsa pronta ad alzarsi in piedi. «La Tour Eiffel di notte è assolutamente fantastica».
E dannatamente romantica, fu il pensiero della neocoppia che vibrò in sincrono.
«Ci saranno tutti piccioncini lì su, Melanie. Non potrebbe darti fastidio?», insinuò allora Megan, giocandosi l’impossibile pur di deviare l’idea malsana della sua compagna.
«Sarebbe fin troppo sdolcinato ed eccessivo. Potrebbero tornarti alla mente pensieri tristi», incalzò Brian, cingendo un fianco della sua amica, lanciando uno sguardo stile s.o.s. alla sua donna.
«Okay, basta!», sbottò Melanie, giunta al culmine della sopportazione, «Non sarà nocivo per me, però potrebbe esserlo per voi. Imparate a vivere come una coppia, non come reciproci bulli!»
L’esasperazione che trasudava da quelle parole fu piuttosto palese, tanto che nessuno riuscì a proferire alcuna frase.
«Fatevela andare bene, perché stasera ci andiamo, costi quel che costi», irruppe infine la ragazza, con una scrollata di spalle, avanzando di qualche passo verso la strada che avrebbe condotto loro alla Metropolitana.
La materia grigia di ognuno elaborava lo stesso pensiero.
Cazzo.
 
«Non lo ammetterò mai».
Megan aveva come l’impressione di vacillare, era certa che di lì a poco avrebbe davvero ceduto alla tentazione e avrebbe convenuto con Brian che ne valeva davvero la pena.
Il problema era che neanche Brian aveva avanzato quel passo, entrambi cercavano di sostenere le proprie ammissioni, per timore di potersi esporre troppo l’uno con l’altro.
Melanie, dal suo canto, aveva lasciato una privacy alquanto innaturale ai suoi compagni, dilettandosi nello scattare fotografie da diverse angolazioni. Nonostante fosse dell’idea che niente e nessuno avrebbe dovuto rovinarle quella vacanza, era più che certa che il suo cuore non avrebbe mai ragionato in quel modo.
«Credi che sarebbe stato lo stesso risultato, se fossimo venuti questa mattina?», le domandò allora Brian, dopo essersi ridestato dal suo silenzio.
Megan traballò; cosa credeva sul serio?
Non era sciocca, ed appunto per questo non si lasciava suggestionare dal romanticismo, ne era sempre stata affetta, forse perché era a conoscenza del fatto che nulla era ottenuto senza motivo. Ed aveva paura, aveva paura di mettersi alla prova, di poter dimostrare quanto grande fosse il suo cuore e quanto quest’ultimo fosse in grado di vibrare a causa di un altro.
«Si tratta sempre di Parigi, che sia di giorno o di notte non cambia sicuramente», fu la sua risposta.
Le risuonò alquanto falsa, ma cercò di contenere almeno l’espressione facciale e continuò a giocherellare con le sue dita affusolate, fino a quando Brian non le cinse i fianchi e poggiò il capo sulla sua spalla.
Megan sentì il petto di lui contro la propria schiena e non poté fare a meno di rabbrividire.
«Non lo pensi sul serio».
Un altro timore, che fosse poi fondato o meno ancora non lo sapeva, era quello di fidarsi talmente tanto di una persona da dimenticare persino chi lei fosse. Con Brian, per la prima volta, i suoi occhi avevano perlustrato un mondo sul quale non avevano mai poggiato attenzione e sapeva perfettamente che la stessa sensazione era provata anche dal ragazzo che il quel momento le stava massaggiando un fianco.
«Cosa non ti è chiaro della frase “Non lo ammetterò mai”?», soffiò infine Megan, infilando la parola fine a quello scambio forte d’opinioni.
Brian, per tutta risposta, solleticò la nuca della ragazza emettendo una lieve risata. «La tua cocciutaggine mi affascina».
Le guance della mora s’imporporarono e la costrinsero a fingere noncuranza, mentre si sventolava con una mano. Ogni qualvolta dalle labbra del ragazzo fuoriuscisse una sorta di complimento, l’effetto che aveva sul proprio cuore era a dir poco eccessivo. In fondo, essere definiti cocciuti solitamente poteva sembrare un’offesa per il proprio carattere. Per Megan non era così; sentiva propria quella caratteristica e, soprattutto, era convinta che Brian fosse davvero ammaliato dai suoi modi per approcciarsi al mondo.
«A cosa stai pensando?», la domanda di Brian la riportò sul pianeta Terra.
Sbatté appena le ciglia, prima di schiarirsi la gola. «Cosa ti fa credere che io stia pensando qualcosa?»
«Sembravi in apnea mentale, in realtà. Ho temuto di dover chiamare da un momento all’altro un’ambulanza e il problema più grande sarebbe stata l’indecisione di salutare in francese o inglese».
Megan roteò il capo, sconcertata. «Avresti perso tempo per una cosa così futile?»
«Il mio accento francese fa cagare gli zombee», sentenziò Brian, alzando il mento per rafforzare l’aria da superuomo che aveva adottato all’incirca da qualche secondo.
«Hai difficoltà anche con l’inglese, se per questo», lo punzecchiò allora la ragazza, discricandosi dalle sue braccia, senza successo.
«Mi stai dando dell’analfabeta per caso? Sentiamo, cosa dovrei fare allora? Evitare il saluto dimostrandomi una persona maleducata?», le soffiò provocatore all’orecchio.
«Esattamente», fu il sussurro che fuoriuscì dalle labbra di una Megan su di giri. Sentirlo al suo fianco, il suo respiro sulla pelle accaldata, il profumo che impregnava le sue narici riusciva a distrarla con una facilità disarmante.
Si voltò, scrutò con il cipiglio quel viso limpido e si aprì in un sorriso tenue, non appena anche Brian gettò l’ascia da guerra.
«Riusciremo mai a comportarci come esseri umani?», le chiese allora Brian. Non ci avrebbe giocato il pollice, ma qualcosa gli suggeriva che neanche questa volta Megan sarebbe stata sincera, che neanche questa volta avrebbe lasciato rispondere il cuore, anzichè l’alterego.
«Perchè, ti ritieni umano?», fu di fatto la punzecchiatura della ragazza.
Brian si aprì in un sorriso amaro, soffiandole tra i capelli ed annusando il profumo di vaniglia che essi emanavano. Erano ormai sere e sere che ci si addormentava col naso su e la mattina, al risveglio, sembrava fosse la dose perfetta per metterlo in piedi. Adorava quel profumo, non per la vaniglia di per sè, ma perchè rappresentava lei.
Fu allora che Megan fece qualcosa che lo meravigliò: strinse una mano nella sua, la portò alle labbra e vi lasciò un bacio leggero, quasi invisibile all’occhio umano, ma ben palpabile per la pelle che, nonostante il fuggiasco tentativo, sembrava essersi ugualmente ustionata.
Gli sorrise, una luce le apparve nello sguardo che svincolò alla ricerca di un punto indefinito tra le casupole che la Tour Eiffel scrutava severamente dall’alto, come a volerle proteggere da qualsiasi pericolo fosse giunto mettendole in allerta.
«Quello che volevi chiedermi non era questo», affermò con voce sottile, mentre la brezza della sera le carezzava il volto.
Brian rimase in silenzio, in attesa trepidante che la ragazza che stringeva tra le braccia proseguisse, senza rimanerlo sulle spine.
«Volevi chiedermi se riusciremo a comportarci come una coppia, una vera coppia», sottolineò le ultime parole con voce sempre meno ferma, come se avesse appena imprecato e necessitasse di una confessione istantanea.
Brian le sfregò il naso contro la nuca, inalando il suo profumo. Il silenzio che ne conseguì fu frainteso dalla ragazza, la quale prese un profondo respiro e proseguì.
«Non lo so, Brian, non posso darti sicurezza, non posso assicurarti che un giorno cammineremo anche noi mano nella mano tra le persone senza commentare inopportunamente circa pali della luce o perizomi leopardati. Non posso assicurarti che un giorno avremo al collo un cuore spezzato d’argento per indicare che anche noi siamo come tutti gli altri e tanto meno voglio assicurarti un qualcosa che potrebbe benissimo non accadere mai».
Si fermò per respirare nuovamente, aveva persino dimenticato come si facesse in quei brevi attimi di frenesia, dopodichè, senza incrociare quegli occhi chiari e profondi come l’oceano, si diede la carica adatta nel procedere.
«Tantomeno voglio che tu mi prometta amore solenne, o una fede all’anulare sinistro», finalmente decise di voltarsi, un pò per propria iniziativa, un pò per il fatto che Brian avesse allentato la presa sui fianchi per bloccarle il volto, «Il vestito bianco mi starebbe malissimo», sdrammatizzò incrociando le iridi chiare del ragazzo.
«Non abbiamo mai parlato di matrimonio, Megan», le rivolse un sorriso sghembo, giusto per coronare l’imbarazzo della ragazza che aveva cercato di essere, per una volta, il più aperta possibile.
«E non ne parleremo», ci tenne a precisare immediatamente, sentendo il guscio di metallo richiudersi lentamente, «Non sono stata progettata con globuli al sapore di zucchero e miele», si scansò giusto per indietreggiare di qualche centimetro, ma Brian non mollò ugualmente la presa e le lasciò una breve carezza sulla guancia.
 «Nessuno l’ha preteso, tanto meno io», la rassicurò mentre le sue dita raggiungevano le labbra rosse e carnose di lei.
Si guardarono un’ennesima volta, specchio nello specchio, fino a che fu Megan ad aprirsi di nuovo, sentì quella crepa spaccarsi quanto bastava per frantumare l’intero muro di mattoni che aveva costruito nel tempo, per difendersi dalle ingiurie che rendevano il mondo una gabbia d’oro massiccio ricolma di inettitudine.
«Stare con te mi piace, mi piace sapere che se avrò bisogno di un’ambulanza, sarai tu a chiamarla. Non importa la lingua che userai per parlare, quel che conta è che tu lo faccia. Mi piace pensare che semmai dovessi vincere un milione di dollari, sarai il primo che telefonerò per rinfacciargli la mia vincita e minacciare di sparire con il malloppo senza condividere un’emerita banconota. Mi piace sentire la testa su di giri quando mi sei attorno, significa che mi fai perdere la pazienza e nessuno ci riesce bene come te».
L’aveva fatto. Aveva permesso ad una persona d’ottenere la sua fiducia, aveva permesso a quella persona di abbattere le sue difese senza bisogno d’utilizzare picconi da lavoro o pale meccaniche. Ci era riuscito, l’aveva denudata come mai nessuno avrebbe potuto fare, semplicemente perchè aveva accettato pregi e difetti senza voglia di modificarli.
 «Immagino debba vederla come una cosa positiva questa, no?», la incalzò Brian, fingendo di non capire dove lei volesse arrivare.
Di fatto, la ragazza sbuffò sonoramente e gli donò persino uno scappellotto sulla fronte, prima di voltarsi e immergere l’attenzione nel cielo buio, quella sera privo di stelle.
«Anche tu sei speciale per me, Megan», le labbra di Brian avevano raggiunto il suo orecchio, la ragazza era vibrata come una corda di violino e quasi temette di perdere la ragione da un momento all’altro.
In fondo, avrebbero pur sempre potuto indossare un ciondolo d’argento al collo e alludere ai pali della luce o indossare una fede all’anulare sinistro ed evitare d’indossare un abito bianco, si sarebbero potuti buttare sul color ocra, giusto per giungere ad un compromesso.
E, soprattutto, avrebbero continuato a tenersi per mano, sapendo di non aver niente da invidiare alle altre coppie che, oltre ai consueti ‘Ti Amo’, non avevano nient’altro da dirsi.
Talvolta omettere a parole un sentimento può ottenere conseguenze spiacevoli, ma, quando un carattere diviene limpido agli occhi dell’altro, simili rischi non si corrono.
Megan e Brian non avrebbero avuto bisogno di ribadire ore, minuti e secondi il sentimento che li univa. Ma, probabilmente, i propri cuori, ogni tanto, avrebbero richiesto che ciò avvenisse, giusto per crogiolarsi nella felicità che quell’attimo gli avrebbe provocato.
In fondo, cosa c’è di male nel far sapere alla persona che si ha affianco quanta importanza abbia nella nostra vita?

 

I don't want this moment
To ever end
Where every thing's nothing, without you.

With Me – Sum41.

 

Cris' Corner:
Ebbene sì, sono qui! *sente il coro degli angeli* Stento a crederci anch'io, probabilmente qualche giorno fa sono stata colpita da qualche meteorite invisibile e le rotelle si sono azionate dopo mesi di ruggine! Su questa storia ho rimuginato fino all'ultimo, ma ho pensato che ci dovesse essere un momento da dedicare a questa coppia. Per quanto non mi sia riuscita al meglio, ho cercato di far capire che Megan e Brian non sono una coppia molto "normale", anzi, diciamo che la parola "coppia" può provocare la rosolia XD Ma è ciò che sono, quindi lo accettassero u.u Spero che questo piccolo gesto sia stato apprezzato, ho il timore che non possa piacere, purtroppo non sono riuscita a fare di meglio, per quanto mi sia impegnata, probabilmente la vena creativa mi sta abbandonando. Siamo agli sgoccioli, ho postato questa one-shot anticipando ciò che sarà l'Epilogo finale de "Il decalogo del sesso"
, con tutto questo tempo partorivamo non so quanti bambini a testa XD
Se capitasse qualche nuovo lettore, pur non avendo letto la storia dalla quale nascono questi personaggi, mi auguro che sia stato ugualmente piacevole leggere, ovviamente credo sia normale non capirci una cippa, in fondo la loro storia si è evolta nel corso della principale C:
 Vi abbraccio e vi ringrazio di cuore per essere sempre qui con me a sostenermi!
Un ringraziamento speciale alla mia bestiolina *tu sai chi sei u.u* per l'immagine, io con queste cose sono immensamente negata XD, ringrazio anche la mia adorabile C per esistere (scherzo u.u) e  grazie alla mia Donnins per il parere che mi ha dato in primis circa questa storia <3
Ringrazio tutti voi che siete qui, che ci siete stati e, spero, ci sarete, perchè il vostro appoggio mi lusinga e, soprattutto, mi sprona nel fare di meglio, nei miei limiti ovviamente.
Grazie a tutti voi.

 

   
 
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