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Autore: piccolalettrice    29/04/2011    10 recensioni
"...Lo fissai sbalordito. Se diceva la verità eravamo in pericolo. Se diceva la verità allora tutti i miei attacchi erano colpa sua. Se diceva la verità Talia aveva fatto bene a fare quello che aveva fatto. Se diceva la verità voleva dire che eravamo stati traditi di nuovo. Se diceva la verità tutte le cose successe negli ultimi tempi avevano trovato un’unica spiegazione: lui."
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Quasi tutti
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Solo intuendo'
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SPAZIO AUTRICE:
buona sera! Rieccomi con un nuovo cappy!
Allora prima di tutto volevo dedicarlo a Kiuubina, che mi ha fatto una sorpresa bellissima e inaspettata e alla mia prof di tecnica, che con il suo delirare mi ha concesso di vagare con la mente per  produrre questo.
Ma ringrazio anche tutti coloro che leggono.
Passiamo al cap...
Gli ho scritti in ordine sparso, sono partita dall’ultimo, ispirandomi alla canzone “urlo e non mi senti” (davvero provate ad ascoltarla e ditemi se non è perfetta!), poi il primo, il secondo e infine il terzo (si, lo so che non ve ne frega nulla)...
Comunque ecco a voi, ci sono alcuni passaggi di cui vado piuttosto fiera, inoltre mi sorprendo della lunghezza dei cap, sono 10 pagine alla volta XD!
Un bacio, buona lettura
Piccolalettrice
Ps. Ma tutti i recensori di un po’ di tempo fa dove sono finiti???
Ps n° 2 il titolo non c’entra molto ma non mi veniva nulla -.-“
 
 
 
21-  Insoliti acrifici ad un dio insolito.
 
 
Mi sedetti sui tronchi vicino al falò, volevo guardare un po’ l’oceano e dimenticare tutto almeno per qualche minuto.
Sapete quando si dice “pianto liberatorio”? ecco, quello da cui ero appena uscita era l’esatto opposto. Era uno di quei pianti che ti lasciano un senso di... irrisolto, di frustrazione incredibili, sono quei pianti che non servono a nulla, in poche parole, se non a farti andare i nervi a fior di pelle ancora più di prima.
Il cielo era bianco e lattiginoso, un colore orribile e spento, perfetto per un giorno di fine ottobre e così lontano dal sole che desideravo sentire sulla pelle, che forse mi avrebbe riscaldato da tutto il gelo che sentivo dentro.
La testa mi scoppiava.
Io e Sally pensavamo la stessa cosa, lo sapevo.
Un semidio non può ammalarsi; la sua parte divina non lo rende possibile.
E se un semidio si ammala la questione è grave. Molto grave.
Soprattutto con una febbre oltre i quarantadue gradi. Sì, oltre i quarantadue.
Con l’arrivo del pomeriggio era peggiorato.
Era davvero strano che si fosse ammalato così.
Non poteva essere una cosa naturale, no.
Ero sicura che sotto ci fosse qualcosa, e se avessi avuto la mente più lucida molto probabilmente ci sarei arrivata, ma non riuscivo a pensare.
Per la prima volta la figlia di Atena non aveva un piano.
L’acqua era calma e piatta, di quel colore impenetrabile che te la fa sembrare quasi un enorme distesa solida, accresceva la mia frustrazione.
Sentivo che c’era come qualcosa che avrei dovuto sapere, qualcosa che avrei dovuto ricordarmi, qualcosa di importante.
E più mi sembrava di essere vicina alla soluzione più non riuscivo a pensare.
C’ero, avevo la sensazione che la risposta (a non so nemmeno che domanda)  fosse lì, a qualche millimetro di distanza ma... nulla.
Mi alzai dal tronco, sbattendomi i pantaloni per far sì che la sabbia non vi rimanesse attaccata, guardai il mare un’ultima volta, anche se lo spettacolo non era dei migliori e mi diressi, senza nemmeno pensarci al bungalow dove c’era la salma di Grover.
Non so perché le gambe mi portarono lì, col senno di poi intuii che qualcosa di più grande di me, gli dei o il fato, mi avessero condotto lì, ma sul momento non ci pensai molto e mi diressi fino alla porta.
Mi fermai di colpo, con la mano ad un centimetro dalla maniglia.
Dentro c’era qualcuno che parlava, Clarisse, immaginai.
Ma con chi parlava?
“...e ho fatto un sogno, sai?”
Nessuna risposta.
“era un sogno strano, era tutto buio e qualcuno rideva nell’angolo, poi tu che balbettavi e io che ti dicevo che eri stato un idiota a morire, una Capra senza cervello, ma questo non è l’importante...”
ma... stava davvero... parlando a Grover? Ad un cadavere?
Fui sul punto di entrare per prendere Clarisse, chiederle cosa stesse facendo, farla rinsavire. Sapevo che tutto il tempo che passava lì non era da persone sane di mente, ma addirittura parlare con un morto... era troppo.
Stavo per fare irruzione nella tranquillità di quel patetico e ambiguo dialogo che quello che sentii mi fermò:
“hai parlato di... una cosa strana, una specie di collegamento... non avevo idea di cosa potesse significare...”
Collegamento. Ecco la soluzione a tutto.
Guardai sorpresa il legno della porta, senza fissarlo davvero.
La risposta era così semplice, così palese, come avevo fatto a non pensarci prima?
Il collegamento di Percy con Grover, quello che diceva che se uno dei due moriva anche l’altro era destinato a morire! Come avevo fatto a dimenticarmene?
Quindi questo voleva dire che Percy stava davvero morendo.
Quella considerazione mi colpì come un pugno nello stomaco, ma fece più male.
Mi sentii impotente e piccola.
Idiota, anche. Idiota perché non avevo impedito a quei due di rompere il collegamento, sapendo che era pericolosissimo per entrambi.
E se Percy fosse stato un normale semidio sarebbe stato un conto, molti ci avrebbero sofferto, io per prima e più di tutti, ma c’era la profezia con cui fare i conti... L’Olimpo era destinato a morire.
E Percy prima di lui.
Ma perché era ancora vivo?
Insomma, avrebbe dovuto morire subito dopo la morte di Grover, no?
Quella era una bella domanda, ma non mi persi molto sui dettagli, andai, invece, a cercare qualcuno che mi avrebbe potuto dare una mano.
Talia? No, avrebbe voluto fare tutto al posto mio, impedendo di fare ciò che pensavo, Silena o Backendorf? No, non avrebbero mai accettato, Clarisse? Era già abbastanza matta così, non le serviva un’avventura di quel tipo... rimaneva Luke.
Sì, Luke mi avrebbe aiutato. Luke non era sempre pronto a sacrificarsi come Talia o come il figlio di Efesto e la figlia di Afrodite, e di certo non pazzo come Clarisse. Sì, Luke mi avrebbe aiutato.
Perché anche quella volta, la figlia di Atena aveva un piano.
 
POV
 
“Cosa vuoi ancora?”
Gli occhi di Talia, di quel blu elettrico erano esasperati e arrabbiati mentre mi fissavano.
“Tu devi darmi qualche spiegazione”
“io non ti devo dare proprio nulla, Castellan”
I capelli le si alzavano sulla testa, elettrici; era nervosa.
“Talia...”
“smettila, ti prego” la sua voce adesso era esasperata, stanca quasi...
Stanca di me.
Le avevo voluto parlare e adesso ero stato accontentato; stavamo parlando... ma io non sapevo cosa dire.
Dai, io sapevo che qualcosa c’era, ne ero certo, lo vedevo, vedevo la scintilla nei suoi occhi quando mi guardava.
Lei non poteva rifiutarmi così, io avevo fatto tutto per lei, tutto.
“tu... sembrava quasi... io ero convinto...”
“basta”
“spiegami perché?”
“Cosa c’è da spiegare?”
“oh, non saprei... non mi guardi in faccia, non mi parli, non mi calcoli nemmeno, sembra che ti faccia schifo toccarmi!... e tutto questo da quando... lo sai”
“saranno cavoli miei se voglio parlarti, guardarti o toccarti!”
“Talia, lo sai”
“che cosa so, Luke?”
“lo sai cosa provi, lo sai”
Si mise a ridere, di una risata forzata, di scherno.
“io dovrei provare qualcosa per te?”
La guardai, poteva prendere in giro tutti ma non me, la conoscevo troppo bene.
“tu PROVI qualcosa per me, Talia”
Non le piaceva, non le piaceva proprio quella situazione, lo vedevo.
Era in difficoltà, il baluginio di confusione nei suoi occhi parlava chiaro.
E per questo decise di passare all’attacco:
“sei solo un peso... tu vuoi parlare e parlare e parlare ancora... non capisci che non mi importa, io non ti voglio Luke”
No, non mi convinceva.
Non mi guardava nemmeno in faccia.
Era una brava attrice, ma con me non poteva proprio fingere.
“ti conosco, Talia, tu...”
“smettila, Luke, basta... io non ti sopporto più... cosa vuoi da me?”
“una spiegazione, dammi un perché!”
“Non ci sono perché, è così!”
“allora guardami in faccia e dimmi che non te ne importa nulla!”
Lei non alzò lo sguardo dalla sabbia in cui affondava i piedi e disse:
“di te, Luke Castellan, figlio di Hermes, non mi importa nulla.”
Tenne ,lo sguardo incollato a terra ed io mi avvicinai , fino a sollevarle il mento con un dito. Si ritrasse al mio tocco, ma io l’afferrai per le spalle tenendola ferma, fissandola dritto negli occhi e avvicinandomi fino a distinguere ogni singola lentiggine sui suoi zigomi.
“dimmi che non ti importa nulla di me, dillo adesso e ti lascerò in pace” dissi calmo, delicato quasi... ma sapevo che i miei occhi ardevano.
Lei fece vagare lo sguardo verso il mare, svicolando alla presa del mio.
Un modo di rabbia mi diede l’impulso di prendere tutto a pugni, di spaccare ogni cosa, ma mi trattenni, sfogando tutta la mia ira in quello che dissi:
“GUARDAMI, DANNAZIONE!”
Lei fissò gli occhi nei miei, irata almeno quanto me e urlò la frase più brutta che avessi mai sentito, quella che mi smontò totalmente.
“sono ancora innamorata di Jackson, va bene?!”
Allontanai le mani di scatto, come avessi preso la scossa.
Che cosa?
Non sapevo come fosse il mio sguardo, ma non doveva essere dei migliori. Per un istante i suoi occhi si allargarono, facendo entrare dentro ad essi il tutto e il niente con uno sguardo aperto dall’incredulità per la sua stessa frase.
Ma fu solo un istante, e dio nemmeno lo notai.
Poi tornò la Talia fredda e dura che tanto odiavo e tanto amavo.
Mi guardò con aria di sfida, con quegli occhi blu troppo grandi e troppo arrabbiati, troppo ostili. Mi sembrò di scivolare giù, di annegare.
E poi mi sentii imbarazzato, tanto.
Ero stato così idiota a credere che... ma ne ero certo... io avevo visto...
-sono ancora innamorata di Jackson - quelle parole mi risuonavano nella testa, infinite solo come il nulla.
Niente riusciva a colmare quel senso di vuoto.
Non ebbi nemmeno il coraggio di guardarla,girai sui tacchi e me ne andai.
Non volli vedere la sua reazione.
 
POV
 
 
 
“Luke!” mi girai di scatto, sentendomi chiamare.
Non volevo vedere nessuno, ma Annabeth mi veniva incontro a passo di marcia con gli occhi accesi di quella luce che non le vedevo da tempo nello sguardo.
Sembrava tornata viva.
Per un istante fui felice di vederla così, ma fu un istante perché poi quelle parole tornarono.
“ciao”
“Luke... devi darmi una mano”
“a fare cosa?” la guardai, incuriosito, era tipico di Annabeth andare al dunque, ma così era davvero precipitosa, o aveva qualcosa di tremendamente importante da dire o era impazzita anche lei come Clarisse, come Percy, come Talia e come me.
Lei puntò gli occhi nei miei, con quello sguardo a cui era impossibile svicolare.
Malgrado fosse più piccola di me di molto quando usava quello sguardo mi sentivo un bambino.
Già quando aveva sette anni io e Talia...
Io e Talia.
Ma perché? Perché doveva essere una parte così importante e pure così lontana da  me?
“Luke? è tutto ok?”
La guardai, ora i suoi occhi mi fissavano, indagatori e preoccupati, come quelli di una madre premurosa... la sensazione di essere piccolo sotto quello sguardo tornò-
“eh?”
“ti senti bene? Sei un po’...”
“è tutto a posto... che devi dirmi?”
Lei mi guardò un po’ restia, poi i suoi occhi tornarono ad accendersi.
Evidentemente non aveva dato molta importanza al mio sguardo da funerale.
“so perché Percy sta male”
La guardai, con tutte le cose che poteva dirmi quella era davvero l’ultima; non me l’aspettavo.
“perché?”
“Grover l’anno scorso ha instaurato un collegamento per comunicare con lui attraverso i sogni... e se uno dei due muore...”
“non dirmelo, muore anche l’altro”
Il suo sguardo si incupì di botto, ed io rimpiansi di aver parlato in modo così precipitoso, non sembrava, ma sapevo che era sensibile.
“scusa...”
“no, niente... è così comunque...”
“ma perché Percy è vivo se grover è morto? insomma, dovrebbe essere...” cercai di non usare la parola “morto”: “come il suo amico, no?”
“non so perché è vivo, ma non è l’importante...”
inarcai un sopracciglio, il vizio di Annabeth era quello di tralasciare i dettagli, occuparsi della parte generale e prendere i dettagli solo alla fine, lei alzò gli occhi al cielo, come faceva quando c’erano persone che non la capivano... negli ultimi tempi non usava più quell’espressione.
“vedi, ho un piano...”
Mi illuminai un po’ anch’io: “che piano?”
“tu prima promettimi che mi aiuterai”
“bè...”
“prometti”
Guardai Annabeth, cosa mai poteva tirar fuori da quella testa? Un’altra gita nell’ Ade, sorrisi mentalmente a quel pensiero idiota.
“prometto” dissi infine.
“bene...” puntò gli occhi nei miei: “devi accompagnarmi nell’Ade”
Mi cadde la mascella.
Proprio la cosa più assurda, mi tirava fuori.
“che vuoi fare? andare a prendere l’anima di Grover e rimettergliela nel corpo?”
Tentai di fare un po’ di umorismo, ma non convincevo nemmeno me, lei rispose, seria:
“no, scambierò la mia anima con quella di Grover”
“CHE COSA?!”
“prima di fare quella faccia ascoltami...”
“Annabeth, ma sei completamente impazzita?!”
“ragiona, Luke, è completamente...”
“è un’idiozia!”
“stavo per dire logico... tu ascoltami, se io scambio la mia anima con quella di Grover Percy sarà salvo e...”
“ma quanto sei idiota? Non ti rendi conto di quello che dici?”
“è tutto...”
“ma perché quando si parla di Jackson diventi così masochista?”
“Luke, dai, è tutto molto semplice, io sono una semidea, Ade sarà felice di fare quel piccolo scambio e ....”
Decisi che era il momento di finirla di fare il bambino e vestii i panni del fratello maggiore che ero per lei:
“non fare l’idiota, tu non ci vai”
“avevi detto che mi avresti...”
“non conoscevo la tua idea, Annabeth, non puoi pretendere che io ti accompagni a morire così!”
Cercò di ribattere ma io posi fine alla discussione con uno sguardo.
“e immagino che tu non ne abbia parlato con gli altri”
Lei mi guardò, con sguardo eloquente.
“se tu mi hai fatto la paternale così cosa credi che avrebbero fatto gli altri?”
Non c’era bisogno che rispondessi.
Lei si alzò, un po’ restia, e se ne tornò nell’altra stanza.
“Annabeth?”
“hai cambiato idea?” fece speranzosa.
Come se non sapessi che ci sarebbe andata ugualmente a fare quell’assurdo giochino con la morte.
“tu non ci andrai”
Sorrise, come a dire che avrebbe ovviamente fatto il contrario, anche se da quel sorriso traspariva la paura.
“dico sul serio, non ci andrai”
 E ne fui certo, LEI non ci sarebbe andata.
 
...quella notte...
 
-Ormai ho deciso.- mi dissi –non posso più tornare indietro... non devo tornare indietro.-
Sospirai, appoggiando la testa alla parete. la spada mi giaceva accanto, vicino alla finestra.
Dall’altra parte giaceva Talia, addormentata e inconscia di ciò che volevo fare.
-tanto non ha senso stare qui... perché dovrei farlo?-
Ci pensai seriamente, come facevo da quando Annabeth mi aveva parlato della sua idea folle, ormai.
Dovevo restare per gli dei? Per quei palloni gonfiati a cui non importava nulla dei loro figli? No
Dovevo restare per i miei amici? senza la paura che Crono volesse vendicarsi su di me stavano tutti meglio.
Dovevo restare per... lei?
No, perché lei non lo voleva, non mi voleva.
Lei voleva il suo Jackson.
Poco importava se io ero lì per lei, se io sarei morto per lei...
Lei era masochista, voleva rimanere all’ombra di Annabeth aspettando in eterno probabilmente.
Era stata molto chiara.
Quel “sono innamorata ancora di Jackson” urlatomi in faccia, quel suo sguardo fulminante... troppo, era stato troppo.
Avrei voluto urlargli che ero lì solo per lei, che lei era l’unica cosa che mi avesse convinto ad andarmene da Crono, che ogni singola cosa che facevo era solo e soltanto per lei.
Ma io avevo già urlato, però. E anche troppo.
E lei non mi aveva sentito.
A lei importava solo di Jackson, tutta quella storia degli dei era solamente una gran cazzata, gli dei lo erano.
Mi tremarono le mani dalla rabbia.
Mi riscossi appena in tempo; per un istante ero tornato il vecchio Luke.
Percy era mio amico, non potevo assecondare l’impulso di tagliargli le gambe, insomma era Talia quella innamorata, lui cosa poteva farci?
Eppure non potevo pensare a lui con una punta di gelosia.
Ma cos’aveva lui più di me?
Guardai Talia, stretta nella coperta, il viso appena illuminato dalla luna, le palpebre serrate e le sopracciglia aggrottate, con un’espressione irata anche nel sonno.
-tanto non ti importa nulla di me, l’hai detto tu che sono un peso, no? che sono sempre lì a voler parlare e parlare, che non te ne importa nulla.
Che differenza potrà mai farti?-
Mi sentivo idiota ad aver creduto che... per un momento ci avevo davvero sperato.
Avevo sperato in noi.
Per un momento, poi ho visto com’eri... com’eri... distante.
Ecco, distante era la parola perfetta.
Eri distante da me, da quello che provavo... lontanissima da quello che credevo essere...un qualcosa, un sentimento... un po’ di affetto.
Era troppo chiederlo?
-Ma ok, sei accontentata, me ne vado, sparisco, così è meglio per te vero? Ti ho reso al vita più facile, Talia?-
Dicono che la gente non può cambiare, io ero addirittura rinato per te.
Tu avevi rovinato tutto.
Tutto.
Dormi tranquilla, al tuo risveglio non mi troverai qui.
Era questo che avevi chiesto, no?
 
 
 
  

   
 
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