Capitolo
15
Aprii
lentamente gli occhi e
dovetti sforzarli parecchio prima che riuscissi a mettere bene a fuoco
ciò che
mi circondava.
Mi faceva malissimo la testa, su
cui mi portai una mano, e avevo anche diversi dolori alla schiena.
Pian
piano gli ultimi ricordi che
avevo mi tornarono alla mente e mi si inumidirono subito gli occhi,
ripensando
ad Alessandro.
Perché aveva voluto rischiare in
quel modo la sua vita? Perché io gliel’avevo
permesso?
Mi
sedetti sulla sabbia e posai
la schiena contro la roccia nuda alle mie spalle. Ascoltai il silenzio
della
grotta, concentrandomi sul respiro del mare che veniva da fuori, ed
alzai gli
occhi verso la fessura che faceva filtrare all’interno la
luce rosata del
tramonto e attraverso la quale si poteva vedere uno scorcio di cielo.
Non
mi preoccupai per l’assenza
di Fiore, probabilmente mi odiava ancora e non voleva vedermi.
Piuttosto,
cercai di trovare un’uscita, visto che era evidente che non
si poteva usare il
tunnel.
Sperando che Fiore non si
offendesse, nel frattempo misi qualcosa sotto i denti attingendo dalle
loro
provviste.
Alla
fine trovai uno stretto
passaggio, nascosto dietro una delle nicchie della grotta, dal quale
uscii
gattonando. Mi ritrovai proprio al di là della parete, di
fronte al mare
illuminato dalla palla infuocata che vi stava affondando.
Mi tolsi le scarpe e camminai in
riva al mare, pucciando i piedi nell’acqua. Riflettei su
quello che potevo
ancora fare e tutto sommato non vidi altre alternative alla folle idea
di
intrufolarmi nella casa-labirinto della vecchia strega per almeno
tentare di
salvare Nick, Joe e Kevin.
***
Ale
percorse il vialetto con
passo svelto e bussò alla porta. La mamma di Ary le
andò ad aprire e dalla sua
espressione lugubre capì subito che la sua migliore amica
doveva aver fatto
qualche enorme cazzata, come andare nell’altra dimensione e
rimanerci.
L’aveva subito sospettato, quando
non l’aveva vista a scuola quel giorno e il fatto che non
sapesse nemmeno come
fosse andato l’esperimento con Alessandro non la
tranquillizzava per niente.
Entrò
in casa e vide Davide
seduto sul divano, col viso sciupato e gli occhi rossi: aveva pianto,
forse
confessando tutto alla madre.
«Se
stai cercando Arianna», disse
la donna, dopo aver chiuso la porta di casa, «stai sprecando
il tuo tempo: qui
non c’è.»
«Dov’è?»,
chiese con voce
tremante.
«Nell’altra
dimensione. È là da
stamattina da quello che ho capito. Non ha fatto altro che andarci per
tutto
questo tempo, nonostante le avessi detto di non andarci
più!», strillò su tutte
le furie, ma poi scoppiò in un pianto colmo di dolore che
fece star male la
ragazza, che cercò lo sguardo del ragazzino, altrettanto
ferito.
Davide
però trovò la forza per
schiarirsi la voce e dirle: «L’esperimento che
abbiamo tentato è andato male:
Alessandro non è arrivato qui con lei e… quando
l’ha capito se n’è subito
andata, piangendo. Da allora non l’ho più
vista.»
«Cosa
credi che abbia intenzione
di fare?», mormorò, preoccupatissima.
«Non
ha più niente da tentare,
l’unica cosa che può ancora provare a fare
è salvare i Jonas da sola e con le
sue forze. Secondo me è questo che farà. Ma non
può farcela, non contro quella
strega…»
«Dobbiamo
andare da lei, allora!»,
gridò Ale, con le lacrime agli occhi. Perché
Davide era ancora lì? Perché non
era già andato a fermarla?
La
risposta le arrivò subito
dopo, dalla madre dei due fratelli, che la guardò
terrorizzata ed adirata: «No!»,
urlò. «No, no, no! Non perderò anche
Davide! Non andrà nell’altra dimensione!»
«E
con questo lei sta dicendo che
ha intenzione di abbandonare sua figlia?!»,
ribatté Ale, facendola ammutolire,
mentre il suo volto si accartocciava dalla sofferenza. «So
che ha paura e che
non vuole che i suoi figli si facciano del male, ma… so
anche che non
lascerebbe mai Ary da sola. Loro hanno dei doni, possono salvare tanta
gente,
ma… deve lasciarglielo fare e adesso deve permettere a
Davide di portarci da
lei.»
«Portarci?»,
mormorò il
ragazzino, confuso. «Non avrai intenzione di venire anche tu,
vero?»
«Stai
scherzando? Certo che
vengo! È la mia migliore amica!»
La
donna guardò prima l’uno, poi
l’altra e disse: «Vengo anche io. Non
lascerò soli i miei figli, per nulla al
mondo.»
***
Ricordavo
bene la prima volta in
cui ero entrata nella casa di quella megera e durante la mia breve
permanenza
avevo visto parecchie cose. Ritrovai uno dei vari passaggi segreti che
permettevano di entrare ed appena fui dentro provai una strana
sensazione: era
normale sentirsi in trappola, ma all’idea che me la fossi
andata a cercare mi
sentivo super in trappola.
Camminai
con cautela lungo i
corridoi semibui, facendo scorrere la mano sulle pareti.
C’era fin troppo
silenzio e i miei passi di conseguenza mi sembravano fin troppo
rumorosi.
Pensai che quella vecchia avrebbe
potuto benissimo avere delle segrete sotterranee dove poter tenere i
prigionieri. Dovevo assolutamente raggiungerle, se c’erano.
L’ultimo
passo che feci produsse
un rumore strano sul pavimento, come una specie di
“click”. Sollevai il piede
destro e vidi un piccolo bottone, che avevo inavvertitamente
schiacciato.
Chiusi gli occhi, respirando pesantemente, ma non accadde nulla intorno
a me:
nessuna botola, né trappola di alcun tipo, nessun allarme.
Nonostante tutto incominciai a
camminare più veloce, col cuore che mi rimbombava nelle
orecchie.
Girai
l’angolo e trasalii quando
mi scontrai contro qualcuno. Alzai il viso e vidi Charlotte, la
cheerleader dai
capelli rossi. Ci scrutammo in silenzio, entrambe sorprese, senza
sapere cosa
fare.
«Beh?»,
domandai in un sussurro.
Lei
fece una smorfia e si portò i
capelli su un’unica spalla. «Devi andartene da qui,
sei stata piuttosto stupida
a venire da sola.»
«Non…
non hai intenzione di
catturarmi?», chiesi, scioccata. Non aveva mai avuto
un’opportunità del genere,
perché se la stava facendo scappare? Perché mi
stava dando la possibilità di
andarmene? La sua espressione assorta ed arrendevole mi
spiegò tutto, o quasi.
«Dimmi soltanto dov’è Nick»,
mormorai, azzardandomi a sfiorarle una mano, con sguardo
compassionevole.
«Non
posso», rispose trattenendo
le lacrime. «Ora vattene, fai presto! Prima
che…»
«Charlotte!
Charlotte, ma che…?!»
Entrambe ci girammo verso la fine
del corridoio e sobbalzammo vedendo la cheerleader bionda e quella mora.
«Stupida»,
mi ringhiò contro la
rossa e mi tirò uno schiaffo, poi mi spinse indicandomi la
strada che dovevo
prendere per sfuggire alle due cattive della situazione.
Le
gettai un ultimo sguardo e la
ringraziai mentalmente prima di correre via.
Non ero arrabbiata per quello
schiaffo, infondo potevo capirla – anche lei era veramente
innamorata di Nick –
e poi l’aveva fatto per non esporsi troppo di fronte alle sue
due amiche: che
cosa avrebbero detto, se mi avesse lasciata scappare senza nemmeno
toccarmi?
Andai
nella direzione indicatami
da Charlotte, sentendo dietro di me i passi e le voci delle tre che mi
rincorrevano. Corsi più veloce che potei, ma ad un certo
punto fui costretta a
rallentare a causa di un bivio. Mi guardai alle spalle, alla ricerca
dello
sguardo di Charlotte, ma non lo trovai abbastanza in fretta, quindi
andai a
caso: svoltai a destra e in lontananza sentii la sua voce gridare un
“No!”, ma
ormai era troppo tardi: aprii la porta che si stagliava di fronte ed
andai a
sbattere contro un ragazzo alto e grasso, un armadio, col viso
deformato e
delle catene ai piedi.
Provai a fuggire, ma lui ci mise
poco o niente a sollevarmi da terra e a caricarmi sulla sua spalla,
nonostante
mi dimenassi con tutte le mie forze.
Le
cheerleader ci raggiunsero e
si congratularono con lo scagnozzo prediletto della vecchia, poi mi
azzittirono
imbavagliandomi e mi portarono nella sala principale della casa, quella
che
sembrava proprio una sala del trono.
Appena vidi la vecchia alzarsi e
venirci incontro con lo sguardo acceso di folle felicità, mi
venne il
voltastomaco. Ordinò con la sua voce stridula di togliermi
la bandana dalla
bocca e al suo scagnozzo di lasciarmi andare.
Caddi a terra ai suoi piedi e mi
feci ancora male al ginocchio, ma non mi tirai di certo indietro quando
dovetti
sollevare il viso per poterla guardare con odio e disprezzo.
«Sapevo
che prima o poi saresti
venuta a salvare i tuoi amichetti», mi disse, iniziando a
ridere sguaiatamente,
in un modo a dir poco insopportabile. «Ed ora eccoti qua! Non
ti preoccupare
per loro, stanno benone!»
«Devi
lasciarli andare»,
ringhiai. «È me che vuoi, no? Loro che cosa
c’entrano?»
«Oh,
bambina… non si sa mai a
cosa potrebbero servirmi. Ma ora basta parlare, mettiamoci subito al
lavoro! Al
laboratorio!»
L’armadio
al comando della sua padrona
mi ricaricò sulla sua spalla e mi portò nel
laboratorio, appunto, al seguito
della vecchia e delle tre cheerleader. Charlotte voltò il
capo e per un momento
brevissimo i nostri sguardi si incontrarono.
Una
volta nel laboratorio, mi
fecero sedere su una specie di sedia elettrica per farmi degli
esperimenti ed
estrapolare dal mio corpo il mio dono. Mi attaccarono alla sedia con
delle
speciali manette e sulla testa mi infilarono un casco che prese subito
aderenza
alla mia fronte, come una ventosa.
«Ora
tutto quello che devi fare è
desiderare di andartene da qui», sogghignò la
vecchia.
«Non
ho paura, non farò proprio
nulla per aiutarti», risposi stringendo i denti.
«Oh,
vedrai che lo farai, lo
farai…» Diede un comando a un paio di scienziati,
tra cui ne riconobbi alcuni
che prima erano stati gli scienziati dei Jonas, e quasi immediatamente
venni
tramortita da delle scosse, ma resistetti.
«Non
molli, eh? Allora mi sa
proprio che ci toccherà aumentare la
carica…»
Lo
fecero, lo fecero eccome e
quella volta gridai fino alla sfinimento. Il dolore era così
forte che anche se
non volevo agevolarla in alcun modo, avevo iniziato a desiderare di
teletrasportarmi via da lì, via da quella sofferenza. Lo
feci del tutto
inconsciamente, anzi era come se la mia mente avesse agito per la sua
difesa, e
me ne accorsi soltanto perché i computer degli scienziati
avevano iniziato ad
impazzire sotto i loro occhi sconcertati.
«Che
cosa sta succedendo?! Perché
fanno così?! Fate qualcosa!», gridò la
vecchia megera, gettandomi occhiate
spaventate.
Allora
capii: i computer non
erano in grado di reggere la potenza del mio dono, impazzivano ed
esplodevano,
quindi… se volevano che mostrassi loro tutte le mie
capacità, perché non farlo?
Strinsi
i pugni e pensai più
intensamente che potei di teletrasportarmi in camera mia, a casa.
Ottenni il
risultato sperato, infatti i computer andarono tutti in palla e poco
dopo si
spensero, non dando più segnali di vita; così
accadde anche al macchinario che
mi dava la scossa. Quando essa cessò, mi accasciai sulla
sedia, stremata, e
piansi, piansi senza un motivo ben preciso.
«Ah,
siete degli incapaci!»,
inveì la vecchia contro gli scienziati. «E lei,
portatela assieme ai suoi amici
a schiarirsi la mente! Non abbiamo affatto finito qui!» Mi
guardò con astio e
se andò.
Uno
scienziato mi liberò dalla
sedia elettrica e mi infilò ai polsi un altro strano tipo di
manette, che mi arrossarono la pelle. Poi il solito scagnozzo
mi caricò sulla sua spalla e
con passi lenti e pesanti mi portò via. Prima di uscire dal
laboratorio
incontrai lo sguardo di Charlotte, quasi in lacrime, che
abbassò subito il
viso, come mortificata.
Avrei voluto dirle che non era
colpa sua, che non lo era affatto, ma i miei occhi si chiusero senza
che nemmeno
potessi rendermene conto.
***
Aprii
gli occhi lentamente, con
estrema fatica nonostante il luogo buio in cui mi trovavo, svegliata da
tenere
carezze sui capelli.
Con un verso lamentoso – il
dolore provocato dalle scosse e da tutto il resto si faceva sentire ora
più che
mai – portai una mano su quella che mi accarezzava i capelli
e ne accarezzai il
dorso con il pollice, cercando di capire di chi fosse.
«Ary…
Ary, sei sveglia?»
Il
mio cuore sobbalzò all’udire
la sua voce. «Nick…», soffiai,
incredula.
Mi
voltai sul materasso duro su
cui ero sdraiata e guardai il suo viso sciupato sopra al mio, glielo
presi fra
le mani – coi polsi ancora incatenati – e lo
accarezzai, mentre calde lacrime
che scivolavano sulle guance. Avevo avuto così paura per
lui, ero stata così in
pensiero… ed ora eravamo insieme, anche se in una cella. La
mia felicità in
quel momento era troppo forte da sostenere, tanto che avevo bisogno di
piangere.
«Sono
qui, sono qui», mi sussurrò
per cercare di calmarmi, accarezzandomi ancora i capelli.
Mi baciò, prima con
soffici baci a fior di labbra, poi approfondendo sempre di
più, tanto da farci
mancare il respiro.
Avrei
voluto che non smettesse
mai, ma a causa della mia debolezza fu costretto a scostarsi e a
lasciarmi
riposare.
«Che cosa ti hanno fatto, amore
mio», sussurrò sulla mia pelle, mentre continuava
a coccolarmi con i suoi baci.
Rabbrividii,
non solo per ciò che
mi faceva provare sul lato fisico, ma perché era la prima
volta che mi chiamava
in quel modo. Io ero il suo amore…
Mi
strinsi a lui e caddi di nuovo
addormentata sotto le sue carezze, col cuore sinceramente
più leggero ora che
avevo la certezza che stesse bene e fosse al mio fianco.
Quando mi svegliai di nuovo,
lui
era ancora al mio fianco, ma quella volta era seduto sul bordo del
letto, che
mi dava le spalle e parlava con Joe e Kevin. (C’erano anche
loro, non li avevo
proprio notati prima). Discutevano su come avrebbero potuto uscire da
lì, ma
non sembravano molto ottimisti.
Toccai
la schiena di Nick e lui
si voltò, sorridendomi dolcemente.
«Ciao»,
mi sussurrò, baciandomi a
stampo sulle labbra.
Avevo
così tanta voglia di lui, dei suoi baci, che molto
goffamente portai le mani unite dalle manette dietro la sua nuca per
trattenerlo lì, ad un soffio dalle mie labbra, che
accarezzava con le sue
mentre parlavamo, facendomi scorrere mille piacevoli scosse lungo tutto
il
corpo.
«Vi
porterò fuori da qui»,
mormorai a fatica, socchiudendo gli occhi.
«E
come pensi di fare?»
«Col
mio dono… ho scoperto che
posso teletrasportami anche da un luogo all’altro nella
stessa dimensione.
Guarda, ti faccio vedere…» Provai a
teletrasportarmi dall’altra parte della
piccola cella, ma appena ci provai le manette che avevo ai polsi mi
diedero la
scossa, impedendomelo.
«Ary,
Ary stai bene?», mi chiese
Nick preoccupato, accarezzandomi il viso stropicciato in una smorfia di
dolore.
«Sì»,
gracchiai. «È pazzesco che
sia riuscita a trovare un metodo per fermare il dono… Sono
completamente
inutile così.»
«Non
fa niente, amore», sorrise. «Vedrai
che troveremo un modo per uscire da qui.»
«Già,
non disperare», disse
Kevin, sporgendosi dal suo letto, sopra al nostro.
«Io
mi dispero eccome, invece. È
da cinque giorni che non mi faccio una doccia, ho i capelli che sono un
disastro!», piagnucolò invece Joe, rannicchiato su
una piccola branda attaccata
alla parete.
Arricciai
le labbra e trattenni
una risata divertita. «È bello rivedervi ragazzi,
mi siete mancati.»
Riuscii a
strappare un sorriso persino al disperato Joe.
Qualche
minuto dopo sentimmo la
parte inferiore della porta aprirsi, da cui una delle cheerleader fece
passare
un paio di vassoi con la nostra cena, o pranzo – avevo perso
la concezione del
tempo.
Non
mangiai molto, solo un po’ di
pane, ma in compenso bevvi tantissimo. Con lo stomaco pieno
d’acqua tornai
sdraiata sul letto e chiusi gli occhi, chiedendo che ore fossero.
«Penso
sia notte, perché fa più
freddo», mi rispose Nick.
«Sì,
in effetti è un po’ più
fresco…», constatai con sguardo malizioso e lui
capì al volo che volevo che
qualcuno mi riscaldasse, così si sdraiò quasi
sopra di me e mi strinse forte,
iniziando a baciarmi il viso.
«Ecco,
ora quei due fanno i
piccioncini e ciao», brontolò Joe.
«Girati
e dormi», lo rimproverò
Kevin, quella volta dalla nostra parte. Joe eseguì,
borbottando qualcosa di
incomprensibile.
Non
passò molto tempo prima che
gli altri due Jonas si addormentassero ed intorno a noi calasse il
silenzio. Io
e Nick ci guardammo negli occhi per diversi istanti ed ero certa che
entrambi
sentivamo la sensazione di avere il cuore gonfio e sazio, anche se
l’amore non
ci bastava mai.
Improvvisamente
Nick si fece più
serio, quasi inquieto, e smise di accarezzarmi i capelli con la mano.
«C’è
qualcosa che non va?», gli
chiesi a bassa voce, per far sì che Joe e Kevin non si
svegliassero.
«No,
io… Ti amo, Ary.»
Il
mio cuore scoppiò nella cassa
toracica. Che cosa aveva detto?
La mia espressione incredula lo
fece ridere a bassa voce, contro la pelle del mio collo, dove
lasciò anche
soffici baci.
«Era
questo che volevo dirti da
un po’, non riuscendoci mai. Dovevamo proprio essere
imprigionati per avere un
po’ di silenzio e di tranquillità»,
ridacchiò ancora, poi mi guardò negli occhi
e continuò: «Però non pensavo di
sconvolgerti tanto…»
«Io,
ecco… non me l’aspettavo,
tutto qui», balbettai arrossendo, col buio dalla mia parte.
Notai
l’espressione un po’ delusa
di Nick e sorrisi, prendendogli il viso fra le mani ed avvicinandolo al
mio, ad
un soffio dalle mie labbra, per poter fondere i miei occhi con i suoi.
«Ti amo anche io, Nick. Tu non
puoi immaginare quanto.»
Lui
socchiuse gli occhi colmi di
dolcezza e di amore e mi baciò stringendomi forte a lui.
Come
era già capitato altre
volte, lo sentii ovunque e pensai che l’unica cosa che volevo
veramente era
sentirlo mio in tutti i sensi, ma…
Cercai la sua mano destra e
sfiorai il suo anello della purezza, lui mi strinse le dita nelle sue e
si
sollevò per guardarmi in viso. Evitai il suo sguardo,
chiudendo gli occhi e
girando il volto dall’altra parte.
«A
che cosa stai pensando, Ary?»,
mi chiese con tono pacato.
«Tu…
tu non vorresti… insomma…»
«Fare
l’amore con te?» Mi prese
il mento fra le dita e mi costrinse a guardarlo negli occhi: sorrideva
dolcemente, tutto sul suo viso esprimeva una dolcezza infinita, tanto
che mi
sentii piccola e stupida in confronto a lui.
«Scusami»,
dissi subito, come per
rimediare alla mia stupidità. «Ti sarò
sembrata così… superficiale. Non voglio
sembrarti quel tipo di ragazza, ma io… io ti sento, ti amo
e…»
Mi
azzittì portando un dito sulle
mie labbra. «È la cosa che voglio di
più al mondo», sussurrò. «Tu
sei ciò che voglio di più al mondo.»
«E
allora perché non…?», lasciai
in sospeso la frase, in imbarazzo, e gli presi la mano destra fra le
mie.
«Non
posso, Ary…», sospirò.
«Quando
tutto sarà finito e saremo di nuovo nella nostra dimensione
ci sposeremo e…»
«Frena,
frena, frena», lo fermai
posando le mani sul suo petto, con gli occhi sgranati. «Sono
troppo giovane per
sposarmi, ho appena diciott’anni, tu diciannove!
Non è un po’… presto?!»
Nick
tentennò e si lasciò cadere
sdraiato al mio fianco. Rimase in silenzio a guardare la rete del letto
sopra
al nostro, con sguardo assorto e la fronte leggermente increspata.
Io
mi voltai verso di lui,
addirittura gli salii sopra per guardarlo negli occhi, e gli accarezzai
un
ricciolo che gli cadeva sulla fronte.
«Io ti amo davvero, Nick. Farei
di tutto per te, forse pensandoci bene potrei anche fare la pazzia di
sposarti,
perché non voglio in nessun modo rischiare di perderti.
Scusa se sono stata
troppo brusca prima, ma forse io non ho così tanta fede come
te.»
All’improvviso
ricambiò lo
sguardo e si avventò sulle mie labbra.
***
Charlotte,
seduta vicina alle sue
due inseparabili amiche, guardava la vecchia strega fare avanti e
indietro di
fronte a loro, che sbraitava contro quegli “scienziati da
strapazzo”, come li
chiamava lei.
«La
prossima volta non deve
accadere nulla di tutto questo, ci siamo capiti bene?!»
Charlotte
rabbrividì a quelle
parole. Ci sarebbe stata un’altra volta? Avrebbe dovuto
assistere mentre
torturavano ancora una volta quella povera ragazza?
Era
vero, lei le aveva rubato
l’amore della sua vita – Nick – ma non
poteva davvero sopportare tutto quello.
Inoltre, sapeva che anche Nick l’amava, quei due erano fatti
apposta per stare
insieme… perché doveva distruggere la loro
felicità, quando lei non ne avrebbe
tratto un bel nulla? Nick non l’amava, non
l’avrebbe mai amata… e l’unica cosa
che poteva fare era preservare la sua felicità, far
sì che almeno lui fosse
felice, per quanto fosse difficile e doloroso.
Cause I'd rather just be
alone
If I know that I can't have you
Doveva
fare qualcosa,
assolutamente. Ma che cosa?
Un
flash le attraversò la mente,
facendole ricordare il nascondiglio in cui la vecchia teneva tutte le
chiavi
delle celle sotterranee. Non sarebbe stato facile prenderle, ma almeno
ci
avrebbe provato, lo avrebbe fatto per Nick.
Per quanto riguardava le chiavi
delle strane manette che avevano messo alla ragazza, sapeva che erano
gli
scienziati ad averle. Sarebbe stato molto più facile
ottenere quelle: sarebbe
bastato ricordare agli scienziati che erano stati amici dei Jonas
Brothers e
punzecchiare i loro sensi di colpa verso quella povera ragazza che
stavano
torturando inutilmente sotto i folli ordini di quella pazza.
«A
che cosa stai pensando,
Charlotte?», le domandò la cheerleader bionda.
La
rossa osservò le sue due
amiche ed accennò un sorriso, pensando alla loro fortissima
amicizia: era certa
che non l’avrebbero abbandonata, se gli avesse spiegato il
suo piano.
I know I was such a fool
But I can't live without you
***
Davide
si mise nel centro esatto
del salotto, circondato da Ale, mamma e papà –
anche lui aveva voluto
aggregarsi alla campagna di salvataggio – e fece un respiro
profondo.
«Siete
pronti?», chiese.
Loro
annuirono e posarono le mani
sulle sue braccia per essere teletrasportati con lui
nell’altra dimensione, ma
proprio un momento prima di partire qualcuno suonò al
campanello.
Mamma
lasciò giù il suo zaino da
campeggio ed andò ad aprire, chiedendo chi fosse. Si
trovò di fronte una ragazza
ed un ragazzo: la prima la riconobbe subito, era la bambina che aveva
visto
scomparire di fronte ai suoi occhi la prima volta e che aveva dato vita
alla
sua passione quasi ossessione per quel fenomeno così anomalo.
«Salve
signora», la salutò con un
sorriso cauto sulle labbra, sistemandosi i capelli corti dietro le
orecchie. «Lei
è la madre di Arianna, vero?»
«Sì,
ma… non è qui», balbettò.
«Già,
lo immaginavo», mormorò,
abbassando il capo, dispiaciuta.
Davide
raggiunse la madre e
guardò il ragazzo accanto alla giovane. Lo indicò
a bocca aperta e il ragazzo
dalla pelle caffèlatte sorrise in modo solare.
«Tu
devi essere Davide, vero?»,
gli chiese, ridacchiando. «Somigli molto a tua
sorella.»
«A-Alessandro?»
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Tadada-dàààn
xD
Spero di non avervi fatto aspettare troppo e che il capitolo vi sia
piaciuto (:
Ci sono un po' di cose in sospeso, spero che me ne parliate un po' con
delle recensioni! ** Sono impaziente di sentire le vostre opinioni ;)
La canzone che ho usato è Can’t have you,
dei Jonas Brothers e... credo di aver detto tutto xD
Ringrazio di cuore music__dreamer che
ha lasciato una recensione allo scorso capitolo e ringrazio anche tutti
quelli che hanno soltanto letto (:
Alla prossima!! Vostra,
_Pulse_