La Vita Nova.
Capitolo XX - Parte
I
Rosette bussò alla porta, ma non aspettò che qualcuno le desse il
permesso di entrare. Sapeva bene che la ragazza non stava dormendo, ed infatti la trovò accanto alla finestra, immobile come
l’aveva lasciata solo un’ora prima, il piccolo Dante placidamente addormentato
sul suo grembo. «Te ho portato un po’ di the caldo, chica.»
Phénix si voltò a
guardarla come se si fosse appena svegliata da un lungo sonno e le sorrise
debolmente. «Grazie, Rosette, sei un angelo.»
Le
guance paffute della donna s’imporporarono velocemente, facendo sorridere più
apertamente la zingara. «Sai, me
dispiace per quello che è successo. Al Monsieur e
tutto quanto.»
«Dispiace anche a
me e spero che tutto possa sistemarsi per il meglio.»
Phénix si scaldò le mani con la tazza fumante che la domestica le porse e
abbassò lo sguardo. «Forse se me ne andassi davvero
eviterei di portare i miei soliti guai.»
«Andare?
Non scherzare, pazza! E dove vorresti andare, dimme!», borbottò la donna, contrariata. Vedere
quella ragazzina andarsene ancora una volta era l’ultima cosa che avrebbe
voluto.
«Non
so, pensavo su al nord, lungo la costa. Sai, non ho mai visto il mare.»
«E tornare ad essere una vagabonda? Non farme
ridere, chica.»
Phénix poggiò il
capo contro la parete e guardò tristemente la sagoma dell’Opera. «Gli ho gridato di odiarlo... con che coraggio potrei
rimanere qui? Se solo non l’avessi mai incontrato...»
«Non dire
sciocchezze, Phénix.», l’ammonì la voce di madame Giry
che entrò in quel momento, con una busta in mano che entrambe conoscevano bene.
«Come stai?», le chiese, mentre ringraziava con lo sguardo Rosette che lasciava
la stanza.
Quella si strinse
nelle spalle. «Mi sento vuota.»
Claire strinse le
labbra, preoccupata. «E fisicamente? Hai continuato a
prendere la medicina che monsieur Faucon ti aveva
prescritto?»
Phénix annuì. «Mi è passato completamente tutto. Non avevo niente di
grave, vero?»
«È
così, ma credimi, Erik, io e Faucon abbiamo agito in buona fede. Lui
sapeva che non avresti accettato a farti visitare se non fosse stato niente di
grave.»
«Come sempre lui ha la soluzione a tutto.», commentò
la zingara, con un amaro sorriso. «C’è altro che dovrei sapere e che mi avete
tenuto nascosto?»
La ragazza, vedendo
che la donna non accennava a rispondere, guardò insistentemente la lettera in
cui spiccava ancora il teschio nella ceralacca rossa e Claire se ne accorse,
perché gliela porse. «Mi sembra che sia giunto il
momento che tu la legga. Un po’ tardi, in effetti, ma è un tuo diritto. Qui c’è
scritto tutto quello che devi sapere.»
Phénix rabbrividì
al contatto con la carta ruvida ed ingiallita. La
rigirò tra le mani, indecisa e nel contempo curiosa di
leggerla, anche se sapeva benissimo cosa potesse contenere.
«Comunque monsieur Faucon dice che si riprenderà presto, grazie al
cielo.», continuò Claire. «In questa settimana è riuscito anche ad alzarsi,
nonostante il medico gliel’avesse vietato.» La donna
sorrise, al solo pensiero. «Ora ti lascio alla lettura, se hai bisogno chiamami.»
La ragazza posò la
tazza di the e aprì con una certa impazienza la lettera, scoprendo quattro
fogli scritti da una grafia elegante e regolare. Fortuna sua che Erik le aveva
dato lezioni e che, nonostante qualche tentennamento, riuscisse a leggere,
altrimenti avrebbe dovuto chiedere l’aiuto di qualcuno. Iniziò a scorrere gli
occhi tra quelle parole che le riportarono alla mente la dolcezza e la potenza
di quella voce che l’aveva ammaliata dal primo momento e che avrebbe voluto
sentire ancora una volta, almeno per un addio.
“Claire, amica mia,
torno ad inquietare la tua vita dopo
settimane di silenzi, dopo settimane di freddo. Ma non
lo faccio per me, questa volta non chiederò il tuo aiuto per nascondermi o per
consegnare qualche missiva. Vorrei solo che facessi un favore ad un tuo vecchio amico che vorrebbe perdonarti per la tua
mancanza di lucidità e sono più che sicuro che accetterai, dopo aver letto
queste righe.
È successo un fatto che mi ha sconvolto, che ha riacceso in me i sensi
di colpa ma anche una tremenda voglia di ricominciare daccapo, per rimediare ai
miei errori. Forse tu non ricordi, o forse lo ignori proprio, che qualche
giorno dopo il nostro primo incontro vennero
giustiziati due zingari per l’omicidio del mio aguzzino. Ebbene, quei due erano
genitori di una bambina splendida, le uniche due persone che non avevano mai osato
alzare le mani contro di me o insultarmi per il mio aspetto. Forse perché anche
la loro bambina era in qualche modo diversa… Capelli rossi come il fuoco, due occhi
verde smeraldo così grandi ed intensi che ancora
ricordo la prima volta che li vidi. Questa piccola creatura è cresciuta orfana,
per causa mia, e guarda tu se il fato non doveva giocarmi l’ultimo scherzo,
l’ho incontrata proprio ieri. Mi ha offerto il suo aiuto, il suo cibo ed il suo letto senza pormi domande scomode e io, quando mi
ha raccontato dei suoi genitori, non ho avuto il coraggio di dirle chi fossi in
realtà. Avevo davanti l’ennesima persona a cui avevo
rovinato la vita e che per giunta mi aveva trattato come se fossi un uomo
normale.
Questa mattina, però, è rientrata nel suo umile mulino proprio quando
io stavo per lasciarlo e mi ha ordinato di andare via, perché aveva scoperto
chi fossi... Il Fantasma dell’Opera. Non saprei dirti
se mi abbia fatto più male sapere che mi stesse respingendo solo perché mi
conosceva per sentito dire o per il fatto che la
verità più importante non l’avesse ancora scoperta. Fatto sta che mi sono
allontanato da lei, ma evidentemente qualcosa mi tratteneva ancora. Ho notato
due uomini che la stavano spiando e son rimasto nascosto tutto il giorno,
aspettando che succedesse qualcosa.
Quando la ragazza è tornata al mulino, questa sera, l’hanno aggredita e io non son riuscito a rimanere con le mani in mano. Sì,
Claire, li ho uccisi, entrambi. Se non l’avessi fatto avrebbero anche potuto violarla, o tornare il giorno
dopo armati delle più pessime intenzioni.
Ora sono qui, a scriverti, perché la ragazza ha accettato il mio
aiuto, nonostante all’inizio fosse restia, e ti
chiedo, Claire, ti chiedo di ospitarla in casa tua per qualche tempo. Si chiama
Phénix e capirai bene il perché di questo nome. È sola e ora rischia di essere
invischiata in una situazione più grande di lei, con l’omicidio di quei due
disgraziati. Mi pare superfluo dirti che non devi raccontarle niente del nostro
incontro, né della storia sui suoi genitori.
Ti do qualche piccola dritta per evitare possibili problemi: non
voglio assolutamente che lasci la casa
da sola e in piena notte. Se dovesse capitare che esca durante il giorno, falle indossare
un copricapo che le nasconda i capelli. Sarà meno riconoscibile. Quando la
presenterai a qualcuno dì che si chiamerà Sophie Rembrant, o quello che
preferisce. Il suo nome può essere pericoloso. Inoltre esigo che venga trattata come una persona di famiglia e che le trovi
un lavoro sicuro, in modo tale che non ti pesi sulle spalle.
Ho grandi progetti
per lei, ma dovrai fare esattamente quello che dico. Ho intenzione di
finanziare il restauro del mio Teatro per rimediare al mio errore e voglio
mettere su un’ottima orchestra che possa essere all’altezza dei miei desideri.
Voglio scrivere un’opera, Claire, l’opera della mia
vita, l’opera che racconterà a tutti chi sono stato, il mio dolore, la loro
ipocrisia. E voglio che Phénix vi partecipi come colei che mi ha salvato. So
che quello che sto per dirti ti lascerà sgomenta, ma non voglio assolutamente
che tu ti intrometta nei miei progetti. Dovrai promettermelo, amica mia.
Perché dopo la fine
della mia opera, “
Mi farò sentire
appena possibile, sempre che non mi ammazzino prima. In quel caso non
preoccupatevi di aprirmi una porta, attraverserò i muri. Anche
se lo faccio da tutta una vita.
Mi raccomando,
Claire, te lo ripeto ancora una volta: quella ragazza non deve mai venire a conoscenza del mio passato e di come mi hai fatto
fuggire dal suo gruppo. Se dovesse fare qualche domanda in proposito
inventati qualcosa, so che in queste cose sei molto brava.
Te lo chiedo per
favore, in segno della nostra vecchia amicizia.
Erik.”
Quando
Phénix finì di leggere era letteralmente senza fiato.
E non solo per il dolore che trasudava da ogni singola parola, ma per le
intenzioni di Erik, quelle che non le aveva mai riferito, perché si trattava di
una sorpresa. Si sarebbe ucciso, ecco qual era la sorpresa!
Si precipitò fuori
dalla sua camera e raggiunse Madame Giry in quella di
Meg, tremando al solo pensiero di quello che Erik avrebbe potuto fare. «Voi
sapevate le sue intenzioni e non lo avete mai fermato?», chiese
sbalordita e impaurita, mentre la donna sospirava.
«Piccola
mia, conosci bene il caratteraccio di Erik e sai meglio di me che quando
decide una cosa è difficile che cambi idea.», le rispose con calma, sebbene
Phénix notò una nota di tristezza nella sua voce. «Non
credere che non gli abbia parlato della questione, che non abbia provato a
farlo ragionare. Ma non ci sono santi che reggano davanti alla sua ottusità!»
Phénix si morse un
labbro, stringendo ancora la lettera tra le mani. «E
se avesse cambiato idea? Magari non vi ha detto niente.»
Sciocca,
perché avrebbe dovuto cambiare idea? Per lei, forse? Le aveva promesso di non
lasciarla mai, qualsiasi cosa fosse accaduta, eppure ora non poteva più esserne
sicura, non dopo quello che era successo.
«So
cosa stai pensando, Phénix, e credo che un mese fa fosse del tutto convinto che
desiderare la morte fosse l’ultimo dei suoi pensieri. Ora spetta a te
riportarlo sulla via giusta, solo a te.» Claire le
sorrise ma si sorprese non poco quando la ragazza le finì tra le braccia,
includendo in quell’intimo gesto anche Meg che rideva sollevata per la
ritrovata amica.
«Grazie, grazie
davvero di tutto.», mormorò con voce soffocata la zingara, mentre la donna le
accarezzava maternamente i capelli rossi.
«Non devi ringraziarmi, bambina mia. Ho sempre desiderato un’altra
figlia da proteggere.»
Quello stesso
giorno Phénix ricevette la visita di Raoul de Chagny, appena tornato
dall’ufficio della Gendarmerie. Si
accomodarono in cucina, davanti ad una tazza di ginseng caldo di cui il
Visconte si era innamorato fin da subito, e rimasero in silenzio per qualche
istante. Non avevano mai parlato faccia a faccia da
soli, neanche dopo tutto quello che era successo.
Fu lui a prendere
parola per primo, non sapendo bene da dove cominciare. «Immagino che sappiate
che mio cugino sta facendo un lavoro eccellente con... con
lui.»
Phénix annuì,
lasciandosi andare ad un sorriso. «Non finirò mai di
ringraziare entrambi.» E costringerò
anche Erik a ringraziarvi, quando avrò sistemato tutto, concluse
mentalmente, ottimista.
Raoul si schiarì la
voce, sentendosi a disagio. «Non dovete ringraziarmi... in realtà non so
neanche il motivo per cui lo sto facendo, ma suppongo sia la cosa giusta da
fare.»
Lei annuì. «Lo è, Raoul. Erik non è un uomo cattivo, tutto quello che
ha fatto in passato è stato dettato dalle circostanze.
Anche voi, se vi foste trovato nella sua stessa
situazione, avreste fatto lo stesso.»
«Non
saprei, non saprei davvero. È una vita che non ho mai preso in considerazione,
la sua, perché mi è sempre sembrata surreale. Ma probabilmente parlo perché non
so di cosa stia parlando.»
Phénix allungò una
mano sul tavolo, per raggiungere quella del Visconte. «Non
siate confuso, Raoul. Se non volete dargli la libertà, lasciate almeno che
lasci Parigi.»
«A questo
proposito, Sophie... o Phénix, come vi dovrei chiamare?», domandò il giovane,
abbozzando un sorriso.
«Il
mio nome non ha importanza. In realtà non ne ho mai avuto uno vero, posso
continuare così per un altro po’.»
«Bene,
oggi sono stato alla Gendarmerie,
per... dare un’identità a quell’uomo. Erik.»
Phénix trattenne il
fiato, sapendo che il suo futuro e soprattutto quello di Erik sarebbe dipeso dalle parole del Visconte.
«Ufficialmente
il Fantasma è morto impiccato, quindi in teoria non ci sarebbero problemi. Ma il volto di... Erik…» Pronunciò quel nome con fatica,
come se stentasse ancora a credere che l’uomo che per anni aveva seminato il
terrore nel Teatro dell’Opera avesse un corpo e un’identità e che ci fosse
davvero qualcuno pronto a tutto per la sua salvezza. «Quello
difficilmente si scorda. Alcuni soldati che erano presenti la sera
dell’incendio non hanno potuto fare a meno di riconoscerlo. Inoltre una
ballerina, una certa Lafayette, ha deposto una dichiarazione contro di lui,
dicendo che l’ha minacciata, anche se poi ha ritirato tutto
non so bene per quale motivo... credo fosse spaventata.»
Phénix strinse la
stoffa dell’abito con forza, il cuore le batteva furiosamente nel petto. «E... quindi?»
«Quindi
ho dovuto fare i salti mortali, Sophie. Ho richiesto l’aiuto di mio cugino per spiegare
ai soldati che quella particolare malformazione del viso è più diffusa di
quanto si pensi.»
«E vi hanno
creduto?»
«Non troppo, a dire la verità. Ma nessuno ha mai
avuto il coraggio di controbattere alla parola di un de Chagny.», concluse, non
senza una punta di orgoglio.
La ragazza sembrò
rilassarsi sulla sedia, ma non cantò vittoria troppo presto. Sapeva bene che
avrebbe potuto gioire solo quando tutta quell’assurda situazione sarebbe finita
definitivamente.
«Erik
non sarà processato, se è questo che vi preoccupa, perché la deposizione di
mademoiselle Giry è stata di vitale importanza, da questo punto di vista.
Tuttavia consiglio ad entrambi di stare lontano dalle
scene per qualche mese, il tanto giusto per calmare le acque.»
Phénix si sciolse
in un pianto liberatorio, ridendo e singhiozzando contemporaneamente, troppo,
veramente troppo felice per sembrarle vero. Erik era salvo, non solo
fisicamente, ma anche dalle possibili accuse per i reati precedenti. Era salvo
e libero, era tutto ciò che aveva desiderato. «Raoul,
grazie, grazie! Davvero, non so cosa devo fare per ringraziarvi! Siete una
persona splendida, voi e vostro cugino.», gli disse
con enfasi, ancora piangendo.
Il ragazzo ora
sorrise apertamente, commosso da quella dimostrazione
di affetto e, soprattutto, per quella di amore nei confronti di quello che un
tempo era un mostro. Non gli avrebbe
mai perdonato quello che aveva fatto in passato, certo, ma era sicuro che con
Sophie, o Phénix o come si chiamava quella ragazza, sarebbe stato un uomo
migliore. «Posso farvi una domanda?»
Phénix annuì,
asciugandosi gli occhi con l’orlo del suo abito. «Certo, tutto quello che
volete.»
«Se è vero che
tenete a quell’uomo così tanto, perché in questi
giorni non siete mai venuta a trovarlo?»
La ragazza
s’irrigidì in un attimo e Raoul capì di aver toccato una nota dolente. «Abbiamo avuto un... diverbio, qualche settimana fa. Una
cosa spiacevole.»
«Qualcosa di irreparabile?»
«Spero
di no. Lui ha taciuto su un avvenimento per me molto importante, io non ho
saputo apprezzare il suo gesto e soprattutto capirne i motivi. Abbiamo
sbagliato entrambi.»
Raoul si alzò dalla
sedia e la guardò con indecisione. «Ho la carrozza qui
fuori che mi aspetta. Volete venire con me?»
Lei annuì,
raggiante. L’idea di rivederlo l’elettrizzava e la
spaventava nel contempo, ma non le importava. Voleva solo vedere con i suoi
occhi che stava bene e dirgli che ora era un uomo libero, che non avrebbe avuto
motivo di porre fine alla sua vita. Il resto sarebbe venuto da sé.
La villa dei de
Chagny era esattamente come la ricordava, imponente ed elegante come l’ultima
volta. Il domestico dalle gote arrossate e paffute li accolse gentile e prese
in custodia il cappotto della ragazza, che seguì immediatamente Raoul per la
grande scalinata che portava al primo piano. Videro Christine uscire da una
stanza e richiudersi la porta alle spalle, con un sospiro, ma appena si accorse
del suo fidanzato e della presenza al suo fianco sorrise candidamente, andando
loro incontro. «Oh, che sorpresa vederti qui, Sophie!
…O Phénix?»
La zingara quella
volta scoppiò a ridere nel vedere la confusione che aveva creato per due
semplici nomi, e agitò una mano noncurante. «Potrei vederlo?»
Christine annuì,
indicandole la porta che aveva appena chiuso. «È
parecchio suscettibile in questi ultimi giorni. Ci manca poco che Faucon lo
leghi al letto per farlo stare fermo e per impedirgli di fare qualche
sciocchezza.»
«Qualche
sciocchezza?!», strillò nervosa Phénix, tesa come una
corda di violino. «Legatelo davvero, allora!»
La
soprano e il suo fidanzato risero.
«Tranquilla, gli ho
appena dato un calmante che spegnerà qualsiasi sua
intenzione bellicosa.», le confessò, sorridendo. «Piuttosto, dovresti
cambiargli le bende quando sarà più calmo, io non ne ho più le forze.»
Phénix sentì
qualcosa contorcerle lo stomaco all’idea che la ragazza avesse avuto la
possibilità di vederlo praticamente mezzo nudo e che
avesse potuto sfiorarlo come lei non si era mai azzardata: forse era gelosia,
forse erano i sensi di colpa per non esserci stata lei al posto di Christine,
al fianco dell’uomo che amava. Ma dimenticò tutto nel
momento in cui aprì la porta e i suoi occhi incontrarono quelli di Erik, più
stupiti e spaventati di lei.
Era bello, bello da toglierle il respiro, nonostante fosse ancora un
po’ ammaccato e leggermente sciupato per il poco cibo che aveva voluto
mangiare. Ma era lì, vivo, e stava bene, grazie al
cielo.
Continua...
Siamo agli
sgoccioli ormai! Il prossimo sarà l'ultimo capitolo, infine ci sarà l'epilogo. *asciuga
una lacrimuccia*
A presto! :)
Marta.