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Autore: Glowen    10/02/2006    7 recensioni
Sirius Black parla alle mura sorde di Azkaban.
A colpi di ricordi le rende partecipi del suo dolore.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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*Captivity *

Captivity

* Sirius Black parla alle mura sorde di Azkaban.

A colpi di ricordi le rende partecipi del suo dolore *

Un uomo alto passeggia al centro di una delle piccole celle del secondo livello.

I suoi capelli sono corvini e le sue mani rovinate, tante sono le notti che ha passato issandosi verso l’alto aggrappato alle sbarre della piccola finestra, per cercare di vedere la luna; o il mare.

Sirius Black è sempre stato coraggioso e deciso; uno spirito libero.

È sempre stato molto bello anche ma ora i suoi zigomi alti sono coperti da piccoli tagli e i suoi occhi scuri hanno perso i riflessi argentei che avevano sempre caratterizzato il suo sguardo.

Passeggia incurante delle urla che echeggiando per il corridoio, incurante del dolore alle gambe, della voglia prorompente di parlare a qualcuno.

Sa solo una cosa, chiuso nella sua tomba : che lui resisterà.

 

*/

Sirius Black parla alle mura fredde di Azkaban, in piedi sotto all’alta finestrella, col gomito appoggiato al muro e la testa poco distante.

Non sa nemmeno perchè lo sta facendo.

Parla e racconta aneddoti con voce tremante, rivolto solo al vuoto che gli sta intorno.

<< Sapete>> esordisce e la sua voce gli giunge quasi sconosciuta << Una volta, da bambini, mentre giocavamo a nascondino e Andormeda stava contando, io e Narcissa ci siamo nascosti dietro a un cespuglio>>.

Sente ancora il profumo dell’erba appena tagliata, la voce di suo fratello che lontano cerca di lanciare un incantesimo con la bacchetta di loro padre.

<< ..Siamo rimasti lì ore e ore...nessuno riusciva a trovarci. Ed eravamo ancora lì dietro quando è diventato buio e gli altri sono rientrati in casa; forse credevano che anche io e Narcissa fossimo già dentro. Non ricordo bene cosa è successo poi...però so che ci hanno trovato solo la mattina dopo, mezzi congelati, e hanno impedito a noi bambini di giocare ancora a nascondino>>

Le mura sorde ridono di questa storia ma Sirius sente solo tanta tristezza.

Ricorda bene gli occhi azzurri di sua cugina che si riempivano di lacrime ai rimproveri della zia e ricorda anche l’abito rosa di Andromeda, macchiato di terra per averli cercati nel boschetto.

Ricorda anche altre cose che non ha il diritto di ricordare; Ricorda il primo viaggio sull’espresso di Hogwarts, la prima uscita con la luna piena, molte delle partite di Quidditch, ricorda James, Remus, Marlene, Peter, Silente, Malocchio, Emmeline e tanti, tantissimi bei momenti trascorsi con loro.

Non sa perchè ha scelto proprio quel ricordo per raccontarlo ai suoi invisibili ascoltatori ma mentre le sue parole rimbalzano sui muri si rende conto che sembrano passate vite da allora.

<< una volta io e James abbiamo buttato Mrs.Purr nel lago. La odiavamo quella gatta >>

Parla con voce folle il prigioniero numero 5678, lasciandosi cullare dal gioco liberatore della pazzia.

Si passa una mano tra i capelli neri, che quasi gli sfiorano le spalle.

C’è stato un periodo, intorno ai sedici anni, che li aveva portati lunghi, ma allora erano lisci e sottili e gli contornavano elegantemente il viso.

Le ciocche dietro gli sfioravano le scapole e le portava raccolte in una piccola coda, mentre quelle davanti, odiose ribelli, gli sfioravano appena le spalle.

Gli aveva portati lunghi per mesi interi, poi un giorno ..

<< . . James mi disse che ancora un paio di centimetri e avrei potuto farmi due belle trecce.

Non so se fu l’affermazione stessa, o le risate di Remus, ma il giorno dopo me li tagliai>>

Racconta ancora, e mentre lo dice ricorda la spensieratezza e la felicità di quei giorni.

Poggia un palmo al muro, come a volergli trasferire il suo dolore.

Poi si volta, dando le spalle al piccolo squarcio di cielo visibile dalla feritoia e appoggia la schiena al muro.

<< Io una volta ero un Grifone>>

Dice lasciandosi scivolare lungo la parete, fino a sedersi sul terreno freddo, le ginocchia vicino al petto.

<< ..Odiavo la mia famiglia, i Black, e ne ero orgoglioso.

A Hogwarts avevo dei veri amici: ci chiamavano i Marauders.

Forse voi non ne avete mai sentito parlare...nessuno di loro è mai stato qui, nessuno ci starà mai.

Perfino Padfoot è ancora là fuori che corre >>

Sirius gioca a fare il pazzo, getta la testa indietro e chiude le palpebre appesantite dal sonno accumulato in troppe notti a cercare di vedere la luna;

<< Eravamo anche Animagus. Tutti e 4.

... Remus lo era solo in un certo senso ma comunque era uno di noi!

Siamo noi che abbiamo disegnato la più geniale delle invenzioni che Hogwarts ricordi: la Mappa del Malandrino >>

Tace, spettando la reazione della sua platea, che resta muta.

<< Era il nostro tesoro. Una cosa molto più utile di Pozioni, poco ma sicuro.

...mentre facevamo il settimo anno pensavamo se portarcela a casa, dopo i MAGO, o lasciarla a Hogwarts, istruttrice di una nuova generazione di Malfattori...

non abbiamo dovuto scegliere perchè l’ultimo giorno quello stupido custode ce l’ha sequestrata >>

Chiude con forza le labbra mentre la voce di James affiora prepotente tra i suoi ricordi “Andiamo a riprendercela!”

<<...James voleva riprenderla, dimostrare –credo- a quell’idiota che non si possono battere i Marauders >>

Racconta alle mura sorde, parlando con voce più sicura

<< ..Poi però abbiamo deciso che non ne valeva la pena e così almeno saremmo stati sicuri che l’avrebbe trovata qualcuno degno di essere un nostro successore.

Chissà quanti anni rimarrà in quel cassetto.

Sapete, ci sono affezionato... quella mappa conserva una parte di tutti noi, quella parte che non ha mai voluto lasciare Hogwarts, imperturbabile testimone di come eravamo >>

Sospira Sirius Black, rimangono mute le mura sorde che lo ascoltano.

<< una volta la McGranitt trovò me e James fuori dopo il coprifuoco e quel figlio di puttana le disse che eravamo stati da Madama Chips a controllare il calendario lunare per Remus che non stava bene.

Non ci crederete mai ma non solo ci ha creduto, ma si è commossa e ci ha dato la sua benedizione!

..in realtà eravamo appena stati nelle cucine >>

Sorride Sirius Black mentre il rumore della sua ultima confessione sparisce inghiottito dal silenzio.

Le mura sorde gli propongono un gioco “ se potessi dire una sola frase a James, quale sarebbe?” e lui accetta la sfida.

Distende una gamba davanti a se prima di parlare, gli occhi scuri immersi nel vuoto.

<< “ Brutto coglione, alla fine i miei venti galeoni non me li hai più ridati!” ...oppure un semplice e banale “mi dispiace” ..non so, cosa si dice a una persona morta? Forse potrei dirvi cosa direi a Remus >>

Ma le mura mute stavolta non parlano.

Anche Sirius resta in silenzio, giocherellando con un pezzo di paglia.

Lui non è pazzo.

E non ha dimenticato.

Ricorda un giorno, nel quartiere dell’Ordine della fenice dopo che avevano appreso la morte di Benjy Fenwick, il capitano del Grifondoro nei loro primi anni ad Hogwarts, ‘Mr Capitain’ come lo chiamavano ancora James e Marlene.

<< ..Ricordo che era tutto semibuio. Emma e Malocchio stavano seduti al tavolo. Lei aveva le mani davanti al viso e i capelli ricci che le cadevano sulle spalle; era impossibile dire se stava piangendo o cantando. Dietro, appoggiato al muro, stava Remus.

Cercava di nascondersi nell’ombra, il vecchio Moony, ma il suo viso bagnato splendeva nella tenue luce delle candele.

Le lacrime di Remus rendevano reale tutto ciò che non avevamo mai creduto possibile.

Capii la realtà solo in quel momento, mentre James mi guardava con gli occhi spaventati e la canzone o il pianto di Emmeline arrivavano lontani >>

Ricorda tutte le missioni dell’Ordine, i loro sogni e le loro delusioni, ma non ne rende partecipi le mura pettegole.

Si passa una mano sulla fronte, in un gesto che lo fa sembrare vecchio.

Sirius è giovane, non ha nemmeno 30 anni.

È stato gettato nella sua tomba quando ne aveva poco più di venti, senza processo.

Semplicemente colpevole.

Colpevole di non aver saputo difendere il suo migliore amico.

Ma lui, Sirius Black, il lucido pazzo, l’assassino innocente, l’arrogante ingenuo, non ha dimenticato come sono andate le cose.

Regala un ultimo sorriso all’oscurità della sua cella, poi parla ancora.

<< Sapete una cosa?>> dice ancora rivolto alle mura sorde, o ad una platea che solo lui può vedere << Io da qui me ne vado >>

  
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