Storie originali > Soprannaturale
Segui la storia  |      
Autore: Aishwarya    02/05/2011    3 recensioni
[INCOMPIUTA]
Dicono che la speranza sia sempre l’ultima a morire, mentre invece mi sentivo morire io stessa.
Genere: Mistero, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Salve a tutti! Questa ff è un vero e proprio esperimento. Non avevo progettato di scriverla e penso che chiedere a voi se valga la pena di continuarla, sia la cosa migliore.
Grazie mille in anticipo. Arya
.

Hope
 

 
     Quando passi l’intera vita, tra le quattro mura di un convento, circondata da donne che vestono di un nero abito religioso, conoscendo il tuo nome e nient’altro, arrivi a chiederti che senso abbia quello che fai. Vivi ma non sai il perché, né per chi lo fai. Ma la gente parla di un sentimento, la speranza, e dice che non bisogna mai smettere di provarlo.  Dicono che la speranza è sempre l’ultima a morire, mentre invece mi sentivo morire io stessa. Quelle strane e buone donne, forse pensavano che avrei voluto indossare le loro stesse vesti un giorno, ma non le comprendevo, non ne capivo il senso. Non provavo per Dio ciò che loro provavano, forse neanche ci credevo. Ero solo Isabella, una ragazza trovata fuori dalla porta di un convento, diciotto anni prima, quando avevo solo tre mesi e che era cresciuta coccolata e ben vista da dieci suore, in un piccolo paesino di campagna lontano da tutto e tutti. Erano solite comprarmi vesti nuove, anche se consone a quel triste posto, e acconciarmi i biondi capelli ricci in una lunga e ordinata coda che mi sfiorava la schiena mentre lavoravo assieme a loro. Mi alzavo la mattina presto e sorridendo mi affrettavo a svolgere quello che era  il mio unico compito, all’interno di quella “casa”: accudire i milleduecentodiciassette fiori colorati del grande giardino. Era il mio unico modo per sdebitarmi dopo tanta gentilezza. Non appena finivo di occuparmene, mi sedevo accanto ad essi, e li contavo uno ad uno. Talvolta alzavo gli occhi verso il cielo, mentre ancora le mie ginocchia stavano appoggiate al terreno fresco, e guardavo quell’azzurro, immaginando come sarebbe osservarlo da uno spazio infinito, aldilà delle alte mura che circondavano quel posto. Arrivavo a stendermi tra l’erbetta bagnata e mi perdevo in pensieri e fantasie. Immaginavo di essere una bella ragazza che viveva in una bella famiglia, in una piccola casetta accanto ad un fiume. Ma i miei pensieri si fermavano lì. Non potevo permettermi di fantasticare troppo, perché pensavo che il mio destino fosse quello di essere la figlia che, quelle donne in nero, non avrebbero mai potuto avere.
Ma un giorno, mentre ero stesa nel giardino e con le dita accarezzavo i miei morbidi ricci, si avvicinò a me Suor Angelica, la donna che più mi stava accanto fra quelle tristi mura bianche ingrigite dal tempo.
- Isa, alzati da lì, o sporcherai di terriccio l’ultima veste pulita che ti resta!- disse sorridendo e arricciando il naso per il disappunto. Sapevo che era seria quando mi rimproverava, ma tanto era l’affetto che provava per me, che non aveva abbastanza cuore per sgridarmi sul serio.
- Si Suor Angelica!- risposi ricambiando il sorriso. Mi  alzai di botto, accennando un saluto militare che fece ridere di gusto la dolce suora.
Si sedette su una delle sedie di legno, accanto al lampione nero che governava la destra del giardino, e mi fece cenno di sedermi accanto a lei. Doveva parlarmi.
Il mio cuore batté più forte. Cosa voleva dirmi? Cos’avevo sbagliato? Forse aveva scoperto qualcosa sui miei genitori. Forse, li aveva trovati. Anche se cercavo di mentire a me stessa, pensavo alle persone che mi avevano dato alla luce, più spesso di quanto avrei dovuto. Dopotutto mi avevano abbandonata. Ma essendo cresciuta in un posto dove di odio non si parlava neanche, io stessa non riuscivo a provarne. Volevo solo sapere chi erano, conoscere i tratti del loro volto. Era forse questa la speranza di cui parlavano? Era forse speranza ciò che provavo?
Tolsi l’erbetta che si era spezzata e attaccata alla mia veste grigia e mi sedetti accanto a Suor Angelica, guardandola in viso, impaziente. –Suor Angelica, cosa succede?-
- Piccola cara, sono ormai passati diciotto anni da quando ti abbiamo trovata..- il suo viso s’intristì e abbassò gli occhi, fissando le mattonelle marroni che circondavano il giardino chiudendolo in un grande spazio quadrato. – è ora che tu vada via di qua.-
Restai di stucco a quella frase. Tutto avrei potuto immaginare, ma non quell’affermazione. Non avevo neanche mai considerato l’ipotesi di poter andar via. Per me, era come se fossi nata lì ed ero uscita da convento così poche volte, che non avevo neanche avuto il tempo di comprendere come funzionasse il mondo aldilà di esso. Strinsi le mani tremanti in due pugni, e trattenni le lacrime a stento. –Perché suor Angelica? Perché mi cacciate?- dissi quasi in un sussurro.
- No piccola. Non è come credi. Non ti stiamo cacciando. Ti stiamo invitando a vivere-. Fece un attimo di pausa, nell’attesa che io assimilassi quelle parole. –Ormai sei maggiorenne e riesci a badare a te stessa anche senza di noi. Sei libera.- il sollievo nella sua voce era percepibile.
-Ma suor Angelica, io non mi sono mai sentita prigioniera.- il mio cuore continuava a perdere battiti. Ma ero davvero dispiaciuta all’idea di quell’opportunità? Davvero non volevo andar via, andare a conoscere altre persone, andare  a lavorare e a realizzare i miei sogni?
- Isabella, ascoltami. Ho cercato i tuoi genitori. Non riesco a trovarli. Nessuno ci riesce. Sembra quasi che non siano mai esistiti. Non restare ad aspettarli. Và e vivi la tua vita come qualunque ragazza dovrebbe  fare-.  Mi baciò la fronte e lentamente, alzandosi dalla seggiola, se ne andò.
 
Fu la mia ultima serata in convento. Preparai la borsa con le poche cose che possedevo e lasciai quel posto il più presto possibile, per evitare di pentirmene. Salutai quelle care donne, una ad una abbracciandole forte e ringraziandole. Un pianto fu d’obbligo. Lasciavo lì, metà del mio cuore, ma suor Angelica aveva ragione. Dovevo andare a vivere la mia vita. Dovevo iniziare a sperare che ci fosse qualcosa di meraviglioso anche per me, là fuori. Aprii la grande porta della mia casa di una vita e corsi fuori con la borsa in spalla. Fui sorpresa di vedere che il piccolo paesello che ricordavo, si era trasformato in una città grande e chiassosa, accanto alla grande foresta. Mi tremarono le gambe, e la borsa quasi mi cadde per terra. C’erano auto e luci. Troppe luci. La testa mi girava e iniziai a girare anch’io con essa. Tutto era sfocato. Le luci mi abbagliavano. Iniziarono a fischiarmi le orecchie. Improvvisamente le luci si spensero. Caddi per terra e ci restai.
Riaprii gli occhi lentamente, chissà quanto tempo dopo. Ero stesa su un terreno irregolare e la testa era dolente. Dov’ero? Come ero arrivata lì? La prima cosa che vidi fu il cielo nero della notte, e alberi altissimi e folti di foglie che quasi lo coprivano del tutto. Avevo freddo. I miei denti battevano senza sosta.  Provai ad alzarmi ancora confusa e ci riuscii a stento. Sembrava quasi che qualcosa di pesante mi fosse caduto addosso. Sentivo dolori ovunque ma non riuscivo a ricordare nulla. Non appena i miei occhi si furono abituati alla luce fioca che illuminava lo spazio in cui mi trovavo,vidi un auto nera e con la carrozzeria sporca di settimane, posteggiata nel bel mezzo del viale buio in quel bosco. Seduto al volante vi era un ragazzo che mi osservava divertito, con un sorriso sarcastico in volto. Era bello, o almeno così sembrava. Aveva gli occhi nocciola e i capelli di un biondo scuro. Lo guardai sorpresa. Non riuscivo a comprendere nulla di quello che stava accadendo. Mi osservai con più attenzione. Ecco perché avevo freddo: il vestito era strappato. I boccoli biondi non erano più fermati e svolazzavano assieme al vento impazzito. Dopo, tutto accadde fin troppo velocemente. Il ragazzo dagli occhi nocciola scese dall’auto e mi si spinse addosso con insistenza finché la mia schiena non si poggio violentemente sul tronco più vicino. Provai paura e urlai. Tremavo, ma non potevo fermarlo. Provavo ad urlare ancora, ma dalla mia bocca non usciva alcun suono. Lacrime iniziarono a bagnare il mio volto senza che io ne fossi consapevole. Chiusi gli occhi e lo lasciai fare. Mi toccò, strappò ancora di più le vesti già rovinate, e mi baciava. Lo faceva in continuazione. Non riuscivo a spingerlo via, anche se avrei voluto. Ma all’improvviso scomparve. Riaprii gli occhi, e lo vidi steso per terra, a due metri da me, con gli occhi sbarrati per la sorpresa. Un altro ragazzo era in piedi di fronte a me e mi dava le spalle.
-Sparisci, prima che ti stacchi la testa senza pensarci due volte!- ringhiò rabbioso verso il mostro dagli occhi nocciola. Questi si alzò velocemente da terra e scivolando sul fango si diresse verso la sua auto e sparì dalla mia vista.
Avevo smesso di piangere. Ero ancora poggiata al tronco e tremante tentavo di aggrapparmi a qualcosa per non scivolare per terra. Il ragazzo buono si volto di fretta e mi prese le braccia. Mi spinse contro il tronco per farmi appoggiare. Nella mia testa c’era solo una gran confusione. Ancora tremante lo osservavo e lui mi osservava a sua volta, con quegli occhioni grandi e azzurri come il cielo che vedevo dal convento. Quelli di quel cielo, erano ricordi vicini ma sembravano talmente lontani e sfocati da farmi girar la testa.
 Aveva capelli neri e folti, e labbra rosse e carnose. Era bello più che mai e mi fissava preoccupato. Scivolai. Mi prese fra le sue braccia e dolcemente mi rimise in piedi. Mi sorreggeva, mi stringeva, mi scaldava ma non parlava. Non disse una parola. Continuava a tenere i grandi occhi azzurri, fissi sul verde dei miei. Lentamente sciolse l’intreccio delle nostre mani e voltandosi iniziò ad allontanarsi da me. Ero impietrita, non sapevo che pensare.
- Grazie … - sussurrai appena. Troppo piano perché potesse sentirmi.
Ma lui rispose.
- Non ringraziarmi. Non sai nemmeno chi sono.- disse fermandosi e sorridendomi sarcastico. Riprese subito dopo a camminare.
- A me non importa sapere chi sei, quindi grazie. – sorrisi dolcemente, certa che mi avesse sentito.
Sparì anche lui all’orizzonte, fra i grossi alberi della foresta. Per un attimo, nella mia mente vi fu il vuoto. Poi centinaia di pensieri iniziarono ad affollarsi e ogni sensazione che provavo s’incanalò nella paura che sentivo e nell’insicurezza che mi spinse a piangere senza fermarmi. Caddi in ginocchio, non sapendo che altro fare. Non avevo una casa, né un amico o un parente che potesse aiutarmi. Ero letteralmente sola e non mi sentivo di tornare in convento dopo aver avuto la forza di abbandonarlo. Apparte che, non avevo la benché minima idea di come raggiungerlo.
Sentii un fruscio rapido di foglie che, secche, si spezzavano. Aprii gli occhi appannati dalle lacrime e lo vidi ancora, inginocchiato accanto a me che speranzoso e in pensiero mi tendeva la mano. – Non voglio vederti piangere..- sussurrò con la sua voce melodiosa.
Lo guardai e non lo capii. Mi parlava come se mi conoscesse da chissà quanto e mi guardava come se gli stessi davvero a cuore.
 –Non so dove andare. Non so che fare..- gemetti e scoppiai in singhiozzi ancora una volta. Lui si strinse a me. Mi circondò le spalle con le sue braccia e con le labbra sfiorò la mia guancia rossa, sussurrandomi qualcosa.– Ti aiuterò io-.
Non potei fare a meno di sorridere fra le lacrime. Accadde una cosa strana quanto impossibile. Non sentii più il terreno sotto i miei piedi.
 Poi sentii del forte vento;
il freddo, e il calore del suo corpo;
il silenzio.
Riaprii gli occhi e mi aspettavo di vederlo lì, di fronte a me, a sorridermi dolce e bello più che mai. Ma lui non c’era. Era scomparso e non capivo come. Mi guardai attorno ancora stordita, cercandolo, ma non lo vidi da nessuna parte. Mi trovavo in una grande piazza alberata con una bianca fontana marmorea al centro.  Ma come c’ero arrivata? Come era possibile?
Una cosa era certa, sapevo che era reale.
 Chiusi gli occhi.
  - Grazie ancora.- sussurrai. Certa che quell’angelo mi avrebbe ascoltata.
     

   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale / Vai alla pagina dell'autore: Aishwarya