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Autore: Himitsu87    02/05/2011    1 recensioni
Una sera e un sms inviato. La risposta arriverà e sarà un uragano di pioggia...
Genere: Malinconico, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Love hurts
Serie: Originale
Rating: Verde
Prompt: Pioggia - dalla mia tabella fornita da bingo_italia 
Beta: Dreamer_Jk
Conteggio parole: 1666
Riassunto: Una serata di pioggia e un affetto doloroso
Note: Ho scritto questa fic un paio di mesi fa... ma fissando il prompt "Pioggia" non potevo fare a meno di pensare a questa storia, così è stata corretta ed eccola qui ^_^

 

Piove.
Sono in camera mia, al buio, guardando le gocce infrangersi sul mio balcone.
Mi piace stare nella mia stanza, mi rassicura. La luce mi spaventa ultimamente, soprattutto la sera. Non so perché, ma non posso evitarlo. La penombra è così dolce, culla l'animo.
Guardo le nuvole, un temporale è in arrivo. 
C'è tristezza nell'aria. Tanta. La sento come un coltello che sale su dallo stomaco fino in gola.
Le nuvole nere sono una fantastica coincidenza, si intonano alla situazione.
Espiro profondamente e stringo il cellulare che ho in mano. L'sms appena spedito non aspetta una risposta. D'altra parte è solo un "Ciao" esitante, se un messaggio può essere esitante.
Aspetto. 
Aspetto di sentirti bussare e di vedere il tuo volto. E infatti tu arrivi, come pensavo.
Il tuo sguardo è a terra, sei bagnata dalla pioggia, ma vedo che alcune gocce iniziano dai tuoi occhi.
Lo immaginavo. 
Mi faccio da parte, lasciandoti entrare. Tu non mi guardi nemmeno.
«Ciao» mi dici. Lugubre, come se venisse da lontano. La tua educazione è abbastanza forte da farti emettere quel suono, a dispetto della tua volontà.
Ti siedi sul letto e guardi fuori. Ti osservo e sto per accendere la luce, ma ti vedo guardare con disprezzo l'interruttore. Non è il momento di lasciare il buio.
Non parli, eppure sei qui. Hai risposto al mio sms, ma non parli.
É pesante l'aria, molto, forse troppo. 
Quando succede penso che la soluzione sarebbe trasferirmi e sparire, cancellare il tuo numero dalla mia rubrica. 
So che è quello che vuoi. Lo sento ma non riesco. 
Ci penso, sempre più spesso, ogni volta che ti mando un sms, ma non riesco. Non posso evitare di mandarteli, perché a volte mi regali un sorriso e questo mi consola.
Sono crudele? Egoista? Probabilmente tu mi vedi così. Un bastardo senza cuore che sfrutta la tua debolezza. O forse sai che non posso ancora lasciarti andare, non ancora.
Cerco di sorridere e trovo a rispondermi uno sguardo d'odio. Una domanda aleggia nei tuoi occhi: quando smetterò di farti del male? 
Guardo a terra. Ti faccio male? Così tanto?
Non vorrei, lo giuro. Probabilmente non mi crederesti se te lo dicessi, quindi non dico nulla.
Stai in silenzio. Incomincio a parlare di cose qualsiasi, senza un vero senso, e tu rispondi a volte, educatamente.
Guardo fuori, i fulmini si avvicinano.
Espiro di botto. Trattenevo il respiro?
«Dimmi» dico ad un livello così basso di voce che non sono nemmeno sicuro tu mi abbia sentito.
«Cosa?» mi rispondi. Rabbia nella voce.
«Dimmi» ripeto, cercando di evitare il tuo sguardo, sedendomi lontano da te.
Tu mi guardi e sbuffi con rabbia. Poi ti guardi i piedi e inizi a piangere. Vorrei avvicinarmi e stringerti, consolarti e asciugare le tue lacrime. É un istinto forte ma riesco a tenermi ancorato alla sedia. Non è più mio compito consolarti. Ho perso questo privilegio da tempo. Da quel pugno nello stomaco. Il pugno che lui mi ha dato, tempo fa. Il pugno che ti ha fatto capire che non ero più gradito fra voi, che, anzi, ero dannoso per voi due. 
Allora non avevi capito quanto rischioso fosse restare con me; te ne sei accorta piano piano, e alla fine era troppo tardi.
Un tuono. Guardo fuori. La pioggia si è fatta più fitta. Fa freddo, ma non posso alzarmi a prenderti una coperta. Anche questo non è più mio compito.
Hai discusso con lui. Lo so, lo sapevo, lo sentivo dentro, ma ho comunque mandato l'sms. Per puro egoismo pensi tu. Probabilmente hai ragione, probabilmente nemmeno io so perché continuo.
Oggi nessun sorriso mi aspetta, nemmeno uno tirato via da quelle labbra a furia di parole. Oggi solo lacrime. Pioggia intensa e senza fine.
Mi guardi, vorresti colpirmi, ma non puoi. Un qualcosa ti frena da dentro. Amo quella parte. Se tu mi colpissi, se mi cacciassi via, morirei. So che sarebbe la cosa migliore, ma ormai non avrebbe molto senso. Cosa è meglio? Sentire ancora la tua voce e soffrire? O soffrire e non sentirla più? Ma come faccio a scegliere se ho la possibilità di vederti ancora sorridere, anche se così raramente.
L'affetto è così egoistico? Forse non tutto, forse solo il mio.
Lui ti guarda freddamente, ti parla meno. Non devi dirmelo. Lo capisco dal tuo tono di voce. Dal modo in cui eviti il mio sguardo. Stai pensando di cancellare il mio numero, di non tornare più a farmi visita. Non credo tu tema di vedermi uscire da questa stanza per venirti a cercare, ma ti stai chiedendo se riusciresti. Se non sarebbe un'ottima prova del tuo amore da dargli. 
Riesco a vedere i tuoi pensieri...
Lo sarebbe? Sarebbe una prova sufficiente? Tornerebbe tutto come prima? O forse no? Forse non tornerebbe tutto normale?
Mi guardi, iniziando a parlarmi dei tuoi problemi con lui. Mi scruti, cercando sul mio viso la risposta alle tue domande. Se mi cancellassi, il tempo si riavvolgerebbe? Sarebbe tutto come se non ci fossi mai stato? 
E intanto non capisci. Come ho potuto? Lui era un amico anche per me. Avevamo scherzato insieme, come avevo potuto rovinare tutto? Perché? 
Se ti dicessi che non è stata solo colpa mia non mi crederesti, scuoteresti la testa, come spazzando via le mie parole. Continueresti a chiedere perché. 
E perché ora non ti lascio in pace? Perché non sparisco per sempre?
Forse perché ho ancora voglia di vedere il tuo viso, perché ti voglio ancora bene e mi fa piacere vederti qui in questa stanza. Forse è troppo complesso per capirlo.
Non provo nemmeno a dirtelo, non avrebbe senso. Non è questo che vuoi sentirti dire. 
Mi chiedo se mi lascerai un giorno, sperando solo che non avvenga. Eppure mi tengo fermo a questa sedia, immobile, cercando di non spostarmi dalla posizione che hai accettato, temendo che spostando il piede, tu ti alzerai e uscirai per sempre. E quanto mi sta stretta questa sedia, come mi esplodono dentro i miei pensieri che non posso più comunicarti. Come mi premono il cervello le nuove emozioni che sono nate dentro di me e che non posso riferirti. Eppure non è più quello il mio ruolo. Non è una libertà che posso più prendermi. Mi hai dato una cornice, non posso dipingere al di là di quella. 
Quanto ti odio. 
Persino tu mi dai limiti, ma con te li sopporto volentieri, perché sei ancora qui nella mia stanza, a parlarmi, a sfogarti con me. 
Quanto affetto... non puoi capirlo vero? 
Mi dici cose che non hai detto a nessun altro, guardandomi freddamente, continuando a pensare a come sbarazzarti di me. 
Sospiro. Speravo fosse uno di quei giorni in cui dimentichi il tuo odio. Speravo che fosse un giorno in cui mi avresti sorriso. So bene che i tuoi sorrisi non sono dettati da ciò che dico e faccio. Se mi sorridi è solo perché lui ti ha sorriso. Riesco a vedere il riflesso delle sue parole e dei suoi gesti sul tuo volto. So perfettamente cosa fa dal ritmo del tuo respiro, dal tipo di ronzio dei tuoi pensieri.
Vuoi che ti lasci.
Non me lo chiedi con le parole, ma è quello che continuo a leggere nei tuoi occhi. Come un messaggio televisivo che continua a scorrere. Non sai che fatica faccio ad ignorarlo.
Vuoi davvero che ti lasci? Non temi forse di scoprire che senza di me non cambierebbe nulla? Che eliminato io, resti tutto uguale? E forse in fondo al tuo cuore non continui a ripetertelo? A domandarti se è così? Se ormai non è comunque troppo tardi?
Mi parli di lui. Di cosa ti fa soffrire. Non scendi mai nei particolari, accenni solo a qualcosa. Temi che sia sbagliato parlarmi di lui. Temi che lui possa rimproverarti. 
Io sono un segreto, un orribile segreto. 
Lui sa che ti mando sms, anche se tu li cancelli velocemente. Lo sa e quando il mio sms arriva, lui ti guarda con disprezzo, lo stesso che tu riservi a me. Lo sa ma non dice nulla. Devi lasciarmi tu, non vuole importi nulla direttamente. 
Non mi odi anche per questo? Io ti impongo la mia presenza. 
E sai che lo odio, che mi fa soffrire sentirti dire di quanto lo ami e di come vorresti che tornasse tutto come un tempo, ma continui a parlarmene. Continui a parlarmi del tuo amore, della tua sofferenza, guardando fuori, per evitare di vedere le mie lacrime invisibili. O forse non lo fai nemmeno coscientemente, non pensi che possa soffrire per questo. Perché dovrei?
Pensi forse che non senta il tuo tono d'accusa in ogni singolo respiro?
E allora perché non posso lasciarti andare? Perché ti odio tanto?
Ti alzi poi all'improvviso. Ho fatto un passo avanti, pensando di poter diminuire la tua sofferenza, pensando che potessi capire me una volta.
Mi guardi con odio. Perché non riesco a stare al mio posto? Perché devo pensare a me nel momento sbagliato? Perché sono così egoista? 
Non posso rispondere a nessuna delle tue domande. La verità è che averti qui nella mia stanza, mi fa illudere, dopo un po', che anche io sia qui, che anche ciò che io penso sia qui. E forse davvero è così... quando lui ti sorride.
Ti avvii alla porta, poggi la mano sulla maniglia, poi ti giri e mi guardi. 
«La colpa è solo tua! Non lo capisci?» mi dici piano, con una calma che mi raggela.
Poi esci e corri via, lasciandomi lì, senza fiato, immobile. 
Riesco a percepire il sangue uscire dalla ferita che mi hai appena fatto, lo sento caldo scorrermi giù dal petto, come le gocce salate dai miei occhi.
Mi giro e guardo fuori. La pioggia batte forte sui vetri. Fa freddo.
«Non ancora... non riesco ancora a lasciarti!» dico piano alla stanza vuota.
Stringo il mio cellulare, guardo il nero della notte spingere contro il vetro per entrare e ingoio il tuo odio a fatica, sentendo il senso di colpa nascere in me, come speravi.
L'affetto è così egoistico?
   
 
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