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Autore: _Fedra_    03/05/2011    2 recensioni
PER TUTTI COLORO CHE DESIDERANO UN FINALE DIVERSO PER LA SAGA. Sono passati cinque anni da quando Cate ha lasciato Narnia, rassegnandosi a una vita normale e abbastanza scontata. Ma la ragazza non sa che le porte di quel mondo parallelo stanno per riaprirsi di nuovo e che lei potrebbe essere l'unica in grado di salvare coloro che ama da un terribile destino. Una fiction che stravolge l'intera saga, ai confini della fantasia, fino all'ultimo, cruciale passaggio che porterà oltre ogni confine.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edmund Pevensie
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The passage'
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La strega del Tevere 


Uno, due, tre squilli ancora, poi il telefono tacque definitivamente. Chiamata senza risposta. Merda. Richiusi il cellulare con stizza, rovesciando il capo all’indietro e chiudendo gli occhi per qualche attimo. Ok, era impegnato, molto impegnato, ma possibile che non gli venisse neanche per un attimo un minimo di nostalgia nei confronti della sua ragazza?
 

Mi annoiavo, quel giorno, mi annoiavo a morte e non sapevo che cosa fare. Rebecca era in facoltà a vedersela con le più strampalate richieste dei suoi professori, Giulia stava sicuramente facendo divampare nuovamente le fiamme sotto la tonaca di Giordano Bruno insieme a Massi e Riccardo era dato definitivamente per disperso. E la cosa che mi innervosiva più di tutte era quel perfetto cielo di primavera, azzurro e pulito, pieno di sole, che mi lanciava lunghe occhiate interrogative fuori dalla finestra, chiedendomi che cosa diamine stavo facendo tutta sola in quell’enorme appartamento buio e polveroso invece di uscire e abbracciare il giorno come ogni altro essere umano. Sospirai, contemplando ancora una volta la finestra. Qualcosa si contrasse all’altezza dello stomaco, quasi fosse un richiamo invisibile. No, non aveva senso rimanere a casa ad ammorbarmi in una giornata del genere! Rebecca avrebbe certamente detto che ero andata nuovamente in overdose con le storie di vampiri. E io le avrei dato sicuramente ragione, anche perché ultimamente la mia vita sentimentale mi aveva portato a questo tipo di letture. Sveglia, Caterina! E’ primavera, lo è anche per te! Fatto questo ragionamento, mi alzai di scatto dal letto, mi liberai della tuta marrone che portavo da una vita, indossai un felpina leggera e un paio di jeans, inforcai le Converse e sfrecciai di sotto, tuffandomi nella pazza folla che mi attendeva giù in strada.
 
Andava meglio, decisamente meglio. In primavera, Roma si spogliava degli ori accesi dell’inverno per indossare i colori delicati della primavera, nascondendo le facciate dei propri palazzi in una brumosa nebbiolina che veniva in breve spazzata via dalle lame di sole che accendevano il giorno. L’aria profumava di fresco e di fiori lasciati sui terrazzi e i giardini pensili, sovrastando la puzza di macchine e di rifiuti che d’estate aveva la meglio su tutto. Una piacevolissima brezza proveniente dalle montagne mi scompigliava i capelli sulla nuca e portava con sé gli odori selvaggi della natura. Camminavo spedita fra la gente, le mani nelle tasche e lo sguardo alto, divertendomi a contemplare l’umanità che correva attorno a me. C’erano turisti, religiosi, businessman in auto da urlo, giornalisti frettolosi, ragazzini che si perdevano pezzi di gelato sui marciapiedi, adolescenti griffate a caccia di vetrine. Le mie gambe mi portarono sul Lungo Tevere assediato dalle macchine nell’ora di punta, i palazzi che lo costeggiavano accesi dall’oro del pomeriggio, la cupola della Sinagoga svettava elegante al disopra delle cime dei platani. Imboccai un ponte e arrivai all’Isola Tiberina, un posto tranquillo e pittoresco nel quale potevo trovare un po’ di tregua dalla calca impazzita. Amavo il profumo che proveniva dai ristoranti già al lavoro che fuoriusciva dalle loro cucine: sapeva di pasta, di carne alla griglia, di pane. In pochi minuti, mi venne una fame da lupi. Mi avviai subito alla ricerca di una buona gelateria, quando la mia attenzione fu catturata da una figuretta mingherlina seduta sulle gradinate di una chiesa, il pallone stretto fra le gambe.
“Leo?” chiamai, notando il mio fratellino. “Che ci fai qui? Dove sono Matteo e Ludovico?”.
Leonardo alzò gli occhi verso di me. Era triste, lo sguardo arrossato. “Ciao” mi salutò con voce spenta.
“Cos’è successo?”.
“Ma niente”.
Aggrottai le sopracciglia e incrociai le braccia. “Sicuro?” domandai.
“Cate, non rompere le palle, ok? Sto bene!”.
Mi sedetti accanto a lui, che continuava a fissare il vuoto davanti a sé, i lunghi riccioli neri che gli coprivano parte della faccia. “A me puoi dirlo. Sono tua sorella!”.
Leo si voltò verso di me. “Appunto” sogghignò sarcastico.
“E dai, su! Prometto che non lo dirò a nessuno, fidati!” esclamai incrociando le dita a pochi centimetri dal suo naso. “E’ per caso una ragazza?”.
Mio fratello levò gli occhi al cielo con fare rassegnato. “Bingo!” sospirò.
“Lo sapevo!”.
“Si chiama Marika” proseguì lui tristemente. “Fa il mio anno, solo che è nella B. Pascucci, di cognome”.
“Pascucci, Pascucci…”. Trasalii. “Oh, mio Dio, ma non starai per caso parlando della sorella di Stefano?”.
“Sì, proprio lei”.
“Lascia perdere, Leo! Non è roba per te”.
“Lo so, ma è bellissima”.
“Bella, ma …”.
“Ho capito. Però mi piace”.
“E non ti guarda”.
“Neanche un po’. Mi ritiene un povero sfigato”.
“Immaginavo”.
“Non è divertente”.
“Non volevo fare battute”.
Restammo per qualche attimo in silenzio, contemplando la strada immacolata che si apriva davanti a noi, poi cinsi il mio fratellino con un braccio. Non sopportavo di vederlo in quel modo, non per una sciacquetta arricchita. Il mio Leo meritava molto di più!
“Oggi l’ho vista con Palmieri” continuò il ragazzo amareggiato.
“Ahi!”.
“Credo che si stiano mettendo insieme”.
“Durerà poco, lo sai”.
“Sì, ma nel frattempo sarà di un altro”.
Si coprì il viso con le mani, non sopportando l’idea che io vedessi un ragazzo piangere. Quello era decisamente troppo. Nonostante i continui litigi, io e Leo eravamo una vera squadra.
“Oh, insomma, basta!” sbottai a un certo punto. “Non puoi ridurti in questo modo per una stupida ragazzina che non ti degna neanche di uno sguardo! Tu sei molto di più, Leo, e le tue qualità lei non le capirà mai! Non ti sto illudendo, tesoro, è la verità! Io e te siamo diversi, o meglio, siamo normali. Ma ciò non significa che siamo brutti e schifosi, no? Dai, fratellino, non ti ho mai visto dire di no a una partita di pallone! Perché invece di stare a rimuginare su queste cose, non chiami i tuoi amici e uscite insieme? Di sicuro ti sentirai molto più a tuo agio, con loro che ti vogliono bene, e tu lo sai! Coraggio!”.
“Magari domani, sorella. Ho voglia di stare un po’ con te” rispose Leo appoggiandomi la testa sulla spalla. Io lo abbracciai forte, felice di fare la sorella grande pronta ad aiutare il suo ometto nelle piccole grandi difficoltà della vita, io che avevo superato da un pezzo la fase della “sfigata” e avevo trovato anche il tempo di riderci sopra.
“Andiamo al cinema?” proposi sorridendo. “E poi pizza!”.
“Sì!” esclamò il ragazzo, tornando a sorridere.
“Andiamo allora!” dissi io levandomi in piedi.
Leo mi seguì con un balzo.
Scendemmo giù dalla scalinata e ci avviammo lungo la sponda del fiume, decisi a goderci ancora per un po’ quella splendida giornata prima di chiuderci nel buio del cinema.
“Dovresti lasciare Riccardo” disse a un certo punto Leo. “Non è possibile che, dopo aver detto delle cose del genere su me e Marika, ti ostini ancora a stare con quell’idiota”.
“Io lo amo, Leo, e lui ama me” mi difesi con decisione.
“Sì, bel modo di dimostrarti il suo amore. Non vi vedo mai insieme, mai”.
“Ci sentiamo la sera su facebook. Sai, lui è sempre molto impegnato…”.
“Già, e con chi?”.
La frecciatina mi fece deglutire vistosamente. Leo sapeva quanto fossi volubile alla gelosia e aveva compreso che al momento quello era l’unico modo per farmi ragionare.
“Non ti vedo bene, da quando stai con lui” continuò risoluto. “Scherzi molto di meno, non esci quasi mai, sei sempre depressa. Sai, ti preferivo di gran lunga quando tiravi avanti con quella panzana dello straniero con gli occhi neri”.
“Ehi, non era una panzana!”.
“Lo dicevi giusto per darti un tono, dal momento che all’epoca non uscivi praticamente mai di casa e te ne stavi sempre a studiare!”.
“Poi però uscivo di continuo!”.
“Nella speranza di incontrare il sosia? Allora, comprati un paio di buoni occhiali, sorella, perché Riccardo non gli somiglia per niente!”.
“Ma che ne sai tu di…”.
Il fiato mi si bloccò in gola, incapace di reagire di fronte a ciò che stava accadendo davanti ai miei occhi. Mentre parlava, Leo non si era accorto di essersi avvicinato troppo al bordo privo di protezioni della banchina. Bastò un attimo di distrazione, un piede messo male, e il mio fratellino scomparve fra le rapide in un battito di ciglia. Mi riscossi con violenza dall’incredulità di quell’istante, incapace di realizzare che la tragedia era accaduta davvero, prendendo a correre sull’asfalto e chiamandolo a gran voce, cercando disperatamente di scorgerlo fra i flutti.
“Leo! LEO! Aiuto! Aiuto!”.
Mi chinai e feci per strapparmi via le scarpe, pronta a tuffarmi a mia volta, quando una voce calma alle mie spalle mi fece voltare di scatto.
“Va tutto bene, è salvo”.
Alzai gli occhi verso la ragazza che aveva parlato e rabbrividii. Era una giovane donna dalla pelle scura e i lunghi capelli neri che le arrivavano fino alla vita, il corpo perfetto e muscoloso avvolto da un abito nero senza maniche. Gli occhi erano blu, intensi, penetranti, il suo sguardo a un tempo ammiccante e provocatorio mi inchiodò lì dov’ero. Tra le sue braccia c’era Leo, bagnato e tremante, ma salvo.
“Io…chi sei?” balbettai. Qualcosa di lei mi faceva paura. Come se fosse più che umana. Perché non era bagnata, nonostante avesse appena ripescato mio fratello dalle acque del Tevere?
“Sono Amy” rispose lei con un sorriso. “Tu sei Cate, invece”.
Sobbalzai. “Come conosci il mio nome?” domandai tutto d’un fiato. Poi la paura crebbe. Un ricordo, un lontano ricordo risalente a cinque anni prima si fece largo nella mia memoria, facendomi rabbrividire. Già un’altra creatura, una creatura bianca e fredda come il ghiaccio, mi si era presentata in quel modo.
“Devo consegnarti qualcosa da parte del Maestro” rispose lei senza smettere di sorridere. “E’ una fortuna che passassi di qui proprio in questo momento. In caso contrario, non so se saresti riuscita a salvare il ragazzo”. Allungò la mano color dell’ambra verso di me, porgendomi un pacchetto di carta dalla forma squadrata. “Fanne buon uso” disse sorridendo.
“Il Maestro? Ma chi è?”.
“Oh, sono sicura che tu lo conosci benissimo”.
Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso. Mi ritrassi d’istinto, in posizione di difesa. Quel qualcosa di soprannaturale e minaccioso ora era più evidente che mai. “Chi sei?” domandai con maggiore decisione. “Cosa ti ha portata fino a me?”.
“Sono una strega, se non si è capito” precisò lei con un’alzata di spalle, come se fosse la cosa più naturale del mondo. “E ho un incarico. Tutto qui. E ora che l’ho portato a termine, credo di non essere più di alcuna utilità qui. Piacere di averti conosciuta, Cate. Buona fortuna”.
E, detto questo, la creatura mi rivolse un altro strano sorriso e fece una giravolta su se stessa, arretrando di qualche passo e svanendo come nebbia fra le case. Io rimasi lì, impietrita e confusa, un pacchetto fra le mani e mio fratello che mi fissava sconcertato.
“Cos’è successo?” domandò tremando. “Chi era quella?”.
“Tu cosa ricordi?” domandai in tono innaturale.
“Una strega?”.
“Forse. In ogni caso, non tornerà più”. Spero, pensai con un brivido.
Abbassai gli occhi su Leo e sobbalzai. Era asciutto, completamente asciutto, nonostante il tuffo. Solo le tracce dello spavento sul suo volto mi ricordavano che aveva rischiato di affogare solo pochi minuti prima.
“Andiamo al cinema, Cate? Subito, però!” mi implorò.
Io annuii nervosamente, poi spinta dalla curiosità, aprii il pacchetto che la strega mi aveva lasciato. Gettai immediatamente lontano il contenuto come se si fosse trattato di un aspide. Il vecchio libro rilegato in cuoio rotolò a terra, finendo fra le mani di Leo, che lo sollevò, scoccandomi una lunga occhiata interrogativa.
Era L’Ultima Battaglia.

                                                                                                                                                        
Buongiorno a tutti! Come state?
Ok, in questo capitolo di narniano c'era solo la fine, ma è indispensabile affinché capiate. Vi prometto che nel prossimo torneranno i nostri vecchi amici!
Nel frattempo, Cate dovrà scoprire chi è il Maestro e, soprattutto, PERCHE' le ha inviato l'ultimo libro. E Amy? E' buona o cattiva?
Ok, sono perfida! (ride con sadica soddisfazione).
Ringrazio come sempre La_la, cioccolata e sawadee. Ragazze, vi voglio tanto bene!
A presto!
Un bacio!

 

 
 
 
 
 

   
 
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