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Autore: _Fedra_    30/04/2011    2 recensioni
PER TUTTI COLORO CHE DESIDERANO UN FINALE DIVERSO PER LA SAGA. Sono passati cinque anni da quando Cate ha lasciato Narnia, rassegnandosi a una vita normale e abbastanza scontata. Ma la ragazza non sa che le porte di quel mondo parallelo stanno per riaprirsi di nuovo e che lei potrebbe essere l'unica in grado di salvare coloro che ama da un terribile destino. Una fiction che stravolge l'intera saga, ai confini della fantasia, fino all'ultimo, cruciale passaggio che porterà oltre ogni confine.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edmund Pevensie
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'The passage'
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Cinque anni dopo


 La luce era tornata. Era forte, bellissima, carica di colori e profumi che si innalzavano dalla città appena risvegliata dal torpore del lungo inverno. Accarezzava le cupole e i tetti dei palazzi signorili in un unico abbraccio fatto della tenue nebbiolina del pomeriggio.
Sospirai, premendo maggiormente il naso contro il vetro freddo della grande finestra che si affacciava sulla strada. Proprio in quel momento, un tram verde brillante, simile a un lungo serpente sinuoso, passò a tutta velocità nel piazzale, facendo tremare tutto nel grande appartamento vuoto. Mi ritrassi dalla finestra, osservando con aria assente la fiumana di persone che saliva e scendeva dal mezzo, sparendo alla vista, prima di voltarmi lentamente e andare davanti allo specchio dell’anta dell’armadio, prendendomi a spazzolare gli ormai lunghissimi capelli castani con aria assente.
Il riflesso che avevo davanti era ormai quello di una giovane donna, il pallido viso squadrato solcato da due enormi occhioni neri carichi di stanchezza, i vestiti di casa ormai troppo larghi che nascondevano un corpo magro, palestrato quanto bastava, di cui non potevo né vantarmi né lamentarmi. Mi passai la spazzola sulla nuca, liberandomi la fronte ampia dai ciuffi che si ostinavano a nasconderla, legandomeli comodamente dietro la testa. Ok, ora andava molto meglio.
Mi risedetti sul letto, incrociando le gambe e afferrando il libro di arte. Esami, esami in arrivo e la voglia di studiare che come al solito si prendeva gioco di me. Cascai malamente all’indietro, contemplando il soffitto con aria assente. Mi annoiavo da morire. Da quando avevo preso a studiare all’università, la mia vita si barcamenava tediosamente fra lo studio e il lavoro, senza nessun’altra alternativa, specie durante le vacanze, quando il potenziale tempo libero si dilatava a tal punto che mi veniva da studiare per ammazzarlo in qualche modo.
No, le cose non erano cambiate da quando avevo iniziato il liceo. Mamma e papà non c’erano mai, uscivano la mattina presto e tornavano la sera, stanchi morti. Leo era sempre in giro con gli amici, a bombardare con il pallone qualche infelice portale di una chiesa insieme a quella banda di teppisti dei suoi amici.
Qualcosa era cambiato, però. Ora avevo due amiche stupende, Giulia e Rebecca, e un ragazzo ricco e bello quanto bastava, Riccardo.
In quel momento, mi stavo chiedendo dove cavolo fossero finiti tutti quanti.
Ok, lo ammetto, le cose andavano di gran lunga meglio con le amiche che con il mio ragazzo. Riccardo c’era e non c’era. Spariva e ricompariva a suo piacimento, e cosa facesse nel frattempo non avrei saputo dirlo. Era sempre maledettamente impegnato. Però mi amava e tanto.
Per Giulia e Rebecca, le cose stavano diversamente.
Giulia aveva due anni meno di me e frequentava ancora il mio vecchio liceo classico. Ci eravamo conosciute in quarto, l’ultimo giorno di scuola, durante il delirio dei gavettoni. Entrambe avevamo avuto l’idea di nasconderci dietro il parapetto del ponte che collega il Lungotevere all’Isola Tiberina, acquattate dietro le due erme di marmo che precedono l’ingresso. Eravamo andate subito d’accordo e, cosa che ci unì più di tutte, in breve scoprimmo di avere entrambe un’insana passione per Le Cronache di Narnia. Inutile dire che avevamo colto l’occasione per andarci a vedere l’ultimo film insieme, proprio il giorno in cui Roma fu teatro di una incredibile nevicata. Più narniano di così! Giulia era così fissata con Lewis, che era persino riuscita a trovare in tutta Roma il perfetto sosia di Skandar Keynes, alias Edmund Pevensie, con la sola differenza che il ragazzo rispondeva al nome di Massimo, aveva la pelle leggermente più scura e un formidabile accento romano, Lambretta color cachi sempre a disposizione della sua damigella e sigaretta fra i denti. Un vero lord! Amavano sempre consumare le loro uscite pomeridiane a Campo dei Fiori, contemplando i passanti stando appollaiati in cima al piedistallo del monumento di Giordano Bruno, cosa che, per quanto possa sembrare bislacca, era in realtà molto romantica e pittoresca, nel cuore del mercato rionale più amato da noi romani.
Rebecca, invece, era più grande di me. Era già ricercatrice all’università e aveva una parlata formidabile. Non c’era nulla che non sapesse o che non aveva mai fatto in vita sua. Aveva viaggiato in ogni dove, avuto avventure e storie d’amore di ogni sorta, incontrato persone famose nelle situazioni più incredibili. E amava raccontare tutto questo con l’aria più naturale e disinvolta del mondo, lasciandoci puntualmente tutti di stucco. Era un mito. E la cosa più incredibile era che, nonostante la sua disarmante efficienza, Rebecca non ti stancava mai e si rivelava di continuo la persona più sensibile del mondo. Era dolcissima e, come me, amava la buona cucina, senza preoccuparsi di quanti chili puoi prendere per un innocente peccato di gola. Con lei, tutto sembrava improvvisamente facile, naturale. Non faceva mai sentire a disagio nessuno, quando gli parlava. E aveva sempre la soluzione pronta per qualsiasi problema.
Sia Rebecca che Giulia erano sempre andate molto d’accordo fra loro e per questo, nonostante le differenze di età fra tutte e tre, passavamo spesso le nostre giornate insieme. Era bella la loro compagnia. Il dono più bello che potesse capitare a un essere umano. Specie quando Riccardo mi abbandonava, cosa che accadeva ormai troppo spesso, da quando ci trovavamo in facoltà separate. Come se fra Lettere ed Economia ci fosse un abisso. Due vite diverse. Più volte, le mie buone amiche mi avevano detto di lasciarlo in tronco, ma c’era un piccolo particolare che mi aveva sempre impedito di fare il grande passo: io ero innamorata di lui. Lo amavo incondizionatamente, perdutamente, follemente. Ero così felice di aver trovato un ragazzo come lui in quella massa d’ignoranti senza cervello che avevo incontrato fino a quel momento. Riccardo era bello, atletico, i lineamenti nordici e i modi educati, amava l’arte e la musica classica, era educato e pieno di interessi. Ci eravamo incontrati a scuola, per caso, e avevamo preso a frequentarci. Fino a quando i nostri reciproci sentimenti erano emersi. Come potevo lamentarmi se in quel momento, per futili motivi accademici, lui mi trascurava?
Del resto, non mi mancava nulla. La mia vita era semplicemente perfetta.
Una fastidiosa quanto leggera fitta al cuore mi fece trasalire. No, mancava qualcosa, ma oramai dovevo rassegnarmi e basta.
Tutti sapevano ormai del misterioso ragazzo che avevo avuto il primo anno di liceo, ancora prima della mia rocambolesca avventura con Thomas durante il mio viaggio in Germania quando ero in terzo. La leggenda dello straniero dai grandi occhi neri aveva fatto il giro del liceo, fomentata più che mai da Giulia, la quale era convinta che avessi avuto una storia con il vero Skandar Keynes, cosa che però non era poi così distante dalla realtà.
Il fatto era che, per motivi che ancora non riuscivo a spiegarmi, per pochi giorni della mia vita io ero stata con il vero Edmund Pevensie. Ancora mi sembrava di poter ricordare il suo viso nei minimi dettagli, i tratti delicati e il lungo naso spruzzato di lentiggini al disotto di quella massa di capelli scuri perennemente in disordine, ma soprattutto i suoi occhi, grandi, nerissimi, penetranti, che mi avevano così colpita dal primo momento in cui avevo incrociato quel suo sguardo incredibile.
Ma ora era tutto finito. Dovevo arrendermi all’idea che, nonostante lì per lì avessi avuto quasi la certezza che un giorno ci saremmo ritrovati, non avrei rivisto mai più quel ragazzo, né avrei avuto più a che fare con Narnia. Tutto ciò che era accaduto cinque anni prima era stato un semplice capitolo della mia esistenza, necessario per farmi comprendere quanto non avevo compreso e permettermi di diventare una donna, nel mio mondo, vivendo appieno la mia vita. Edmund, invece, era rimasto a Narnia e aveva continuato il suo viaggio come un re giusto e valoroso. I nostri destini erano destinati a rimanere separati, anche se un giorno Aslan gli avesse permesso di ritornare a casa. Lui e la sua famiglia, infatti, prima di venire a Narnia vivevano in una Londra sventrata dai bombardamenti dei Tedeschi. Se solo Edmund fosse tornato, in quel momento avrebbe dovuto essere un vecchietto bavoso e sdentato che sì e no si reggeva in piedi o, peggio ancora, già nella tomba.
Era un ragionamento terribile da fare, ma, a rigor di logica, inevitabile per evitare di continuare a illudersi. Persino Lewis sembrava determinato a dividerci. Avevo terminato di leggere il libro la sera stessa del mio ritorno a casa, precipitandomi poi a vedere il film il giorno dopo. E, non appena era calato il buio in sala, il mio cuore mi era balzato immediatamente in gola, facendomi esclamare un”ah!” di sorpresa che aveva fatto voltare tutti quelli che mi stavano seduti attorno. Era tutto esattamente come l’avevo visto io, la Strega, i Pevensie, perfino Aslan. L’unica cosa che mi faceva capire che quello che avevo davanti era un film e non la realtà era quell’atmosfera strana che regnava in tutte le immagini e sui volti dei personaggi, qualcosa che mi avvertiva che mi ritrovavo di fronte a una perfetta riproduzione di ciò che avevo vissuto, provocandomi una sensazione molto simile a quella che si prova di fronte all’ammiccante riproduzione fotografica a dimensioni naturali di un quadro famosissimo che si è appena visto in un museo. Fu allora che incominciai a rendermi conto che qualcosa non quadrava e a dubitare seriamente della mia salute mentale. Fino a quel momento avevo vissuto Narnia come una cosa vera, senza pensare che si trattasse del libro che stavo leggendo fino a un attimo prima di scomparire in quel paesaggio ghiacciato. Per me era un mondo a tutti gli effetti, un universo che avevo esplorato e vissuto. Non avevo affatto realizzato che potesse trattarsi anche di un’opera letteraria e che un giorno qualcuno potesse addirittura sognarsi di farci un film! Sulle prime, pensai che anche Lewis, come me, fosse andato a Narnia e che avesse poi raccontato la storia spacciandola per un libro per bambini, scelta intelligente, visto il mondo in cui viviamo. Già, ma allora perché aveva visto cose che sarebbero accadute molto tempo dopo e, soprattutto, perché io non c’ero? Non ero mica stata seduta su un masso a osservare la battaglia da lontano come se niente fosse! Avanzai l’ipotesi che a Narnia il tempo scorre diversamente da qui, dal momento che al nostro ritorno da noi era passato poco più di un attimo e non mesi interi. Poi ogni illusione si era infranta come un vetro rotto quando mio fratello se ne era uscito con la massima naturalezza che la saga sarebbe terminata con la tragica morte di tutti i personaggi in un incidente, all’infuori di Susan, che aveva rinnegato Narnia. Fu come un pugno nello stomaco. Morti. Tutti. Peter, Lucy, Edmund…Quel giorno, Leo non comprese perché scoppiai in singhiozzi improvvisamente, né per quale motivo smisi di mangiare per giorni. Loro non potevano capire, non sapevano, non mi avrebbero mai creduta…Se solo avessimo saputo, quel giorno, sulla spiaggia, che quello era un addio…Alla fine, il destino, crudele e spietato, ci aveva divisi per sempre. Aiutato dalla penna di uno scrittore che per pochi giorni avevo amato, poi! Mi sentivo tradita, tradita da una persona che avevo creduto di ritenere una guida, dal momento che era stato grazie a lui che ero riuscita a trovare la porta per quel mondo. Ma a che pro, se era stato tutto perfettamente inutile?
Decisi così di dimenticare. Di credere che fosse stato tutto un sogno. Di costruire la mia vita qui. Non osai mai leggere l’ultimo libro. Era come se avessi la sensazione che, così come era accaduto cinque anni prima, le mie parole si sarebbero trasformate in realtà e avrei così ucciso le persone che amavo con le mie stesse mani! Diabolico Lewis! Almeno in questo modo, speravo, sarebbero stati salvi, a un passo dal baratro, ma salvi. Almeno nella mia mente. Eppure, alle volte mi sembrava di avvertire il loro cuore palpitare in qualche angolo nascosto della mia anima, i loro corpi cambiare. Stavano crescendo, come me. Si stavano avvicinando sempre di più alla fine. Se solo avessi potuto fare qualcosa per cambiare il loro destino, qualunque cosa, avrei agito senza esitazioni. Per un attimo ripensai a Edmund, a che aspetto potesse avere sulla soglia dei vent’anni. Qualcosa nell’immagine continuava a sfuggirmi. Rabbrividii. Il biglietto che mi aveva lasciato prima di dirmi addio era ancora lì, nel cassetto del mio comodino, dentro il mio diario, fermato con una grappetta il giorno del mio compleanno. Don’t forgive me. Non dimenticarmi. No, non l’avevo dimenticato, nonostante tutto, il suo pensiero continuava a tornare in momenti come quelli, quando rimanevo sola e avvertivo che c’era qualcosa di tremendamente sbagliato in quella vita apparentemente tranquilla e rassicurante che stavo conducendo. Ma dovevo. Non avevo altra scelta.

                                                                                                                                                         
Ta-daaaaaahhhh!
Buongiorno a tutti! 
Sì, il capitolo è un po' inquietante, moltopiù di quanto inizialmente volessi renderlo, ma è indispensabile affinché capiate bene che cosa accadrà fra pochissimo (e vi preannuncio che il prossimo sarà anche peggio, perciò preparatevi!). Riuscirà la nostra Cate a ritrovare Edmund e, soprattutto, a salvargli la vita?

Nel frattempo, vorrei dedicare i personaggi di Giulia e Rebecca a due persone carissime, La_la e sawadee, voi sapete perché!^^

Colgo anche l'occasione per fare i miei più sentiti complimenti a cioccolata. Sei un mito, lo credo davvero!

Un bacio e a presto!

 
 

   
 
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