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Autore: Keyra93    03/05/2011    1 recensioni
Tre brevi capitoli che descrivono emozioni e pensieri di Erik e Madame Giry quando il nostro eroe arriva al Teatro... mi sono concentrata per lo più su di lui, ma la Giry mi ha impedito di ignorarla, ha fatto tutto lei...
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nel Buio, 2

NEL BUIO

CAPITOLO 2 - NOTTE INSONNE

Se ripenso a quegli occhi, mi passa ogni voglia di dormire...

La giovane Eloise Giry tornò a girarsi, insonne, nel letto. Erano un paio d’ore ormai che il suo corpo sembrava rifiutarsi di prendere sonno, quasi volesse costringere la sua mente a direzionare tutti i propri pensieri su di un unico argomento: Erik. Il ragazzo che lei aveva salvato, il ragazzo sfigurato, il ragazzo così distante e serio da sembrare un adulto, e così intuitivo e istintivo da sembrare un folle; il ragazzo che aveva ucciso un uomo davanti ai suoi occhi.

I primi giorni aveva cercato in tutti i modi di mettere a tacere quella coscienza che sembrava non volerle dare pace: si era limitata ad aiutarlo col cibo, a chiedergli come stesse, a cercare di sorridergli nonostante il timore che non riusciva a smettere di provare per lui. Forse un giorno ci sarebbe riuscita... ma adesso era decisamente troppo presto. Si era limitata a fare il possibile per lui, costringendosi però a pensare ad altro, a concentrarsi sulla salute di lui invece che sulla propria preoccupazione per il fatto in sé: stava aiutando un assassino! E non appena  la sua mente sfiorò quel pensiero, tornò a pensare che forse era stato tutto un errore, che forse avrebbe dovuto lasciare quel folle lì dov’era, per essere catturato dalla polizia che fin troppo presto aveva cominciato a cercarli... eppure sembrava la sua coscienza stessa ad assicurarle di aver fatto la cosa giusta, un attimo dopo. Si strinse la testa tra le mani, premendo le dita sulla fronte, quasi a voler cancellare con le sue stesse mani tutti quei pensieri che la tormentavano.

Ripensò ai conati di vomito che aveva avuto al ricordo di quegli occhi fuori dalle orbite, di quello sguardo terrorizzato, e dell’espressione seria, composta, di Erik. Così composta... come poteva rimarsene tranquillo pur sapendo di aver ucciso un uomo? Pur avendoli visti anche lui, quegli occhi morenti e terrorizzati? Eppure non le era sembrato così sconvolto, non le era sembrato disperato e addolorato, o schifato di se stesso... le era sembrato solo... distaccato. Come se non fosse stato niente di male. Che non fosse stato il suo primo assassinio? Ma non era possibile, era così giovane... eppure era così tranquillo! O lo sembrava soltanto?

Forse, rifletté, forse gli zingari l’hanno trattato così male che lo considerava un suo diritto. Forse li ha visti uccidersi a vicenda, o picchiarsi, e lo ritiene la cosa giusta da fare. O forse semplicemente non vuole mostrarmi il suo dolore. L’ultima opzione le sembrò la più probabile: viste le penose condizioni del suo corpo, viste le sue ferite e cicatrici, certamente aveva ricevuto un simile trattamento da molto tempo. Forse da tutta la vita. E del resto, non aveva visto lei stessa quel mostro del suo aguzzino bastonarlo e frustarlo, solo per il divertimento degli altri mostri che assistevano allo spettacolo? Non li aveva forse visti ridere sguaiatamente di fronte a quell’orrore, quell’orribile calvario per un ragazzo così giovane? Si ritrovò gli occhi umidi al pensiero di tutte le sofferenze che Erik doveva aver provato: cosa poteva aver fatto di male, per meritarsi un simile trattamento? E quell’atto così terribile, quell’uccidere il suo aguzzino, non era forse ragionevole, visto come gli avevano insegnato che si trattava il prossimo? Cosa ci si poteva aspettare da un povero ragazzo trattato a quel modo?

Eppure il suo sguardo, quei suoi occhi capaci di essere così intensi e penetranti, non potevano non spaventarla. Poteva compatirlo, soffrire per lui, e non avrebbe mai smesso di cercare di aiutarlo; poteva addirittura volergli bene - e del resto quasi lo faceva già, perché desiderava vederlo riprendersi, farsi una vita normale... ma non poteva smettere di temerlo, anche se poco. Non poteva dimenticare quel suo sguardo apparentemente così distaccato, che pure a volte mostrava una tale tristezza... ma era capace di tutto! L’aveva visto scattare per frasi apparentemente innocenti, o farsi improvvisamente silenzioso e pensieroso, o raccontarle qualcosa che aveva osservato nei suoi viaggi, anche se questi casi erano stati rarissimi. Le aveva raccontato poco, e malvolentieri, di qualche città francese, ma ella aveva ben capito che aveva viaggiato anche più in là. Forse col tempo si sarebbe aperto di più con lei, le avrebbe raccontato di più... o forse no. Come potrei saperlo?, si chiese mentre affondava la faccia nel cuscino del suo letto. Era proprio quella sua capacità di dimostrare mille emozioni diverse a spaventare a tal modo la ragazza: un ragazzo di quell’età che potesse provare una rabbia come quella che a volte gli era balenata negli occhi, e capace di apparire, solo pochi attimi dopo, del tutto tranquillo e distante, non era forse terrificante? Sembrava al di fuori di ogni realtà che Eloise avesse mai conosciuto. Non aveva mai visto degli occhi capaci di tante emozioni differenti, tutte così profonde da farle sembrare eterne, che sparivano invece nel giro di pochissimo tempo.

In un moto di stizza per quelle continue domande, che sapeva essere senza speranza di risposta, spinse la testa sotto quel cuscino che ormai da ore martoriava, quel morbido cuscino nel suo letto, nella sua camera, della sua casa. Una lacrima bagnò finalmente le lenzuola che coprivano il materasso, al pensiero che Erik non avesse una casa. Niente casa, niente genitori, niente fratelli... non una mamma che lo abbracciasse... quanto tempo aveva vissuto con quegli orribili zingari? Da quanto tempo non riceveva un abbraccio o un sorriso? Sembrava sempre così interdetto, quando lei gli sorrideva... Eloise si chiese, improvvisamente, come dovesse essere vederlo ridere. Effettivamente, poteva ben chiedersi come dovesse essere vedere il suo volto in una di quelle mille espressioni che sapeva avere: non l’aveva mai visto senza quel sacco se non quando il suo aguzzino gli aveva sollevato la testa di fronte ai testimoni di quel macabro spettacolo. E il povero ragazzo non poteva certo avere un’espressione tranquilla, in quella situazione... un’altra lacrima bagnò il lenzuolo, al ricordo di come Erik arrancava per riprendere quel misero sacco usato a mo’ di maschera, e si raggomitolava su se stesso, quel suo pupazzo tra le mani sporche...

E chissà adesso cosa faceva, chissà se lui si ricordava di lei, ogni tanto, mentre lei non riusciva a toglierselo dalla testa, non riusciva a dormire. Chissà se le era grato davvero. Lui sembrava sempre distante e desideroso di stare da solo, questo sì, però l’aveva ringraziata. Un’unica volta, e sembrava che ci avesse pensato a lungo prima di dirle quella parola; però gliel’aveva detta.

Per l’ennesima volta, Eloise si chiese cos’avrebbe fatto lui, tutto solo, nei sotterranei di un teatro. Dalla decisione che aveva preso - quella di rimanere lì - sembrava che avesse una qualche idea da mettere in atto. Ma certamente lei, che dopotutto non era davvero sua amica e non passava molto tempo insieme a lui, non poteva sapere se avesse sul serio qualcosa in mente. Forse voleva costruirsi una casa, lì sotto... del resto non poteva vivere come i topi, sulle pietre. Sicuramente avrebbe avuto bisogno di cose come un letto, dei vestiti, un tavolo... una cucina, forse? Insomma, più ci pensava più le sembrava tutto assurdo. Credeva che avrebbe potuto continuare per sempre a rubare dal teatro?

Per sempre? Restò perplessa del suo stesso pensiero. Sarebbe rimasto lì per sempre?

Mentre quella domanda sembrava lasciare un’eco nella sua testa, rimise il cuscino sotto il capo, e rimase per qualche attimo a fissare il soffitto, lo sguardo perso, lontano dalle assi di legno che troneggiavano su di lei. Solo dopo lunghi minuti chiuse gli occhi e, congiungendo le mani al petto, recitò una preghiera: pregò che Dio potesse aiutare Erik, quel povero ragazzo che sembrava l’essere più solitario al mondo, che potesse aiutarlo a trovare qualcosa per cui valesse la pena vivere... per cui valesse la pena riprendersi dai momenti orribili che aveva vissuto fino ad allora. Riaprì gli occhi, quasi cercando un segno divino nel legno oscuro sopra di lei, per poi lentamente richiuderli, sospirando profondamente.

Girandosi per l’ultima volta e trovando finalmente una posizione comoda, o per lo meno più di quanto non fosse tenere la testa sotto il cuscino, Eloise emise un altro lungo sospiro, stanca per quegli incessanti pensieri che la tormentavano e per tutta la pressione a cui si era sottoposta per questa storia. Strinse leggermente le palpebre all’idea che, da quando lo aveva incontrato per la prima volta, non aveva cessato un attimo di pensare a lui... o per lo meno, di ricordare la sua presenza, solo pochi piani sotto di lei. L’unica cosa confortante a cui poteva pensare era che lui, grazie al Cielo, era capacissimo di rimanere nascosto: così almeno lei non doveva preoccuparsi di non farlo scoprire, perché in questo era bravissimo. Sprofondò un altro po’ nel cuscino, mentre i pressanti quesiti che l’avevano disturbata fino a quel momento sembravano scomparire nel buio circostante, non lasciando altro che una debole scia di preoccupazione attorno a lei. Di una cosa sola era certa, dopo tutte quelle innumerevoli domande: se lui avesse avuto bisogno di aiuto, di un’amica, di una complice, di un silenzio o di un sorriso, lei ci sarebbe stata. Per sempre.

 

***

Ed ecco qui il secondo capitolo... molto breve, lo so, ma anche se Madame Giry mi piace non ho molta voglia di scrivere di lei... anche se, lo ammetto, ritengo questo scorcio dei suoi pensieri carino. Non la vedo come una perenne donna d’acciaio, e infatti qui è tormentata. Certo, Erik è stato maltrattato terribilmente, ma parliamoci chiaro: l’ha visto mentre uccideva un uomo. Non è proprio così immediato, pensare bene di lui, temo... e comunque dal film ho notato che la Giry ha paura del Master, anche se per lei lui è completamente demitizzato: semplicemente sa chi è e cosa è capace di fare. Ringrazio chiunque abbia anche solo letto :) al prossimo, e ultimo, capitolo. Su Erik, of course ;)

Key

   
 
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