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Autore: IsabellaVivianne    03/05/2011    0 recensioni
Arthur boccheggiò per alcuni istanti, rosso in viso [...] Il viso di lei era la perfezione e gli occhi brillavano, blu come la notte.
A Merlin il respiro si mozzò in gola. perchè era bella, bella, dannatamente bella!
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Merlino, Nuovo personaggio, Principe Artù
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più stagioni
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Capitolo III

Merlin trattenne il fiato e i colori della stanza parvero spegnersi di colpo, avvolgendo l’immobilità di Uther Pendragon e la pacata sfrontatezza della giovane dama in un vortice di incredula paura.          
Di lì a poco fu chiesto a gran voce a tutti i presenti di lasciare la sala, fatta eccezione per Gaius.
Merlin si sentì trascinare fuori dalla folla di cavalieri, consiglieri e servitori, perso nella consapevolezza che, sicuramente - diamine, ne era così certo - , Isabella - una maga, nata in paese di maghi, Dei!- avrebbe lasciato Camelot entro le luci della prima veglia.
 
Uther la fissava scettico sotto le sopracciglia aggrottate, mille dubbi nella testa, mille ansie nel petto. Fissava Lady Isabella e qualcosa gli urlava di fare attenzione, di scrutare meglio quegli occhi, quel sorriso. Una voce sottile e lontana che parlava di tempi passati e lontani, gettati sul fondo di un pozzo macchiato di sangue, ma semplicemente Uther Pendragon non era uomo da soffermarsi su dettagli di coscienza, perciò attaccò.
“Non offrirò il  mio aiuto ad un regno che fa uso di stregoneria!” urlò, serrando i denti e le braccia, come ad assumere, spontaneamente, una posa più offensiva di quella che già aveva in precedenza.
“Il Powys non è Albion!” ribatté lei, sussultando leggermente, con troppa innocenza stampata in viso “Noi siamo votati alla Dea Madre ed ad Avalon, Uther Pendragon, e come sovrano hai sottoscritto in presenza della Signora un accordo di non belligeranza e aiuto reciproco con gli altri re di Britannia!”
All’accenno - neanche troppo velato - alla Dea di Avalon, la Dea della magia, Uther quasi ruggì, stendendosi avanti col petto, mentre antiche immagini gli ottemperavano la mente e uccidevano definitivamente il suo buon senso.
“Dea! Una strega!” sibilò, ma Isabella non incassò il colpo, anzi, si erse, racchiusa nel suo mantello bianco.
“Una divinità, Maestà, che non è saggio insultare.” sibilò a sua volta, avanzando di un passo leggero.
Gaius studiava. I suoi occhi vigili non perdevano uno sguardo, un movimento, una battuta. Guardava le mani di Lady Isabella  agitarsi, impossibili, formando in aria disegni incomprensibili. Le labbra che sussultavano, rosse come il sangue e si chiudevano attorno a parole coraggiose che sapevano di qualcosa di strano e ottemperato dal tempo e dalla conoscenza. E ancora gli occhi: Gaius ne aveva perfetta visione da dove si trovava, e benché di così blu non ne avesse ancora trovati essi gli apparivano perfettamente familiari mentre urlavano, e sì, urlavano, dalla voglia di liberare ogni pensiero chiuso e proibito dalla rigida etichetta e dal rispetto nei confronti di Uther Pendragon. Gaius non era uno sprovveduto e sapeva dove e cosa osservare per saper leggere e consigliare, ma ora si trovava davanti ad una situazione alquanto incomprensibile: dettagli estremamente contrastanti fra di loro e un qualcosa che rimaneva… di innominabile.
“Perché dovrei aiutarvi?” domandò Uther e sembrava più calmo ora.
“Perché se il mio regno cade dopo sarà la volta di Camelot.” rispose Isabella e aveva ragione, maledettamente ragione! Uther lo sapeva, ma non sarebbe sceso a patti con una strega. Avrebbe avuto il suo prezzo questa scelta, come non crederlo, sarebbe stata ipocrisia negarlo, ma mai avrebbe acconsentito.
“Affronterò la minaccia sassone quando verrà il momento.” deliberò e Isabella sorrise leggera, di nuovo, con aria superiore, un’aria maledettamente inspiegabile pensò Gaius che assottigliò lo sguardo. Forse era un po’ più vicino.
“Non è da guerrieri, Uther Pendragon, aspettare che il nemico bussi alle porte.”
Ed Uther si alzò dal trono, andandole incontro lentamente, come un predatore che sa chi si trova davanti ed è pronto ad arginare qualsiasi imprevisto. Paradossalmente colei che gli stava davanti altri non era che un’esile ragazzina.
Gaius, tremendamente sorpreso alzò il sopracciglio ma rimase dov’era.
“Cosa ne vuoi sapere tu, donna!? Sei votata ad incantesimi e pozioni, non alla guerra!”
Gli occhi di Uther saettavano e la mano sull’elsa della spada parlava chiara sul suo turbamento. Gaius non credeva che l’avrebbe sul serio utilizzata, non contro una nobildonna indifesa, ma ancora rimaneva in silenzio.
“Sono figlia dell’isola Sacra, so guardare aldilà di ciò che vedo.”  sussurrò Isabella e la sua voce si fece tirata e stonata e gracchiante, gli occhi si fecero vacui e profondi, spalancandosi.
La spada di Uther fremette; il sovrano la impugnò, fermandola poco vicino alla donna, le mani che tremavano vistosamente.
Gaius sentì un brivido corrergli lungo la schiena e avanzò, di poco, ma avanzò.
Le parole che il vento sussurrava in vece di colei che non poteva essere nominata galleggiavano ancora, ferme e guastafesti.
 
Uther si toccò la cicatrice sulla mano destra, piccola e rosea, la spada un oggetto a terra.
Gaius si raddrizzò e corrugò le labbra, chiudendo un attimo gli occhi.
Isabella alzò il capo e sorrise.  
 
Inchinati Uther Pendragon, perchè la Signora di Avalon è davanti a te.
 
 
*
 
Quando Gaius entrò nel suo laboratorio aveva ancora la sorpresa dipinta sul volto. Si guardò bene dall’incrociare lo sguardo del giovane Merlino e si mise a mescolare un unguento ancora incompleto, le sopracciglia aggrottate e la mente altrove. Ripeté movimenti saputi per pura abitudine, accorgendosi solo distrattamente del mago che si era seduto a gambe incrociate innanzi a lui. Gaius sbuffò leggermente e si rassegnò.
“Accontentati di questo Merlino: lei rimarrà a Camelot.”
 
“Pensavo di avere imparato tempo fa a guardarmi dai tuoi raggiri Dama del Lago, a quanto pare non è così.”
Uther parlava e si sfiorava la cicatrice, memore del patto di sangue che lo legava a Viviana. Lei sembrava divertita, ma Gaius non poteva dirlo con certezza.
“ Non volermene Pendragon, non era nelle mie intenzioni nuocere a Camelot.” Sorrise Isabella, nuovamente, passandosi una mano fra i capelli castani.
“ Dama, dimmi perché dovrei crederti.”
Incredibile, notò Gaius, come ancora, a distanza di anni, Uther non aveva dimenticato il debito che lo legava alla donna. Il comportamento che teneva con lei era del tutto estraneo alla sua indole che, sebbene testarda e orgogliosa, faceva di un debito d’onore una questione di primaria importanza.
“La minaccia sassone è vera, Avalon stessa è in allarme.” riprese Viviana, torcendosi le mani. “Alcuni contatti sono ancora troppo fragili e l’orda barbarica porterà distruzione e miseria. Io lo so, l’ho visto.”
“Non comprendo però il senso della messinscena Viviana, perché fingere l’attacco nel bosco e la morte del padre?” intervenne Gaius.
Lei simulò un gesto della mano, quasi incurante. Borbottando qualcosa sull’infiltrarsi dopo che le era stato proibito entrare fra le mura.
Uther la fulminò.
“La magia è bandita Viviana.”
“Sai bene che la mia non è magia.”
“Domani lascerai il castello.”
“Tornerò ancora Uther Pendragon, finché non mi ascolterai.”
Il colloquio durò per ancora una veglia, interrottamente. 
 
 
  

Sophie:

Perdonatemi il ritardo, ma ho sul serio riscritto questo capitolo tantissime volte! Ogni volta la reazione di Uther era così tanto diversa dal personaggio televisivo che ancora con questa mi sembra di essere andata fuori -.-
Chiedo venia anche per le risposte alle precedenti recensioni, provvederò immediatamente (Dio, quanto sono imperdonabile!).
Alla prossima!
Chiedo 
  
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