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Autore: sephi89    03/05/2011    1 recensioni
"Quel giorno ho scoperto di essere cambiato. Non era il vuoto lasciato da mio padre, nè il disprezzo che la gente provava nei miei confronti a rubare i miei pensieri...ma era dalla schiena di Falcon, in procinto di andarsene senza voltarsi, che non riuscivo a distogliere gli occhi. Improvvisamente, consapevole che non sarei mai stato importante per lui, provai il forte desiderio di diventare qualcosa che gli fosse indispensabile per realizzare i suoi obbiettivi. Così facendo avrei perso l'indifferenza a cui tenevo tanto..ma non mi importava più."
Genere: Fantasy, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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Prologo


La città di Midgard era in fiamme. Nel cielo rosso del tramonto si stagliavano a centinaia le scie delle meteore che cadevano dal cielo, ogni loro impatto creava un boato assordante. Urla aghiaccianti si levavano dalla folla presa dal panico totale. Vie di fuga non ce n'erano, l'unica salvezza era usufruire delle aereonavi il più in fretta possibile.

"Presto da questa parte!!" Una donna dai lunghi capelli neri tentava di incanalare quante più persone poteva verso l'entrata di un grande mezzo di trasporto. Ma il fagotto che stringeva fra le braccia le rendeva difficile il compito. Un uomo sui 35 anni, biondo e dall'aspetto alto e robusto, si affacciò da un oblò attirando l'attenzione della donna

"Tifa! L'aereonave è arrivata al massimo del carico! Non decollerà mai se facciamo salire altra gente!!" le urlò. Gli occhi della ragazza si rivolsero disperatamente verso i volti sconvolti di chi, in cuor suo, sapeva non avrebbe più rivisto la luce di un nuovo giorno. Lacrime amare iniziarono a scendere copiose. Per quanto l'impotenza di fronte alla tragedia imminente le dilaniava il cuore, distolse con enorme sforzo lo sguardo e corse velocemente all'interno della nave, pregando che i suoi piedi continuassero ad avanzare senza mai voltarsi indietro. La porta automatica si chiuse dietro di lei con un breve sibilo. Percorrendo il lungo corridoio che conduceva alla cabina di pilotaggio, sentì le urla farsi più acute. Si rifiutò di ascoltarle. L'uomo che fino a poco fa si sbracciava dal finestrino, si era già proiettato sul posto di guida. Con velocità e destrezza incredibili azionò diverse leve e pulsanti e l'aereonave prese vita. Il rombo del motore crebbe d'intensità: era pronta. Il capitano impugnò i comandi come pistole pronte a sparare. La nave si sollevò da terra e appena prese sufficiente quota, tirò a sè violentemente la cloche sfrecciando nel cielo. Con il fragore delle esplosioni che si allontanava sempre più, Tifa ed il capitano Cid Highwind sfrecciarono a velocità massima verso il cielo, portando con sè quante più vite erano stati in grado di salvare. Finalmente fuori pericolo, non c'era un attimo in cui, con la mente, non si giravano a guardare la città ormai perduta, con la cocente sensazione di non aver fatto abbastanza per la loro gente. Mille angosce che potevano trovare sfogo solo in pesanti sospiri.

L'aereonave volava già da diverse ore attraverso un cielo notturno che si rifletteva su un mare sconosciuto. La guida del macchinario era stata affidata al copilota Stilzkin, mentre Cid si riposava sulla branda in fondo alla cabina. Tutti i passeggeri avevano seguito lo stesso esempio, dormendo profondamente sui loro posti. Amici, fratelli, genitori, fidanzati...coloro che avevano perso la vita riapparivano nei loro sogni, illudendosi di stringere ancora le loro mani. Tifa osservava la distesa d'acqua vibrare sotto una pallida luna piena. Non poteva dormire. I suoi pensieri le rubavano il sonno ed erano fastidiosi come i capelli che le finivano sul viso. Il fagotto, che non aveva fatto altro che dimenarsi e strillare per tutto il tempo, smise di piangere. Con delicatezza spostò la copertina che aveva coperto il morbido visino del piccolo. Nonostante tutto, non potè fare a meno di guardarlo con dolcezza. Si chinò un poco fino a sfiorargli la fronte con le labbra. Per un'istante si distrasse pensando ad un nome da dargli, ma venne presto interrotta da un piccolo esserino, molto simile ad un lanoso leprotto, che levitava grazie ad un paio di aluccie violastre.

"Signorina Lockheart mogu, il capitano Cid mi ha chiesto di riferirle che atterreremo a breve mogu" Tifa sorrise al piccolo moguri, affaticata dal lungo viaggio e sotto il peso dei terribili eventi che in quel giorno le avevano segnato l'esistenza.

Come predetto da Stilzkin, l'aereonave approdò poco dopo su un'isola distante svariate centinaia di chilometri dal continente. Poco alla volta, ogni passeggero si ridestò dal proprio dormiveglia sbarcando dall'aereonave. Gli arti ancora intorpiditi, e le menti lasciate a Midgard assieme ai loro cuori. Tifa fu l'ultima a scendere. L'aria fresca della notte la carezzava delicatamente, facendole credere di essere stata immersa nelle fiamme fino ad un attimo prima. Quasi non osservava il paesaggio circostante da quanto le pesava la stanchezza. Si tolse d'istinto le scarpe, sperando forse che la sabbia soffice in cui sprofondavano i piedi nudi le donasse un pò di sollievo. L'isola era tutt'altro che disabitata e gli abitanti, avvertiti in precedenza del loro arrivo dal signor Highwind con un mayday, prestavano soccorso ai poveri sventurati come vittime di un naufragio. Ci furono molte parole di ringraziamento anche se Tifa non partecipò. Restava sulla riva fissando l'oceano con ancora in braccio il pargoletto.

"Tifa io vado, ho finito qui" Disse Cid"Stanno già sistemando la maggior parte dei nostri nelle case-rifugio in attesa di avere una casa propria, faresti meglio ad andare anche tu, non hai una bella cera" l'uomo si era avvicinato senza che lei se ne accorgesse, presa com'era dal suono creato dalla risacca delle onde.

"Cid..com'è potuto capitare tutto questo..?" sentiva le lacrime salire per l'ennesmia volta. Cid sbuffò.

"Quel che è stato è stato. E' stupido pensare che la vita sia quella cosa che ci capita mentre noi siamo indaffarati a realizzare altri progetti....piuttosto, che hai intenzione di fare?"indicò il neonato con un cenno del capo.

La giovane si concentrò nuovamente sul bambino assumendo un'espressione completamente diversa, come se quella piccola presenza fosse apparsa solo ora.

"Ne abbiamo parlato già troppe volte..e comunque ora non abbiamo molte opzioni. Lo terrò con me, non me la sento di abbandonarlo..e qui chiudiamo il discorso" nelle sue ultime parole, Tifa fu incisiva ed irremovibile. Il capitano alzò gli occhi al cielo, grattandosi nervosamente il capo. C'erano molte cose per cui non avrebbe assolutamente lasciato che la discussione si chiudesse in questo modo. Ma in quel momento lasciò perdere.

"Vabbè..senti, gli darai pure un nome a questo demonietto?" il tono della sua voce era decisamente più sarcastico che non affetuoso, tuttavia la ragazza sorvolò e iniziò a pensarci sopra.

Il piccolo dormiva profondamente, inconsapevole del suo futuro, se ne avesse avuto uno, inconsapevole di ciò che era successo e del peso immane che aleggiava sul nome che l'avrebbe segnato per il resto della sua vita. Un riflesso involontario lo costrinse a voltare lievemente la testa, giusto quel poco per fare in modo che un piccolo ciuffo di capelli argentei facesse capolino dal fagotto.

"Lo chiamerò come lui...avrà il suo stesso nome..."

Cid si incupì udendo quel nome. Il nome più terrificante per qualsiasi orecchio umano e non che abitasse sulla terra. Ma pronunciato da lei, lei che in fondo era riuscita a comprenderlo e perdonarlo poco prima che l'ultimo bagliore di vita svanisse dalle sue iridi verde acqua, aveva lo stesso dolce suono delle onde dell'oceano.

"Sephiroth"



17 anni dopo.


Destiny Islands. Un arcipelago di pace e tranquillità, dove i raggi di un sole eternamente estivo illuminano il tuo viso e la brezza marina ti sfiora i capelli. Il verso dei gabbiani annuncerà il tuo mattino e il fragore delle onde è la musica più sublime che ascolterai. L’arrivo del popolo continentale, i reduci di Midgard, non avevano urtato quell’equilibrio perfetto di armonia fra uomo e natura. Tutti si erano adattati a questa nuova vita e, dopo diciassette lunghi anni, ognuno aveva ricostruito qualcosa sopra le ceneri del proprio passato. Era il seguito della loro tragica storia, il nuovo capitolo che aspettavano da molto. Ma ciò che era il paradiso per alcuni, era l’inferno per altri. L’aumento demografico fu notevole, e questo significava nuove abitazioni, edifici, la vita non era poi cosi serena come appariva. Movimento, folla, rumore.

-Sparite dalla mia vista, mi bloccate la visuale- un ragazzo sui diciassette urtò un passante fra i tanti ammassati nella piazza. Non si voltò, non chiese scusa. Mille voci si mischiavano fra loro, i venditori urlavano i loro slogan pubblicitari, alcune ragazze ridevano scioccamente fra loro, le scarpe dei passanti colpivano i ciottoli della strada, un padre chiamava sonoramente suo figlio.

-Basta, state zitti!! Finitela di parlare!!- il giovane si faceva largo tra i pedoni, gli occhi bassi, scuro in volto.

-Fuori dai piedi, tutti quanti!!!- nella sua fantasia avrebbe voluto essere invisibile, in totale solitudine. Almeno cosi nessuno si sarebbe più girato a guardare quei suoi bizzarri capelli argentati, quasi fosse un mostro ripugnante.

-Ho già le mie idee ed i miei valori...perciò, tutto ciò di cui ho bisogno sono solo io - riuscì finalmente ad uscire da quella fiumana umana. Comunque non sarebbe servito, dovunque andasse era incatenato a quel posto. Senza via d’uscita.

-Io non sopporto le persone…..non ne ho mai avuto bisogno… e mai ne avrò-



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