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Autore: yuki013    04/05/2011    2 recensioni
In fondo nella mia vita non avevo provato altro che una dolorosa solitudine. Sin da quando ero nata non avevo avuto uno scopo diverso da quello di essere la cavia per gli esperimenti di una strega.[...]
Ma ciò che avvenne dopo non lo immaginava nessuno, io per prima. Io, e il freddo imperturbabile.
La rosa nera del deserto.
Genere: Malinconico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Crona, Death the Kid
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Unsymmetrical Perfection'
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Piccola parentesi per rispondere alle recensioni!!

Sarainsb ---> Grazie per i capelli!! *w* ma io li voglio come Kronaaaaa uff... a parte questi scleri da bimbaminkia, avevi ragione per quanto riguarda Shinigami. Hehe, una ne pensa e mille ne fa ù-ù
Soul e Black*Star... chi lo sa, in futuro magari metterò il loro "discorsetto" con Kid XD Grazie per gli auguri, spero davvero di sentirmi meglio ^^ un bacio

xXx_Jujuchan_xXx ---> Sei tornata finalmente!! *.* spero tu ti sia divertita. Grazie come sempre, mi fa piacere quando quello che scrivo piace u.u e poi tra gli autori preferiti...waaaaah!! Basta basta...potrei dire una cosa...ma me la tengo per il prossimo capitolo. Ooooh, commozione ç‿ ç adesso basta davvero, ti lascio al resto della storia. Smack =*

Buona lettura bellocci!!!
-Yuki
xX


Krona

Va bene, forse tra i due la ninfomane ero io.
Dopo aver ucciso il demone, Kid mi aveva portata dal suo amico Tony. La “pizza” era un impasto lievitato di acqua, farina e sale condito con vari ingredienti e cotto nel forno a pietra. Lo chef aveva chiamato la mia “Margherita”; e così avevo scoperto di amarla. Sarebbe più corretto dire che amavo tutta la cucina italiana: dopo aver assaggiato spaghetti alla carbonara e cannoli alla ricotta, decisi che avrei pranzato in quel locale più spesso.
Con le pance piene e la mente sgombra dalle preoccupazioni, avevamo fatto un giro in uno dei tanti sobborghi di Death City, lungo i canali del fiume Mead, un piccolo torrente sotterraneo che attraversava quella parte di città.
Ci fermammo su un vecchio ponte di ferro, all’apparenza abbastanza stabile da reggere il peso di due persone. Non so cosa mi prese, ma scavalcai il parapetto e mi sedetti sul bordo in pietra, provocando un po’ di timore in Kid.
«Anche se cadessi, l’acqua è bassa. Non accadrebbe nulla».
«Non è questo il punto».
Mi sfilai le scarpe e le misi dietro di me. «Ah no? E quale sarebbe, di grazia?», chiesi canzonandolo mentre con la punta del piede sfioravo la superficie chiara.
Lui si strinse nel lungo mantello nero, posandomi una mano sulla testa. Assaporai quel momento così intimo, senza preoccuparmi troppo di quanto fosse strana la situazione.
«Il punto è» - disse appollaiandosi sulle sbarre di ferro come un’aquila - «che se tu cadessi ti bagneresti, prendendoti un raffreddore. Senza contare che non so se riuscirei a riportarti a casa».
Lo guardai divertita. «Non dirmi che sei così poco forzuto». Guardandomi mi passò la mano sulla guancia. «Non abbastanza da arrivare alla villa con te bagnata e seducente tra le braccia». Avvampai, lui ghignò soddisfatto.
Se questo vuoi, questo avrai.
«Mi dispiace, vorrà dire che ci tornerò con le mie gambe. Almeno però aiutami a saltare». Ingenuamente mi porse la mano, e io l’afferrai timidamente. «Giù, s’intende».
Mi guardò senza capire le mie intenzioni, e approfittai della sua esitazione per tirarlo verso di me, velocemente.
Ed entrambi eravamo bagnati fradici sul letto di un fiumiciattolo con l’acqua fino al busto.
Iniziai a ridere come una bambina, tenendomi la pancia. «Hahahahahah, dovresti vedere la tua faccia!». Ma Kid non rispondeva.
Mi preoccupai di averlo fatto arrabbiare. «Kid?».
Come riprendendosi scoppiò anche lui, sbattendo i pugni sull’acqua. «Questa me la paghi!», e mi schizzò addosso. La battaglia non durò molto, perché il vicinato ci urlò contro di andare a far casino da qualche altra parte.
Era mezzanotte passata quando arrivammo al cancello della residenza, fradici fino ai piedi ma contenti. Kid non si era lamentato neanche una volta per i suoi vestiti del tutto asimmetrici, ma anzi era diventato più allegro del solito. Gentilmente mi lasciò la priorità della doccia, e ne approfittai per fare un lungo bagno bollente, cercando di togliermi di dosso l’odore di acqua di fiume. Mezz’ora dopo uscii con addosso il mio pigiama estivo verde chiaro e i sandali bianchi che mi aveva regalato Maka due mesi prima.
La mia stanza era pervasa dal chiarore della luna e dalla leggera brezza di Giugno: mi sentivo appagata, felice. Come se tutti i tasselli della mia vita combaciassero.
Quella vita era stata come un puzzle disperso in giro per il mondo, che pezzo dopo pezzo cercava faticosamente di tornare integro, arricchendosi di amici e fiducia, dell’amore che provavo per Kid, finché c’erano quasi tutti i frammenti. Mancava l’ultimo: me stessa.
Adesso l’immagine era chiaramente visibile, il ritratto di un’esistenza semplice e piena.
Sentii oltre la porta del bagno il soffione della doccia. Lui era sempre così vicino, eppure così distante, come se nascondesse un dolore inconfessabile, talmente forte da non poter essere compreso da nessuno se non da lui.
Dieci minuti dopo sentii bussare alla mia porta. «Posso?», domandò Kid.
«Certo», risposi tranquillamente. Avevo già preso in considerazione l’idea di dormire con lui quella notte. Non per fare chissà che, per intenderci, ma Patty e Liz non sarebbero tornate che nella tarda mattinata del giorno seguente e pensavo che si sarebbe sentito ancora triste senza le sorelle a migliorargli l’umore.
Ma disgraziatamente tutte le mie caste idee sul “passare-la-notte-insieme-per-dormire-e-basta” andarono prontamente a farsi benedire nel momento stesso in cui lui si infiltrò nella mia stanza con in mano il phon e coperto solo dai pantaloni del pigiama blu scuro.
«Ti dispiace se mi asciugo i capelli qui?», chiese. Quella situazione non era nuova.
Se però la prima volta i suoi ciuffi corvini erano appiattiti sulla fronte e sulla nuca, la seconda erano arruffati e sparati sulle spalle e sugli occhi; aveva ancora le ciglia ricoperte di minuscole gocce d’acqua, mentre alcune più grosse scivolavano dalla capigliatura al petto nudo. Dei del cielo. No, davvero non avrei avuto speranze di vedere un’altra alba.
Idiota! L’hai visto nudo, non c’è bisogno di imbarazzarsi tanto per un po’ di pelle al vento! Inutile, non riuscivo a smettere di fissarlo. Riuscii solo a scuotere la testa.
Senza fare una piega si era accomodato sulla sedia di fronte allo specchio, sorridendomi. «Vuoi farlo tu?», chiese indicandomi il phon, tanto per non lasciare spazio ad eventuali doppi sensi, perché ce ne sarebbero stati, e parecchi pure.
«N- non so come si fa. In genere li lascio asciugare all’aria», risposi senza guardarlo.
«Non ci vuole niente, dai». Controvoglia mi allontanai dal letto, lasciando che mi spiegasse come passare quell’affare senza bruciargli la testa. «Devi semplicemente direzionare il getto d’aria, i miei capelli verranno come sempre. Uno dei vantaggi degli Shinigami», concluse sorridendo, e provocandomi un altro piccolo infarto.
Ok, calmiamoci. Adesso tu gli asciughi i capelli per bene e ti concentri sul rumore del phon, sulla luna, sui compiti di Stein e non ci pensi. Poi lo abbracci da dietro e… no, no, NO! Ricominciamo…
Più cercavo di non pensare alla sensazioni che provavo, e più invece finivo per pensarci, anche perché era abbastanza difficile dirottare i miei pensieri avendolo così vicino, con i capelli tra le mie dita, il fisico asciutto in bella mostra e il suo forte profumo muschiato vicino a farmi perdere i sensi. Dopo quelli che mi sembrarono secoli mi indicò la nuca, che in effetti era ancora umida. Passai le dita anche lì, facendo attenzione a non lasciare zone bagnate.
Vidi ad un tratto Kid saltare sulla sedia e voltarsi di scatto. Spensi il phon.
«Ti ho fatto male?», gli domandai fissandolo negli occhi. Potevo concedermi solo quello.
«No, però… forse è meglio che tu non… mi tocchi il collo». Colsi un tremolio nella sua voce. «Perché?».
Spostò il peso da una gamba all’altra. «Diciamo che sono… particolarmente sensibile, in certi punti». Si voltò imbarazzato. Ah, è così.
Fu su per giù quello il momento in cui ammisi a me stessa di essere una maniaca depravata, perché posai cautamente l’aggeggio malefico sul mobile e abbassandomi accanto al suo orecchio gli sfiorai con due dita il punto dalla vertebra cervicale fino alla base del cranio.
E com’era prevedibile, lui si alzò così in fretta che riuscì a confondermi. Fatto sta che mi ritrovai seduta sul mobile della specchiera, con i polsi premuti contro il vetro e Kid poco disposto a staccarsi dalle mie labbra. Complimenti, dritta nel girone dei lussuriosi.
Liberandomi dalla sua presa ferrea gli cinsi il collo con le braccia, avvicinandolo ancora di più a me, assaporandolo lentamente. E sapeva di cioccolato, Kid. Non avevo idea di come facesse, ma sapeva di cioccolato fondente, dolce ma amaro, che anche dopo aver finito di mangiarlo ti lascia il sapore sulla lingua e fin giù in gola.
Quel sapore che mi avrebbe fatto impazzire, sempre.
Quella sostanza che sarebbe stata peggio di una droga, rendendomi assuefatta a sé.
Quel corpo, quell’anima, quella mente, ma soprattutto quel cuore che erano miei e di nessun altro, che avrei custodito gelosamente da chi li bramava.
A stento sentii quando mi fece cadere sul letto, troppo distratta dai suoi baci. Ero come il ghiaccio toccato dalla lava: sentivo la pelle sciogliersi dove lui passava le labbra, la lingua e le mani. Ogni carezza mi faceva rabbrividire, ogni sussurro era una piacevole agonia.
Prendendo chissà dove il coraggio necessario, mi sistemai a cavalcioni sopra di lui. Non sapevo come ci ero arrivata, e francamente me ne importava poco. Volevo sentirlo, volevo essere piena di lui, senza secondi fini, solo per capire fino a che punto mi amava, per sapere quanto avrebbe fatto per starmi accanto. E fu doloroso come la prima volta, ma il senso di fastidio durò così poco e lasciò posto ad un tale piacere che non mi pentii affatto del mio comportamento azzardato di poco prima.
Facemmo l’amore diverse volte quella notte, noncuranti del fatto che stavamo facendo un gran chiasso e probabilmente il giorno dopo mezza Death City ci avrebbe messi al rogo.
Non ci importava di nulla: mano nella mano, nudi sotto il velo della notte. E insieme.
Tanto ci bastava. Forse.



*********************

 

Appartamento di Maka e Soul


Maka

L’insonnia era la mia peggior nemica, a volte.
Me ne stavo seduta sul divanetto rosso, altalenando lo sguardo dalla finestra alla porta della stanza di Soul. Lui sì che dormiva.
Ripensai a Krona, al fatto che lei fosse già arrivata a quel punto della sua relazione con Kid. Ovviamente ne ero felicissima: quando mesi prima avevo quasi dovuto ucciderla per restituirle la ragione, non avrei mai pensato che la vita potesse darle tanto in così poco tempo. Meritava, lei più di tutti, un po’ di pace e di amore sincero, quello che molto probabilmente solo Kid riusciva a darle.
Sarebbe piaciuto anche a me. Ma quel cretino dormiva tranquillo di là, senza saperne nulla. E anche se l’avesse saputo, probabilmente quella consapevolezza avrebbe solo peggiorato le cose tra di noi. Insomma, non c’era modo che accettasse i miei sentimenti.
Cheppalleeeeeeeeeeee!! Cheppalle, cheppalle, cheppalle!, pensai dandomi un paio di pugni sulla testa. Forse in fondo è meglio così.
Senza far rumore versai del latte freddo in un bicchiere e tornai a sedermi di fronte al tavolino di legno. «Ore piccole, eh?». Sobbalzai, alzando gli occhi.
«Che c’è che ti preoccupa?», chiese Soul ancora bloccato davanti a camera sua.
C’è che ti amo e non posso dirtelo. Pensi di potermi aiutare?
Mi limitai a rispondere: «Ciclo».



Soul

Inutile, la adoravo. Specie quando tentava di sviare il discorso con frasi come “non sono affari tuoi” oppure “niente”. Quella scusa però mi era nuova.
«Se avessi avuto le mestruazioni mi avresti già tirato un Maka – chop». Presi posto alla sua sinistra, sedendomi all’indiana. «Sono già cinque giorni che non dormi». Si voltò.
«E tu come lo sai?». Era talmente perspicace da fregarmi sempre.
«Anche se non sembra ci faccio caso a queste cose. Pensavo che fosse solo stress, ma a quanto pare c’è qualcosa sotto».
Lei affondò il mento tra le ginocchia, sovrappensiero. Ah, era stupenda.
«Secondo te Krona è felice?». Ponderai bene la sua domanda.
«Da quel che ho visto, e anche da quello che mi ha detto Kid, sì. Credo siano come due metà della stessa mela», conclusi con un alzata di spalle. «Marcia, ma pur sempre simmetrica». Mi voltai in tempo per vederla sorridere, per sentire quella voce cristallina.
Era antipatica, violenta, saputella, ingorda, piatta come una tavola e maniaca delle pulizie.
La mia Meister, colei che desidero più di ogni altra cosa molto più cool di lei.
«Quindi bisogna essere amati per essere felici?», disse tornando triste.
«Ti riferisci a qualcuno in particolare?».
Lei con un cenno della testa rispose: «Già».
Avrei dovuto immaginarlo, ma ciò non toglie il fatto che fece un male cane. Cercai di sdrammatizzare. «Ehi, non è che ti sei infatuata di quel damerino di Kid e adesso sei combattuta fra lui e la tua migliore amica?».
Stavolta il Maka – chop arrivò immediatamente. «Stupido deficiente! Pensi che sul serio mi piaccia un tipo come lui? Non hai capito niente di me!», urlò infuriata.
Continuai a tenermi la testa fra le mani. «E quale sarebbe il suo tipo, miss Albarn?».
Lei prima alzò lo sguardo, diventando rossa, poi si rigirò i pollici lanciandomi di tanto in tanto uno sguardo di sottecchi. «B- beh se… e dico SE… dovesse piacermi qualcuno… in un caso puramente ipotetico… forse, e dico sempre FORSE… sarebbe qualcuno di simile a te, Soul». E detto questo prese il suo latte e ne mandò giù un sorso.
Dentro di me riuscii a percepire l’emozione in quella dichiarazione sconnessa. Come se ci fosse qualcuno di simile a me, no? Sorrisi.
«Quindi un tipo cool».
«Sì, ma meno idiota di te», rispose posando il bicchiere sul tavolino.
La tirai per le spalle, cosicché si ritrovò stretta fra le mie gambe. La sentii tremare mentre le passavo il pollice attorno alle labbra. «S- Soul!», tentò di dire.
Platealmente le mostrai il dito macchiato di bianco. «Ti era rimasto del latte in viso», e davanti a lei mi leccai avidamente il liquido dal polpastrello. Lei sussultò.
«Ti va se resto a dormire qui? Muoio di sonno», e preso il piumino dallo schienale coprii i nostri corpi ignorando le sue lamentele, stringendola più forte.
Solo quando le sembrò che stessi dormendo si rannicchiò su di me, poggiandomi l’orecchio in corrispondenza del cuore. Le sentii sussurrare: «’Notte, Soul».
Mi assicurai che stesse dormendo davvero, finalmente dopo parecchio tempo.
«’Notte, mia Maka».



Death the Kid

Pensavo. Era sbagliato, era tutto sbagliato.
Erano le cinque del mattino quando ricevetti la chiamata di mio padre.
«Kid, sei a casa?».
«Sì, padre. Ci sono problemi?».
«In realtà sì. Dammi dieci minuti e arrivo».
Ed esattamente dieci minuti dopo lui era lì a spiegarmi tutto. Menzogne, segreti che avrei dovuto mantenere con tutti, anche con la mia Krona.
Segreti che avrebbero fatto male.
«Ecco perché ho mandato soltanto Liz e Patty in missione. Era un test per vedere se riuscivano a cavarsela anche senza di te». Shinigami – sama, il Sommo.
Che manda suo figlio allo sbaraglio dall’altro lato del mondo.
«Quanto tempo?».
«Dipende da quanto ne servirà a te».
Strinsi i pugni, rassegnato. «Come desiderate». Gli avevo consegnato due lettere, raccomandandogli di avere cura di sé.
«Kid, ricordati che non dovrà saperlo nessuno».
Lo so padre, lo so.

Un biglietto, poche cose messe da parte, un bacio rubato. Ero pronto.
Non si è mai pronti per gli addii.






"I will wait dear,
A patient of eternity, my crush.
A universal still, no rust.
No dust will ever grow in this frame,
one million years I will say your name
I love you more than I can ever scream"











 



N.d.A. Sembra che ci siamo quasi, cari fan di CroKid *w*
Siamo quasi arrivati. Presa da un momento di follia, ecco qui il Kid bastardo ++ cioè, arriverà nel prossimo capitolo. Che mi dispiace dirvelo, ma sarà l'ultimo. Perchè ora che ho sistemato anche Soul e Maka, non mi restano che loro due. Vorrei dirvi una cosa, ma... no non ve la dico.
TROOOOOOPPO SPOILER!! >.< Non disperate, ci metterò un pò ad aggiornare perchè da giorno 11 ho prove strutturate per gli esami di qualifica e poi dovrò prepararmi per l'esame vero e proprio...azz -.-"
Spero di non avervi annoiati con i miei vaneggiamenti, comprendete una povera pazza éwè
Un grazie di cuore a chi ha seguito la storia fin qui e non ha ancora spento il computer come farebbe chiunque XD ci vediamo al prossimo, ultimo e (un piccolo spoiler devo farlo) DEVASTANTE capitolo.
*Ecco che ci risiamo...YUKI!! Meno chiacchere e più studio!*
Buooonasera a tutti!!! =D
-Yuki♥

   
 
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