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Autore: Lady Aquaria    05/05/2011    7 recensioni
Estratto dal capitolo 1:
Certo che voleva Camus, dentro di sé non aveva mai smesso di provare per lui qualcosa di più del semplice affetto; anche se a sé stessa lo negava, per Camus provava ancora amore.
"Io e papà ci siamo amati, un tempo."iniziò, cercando le parole più adatte."Amare, Lixue, capisci? È qualcosa di molto più forte del volersi bene."
"Quanto forte?"
Forte abbastanza da indurre una ragazza nemmeno ventenne a rivolgere fredde parole cariche d'odio all'altro. Un sentimento così intenso da indurla a restare a letto per giorni dopo il suo abbandono, tanto potente da spingerla a prendere a pugni il fratello che le aveva proposto di abortire.
EDIT: Storia completamente revisionata! Vale
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aquarius Camus, Dragon Shiryu, Nuovo Personaggio, Shunrei / Fiore di Luna
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Le vie del Destino'
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capitolo 17
17.
The things you are to me.
[(No one, but you and I, can know that) you are, and will always be, the joy of my life.]
Ôishi Kuranosuke, 47 Ronin
 
Le foto dei suoi genitori sortirono, comprensibilmente, un certo effetto su Hyoga: a parte sua madre, quella fu la prima volta che vide il viso di suo padre e ciò lo colpì nell'animo molto più a fondo di quanto volesse dare a vedere. Camus però se ne accorse ugualmente: non era da Hyoga rimanere chiuso in camera per giorni interi.
"Nazar mi ha detto che tuo padre passò a miglior vita due mesi dopo lo scatto di questa foto. E… che della famiglia di Jurij, tuo padre, nessuno sa più niente da anni."
Lui era un bravo ragazzo: serio, giudizioso e con una grande voglia di fare: chissà chi sarebbe diventato se avesse vissuto abbastanza da potersi trasferire a San Pietroburgo come avrebbe desiderato fare con Natassia. La sua famiglia d'origine invece era pessima, credimi sulla parola, Camus: qui, il nonno di Hyoga, se lo ricordano tutti. Peggio di Oleg. Molto peggio.
Il che era tutto un dire, conoscendo la pessima reputazione di Oleg. Non se la sentì di rivelargli anche quella parte della storia, però, perché sarebbe stato il classico colpo di grazia.
"Che bella coppia." osservò Freya. "Sembrano felici qui."
Hyoga s'appoggiò allo schienale della sedia, lo sguardo fisso sul sorriso di sua madre.
"Suppongo lo fossero, quando parlava di mio padre aveva sempre un gran sorriso, gli occhi le si illuminavano e di solito, arrossiva appena sulle guance. Poi mi stringeva a sé, persa nei suoi ricordi." si fermò, premendosi due dita alla radice del naso. "Non devo pensarci troppo o finisce che allago casa."
Mei sorrise intenerita, quindi si schiarì la voce, cercando un modo per spazzare via la drammaticità di quel momento.
"Cerchiamo di capirci, Hyoga. Ora, guardando le foto che ho trovato da Nazar, ho notato qualcosa che mi sfugge."
"Sarebbe?"
"Ho trascorso un paio d'ore a cercare un nesso tra te e i tuoi genitori."
"E…?"
"…Mei." interloquì Camus, iniziando a capire dove Mei volesse andare a parare.
"Sarebbe a dire che… tua mamma era bella, su questo non c'è dubbio." proseguì Mei. "E… beh, pure tuo padre non era certo da buttar via…"
"... dai, non essere così stronza." fece Camus.
"Rimane da capire come sia potuto succedere che da due bei ragazzi come loro, sia uscita una piaga con la faccia da scemo come te. Credimi, me lo sto chiedendo da giorni."
"Beh, che devo dirti? Non tutti i buchi vengono con le ciambelle intorno." ridacchiò Hyoga.
 
Mei salì in soffitta qualche ora più tardi, per la consueta mezz'ora quotidiana dedicata al culto dei suoi defunti: a volte si fermava e parlava con loro, a volte si dedicava a rassettare la stanza, altre volte rimaneva in religioso silenzio. Si tolse le pantofole nell'anticamera prima della stanzina vera e propria –per non disturbare gli Avi, ovviamente- e si accorse di non essere sola:  scovare qualcuno in quel luogo era già di per sé strano ma trovarci Hyoga era una sorpresa. Vederlo lì, inginocchiato su uno dei due enormi cuscini posti davanti all'altare, con le mani giunte in preghiera, le fece corrugare la fronte; e non perché gli fosse proibito entrare, semplicemente perché, a parte lei e sua figlia, nessuno utilizzava quella stanza.
Hyoga s'accorse di lei e si voltò appena.
"Perdonami se sono entrato qui senza chiederti il permesso, ma volevo aggiungere anche le foto dei miei genitori a tutte le altre."
"Per quale motivo ti stai scusando? Non hai fatto niente di male, almeno a me. Ma se hai mancato in qualche modo di rispetto ai miei avi, sappi che la mia trisnonna aveva il mio stesso carattere e se ti perseguita… ahi ahi, saranno dolori."
Hyoga sgranò gli occhi.
"Ehm… io… mi son tolto le scarpe prima di entrare, mi sono inchinato e ho cercato di non offendere nessuno…"
"Oh mamma, guarda che faccia. Stavo scherzando." ridacchiò Mei, cambiando i fiori nel vaso e posando la ciotola di riso sull'altare, accanto alla statua della dea Kwan Yin e dell'Imperatore di Giada. Si accosciò sul cuscino accanto a quello occupato da Hyoga sedendosi sui talloni, quindi si sporse in avanti appoggiando le mani a terra –prima la sinistra, quindi la destra- ed eseguì un profondo inchino in avanti, senza sollevare i fianchi: un inchino rituale che, praticato chissà quante migliaia di volte, lo affascinò come raramente succedeva. Dopo qualche istante e qualche frase sussurrata che non comprese, Mei si raddrizzò di nuovo posando entrambe le mani sulle cosce, in posizione rilassata. Non riuscì a distogliere lo sguardo in tempo però, perché Mei se ne accorse.
"Esattamente, in me, che cosa ti suscita tanto interesse?"
"Il mio interesse non era nei tuoi confronti, ma nei confronti della tua posizione." specificò Hyoga.
"Oh, e vorrei ben dire." replicò Mei. "Pratichi arti marziali anche tu, non hai mai eseguito un inchino rituale di fronte al tuo insegnante o al tuo avversario?"
"Non ho mai salutato nessuno in questo modo."
"In poche discipline si usa la zarei, spesso prima degl'incontri si usa il classico inchino formale che usano quotidianamente i giapponesi. Ma questo non è il momento, né il luogo per parlarne."
"Per essere una che detesta il Giappone, sai parecchie cose."
"Intanto non detesto il Giappone, Hyoga, non sono affatto nippofoba. Pratico arti marziali giapponesi, mastico qualche parola della loro lingua, ne apprezzo il cibo e la cultura."spiegò Mei, un po' scocciata. "E' che l'ultimo ricordo che ho del Giappone è legato a una stazione di polizia, all'arrivo degli zii da Nanjing e di un membro dell'ambasciata cinese che spiega a me e mio fratello che siamo diventati orfani perché lo scoppio di uno pneumatico ha messo fuori gioco i nostri genitori facendoli schiantare giù dal viadotto sul quale stavano viaggiando. Credimi quando ti dico che per una ragazzina undicenne è un colpo atroce: lo è tutt'ora, dopo quindici anni, figurati."
Hyoga tacque qualche istante, guardando Mei prendere un gran respiro.
"Tornando al discorso di prima, le scarpe le tolgo, sì, ma per non sporcare la moquette." riprese, ricacciando indietro le lacrime. "Devo però ammettere che non stavo esattamente scherzando sulla persecuzione. I defunti, se offesi, possono davvero trasformarsi in spiriti maligni e perseguitarti… ma questo solo se credi nella loro presenza."
Hyoga si schiarì la voce.
"Non credo nei fantasmi intesi come quelli del cinema, quelli col lenzuolo bianco che trascorrono l'eternità spaventando i viventi, ma credo che parte di noi sopravviva alla morte del corpo e rimanga sulla Terra a confortare chi ha amato in vita. Io sento mia madre." disse, in un soffio, posandosi una mano sul petto. "La sento qui, dentro di me, pronta a darmi una mano, un sostegno ogni volta che la cerco. La sento sin da quando è morta su quel peschereccio, e la sento anche ora, in questo momento."
"Allora ci credi, bene." sorrise Mei. "Che cosa ricordi di lei?"
"Beh, ricordo che era molto dolce con me. Era una donna mite, molto paziente, che non perdeva mai la calma e non serbava mai rancore per nessuno. Sarà per questo che a Kobotec ne hanno approfittato. Oleg ci rubò il posto in scialuppa e lei riuscì a lanciarmi sulla barca prima che si allontanasse troppo dal relitto. Al contrario suo però non riesco a non provare rancore nei confronti di chi le ha fatto del male: non meritava di morire in quel modo, Oleg è ancora vivo e questo mi disturba."
"Ho visto questo Oleg quando eravamo a Kobotec. Sprizza cattiveria da ogni poro."
"E' mille volte peggio di quel che hai visto, ma puoi star certa che non correrà mai il rischio di farti del male, o farne a Lixue."
"Io non sottovaluto mai le persone, Hyoga. Mai. E' un grave errore tattico."
"Sai che cosa mi da' tanta sicurezza a riguardo? Il fatto che per quanto possa fare lo sbruffone con una donna inerme e suo figlio o con un ragazzino di dieci anni, non sarà mai tanto stupido da sfidare Camus facendo qualcosa contro di te, sa che potrebbe finire all'altro mondo nel più atroce dei modi."
"Camus non sarebbe capace di arrivare a tanto." mormorò Mei.
"Per te, e per vostra figlia, sarebbe capace di qualunque cosa." la contraddisse Hyoga. "Non c'è niente che non farebbe per te."
Mei non seppe che cosa rispondere; aprì invece un cofanetto e ne trasse diverse tavolette e un nuovo incensiere. Hyoga la guardò sistemare le foto dei suoi parenti accanto quella dei genitori di Camus e a una fotografia del ritratto di Degél.
"Cosa sono quelli?"
"Gli specchi? Si chiamano Ba Gua, servono a tener lontano energie e spiriti maligni insieme alle bestie guardiane: al centro il dragone giallo, a est dragone azzurro che protegge gli uomini, a sud la fenice che protegge le donne, a ovest la tigre bianca e a nord la tartaruga nera. Loro, insieme ai Ba Gua, respingono la negatività e il Male, assicurando pace e protezione agli Avi e all'intera casa. Vuoi sistemarla tu?" si offrì Mei, prendendo con cautela la tavoletta incisa col nome di Natassia e porgendogliela. "Attento, non deve cadere. Secondo il mio credo, in queste tavolette risiede parte dell'anima del defunto, se cade potrebbe uscire e diventare uno spettro maligno."
"Sicuramente con mamma non succede, non avrebbe mai fatto del male nemmeno a una mosca."
"A una zia materna di Zhi-Ying è successo con la tavoletta del bisnonno, mentre la spostava."
"Suppongo le siano accadute le peggio cose."
Mei accese degli incensi.
"Due mesi dopo è rimasta vedova, ha successivamente scoperto di avere un brutto male al fegato e come se non bastasse il suo unico figlio maschio s'è suicidato."
Hyoga deglutì.
"Però…"
"Ma in effetti una spiegazione c'è: questo parente di mia cugina era già una persona orrenda e cattiva da vivo, figurarsi da morto." rispose Mei. "Dai, prepariamoci o faremo tardi… ci stanno aspettando all'ottava casa."
S'inchinò ancora una volta in segno di commiato, quindi si alzò.
"Ah, così, giusto per avvertirti… Lixue sta facendo vedere le foto scattate a Disneyland a tutti."
"Oh mamma." rispose Hyoga. "Spero non le faccia vedere proprio tutte."
"No, tranquillo, quelle compromettenti le ho chiuse in cassaforte, così da poterti ricattare quando voglio. Soprattutto quella in calzamaglia. Bellissima."
"Quanto ti odio."
"No, non è vero. In fondo mi vuoi bene."


Ottava casa.
"Oh, ecco l'interessato. Ma sei tu quello là dietro?"
"Buon cielo Milo, dammi almeno il tempo di arrivare." si lagnò Hyoga.
Milo squadrò più volte la foto in formato A4 che Lixue, tutta contenta, gli stava mostrando: la foto più bella dell'intera mini vacanza, secondo lei -scattata in un negozio interno al parco dove ci si poteva far fotografare nei panni dei personaggi Disney- quando aveva convinto Hyoga e Freya a travestirsi insieme a lei. Davanti uno sfondo che riproduceva un bosco fatato, Lixue era abbarbicata in braccio su un fianco di Freya, mentre Hyoga sorrideva –non senza parecchio imbarazzo- dietro le due: la principessa vestiva i panni di Lady Marian, Hyoga quelli di Robin Hood e Lixue, con le lacrime agli occhi a furia di ridere, vestiva i panni di Lady Cocca.
"Tanto per la cronaca, sappi che quella foto ha fatto il giro di tutto il Santuario." commentò Camus. "L'ha mostrata a tutti."
"Oh, fantastico. Il peggio è che questo sadico vuole farne un poster." aggiunse Hyoga indicando Camus. "Mi pareva d'essere un ballerino del Bolshoi con quella dannata calzamaglia marrone. Un paio di minuti in più addosso e ora sarei alla Sistina a cantare con le voci bianche."
Freya ridacchiò.
"Era aderentissima, ricordi? Dovrebbero vietare certe cose, così fanno prendere un infarto alla gente!"
"Oh, ti prego." Mei si coprì gli occhi con una mano, posando la tiropita nel piatto. "Che brutta visione. Stavo mangiando… e che cavolo!"
"Perché hai scelto un fuorilegge? Potevi sempre calarti nei panni di qualche principe. I principi azzurri sono sempre biondi." disse Milo. "…no?"
Lixue si girò di scatto a guardare Milo.
"Nel tuo mondo immaginario forse…!" lo riprese Camus, scuotendo la testa. "La maggior parte dei principi Disney sono mori. Qualcuno è castano e un paio sono fulvi. Ma biondi, non che io ricordi."
"Thor è biondo!" esclamò Lixue.
"Ma non è un principe Disney." obiettò Camus.
"E qui ti sbagli: la Marvel è stata assorbita dalla Disney, un paio d'anni fa. Quindi teoricamente Thor può essere annoverato nelle schiere dei principi azzurri." lo corresse Hyoga.
"Ha! Parli sempre troppo presto, Cammy." disse Milo, trionfante.
"Oh, ma non c'è più religione!" esclamò Camus.
"Ma dove andremo a finire?!" lo scimmiottò Milo.
"Eh, sì. Prendimi in giro. Di questo passo anche Star Wars prima o poi diventerà della Disney."
"Oddio no, non dirlo nemmeno per scherzo, sei matto??"
 
**
 
Si spostarono a Tokyo in modo da trovarsi a Villa Kido poco dopo colazione, così da avere sufficiente tempo per prepararsi per il ballo.
"Chi non muore si rivede." bisbigliò Shiryu, intravedendo Tatsumi, il braccio destro di Lady Saori, accogliere gli ospiti e indirizzarli alle loro camere grazie all'ausilio della servitù.
"Già, così sembrerebbe." sibilò Mei, seguendo lo sguardo di Shiryu. Erano trascorsi anni dal giorno dello, se così si poteva definire, smistamento ma ancora ricordava i rumori secchi delle sberle che Tatsumi aveva gratuitamente elargito ai poveri malcapitati smistati nelle varie zone d'allenamento. Istintivamente prese Lixue per mano, avvicinandola a sé.
Forse anch'egli memore delle proprie azioni, Tatsumi le rivolse uno strano ghigno, che si spense non appena vide Camus.
"Nobile Aquarius." esordì l'uomo. "Prego, vogliate seguire Yuki, vi accompagnerà alla vostra sistemazione."
Camus rispose all'inchino dell'uomo con un freddo e composto accenno del capo, prima di seguire la cameriera.
"Ho sentito dire che c'è una nursery per i bambini." bisbigliò Hyoga.
"E' vero." commentò Freya, laconica: sua sorella ne aveva ampiamente usufruito.
"Ringraziando gli Dèi non ha proposto di accompagnare Lixue da nessuna parte. Avrei risposto male, davvero molto male." disse Mei.
Arrivati nelle loro stanze, scoprirono che era un grande appartamento con quattro camere da letto, comunicanti tra loro attraverso un ampio salotto in comune.
"Due stanze le occupiamo noi e Li, in una stanza ci siete voi… e nella quarta?" domandò Camus. Sperò ardentemente che non gli toccasse Shiryu come "coinquilino", non era sicuro di poterlo gestire per più di otto ore di fila.
Milo proruppe nel salotto, eseguendo un inchino.
"Ta daaah!"
"Yeeeeh!" esclamò Lixue, tutta contenta.
"Se non ti vado a genio, puoi sempre chiedere se al posto mio e di Shaina infilano Shiryu e Shunrei." propose Milo, dopo aver visto l'espressione dell'amico.
Camus si accertò che Mei non sentisse.
"Scherzi? Era sollievo il mio: preferisco convivere sotto lo stesso tetto con due scorpioni che con una serpe." bisbigliò, trovando una busta sigillata con la ceralacca indirizzata a lui e Mei sul tavolino.
"Mamma, hai visto il bagno della mia stanza? C'è una vasca enorme!" esclamò Lixue, tutta eccitata. "Sembra una piscina! Solo che non mi piace il colore."
Mattonelle di marmo rosa antico, una vasca a forma di conchiglia grande quanto due vasche da bagno e un assortimento di articoli tali da far invidia a un hotel a cinque stelle; il resto delle camere non era da meno: raso, seta e cuscini di piume ovunque, soprattutto sui letti a baldacchino.
"Sai che cosa diceva tua nonna Letizia, tesoro? Chi si accontenta, gode." rispose Mei. "Non siamo a casa, siamo ospiti."
La camera dove avrebbe dormito con Camus, manteneva la stessa opulenza.
"Un lusso del genere l'ho visto solo una volta, durante un viaggio di lavoro. Ero al Mandarin Oriental di Hong Kong, albergo straordinariamente bello, devo ammetterlo, ma fuori dalla mia portata… per fortuna il soggiorno era pagato dal dojo. Qui avrei giurato di vedere uno stile più giapponese. Sai, con le porte scorrevoli in carta di riso, tatami a terra, futon e bagni in comune." disse Mei, un po' delusa.
"La villetta appena fuori Tokyo è in stile giapponese, ma data la quantità di ospiti vip presenti al ballo, Lady Saori ha preferito usare questa." spiegò Milo, sulla porta della loro stanza. "Non ti spiace, vero, se più tardi rapisco Camus per un goccetto?"
"Camus non deve mica chiedermi il permesso, è liberissimo di fare ciò che vuole, sai? Io ne approfitterò per stare un po' tranquilla a mollo."
"Il che, in gergo femminile, significa che lei, Shaina e Freya impiegheranno almeno tre ore a restaurarsi." tradusse Hyoga. "Dai Lixue, vieni con me, ti porto un po' in giro a caccia di manga e action figures. Mentre tua madre e le tue… zie si fanno belle, o almeno ci provano, per questa sera."
"A te non basterebbe una vita intera per farti apparire decente, fai tu." replicò Mei, chiudendosi la porta del bagno alle spalle.
 
*
 
Rimasta assolutamente sola nella stanza, tirò fuori dalla custodia l'abito di sua madre che Yuki, la cameriera assegnata all'appartamento, aveva infilato nell'armadio, lo indossò e si fermò davanti allo specchio, indecisa se indossarlo così com'era o se sdrammatizzarlo con qualcosa di nero.
"Il vestito che indosserai sarà quello?" domandò Freya, ferma sulla porta. "Scusa il disturbo, ma la porta era socchiusa e quando ho visto il vestito mi sono fermata incuriosita. E' un Lanvin vintage, giusto?"
Mei corrugò la fronte.
"Non ne ho la benché minima idea, non c'è nessuna etichetta all'interno, era di mia madre e come minimo è un vestito di sedici anni fa." spiegò. "Ma ho fatto un errore a portarmi dietro questo, mi va un po' largo e non ho sufficiente seno per riempirlo."
Freya le indicò la porta della sua stanza.
"Di là ci sono le mie cameriere, puoi approfittarne."
Ci pensò su un attimo: non aveva altri abiti con sé e uscire per negozi a quell'ora era impensabile.  
"Sono anche brave con il restauro?"
"Prego?"
"Sono anche brave con trucco e parrucco?" ripeté, facendola poi sorridere.
"Diamine sì. Se ci riescono con me, con te sarà una passeggiata."
 
Quando Camus rientrò dopo il giro con Milo, al posto suo trovò un biglietto nel quale gli spiegava che si stava preparando per la festa nella stanza di Freya insieme al suo entourage; sul letto, insieme al suo smoking, Camus trovò anche una seconda custodia, una scatola con delle scarpe decisamente non sue e altri accessori che non aveva mai visto prima.
"Non capisco." borbottò.
"Quella dev'essere la mia fascia." disse Hyoga, bussando discretamente sulla porta aperta e annunciandosi. "Mi hanno dirottato qui, per usare un eufemismo."
"In verità ti hanno sbattuto fuori dalla stanza senza tanti complimenti." tradusse Camus. "Carina la tua fascia da miss." lo prese bonariamente in giro, posando la fascia azzurro ghiaccio e la relativa spilla con attenzione sul letto.
"La fascia che mi marchia come futuro appartenente alla Casa Reale di Asgard." rispose Hyoga. "Ma non credo la indosserò."
"Perché no?"
"Hilda ha insistito affinché la portassi con me, ma in verità dovrei indossarla solo a fidanzamento annunciato." proseguì Hyoga.
"Dopo tutto questo tempo direi che ormai tutto il mondo è a conoscenza del vostro fidanzamento." disse Camus. "Mi prenderà un infarto quando ti vedrò all'altare vestito come un vero principe."
L'altro arrossì.
"No, per carità, l'infarto riservalo alla tua bella, stasera." rispose Hyoga, schiarendosi poi la voce. "L'ho intravista poco fa, in camera e beh, la sua bellezza ridarebbe la vista a un cieco."
Camus sorrise con orgoglio.
"Per me è bellissima sempre, anche di prima mattina, struccata e spettinata."
"De gustibus…" commentò quindi Hyoga, ricevendo in risposta un'occhiataccia del maestro.
 
**
 
"Dov'è Mei?" domandò Camus, vedendo Hyoga e Freya arrivare da soli. "La festa non è ancora iniziata, ma non mi piace fare ritardo e son già le diciannove e trenta."
Hyoga guardò oltre Freya.
"Ero sicuro ci stesse seguendo, era dietro di noi." rispose, corrugando la fronte. "Forse ha dimenticato qualcosa."
"Oh, sicuramente." s'aggiunse Hilda, arrivando insieme a Saori. "Credo sia normale dimenticarsi qualcosa in occasioni come queste, dico bene?"
Camus eseguì un lieve ed educato inchino in favore della regina e di Lady Saori, ricevendo in risposta un gran sorriso da entrambe.
No, nessuna dimenticanza; era rimasta indietro apposta: prese un gran respiro e sbirciò nell'anticamera della sala da ballo dove Camus la stava aspettando insieme a Hyoga e gli altri, pronto per entrare in sala con lei, e si scoprì nervosa come una scolaretta prima del ballo scolastico. Si strofinò le mani dalle unghie smaltate di nero e per una qualche strana ragione tornò indietro di qualche passo, scontrandosi con qualcuno.
"Go… ehm… gomen'nasai." balbettò a mo' di scuse, sperando di aver usato il termine giusto, sollevando lo sguardo su… DeathMask.
"Mei?!" domandò quest'ultimo, sgranando gli occhi incredulo.
"Beccata."
"Mi prenda un colpo, quasi non ti riconoscevo." disse DeathMask. "Ti avevo scambiata per Shaina."
Shaina era già in sala, lo corresse Mei mentalmente, una silfide inguainata in un elegante abito aderente come una seconda pelle.
"E invece no."
Lo sguardo di Death la percorse da capo a piedi,
"Infatti, come ho potuto scambiarti con Shaina? Lei non è piatta come una tavola. Mah, diciamo che sei quasi guardabile stasera, anche se hai lasciato il petto a casa."
"Questo perché quando Kwan Yin distribuiva le tette, io facevo la fila per il cervello. Vorrei poterti dire lo stesso, sai, ma rimani uno zotico inguainato in uno smoking." replicò lei, ergendosi in tutta la sua altezza, ringraziando i tacchi da dodici centimetri che indossava.
"Uno zotico che si è annodato il papillon alla cieca, oltretutto. Eppure è mio fratello quello che ha costantemente problemi alla vista."
"Bella questa. Non sono pratico di feste dell'alta società." rispose DeathMask, lasciandole fare il nodo al papillon.
"Eh, io invece sono espertissima." fece Mei, alzando gli occhi al cielo. "La festa più in alla quale ho partecipato è stata la mia festa di laurea."
"Sei pure laureata? Oggigiorno lasciano laureare anche le donne? Ma pensa te." scherzò DeathMask.
"Eh già, pensa che posso guidare l'auto! E… udite udite, anche uscire da sola!"
"Questo mondo finisce sempre più a schifio. Sei qui da un po' e il tuo moroso ti sta aspettando. Intendi restare qui a fare da tappezzeria o pensi di portare le tue chiappe in sala?"
"Mi sento ridicola."
"Ho appena visto una specie di contessa con un cilindro rivestito di marabù in testa, tu almeno sei decente. Farai di sicuro la tua figura."
"Immagino quale."
DeathMask si schiarì la voce.
"Sto per dirti una cosa che da me non sentirai mai più." iniziò, mentre Aphrodite, passandogli dietro, gli elargiva una pacca in testa.
"Smettila d'importunare le signore, vecchio porco. Stia attenta signorina, al momento meno opportuno potrebbe trascinarla in qualche toilette." ridacchiò, non riconoscendo Mei.
"Gli piacerebbe. Ma mai, nemmeno in un milione di vite." replicò Mei, stringendo il nodo del cravattino quasi con cattiveria. "Ciao, Phro."
Aphrodite la squadrò da capo a piedi.
"Mei??!"
"In carne e vintage." rispose lei. "Buonasera."
"Che mi venga un accidente!"
"Stavo per dirle beddazza quando mi hai interrotto."
"Non esageriamo, su." si schermì Mei.
"A Camus verrà un infarto." commentò DeathMask, a voce bassa.
Mei rise.
"Spero di no, per stanotte ho altri programmi."
DeathMask si mise poi a parlare con Aphrodite, e Mei si decise a scendere al piano di sotto, raggiungendo Camus.
"… non è che si è di nuovo sentita male?" stava dicendo Shunrei. "Io andrei a controllare."
"Vogliate scusarmi." disse quindi Camus, corrugando la fronte. Da qualche giorno Mei avvertiva fastidi di varia natura, ma non aveva pensato a niente di serio, altrimenti sarebbero rimasti a Parigi.
"Prego." sorrise Hilda.
Stava tornando in camera, quando la vide in cima alla rampa di scale: abito bianco a maniche lunghe sdrammatizzato da vistosi orecchini d'onice e scarpe alte anch'esse nere che s'intravedevano appena a ogni passo e spiccavano sul candore del semplice vestito in jersey di seta. Unico particolare, la scollatura molto audace velata appena dai ricami di cristalli su uno strato leggerissimo di chiffon.
"Tutto bene, avevo dimenticato il cellulare in camera." esordì, a mo' di scusa, rivolgendosi ai presenti e sistemandosi i capelli, portati di lato. "Visto? Nemmeno tra mille vite sarei riuscita a stendere così bene il rossetto e farlo rimanere nei margini, l'entourage che Freya si porta appresso opera miracoli!"
Compreso un abile lavoro di cucito sul davanti dell'abito per adattarlo alla mia seconda scarsa, ma non lo disse ad alta voce.
"Tutto bene?" domandò quindi a bassa voce, quando incrociò lo sguardo di Camus.
"Sei… sei… magnifica."
"Concordo." interloquì Milo.
"Uh, esagerato. Tu sei moralmente obbligato a farmi sentire bella, ma tu, Milo… se solo avessi visto mia madre, con questo stesso abito… credimi, la penseresti diversamente."
"Beh. Sei una donna diversa da tua madre, quindi ogni confronto sarebbe sciocco e inutile." sorrise Milo.
"Sei in ritardo come il solito." la rimbeccò Hyoga.
"Non essere villano!" mormorò Freya.
Doveva aver tirato fuori l'abito delle grandi occasioni: stringate di vernice, pantaloni con la riga laterale lucida, gilet e papillon neri, camicia e giacca bianche e una fascia color ghiaccio che gli attraversava il torace dalla spalla destra al fianco sinistro.
"Stai benissimo!" disse Mei, ammirata, dopo averlo squadrato da capo a piedi.
"Non sei in ritardo." si corresse Hyoga, divertito. 
"Hey, non va bene elogiare un uomo quando ne hai già uno così elegante al braccio." ridacchiò Freya, fingendosi gelosa.
"Per una volta che parla bene di me, lasciala fare!" esclamò Hyoga.
"Beh, sarebbe superfluo da parte mia elogiare il mio uomo: Camus sa già che cosa penso di lui. Potrebbe essere vestito del solo perizoma di Tarzan e farebbe comunque il suo figurone." rispose Mei, consapevole del fatto che Camus sarebbe arrossito nel giro di pochi istanti.
"Mei, ti prego…" bisbigliò lui, imbarazzato.
"Scusami, scusami. Niente più battute, te lo prometto."
Camus sorrise appena.
"Dove hai lasciato Lixue?"
"Nella sua stanza, dopo la cena e il giro turistico per Tokyo è crollata." spiegò Mei. "Sta dormendo."
"Finalmente conosco la tua fidanzata." sorrise Hilda, poco dopo.
"Mei-Yin." la presentò Camus.
"Maestà." salutò Mei, inchinandosi rispettosamente.
"Hilda, per favore." la corresse lei. "I titoli pomposi e altisonanti li lascio volentieri alle altre regine. Sono felice di fare la tua conoscenza, Freya mi ha parlato di te ed ero curiosa."
"Lusingata." rispose Mei, un po' imbarazzata.
Saori tornò da loro, in mano una piccola cartelletta.
"Chiedo venia, ma devo allontanarmi." esordì, accorgendosi poi di Mei. "Sei la sorella di Shiryu, giusto? Ci siamo già viste, se non ricordo male."
"Ci siamo incrociate anni fa, al Santuario." rispose Mei, senza scendere nei dettagli.
Saori fece mente locale.
"Ma certo, ora ricordo. Sono di fretta, ma spero di poter scambiare due chiacchiere con te più tardi. All'epoca non fosti molto incline a parlarmi."
Mei si schiarì la voce, cercando le parole più adatte.
"All'epoca non fui molto incline a parlare con nessuno, a essere sincera." rispose. "Niente di personale."
"Vero, non parlò neanche con me, era troppo affranta e persa nel suo immenso dolore." esordì Shiryu, alludendo al periodo immediatamente successivo alla scalata del Santuario.
Si voltò di scatto come punta da una tarantola, rispondendo al fratello con uno sguardo che, avesse potuto, l'avrebbe fritto all'istante. Tuttavia tacque, ricordandosi degli ammonimenti materni sul comportamento adatto a una signora.
"Suppongo sia normale chiudersi in sé stessi quando si perde la persona amata, non trovi?"   
"Ho fatto e non fatto tante cose all'epoca, ma non è il luogo né il momento adatto per parlarne." rispose Mei, sorridendo con gratitudine a Shun per averla difesa.
"Hyoga mi ha detto che qui disponete di un giardino con fiori esotici." interloquì Freya, prendendo Mei a braccetto e cavandola d'impiccio.
"Davvero? Mi piacerebbe vederlo!" esclamò Hilda. "Con il freddo che fa a palazzo persino le piante finte muoiono."
"Che esagerata!" esclamò Saori, divertita. "Più tardi vi accompagnerò personalmente, alcune rare specie di fiori sbocciano solo di notte. Così da lasciare voi gentiluomini liberi di gustare dell'ottimo Rémy Martin in santa pace. Mi han detto che lo preferisci al tuo omonimo e al ben più noto Courvoisier."
Camus soffocò una risatina.
"Touchè." ammise. "Ma apprezzo comunque anche gli altri."
"Non ne dubito, sarebbe da sciocchi non apprezzare un ottimo Courvoisier invecchiato ventun anni."
Shiryu attese finché Hilda e Saori non si furono allontanate.
"Che roba è il Rémy Martin?" domandò, a Hyoga.
"Cognac, lucertolone." rispose DeathMask al suo posto. "Qualcosa che dei bifolchi grezzi e maleducati come te non riuscirebbero ad apprezzare."
"Sai, Shiryu… a volte è meglio tacere e sembrare stupidi che aprir bocca e togliere ogni dubbio." disse Camus, scoccando al cognato un sorrisino ironico, prima di porgere il braccio a Mei.
Entrarono nel salone delle feste gremito di gente: eleganti smoking, scintillanti monili d'alta gioielleria, impalpabili abiti da sera… di fronte a quell'opulenza si pentì di non aver accettato l'aiuto di Freya, che si era offerta di prestarle una parure di una ben nota maison francese.
E se dovessi malauguratamente perdere qualcosa, quanti anni di lavoro impiegherei per rifondarle la perdita? aveva pensato, rifiutando con molto tatto la gentilezza della principessa. Una valigia di abiti invernali poteva ancora accettarla, una parure di diamanti che costava quanto una villa a Montecarlo, no.
Solo che in quel momento, di fronte a tanta ricchezza, si sentì fuori posto.
"Ora c'è il discorso di Lady Saori." la distrasse Camus, a bassa voce, mentre l'elegante notturno di Chopin che aveva intrattenuto gli ospiti fino a quel momento volgeva al termine.
"Buonasera a tutti e benvenuti. Molti di voi sono ormai frequentatori veterani delle mie feste e, sono certa, anche un po' stanchi di questo mio discorso d'apertura" esordì Saori, scatenando qualche risatina tra gli ospiti "ma intravedo molti volti nuovi stasera ed è per loro che parlo."  Come previsto da Camus, spiegò a beneficio dei nuovi arrivati che aveva preso spunto per quella festa dalle feste che aveva avuto modo di frequentare durante il suo periodo di studio a Vienna, dei balli della Wiener Philharmoniker ai quali aveva partecipato e che aveva a tutti i costi voluto organizzare per il suo debutto in società e, in seguito, per i compleanni.
Intenta a seguire il discorso –in inglese, vista la stragrande maggioranza di ospiti famosi-, Mei non si accorse del fratello, che le era ricomparso di fianco quasi all'improvviso.
"Tranquillizzati, Saori non è così tremenda come pensi."
"Ci pensi già tu ad agitarmi, razza di stupido arrogante e borioso: affranta per il mio immenso dolore? Avrei voluto vedere te al mio posto come avresti reagito, se quella volta non fosse intervenuto Dohko a salvare Shunrei. Guarda che non è per lei che sono a disagio, e neppure per i vip presenti. E' quest'abito che mi crea fastidio."
"Perché? Il vestito di mamma ti sta bene."
"E' bianco e stava molto meglio a lei." rispose Mei. "Saori è giapponese, giusto? Possibile che con un nonno nipponico fino al midollo non sappia che in Cina, India e zona asiatica in generale il bianco è associato al lutto? Persino Shaka è vestito di nero."
Difficile non notare l'inquilino della sesta casa, nel tipico sherwani indiano, che cercava di attirare meno attenzione possibile.
"Lady Saori non bada a queste cose, ha vissuto parecchio all'estero e ha leggermente abbracciato uno stile di vita più… occidentale." rispose Shiryu.
Il concetto di leggermente era un eufemismo, a giudicare dagli enormi affreschi alle pareti, dai marmi e dai lampadari di cristallo che illuminavano a giorno la sala; partendo da Parigi aveva immaginato la dimora di Saori in maniera molto diversa: qualcosa più somigliante al ben noto Castello Himeji, ad esempio. Quell'enorme villa invece pareva la fedele copia di Schönbrunn.
"E comunque mamma vestiva sovente di nero, pur essendo tipico colore da funerale, in Occidente… nemmeno lei badava a queste cose." riprese Shiryu.
A dire il vero lui non se lo ricordava, ma anche la loro madre faceva bene attenzione a certi colori: per Letizia era impensabile vestire viola a teatro o rosso a un matrimonio.
Anche in quel caso decise di tacere a riguardo, per non sollevare polveroni inutili.
Persa com'era nei propri pensieri, non seguì il discorso di Saori né tantomeno sentì il cerimoniere dare l'avvio alla festa.
"Mi dispiace averti quasi obbligata a vestire di bianco."
Si riscosse, guardando Camus.
"Come? Oh, ormai è fatta, non preoccuparti." rispose, soprapensiero.
"Scusa, posso?" Camus indicò con un cenno l'elegante libricino –non più grande d'un passaporto- che Mei, come tutte le altre invitate aveva ricevuto all'ingresso in sala. "Puoi ballare con chi vuoi, ma l'ultimo ballo spetta solo a me." le disse, segnando il nome di Mei sulla copertina e il proprio nome in cima e in calce al foglio piegato a fisarmonica all'interno, con la piccola matita in dotazione al carnet.
"Oh, dunque è un vero e proprio ballo in stile ottocentesco, come ai tempi dell'imperatrice Sissi." commentò Mei. "Spero solo di non incrociare qualche Franz Joseph, fonti certe mi dicono che la vita dell'imperatrice non fu proprio rose e fiori. Già è imbarazzante trovarsi a una festa piena di gente quasi del tutto sconosciuta, figurati ballare con questi perfetti sconosciuti."
"Beh, ma la padrona di casa, gli amici di tuo fratello e gli altri Gold li conosci." obiettò Camus.
"Restano comunque un po' poche persone rispetto al numero degli invitati che vedo, non trovi?"
"Cerchiamo di rimediare subito allora, anche se sinceramente non so quanto possano esserti d'aiuto le mie informazioni… per cominciare, l'uomo che sta parlando con Lady Saori in questo momento si chiama Julian Solo. Anche lui proviene da una ricca famiglia di armatori e petrolieri, si vocifera che i suoi interessi verso Lady Saori non siano puramente commerciali, ma anche personali: più di una volta ha chiesto la sua mano, ma senza alcun successo."
Mei guardò con discrezione l'uomo: alto, biondo scuro, modi aristocratici.
"Visto da qui mi sembra piuttosto belloccio e gradevole. Perché mai Saori avrebbe rifiutato un buon partito? Suo nonno avrebbe senz'altro acconsentito."
"Beh, per prima cosa Saori nutre parecchi sentimenti, ricambiati, nei confronti di Seiya. In secondo luogo, Julian Solo è la reincarnazione di Poseidone."
Lei sgranò gli occhi.
"Quel Poseidone? Quello che ha scatenato quella guerra anni fa minacciando di affogare il mondo in un secondo diluvio biblico? Sfido io che lo rifiuta, chi andrebbe mai a sposare il proprio rapitore?" disse, collegando quel volto all'apparenza gentile al dio dei mari. "Santi numi, è proprio vero che spesso l'apparenza inganna."
"Buona e incline al perdono sì, sciocca e avventata no." commentò Camus. Da un cameriere di passaggio prese due calici e gliene porse uno.
"Preferirei mangiare qualcosa prima di bere, dopo pranzo non ho mangiato nulla per via del teletrasporto, sai, ancora non mi sono abituata: per fortuna la nausea è passata prima della festa o adesso sarei su in camera a far compagnia a Lixue."
Camus sospirò.
"Perché non ne sapevo nulla?"
"Di cosa, scusa?"
"Di questo malore."
"Déi del cielo Cam, era solo un po' di nausea, non preoccuparti." gli rispose, seguendolo verso il tavolino al quale erano già seduti Shaina e Milo. "Sto benone, altrimenti ti avrei informato del contrario. Stai tranquillo. Amici miei, buonasera."
"Mei, posso chiederti un favore?" domandò Milo.
"Dammi almeno il tempo di sedermi." protestò Mei, adocchiando l'alzatina straripante di dolcetti al centro del tavolo. "Se è nelle mie possibilità, ben volentieri."
"Prima o poi, nel corso di questa serata, annunceranno la scelta alle dame. Tu sai cos'è, giusto?"
La facoltà, concessa ben poche volte, di permettere a una donna di invitare a ballare un uomo anziché viceversa.
"… ebbene?" volle sapere Mei, mentre Camus inarcava un sopracciglio.
"Siccome sarò richiestissimo, ti chiedo di far ricadere la tua scelta su di me, per evitare di farmi finire nelle grinfie di qualche signora che nonostante l'età non cede al tempo che passa: ne ho vista una fasciata in un abito zebrato che…" Milo s'interruppe, facendo una smorfia di disgusto. "Insomma, si tratterebbe di un'azione caritatevole nei confronti di un amico. Faresti questo per me?"
"Richiestissimo?" fece eco Camus. "Ho sentito bene? Hai detto proprio richiestissimo? Non per smontare il tuo gigantesco ego, ma al momento quello più gettonato è Shaka."
"Per via del fascino esotico, Cam." commentò Mei. "Si fermano al vestito tradizionale e ai capelli d'angelo, perché se lo conoscessero davvero…"
Milo le prese una mano, lo sguardo da cucciolo.
"Allora posso contare sul tuo aiuto?" insistè, mentre Mei addentava un dolcetto.
Scambiò una rapida occhiata con Camus, che annuì divertito, e annuì a sua volta.
"Va… va bene."
"Oh grazie, ti adoro! Sappi che ti sono debitore."
Mei sospirò.
"Se non fosse che sono felicemente impegnata, ti prenderei in parola e la tua virtù sarebbe in pericolo."
In quel mentre davanti al loro tavolo passarono Aphrodite e la sua compagna di danze.
"Noto che Aphrodite è ancora insieme alla sua ragazza storica." commentò Camus, distogliendo subito lo sguardo dalla bella ragazza che volteggiava tra le braccia dell'amico.
"Iris? Certo che sì. So che convivono a Stoccolma da anni, ormai." rispose Milo; era una cosa che aveva sentito al Santuario, dato che Aphrodite teneva ben riservati i dettagli della sua vita privata, ma l'intimità che traspariva da quei due non lasciava spazio a dubbi.
Shaina si schiarì la voce.
"Mei, tuo fratello sarebbe disposto a insegnare a Milo come si muove e si comporta un non vedente?"
Mei lanciò un'occhiata a Milo, quindi tornò a guardare l'amica.
"Come, scusa?"
"Shiryu dovrebbe spiegare a Milo che cosa significa essere cieco e dargli consigli su come muoversi una volta che non avrà più uno dei suoi otto sensi." disse Shaina, facendo corrugare la fronte sia a Camus che a Milo, mentre DeathMask, che era appena arrivato e aveva seguito l'ultimo scambio di battute, sogghignava divertito.
"Credo di non capire." disse Milo.
"Io ho capito." interloquì DeathMask.
"Io no." risposero Milo e Mei, nello stesso momento.
"Mei fa finta di niente e perciò a lui va anche bene, ma se ti becco ancora una volta a piazzare gli occhi sul posteriore di quella stangona nordica, te li cavo e li uso come pendenti. Sono stata abbastanza chiara adesso, tesoro mio?"
Milo si schiarì la voce.
"Sai, a volte mi fai paura."
"Prevedo scintille." mormorò Mei.
"Scintille? Shaina sarebbe capace di distruggere il palazzo intero." rispose Camus.
"Mizzica Shaina, dagli tregua, gli occhi son fatti per guardare." intervenne DeathMask. "State attenti, belli miei: le femmine italiane sono molto pericolose, soprattutto quando sono gelose." aggiunse rivolgendosi ai due colleghi mentre con un braccio circondava le spalle di Shaina, che sgusciò subito via dalla sua presa.
"Tutte le donne lo sono, di qualunque etnia siano. Anche se alcune insistono a negarlo." lo corresse Mei.
"Uomini: appena vedono un bel sedere taglia 36, perdono la testa. Bada Milo, che non stavo scherzando prima." l'ammonì Shaina. "Bene bene, vorrà dire che mentre voi due vi lustrate gli occhi con quella, io e Mei andremo a prendere qualcosa da bere con questo… come definirti?"
Scherzando, DeathMask gonfiò i muscoli tendendoli per bene sotto la camicia.
"… bel manzo?" suggerì.
"Beh, insomma, non esageriamo… ho visto di meglio, posso assicurartelo." replicò Mei.
"Noi andremo a prendere qualcosa da bere con DeathMask. Qualcosa in contrario?"
Milo parve basito, mentre Camus, avesse potuto, l'avrebbe congelato con lo sguardo.
"Ma hai sentito?" domandò Milo, guardando i tre allontanarsi verso il bancone bar nella saletta attigua.
"Tu hai fatto i commenti sulla ragazza di Phro e io becco la ramanzina??!" gli rispose Camus.
"Hey, anche tu hai guardato Iris!" protestò l'altro.
"Le ho dato un'occhiata, certo." precisò Camus. "Ha una scollatura abissale che arriva a pochi millimetri dal didietro, uno dovrebbe essere cieco per non notarla. Ma a differenza tua ho tenuto gli occhi ben piantati nelle orbite."
"Si è notato tanto, eh?"
"Fai un po' tu, sembravi Jim Carrey in The Mask."
"Shaina mi ucciderà, prima o poi."
"Farebbe solo bene."
 
 
La serata si rivelò piuttosto gradevole a dispetto delle solite prospettive; discorse di università e lavoro, di quella che era la vita a Parigi ora che aveva una famiglia con la quale condividerla, della possibilità di ampliare la suddetta famiglia e di quanto, per la prima volta dopo tantissimo tempo, si sentisse finalmente in pace con sé stesso. Di tanto in tanto lasciava vagare lo sguardo sulla sala, tenendo d'occhio Mei e gli uomini che l'invitavano a ballare.
"Se uno sguardo potesse tagliare, quell'armatore sarebbe già bell'e morto." scherzò Freya, distraendolo. Si schiarì la voce, imbarazzato per essere stato colto in fallo. "Devo aspettare la scelta alle dame o m'inviti a ballare?"
"No, no." si alzò e porse il braccio a Freya.
"Ma tu guarda, sei richiesto stasera eh." commentò Milo. "Prima la regina, ora sua sorella… saranno quei dannati capelli rossi. Dovrei tingermeli anche io."
"Tanto per la cronaca, sono rosso naturale. E secondo, si chiama charme. Se uno non ce l'ha, c'è poco da fare." scherzò Camus.
 
"Dèi del cielo, menomale che sei arrivato. Ancora un minuto in compagnia di quel pallone gonfiato e sarei impazzita." Mei sorrise grata a Hyoga. "Ma forse preferivi ballare con la morosa di Aphrodite."
"In effetti non so se ho fatto un buon affare, dicono tu abbia schiacciato un gran numero di piedi stasera."
"Sono una judoka, non una ballerina." si difese Mei. "A malapena so ballare un lento. E forse neanche quello, figurati."
"Basta che segui i miei passi, nessuno si accorgerà che col valzer fai pena."
"Grazie." ribatté Mei. "Basta che non inizi con le sceneggiate da film di quinta categoria e la famosa formula e un due tre, un due tre, perché giuro, ti pianto qui in mezzo alla sala come un cretino qualunque."
Suo malgrado, Hyoga ridacchiò.
"Ah, è per questo che hai finto un malore, prima, durante il valzer con Julian Solo?"
"Mi sono difesa come ho potuto." rispose Mei. "L'ego di quell'uomo è smisurato come l'universo. Mi ha parlato dei suoi affari a Macao e Hong Kong e si è detto un profondo conoscitore della cultura del mio paese, salvo poi iniziare a parlarmi in cantonese."
"E' stata una buona conversazione, almeno?"
"…avessi capito una sola parola. Il cinese mandarino parlato a Pechino è diverso da quello cantonese parlato a Hong Kong."
"E non è la stessa cosa."
"Ovviamente no, sarebbe come pretendere che un italiano che parla il solo dialetto di Aosta comprenda un connazionale che si esprime solo in palermitano stretto." obiettò Mei. "Si è dichiarato un così grande cultore della mia terra che si è anche detto stupito del fatto che non porto il velo. Eppure c'è una grande differenza tra gli hui, musulmani, e gli han, etnia alla quale appartiene la mia famiglia. Cultore un accidenti."
"Secondo me ha solo cercato di fare il piacione." rispose Hyoga. "Ottima strategia comunque, quella del malore."
"Non ho propriamente finto, mi mancava davvero l'aria. Ma non dirlo a Camus, inizierebbe a preoccuparsi."
"Non credo sia una buona idea tenerglielo nascosto, visto e considerato che sei già stata male prima della festa." rispose Hyoga. "Forse a Kobotec non hai fatto sufficiente attenzione a coprirti e hai preso l'influenza."
"Si sarebbe già manifestata." obiettò Mei. "Credo invece la ragione sia di diversa natura, ci sono già passata una volta e riesco a riconoscere i sintomi."
Istintivamente le guardò la pancia.
"Sei incinta?"
"Forse, non ne sono del tutto sicura."
"Anche questa è una sorpresa?" domandò quindi Hyoga, alludendo alla possibile gravidanza.
"No, questa è stata cercata." rispose Mei. Dopo qualche istante, sorrise. "Chi l'avrebbe mai detto che sei un discreto ballerino?"
Hyoga sorrise in risposta.
"Frequentando una corte reale a lungo andare impari anche il valzer. Conosco solo quello però, non mi cimento in altro."
"A parte la carinissima danza classica che esegui prima della Diamond Dust."
Le rifilò una pacca sulla schiena.
"Cosa credi? Occorrono anni e anni d'allenamento per imparare quei movimenti."
"Uh, immagino. Anni di allenamenti sfibranti, non per fracassare ghiacciai eterni ma per ballare nel lago dei cigni."
"No tesoro. Qui c'è un solo cigno, gli altri son tutte volgari imitazioni."
Sentendo Mei scoppiare a ridere per qualcosa che Hyoga le aveva detto, lo fece sospirare contento, sulle labbra un gran sorriso.
"A questo punto direi che ce l'abbiamo fatta e che possiamo brindare al nostro successo."
Camus alzò lo sguardo su Freya e sulla sua aria cospiratrice, accettando la flûte che gli stava porgendo.
"Soltanto chi ha pazienza può ottenere ciò che vuole, mia cara."
"Al nostro successo, socio." Freya alzò la flûte e la fece tintinnare contro quella di Camus.
"Quale successo?" volle sapere Hilda.
"Siamo riusciti ad avvicinare Mei a Hyoga." spiegò Freya, prima che potesse farlo Camus.
La regina seguì i due con lo sguardo. "C'era qualche difficoltà di comunicazione tra loro?"
Camus non avrebbe definito difficoltà di comunicazione l'astio che aveva governato Mei per molto tempo dopo la scalata del Santuario, il termine più appropriato era istinto omicida, ma evitò di parlarne davanti alla regina.
"Se così vogliamo definirla…" concesse.
"E queste divergenze si sono appianate?"
A giudicare da come parlavano fitto quei due, sì.
"Spero di sì."
Saga s'avvicinò loro e s'annunciò schiarendosi discretamente la gola.
"Maestà." s'inchinò in favore di Hilda. "Chiedo venia per il disturbo… posso chiedervi di onorarmi con il prossimo ballo?"
Hilda si stampò un sorriso sul volto, alzandosi e porgendo a Saga il proprio carnet.
"Certo."
"Ah Camus, posso chiederti il permesso di ballare con Mei, dopo?"
Camus inarcò un sopracciglio.
"Buon cielo, per un attimo ho temuto stesse per invitare te." ridacchiò Freya, incapace di comprendere la tensione che s'era creata sull'ultima domanda di Saga.
"Se vuoi ballare con lei, non hai che da domandarglielo, Mei sa benissimo decidere da sola senza aver bisogno del mio permesso." rispose Camus, con diplomazia.
"Molto bene, grazie."
"Bonne chance, alors." sorrise Camus, mellifluo, guardandolo allontanarsi in direzione di Mei e Hyoga.
"… la colonna sonora di Last Samurai comunque è una delle più belle che abbia mai ascoltato."  
Mei annuì.
"Quel film è magistrale, davvero. L'ultima scena… la trovo molto intensa: non parlano, non pronunciano una sola parola eppure quante cose si dicono con il loro sguardo."
"Uno sguardo può essere più eloquente di mille parole." disse Hyoga.
In quel mentre Mei vide Saga avvicinarsi.
"A proposito di sguardi eloquenti, cerca di rivolgerne uno a Saga dal significato: togliti dalla mia vista."
"Sei già bravissima a farlo da sola." le rispose Hyoga.
"Madame LaRochelle, ho qualche chance per il prossimo ballo?"
"Con Hades in persona, piuttosto." replicò Mei, con un sorriso mefistofelico.
Saga ridacchiò.
"Temo che il signore dell'oltretomba non possa accontentarvi, al momento è fuori sede e lo rimarrà per altri duecento anni almeno. Nel frattempo potreste anche farmi contento e concedermi un valzer, uno solo."
"Altrimenti mi fai rinchiudere a Capo Sounio? Ti piacerebbe." rispose Mei.
"…" Hyoga si schiarì la voce, quando Saga si fu allontanato.
"Non una parola."
"E chi ha parlato?"
"T'avverto. Hyoga, se provi a cedermi a quella mummia, giuro che ti infilo tanto di quel peperoncino nella zuppa che ti faccio trottare come Varenne."
Hyoga deglutì.
"Però, sai come essere convincente."
"Lo so."
Il valzer che stavano ballando scemò in favore di un pezzo più moderno: il piccolo ensemble attaccò un motivetto diverso dai valzer che aveva suonato tutta la sera, e Mei corrugò la fronte quando si accorse che una di loro si era distaccata dal gruppo pronta a cantare.
"Credo sia arrivato il mio turno." esordì Camus, interrompendoli.
"Oh, ma certo." Hyoga sorrise, facendosi da parte e lasciandogli il posto.
"Salve. Mi stavo appunto chiedendo quando ti saresti fatto avanti." scherzò Mei. "Sai, dopo quel pallone gonfiato di Julian Solo, Milo e altri sei temerari prima di Hyoga, cominciavo a sentire la tua mancanza."
"Bene. Perché da adesso fino alla fine della serata non ti lascerò più ballare con nessun altro." disse Camus.
"Per correttezza, così come ho fatto con Hyoga e con gli altri galantuomini che fin'ora hanno avuto il coraggio di ballare con me, ti avviso che non sono capace." disse Mei. "E che, molto probabilmente, nei prossimi giorni avrai lividi grandi quanto l'Asia intera sul dorso dei piedi."
"E' per questo che, contravvenendo all'etichetta, ho chiesto a Saori il permesso di far suonare dei lenti prima dell'ultimo ballo." la informò Camus. "Potevo mica correre il rischio di trovarmi i piedi schiacciati sotto un paio di plateau da cinque centimetri: per quanto negati, almeno un lento siamo capaci a ballarlo, no?"
"Sì, credo di sì." sorrise Mei. A parte qualcuno rimasto seduto poiché senza accompagnatore, quasi tutte le coppie in sala stavano ballando il lento; intravide Shiryu e Shunrei e non riuscì a trattenere un sorriso. Per quanto fosse arrogante e insopportabile come fratello, come fidanzato era tenero: sperò vivamente potesse anche essere un buon padre.
Quella serata aveva un non-sapeva-cosa di surreale. Scosse la testa, sorridendo.
"Hai mai sentito parlare del jítǐ hūnlǐ, cioè il rito dei matrimoni di gruppo?" domandò, di punto in bianco.
"No."
"Beh, un'agenzia di wedding planner organizza il matrimonio di un certo numero di coppie scegliendo luoghi tipici e spazi ampi per celebrare questi matrimoni di gruppo, dove una volta gli sposi si vestivano con gli abiti tradizionali, mentre ora si vestono all'occidentale. Ecco… io sono vestita di bianco, tu di nero, le coppie che ci circondano sono anch'esse in bianco e nero… sembra un grande matrimonio di gruppo. Se Shion si fosse presentato vestito della tradizionale palandrana da Grande Sacerdote, avremmo avuto anche l'officiante, adesso." ridacchiò Mei. "Ma non è un genere di matrimonio che fa per me: io sogno un matrimonio tradizionale, con l'hanfu rosso. Al Goro-Ho, magari, dove c'è l'usanza di legare le mani dei due sposi con un drappo porpora e la sposa offre una tazza di tè zuccherato allo sposo augurando a entrambi un futuro senza asperità. Le tradizioni da seguire sono tante, ma quando e se verrà il momento, mi piacerebbe poterle seguire così come ha fatto mia nonna, sua madre prima di lei e così via. Anche mia madre, pur non essendo cinese, le seguì per amore di mio padre."
"E io farò lo stesso per te. Ma avrò un sacco di cose da imparare, per allora." rispose Camus.
"Sì, ma forse tu preferisci una cerimonia più occidentale, in municipio, ad esempio."
Camus smise di ballare e discretamente l'accompagnò fuori dalla grande sala, su un piccolo terrazzo che si affacciava sui giardini all'italiana.
"In municipio ci andremo comunque, per firmare gli atti. Nel frattempo, prima di allora e prima della cerimonia che ti piacerebbe avere, c'è un'altra cosa che vorrei fare. Tu mi ami, dico bene?"
Mei inarcò un sopracciglio.
"Che razza di domanda è? Conosci già bene la risposta."
"Io ti amo, no?"
"Sì…?"
"Abbiamo una bellissima bambina e… se Athena, Kwan Yin o l'Imperatore di non-ricordo-cosa vorranno, ne avremo altri."
Mei avvertì il cuore accelerare.
"…sì." sussurrò.
Lasciò che il contenuto del sacchettino che aveva tenuto in tasca tutta la sera gli scivolasse nel palmo, prima di prenderle la mano sinistra.
"Vuoi sposarmi…" le chiese, infilandoglielo al dito.
"Oddèi, Cam…" disse, il cuore impazzito nel petto. "…sì…!"
"…stasera?"
Lo fissò incredula.
"Cosa?"
"Sposiamoci adesso."
"Intendi proprio questa sera? Sei serio?"
"Sì. Stasera, subito. Chiamiamo Dohko e gli chiediamo se può benedire la nostra unione unendoci spiritualmente con il Legame delle Anime."
Mei sgranò gli occhi.
"Chi ti ha raccontato di questa pratica?"
Al Goro-Ho, al matrimonio già di per sé ricchissimo di tradizioni e usi, col trascorrere dei secoli s'erano aggiunte anche diverse altre usanze, -frutto forse di contaminazioni straniere-. Una di queste consisteva nel curare la parte spirituale del matrimonio in una cerimonia separata dal resto: questa sorta di legame si officiava a cospetto degli Avi, con lo scopo di legare le anime dei due sposi in un vincolo che sarebbe durato anche nell'aldilà, dopo la morte fisica. E proprio per questo, proprio perché non era finché morte non ci separi ma sarebbe durato davvero per sempre, non c'era promessa più sacra.
"Shunrei mi accennò qualcosa, tempo fa."
Mei si domandò quanto Shunrei avesse narrato di quell'usanza: probabilmente sapeva che, come si usava nella cerimonia vera e propria, ci si legava l'un l'altra con un nastro rosso annodato ai fianchi di entrambi gli sposi, sapeva che l'officiante avrebbe legato le loro mani… ma gli aveva raccontato tutto?
"La profonda sacralità di questo atto è dovuto principalmente a un giuramento solenne preso di fronte agli Antenati e agli Dèi." spiegò Mei. "Un giuramento fatto col sangue."
Camus corrugò la fronte.
"Santi numi, niente di così tragico e soprattutto nulla di maligno: prima che le mani vengano legate, i due sposi si fanno un piccolo taglietto sul palmo della mano. Alla fine sarà un fastidio momentaneo, come per gli esami della glicemia."
Dopo qualche istante, Camus sorrise.
"Direi che reggo bene la vista del sangue."
"Sei davvero disposto a sopportarmi per l'eternità? Coraggioso."
"E tu?"
"Continui a fare domande delle quali conosci le risposte." ribatté Mei. "Devo però avvertirti che il Legame delle Anime non avrà alcun valore legale."
"Avrà valore per noi, ed è questo che conta."
"Per noi, per gli Antenati e per gli Dèi." spiegò Mei. "Ed è un vincolo che non potrà essere spezzato per nessuna ragione al mondo. Per me ha un valore… inspiegabile a parole."
"Allora cosa stiamo aspettando?" insistè Camus. "Facciamolo."
Sopraffatta da un'emozione incredibile e con le lacrime agli occhi, Mei gli prese la mano destra e ne baciò il palmo, quindi lo guardò dritto negli occhi.
"Facciamolo."
Ebbe bisogno di qualche secondo per asciugarsi gli occhi senza sciupare il trucco.
"Ci sarà bisogno di due testimoni; di solito i parenti più intimi… genitori, fratelli… ma i primi mancano e… l'unico fratello che ho non capirebbe la nostra scelta. E' un'usanza taoista e Shiryu ha abbracciato un'altra filosofia di vita già da tempo."
Camus annuì.
"Mi dispiace."
"Anche a me, ma preferisco non coinvolgerlo."
"Se dovessi cambiare idea lo capirei."
"Non cambierò mai idea su di noi." Mei gli accarezzò una guancia. "Ricordi che cosa ti dissi quella sera, in spiaggia?"
Se avessi avuto la possibilità di decidere della mia vita, avrei scelto te, avrei scelto l'undicesima casa!
"Sì." mormorò Camus, in risposta.
"Non erano parole dette a vanvera. Non ho avuto e non avrò mai altra scelta: io sceglierei sempre te. Ti ho scelto in questa vita e ti sceglierò nelle prossime diecimila. Ti sceglierei adesso, ora, nonostante tutti i dolori, gli sbagli, i pianti. Sceglierei te perchè quando mi guardi mi fai perdere ogni certezza e mi fai tremare il petto. Ti sceglierei per tutti i tuoi sorrisi silenziosi, per tutte le volte che amandomi mi fai sentire viva o quando ti addormenti con gli occhi stanchi crollando sui libri che leggi a Lixue. Ti sceglierei per ogni volta che apri le braccia e mi fai sentire a casa. Tu sei e resterai sempre la gioia della mia vita." sussurrò Mei. "Nǐ shì wǒ de shēngmìng. Méiyǒu nǐ, wǒ wúfǎ shēngcún." Sei la mia vita. Senza di te, non posso sopravvivere.

Rientrarono in sala: Milo e Shaina stavano ancora ballando sulle note di un altro lento, e mentre Mei si affrettava a chiamare Dohko, lui richiamò l'amico con un cenno.
"Questa canzone è la mia preferita, spero tu abbia un ottimo motivo per averci interrotti." scherzò Shaina.
Camus si schiarì la voce.
"Mi scuso per averlo fatto." le rispose, serio. "Ragazzi, avrei bisogno di un favore da voi."
Milo avvertì il suo tono serio e perse il sorriso.
"Tutto bene?"
"Sì. Dovreste seguirci." rispose, mentre Dohko e Mei arrivavano.
Milo sgranò gli occhi, intravedendo un bagliore sulla mano sinistra dell'amica.
"Perdiana, è quello che penso io?" sussurrò, ricevendo in risposta un sorriso radioso.
"Abbiamo bisogno di voi." spiegò quindi Camus.
"…adesso?"
"Adesso."
"Manca una persona, lui non può certo restare qui." disse Mei. "Tu intanto vai a prendere Lixue."
"Chi?"
"Hyoga, ovviamente."
"Mei, Camus… tutto ciò in sé sarebbe molto bello, ma a dire il vero ci sarebbe bisogno di un parente." li fermò Dohko a bassa voce. "Mei, tuo fratello…"
"Shiryu non capirebbe e comunque cercherebbe di metterci i bastoni tra le ruote. Mi assumerò qualunque rischio, se la sua esclusione ne comporterà qualcuno."
"No, beh… il solo rischio è che si arrabbi per essere stato escluso." capitolò Dohko, di fronte a tanta determinazione.
"Comunque c'è Lixue. Più parente di così…" disse Mei.
"Io ho Milo." interloquì Camus, mentre Dohko e l'interessato si voltavano quasi in simultanea a guardarlo. "Sai che ti considero mio fratello. Non c'è nessun altro che vorrei accanto a me per una cosa di grande importanza come questa."
"Mi rendi un grande onore." mormorò Milo, commosso.
Dohko li precedette fuori dalla sala.
"Avanti, allora. Forse riusciremo a tornare prima della fine della festa."
 
***
 
Lady Aquaria's corner:
(Capitolo modificato in data 11 novembre 2014)
 
-Kwan Yin e L'Imperatore di Giada: per i taoisti la prima è la dea della misericordia, protettrice delle donne, dei bambini e delle donne che desiderano avere figli, ha una personalità che può vagamente ricordare quella della Madonna cristiana. Il secondo, figlio del sole e della luna e quindi dell'unione di Yin e Yang, è il sovrano del paradiso della mitologia cinese e una delle maggiori divinità del pantheon della religione taoista.
 
-L'inchino eseguito da Mei nella stanza degli Antenati è praticato in prevalenza dagli aikidoka e si tratta dello zarei.
 
-Nanjing: Nanchino.
 
-Lady Cocca: la dama di compagnia di Lady Marian nel film Disney Robin Hood.
 
-Tiropita: è una specie di torta di pasta fillo e formaggio tipica della tradizione greca.
 
-La Disney e la questione Marvel e Star Wars: dunque, la fic è ambientata a cavallo tra i due avvenimenti. Il franchise Star Wars, ad esempio, ancora non era proprietà Disney a differenza della Marvel.
 
-Rémy Martin, Camus e Courvoisier: tre marche di Cognac.
 
-Castello Himeji e Schönbrunn: il primo è uno stupendo castello in stile puramente giapponese dell'epoca Sengoku. Il secondo fu la residenza degli imperatori d'Austria.
 
-Vestire viola a teatro e rosso ai matrimoni: secondo santa Wikipedia, durante i quaranta giorni quaresimali, nel Medioevo furono vietati tutti i tipi di rappresentazioni teatrali e di spettacoli pubblici che si tenevano per le vie o le piazze delle città. Questo comportò notevoli disagi economici per gli attori e per tutti coloro che vivevano di solo teatro. Non potendo lavorare, infatti, le compagnie teatrali non avevano guadagni e di conseguenza anche procurarsi il pane quotidiano era ardua impresa: per questo motivo in teatro e in televisione abiti e oggetti di colore viola sono tuttora considerati di cattivo augurio e, nei limiti del possibile, accuratamente evitati. È uso che anche gli spettatori, più o meno partecipi della superstizione, evitino di indossarlo.
Il rosso ai matrimoni, secondo alcuni manuali di galateo in mio possesso, è da evitare in quanto potrebbe distogliere troppo l'attenzione dalla sposa, vera protagonista della giornata.
 
-Il Legame delle Anime e il piccolo patto di sangue durante la cerimonia… dunque. Il patto di sangue mi è stato ispirato dal romanzo della Gabaldon, ergo non ha alcun riferimento di natura maligna, per carità. D:
Mi è sembrata una cosa romantica e parecchio profonda, qualcosa che, riguardando la puntata di Outlander, ho deciso di inserire in un contesto che, per le credenze di Mei è già parecchio profondo. Per quanto riguarda il legame delle anime è una cosa da me totalmente inventata sulla base di una particolare scena del film 47 Ronin, ovvero la scena nella quale Kai giura solennemente a Mika che non importa che cosa può o non può succedere nella vita che stanno vivendo (nella quale non possono stare insieme), lui continuerà a cercarla "attraverso mille mondi e diecimila vite". Ecco. La mia intenzione è quella di legare Mei e Camus e le loro anime in un legame che vivrà oltre la morte fisica.
Oh dio, ditemi che avete capito che cosa intendo dire, il mio discorso non poteva essere più articolato di così. D: D:
 
-Sempre ispirato a 47 Ronin è il sottotitolo del capitolo e una frase del discorso di Mei (riadattato da una nota su Tumblr): la frase in originale, tradotta con "…nessuno, a parte te e me deve sapere che sei, e rimarrai sempre la gioia della mia vita" è una stupenda dimostrazione d'amore che Kuranosuke fa nei confronti di Riku, sua moglie. Il film è meraviglioso, ve lo consiglio.
Comunque, grazie per il sostegno, sempre apprezzato. Alla prossima!


Lady Aquaria
 
   
 
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