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Autore: Ulisse85    06/05/2011    8 recensioni
Dopo la duna sulla quale erano saliti, e su cui li aveva appena raggiunti Chiara, c'era una scogliera rocciosa, che sembrava scolpita con un'arma affilata per le linee nette, definite, quasi violente che tagliavano il paesaggio e delimitavano mare e orizzonte.
Genere: Horror, Mistero, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Marco afferrò appena in tempo il vaso che, altrimenti, cadendo a terra, sarebbe esploso in mille pezzi. Lo riposò sul ripiano impolverato sul quale era esposto in precario equilibrio.

Accanto al vaso nero con sottili intarsi ocra, si estendevano una serie di altri oggetti, da un piccolo candelabro color ametista ad un ciondolo di ambra splendente appeso ad un chiodo arrugginito.

Il ripiano altro non era che la parte superiore di un caminetto sporco e spento da troppo tempo.

 

Marco si rese conto di avere freddo.

Indossava come sempre d'estate un paio di jeans comodi e una magliettina a maniche corte rossa con un mini collettino con riga bianca.

Aveva la pelle gelata.

 

Alzò lo sguardo dal camino si girò verso il resto della stanza. Quello che non era coperto direttamente da una coltre di polvere era celato da un telo di plastica reso opaco dal tempo e dallo sporco.

I colori della stanza erano una cupa scala cromatica disegnata tra l'ebano, il nero della notte e il grigio di un temporale estivo.

 

I suoi occhi piano piano si cominciarono ad abituare alla poca luce presente e riuscì a spaziare un minimo con lo sguardo, riconoscendo la stanza come un grosso salone, in fondo al quale era presente una scaletta a chiocciola per recarsi ad un piano superiore e di fronte ad essa una porta socchiusa e cigolante. Nessuna traccia di finestre.

 

Ma non era quello il problema più grave al momento che si poneva Marco.

 

“Dove sono? Come sono arrivato qui?” continuava a chiedersi

 

lo sai dove sei...

 

“Stavo dormendo... chi mi ha portato via dal mio letto” il tono piagnucoloso dei suoi pensieri non gli piaceva. Aveva 13 anni, doveva comportarsi da uomo!

 

Tu sei venuto qui... nessuno ti ha costretto...

 

“come ci torno a casa... devo chiamare i miei.. però è notte... ecco, andrò bevuto di sicuro! Senti come piove oltretutto.. che palle... mi bagnerò tutto...”

 

Marco si era reso conto che fuori c'era un temporale notturno che stava soffocando la casa nella sua morsa di pioggia, rendendo più densa l'oscurità e abbassando la temperatura.

 

“per questo ho freddo probabilmente...”

 

sai che non è per quello...

 

Decise che anziché rimanere immobile in quella stanza era meglio cercare di uscire. Avrebbe fatto una corsa fino a casa...

 

...almeno sai come arrivarci ?

 

“Certo che so come arrivare a casa... è dritto per dritto, basta tenere il mare sulla sinistra!”

 

allora vedi che sai dove sei....

 

Io non...” e Marco si rese conto di essere nella casa sulla scogliera.

 

Nella sua mente si cominciarono a riformare le domande iniziali su come ci fosse arrivato, intanto che attraversava lentamente e silenziosamente il salone.

Lo sciogliersi di tali dubbi fu interrotto dal socchiudersi della porta che dava sull'altra stanza. Il cigolio bloccò Marco.

 

da questa parte, vieni.

 

Andiamo per logica... se vado di sopra o nell'altra stanza ho le stesse probabilità che .. mi succeda qualcosa... però se vado di sopra poi non posso uscire...”

 

non puoi uscire in ogni caso

 

Era impietrito dal dubbio, o forse era semplicemente paura. Alla fine decise che a parità di rischio, tanto valeva rimanere al piano terra che offriva più vie di fuga.

 

“ci sarà una porta di uscita...”

 

Sentì un grido provenire dal piano di sopra. Una voce femminile e squillante.

 

Era Chiara.

 

“Chiaraaaaaaaaaa....” cercò di urlare ma la fredda umidità della casa attutì come un cuscino sulla canna di una pistola il suo grido. Cominciò a correre e a salire la scala a chiocciola.

 

Sopra era ancora più buio del salone. Entrò di corsa nella stanza. Probabilmente quella era la camera da letto. Grande quanto metà di tutto il piano di sotto, era occupata al centro da un enorme letto a baldacchino in legno antico e pesante.

Una tenda impolverata, preziosa e strappata lo chiudeva su tre lati, lasciando intuire la presenza di coperte scomposte e cuscini appoggiati.

Nella stanza c'erano un grande mobile a cassettoni e un pianoforte nero e obliquo appoggiato alla parete. Una delle gambe del pianoforte era rotta, spezzata e il cadavere dello strumento si poggiava precariamente a terra.

Di Chiara non c'era traccia.

 

“Ero sicuro che fosse la voce di Chiara...”

 

certo che era la sua voce...

 

“... deve essere qui, da qualche parte.. Chiara..” i suoi pensieri avevano ripreso quel tono piagnucoloso che detestava. A 13 anni non si piange.

 

...ERA la sua voce...

 

Marco stava sudando, nonostante il freddo alle braccia.

Un brivido in più percorse il suo corpo intanto che era immerso nell'oscurità totale della stanza.

 

Sentì qualcosa di umido sui suoi piedi. Anzi di liquido.

Abbasso lo sguardo in preda al panico, immaginando fosse troppo buio per vederseli.

 

Invece li vide chiaramente. Erano lambiti dalle onde del mare che si allungavano pigre e maliziosa sulla sabbia come un amante assonnato e insoddisfatto.

Rialzò lo sguardo e davanti a sé c'era il mare, cupo e blu cobalto come solo di notte riusciva ad essere.

L'abbraccio della pioggia era cessato ma a questo avevano fatto seguito le carezze del vento.

Un vento gelido e incostante, folate discontinue che donavano solo brividi al suo corpo madido di sudore. Si girò per capire dove si trovasse.

 

Davanti a sé una spiaggetta privata e in fondo alla notte si inerpicava tra gli scogli quella scalinata scolpita nella roccia che aveva visto quella mattina.

La casa era avvolta nel silenzio e nel buio più totale.

 

“Come ne sono uscito.. io non... e Chiara?”

 

Chiara non c'è più...

 

“Devo trovarla... e riportarla a casa...”

 

Marco cercò di scrutare nella notte se vi fosse qualcuno. Sentiva di non essere da solo.

In fondo al buio vide infatti una sagoma dai contorni indistinti, avvolta da un telo di colore blu come il mare alle sue spalle. Ma non capiva chi fosse.

Cercò di focalizzare l'ovale bianco del volto che intravedeva nella notte.

Ad un certo punto questo scomparve.

 

Il buio si fece più pieno e sentì una mano gelida toccargli il viso.

Poi un corpo bagnato si accostò al suo e....

 

“Marco.. Marco.. ti prego svegliati .. ti prego... devi stare con me.. Marco”, piangendo e sussurrando, ma soprattutto scuotendolo, Chiara cercava di svegliarlo.

 

Era abbracciata a lui, stesa o, per meglio dire, rannicchiata sul bordo del suo letto.

 

“Chiara ma.. tu.. la casa.. che ci fai qui?” le domande di accavallarono nella mente e nelle parole del ragazzo vedendo la sua amica vicino a lui, sudata, infreddolita e bagnata.

Erano nella stanza di Marco.

 

Chiara urlando si era svegliata da quel sogno orribile, aveva preso la chiave che la mamma di Marco aveva dato a sua madre per “sicurezza” ed era andato da lui.

Sapeva che doveva svegliarlo, perchè la sua paura non sarebbe bastata, così come sapeva che ora aveva bisogno di sentirlo vicino.

Di sentirlo reale.

 

Marco abbracciò Chiara, senza fare ulteriori domande. Non avrebbe comunque trovato risposte.

L'unica domanda che non aveva bisogno di fare, che non voleva fare, era quella di cui entrambi sapevano la risposta.

Avevano vissuto il medesimo incubo. In quella casa stanotte c'erano stati entrambi.

 

La sveglia segnava le 4 di notte. Si rannicchiarono insieme contro il muro, tirando su il lenzuolo per coprirsi dall'aria fredda di quel momento. Forse solo per proteggersi.

Abbracciati si addormentarono e l'alba li sorprese in quell'angolo.

 

Si svegliarono quasi insieme da quelle poche ore di riposo.

 

“Marco.. io devo rientrare prima che papà si sveglia altrimenti mi uccide...”

 

“ok, vai.. passa dalla porta principale, tanto da quel lato dorme Veronica che ha il sonno più profondo dei miei genitori”

 

“va bene.. a dopo allora...”

 

“ a tra poco...” Marco rispose simulando un sorriso. Ne uscì una smorfia stanca e preoccupata.

 

Chiara nemmeno se ne avvide.

Era distrutta da quanto vissuto e dal presentimento che se la nottata era finita, l'incubo era appena iniziato.

   
 
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