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Autore: Temari    07/05/2011    2 recensioni
Il vento leggero gli carezzava appena il viso, una nuvola era stata sospinta nel suo campo visivo e seguendone il movimento, lento, Agito iniziava a sentire le palpebre diventare più pesanti... la vista diventava sfocata a mano a mano che le palpebre si chiudevano... il respiro diventava un po' più lento. Si stava addormentando, con la schiena parzialmente appoggiata alla ringhiera verde scuro e le mani sulla nuca. Pochi secondi dopo, la testa scivolò in avanti, il mento posato al petto e gli occhi chiusi...
--Slam! Tonk. Thump.
"Ow! Ow! Ow!... Maledetta porta!!"
*Per il momento è completa, ma non si sa mai che mi venga voglia di fare un seguito*
4° classificata al 'Flowers for Life' contest indetto da Ss904
Genere: Commedia, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve gente! =D
Primo dive in questa sezione perché è la prima originale che posto... e la seconda che ho scritto in assoluto, quindi ero e sono un po' nervosa ^^;
La storia che segue ha partecipato al contest 'Flowers for Life' indetto da Ss904, classificandosi al 4° posto (il banner è fatto in casa in attesa che la giudicia riesca a mandarci quelli fatti da lei :P) - cosa che ancora fatico a credere sia vera...

Uhm, precisazioni: - è ambientata in Giappone.
                            - 
Garofano, significati: Amore, Sdegno

Edit: qui trovate un piccolo spin-off: Sleeping Beauty =P


Disclaimer (non so se si debba mettere anche qui, ma in caso...): mi appartiene solo ciò che scrivo.

Enjoy! =)
Ja ne,
Temari



     

Chance Meeting on a Rooftop









        Il cielo era terso, nessuna nuvola disturbava la vista dell'azzurro sopra la sua testa, il vento non era altro che una debole brezza che muoveva appena l'erba e le foglie, il sole aveva da poco iniziato a scaldare veramente l'aria - nonostante fosse già la seconda settimana di Aprile, la primavera tardava ad arrivare e l'atmosfera di festa ed eccitazione che si sentiva solitamente in quel periodo era notevolmente affievolita... non era sembrato davvero l'inizio di un nuovo anno scolastico.

        I ciliegi, che solo una settimana prima non erano ancora in piena fioritura, erano sembrati più malinconici che gioiosi sotto un cielo grigio che premoniva pioggia. La cerimonia d'entrata era stata pervasa dai mormorii degli studenti che si erano lamentati del tempo e di quanto fosse innaturale, di quanto secondo alcuni portasse addirittura sfortuna... alcuni avevano comprato degli amuleti al tempio più vicino.
        "Tutte sciocchezze senza senso.", pensava Takano Agitospendere denaro per degli stupidi amuleti contro la mala sorte era già di per sé uno spreco, ma farlo solamente per delle nuvole scure in aria era un'idiozia vera e propria. Quel genere di superstizioni lo infastidivano e chi si lasciava prendere troppo da esse gli scatenava un prurito alle mani e un'irrefrenabile desiderio di dire quattro parole a tali creduloni.
        Certo, questo se effettivamente gliene fosse importato qualcosa. O se fosse il tipo da stare in mezzo alla gente.
        E non rientrava in nessuna delle due categorie.
        Al contrario, Agito se ne stava in disparte e tendeva generalmente ad ignorare chiunque; in classe era guardato di sottecchi da tutti ed era lasciato in pace perché gli altri studenti lo consideravano difficile da avvicinare... chi non sarebbe stato intimorito da un ragazzo come lui - alto, con corti capelli neri e occhi marrone scuro, con un fisico asciutto e con la reputazione di essere il migliore del club di kendo? Agito non li biasimava, né se ne dispiaceva: era un cosiddetto lupo solitario e stare in mezzo alla marmaglia dei suoi coetanei gli faceva venire mal di testa, erano fin troppo rumorosi e rozzi.
        Durante le lezioni non era difficile concentrarsi su quello che veniva spiegato: i compagni di classe più distratti e irritanti erano fortunatamente relegati nelle ultime file, così dal suo banco (seconda fila, secondo banco dal lato del corridoio della classe) non sentiva né i mormorii, né le risatine soffocate, né tanto meno il russare di chi non seguivasi concedeva solo un'occhiata di fuoco in quella direzione, ogni tanto, giusto per rendere manifesta la sua ostilità verso l'indecente comportamento di chi avrebbe fatto meglio a prendere appunti, dato che molti di coloro che bissavano le lezioni finivano col dover sostenere nuovamente gli esami e fare ripetizioni in estate.
        "Che branco di idioti.", era l'unico pensiero che Agito riservava loro.
        Il club di kendo non gli dispiaceva. Lì non c'erano 
rompiscatole, o meglio, anche quelli che normalmente rientrerebbero nella categoria, non appena mettevano piede nel piccolo dojo della scuola, smettevano di comportarsi da idioti e diventavano seri - la disciplina e la calma erano qualità importanti per chi praticava quello sport, e il presidente del club non aveva pietà a buttare fuori chi sgarrava. Inoltre, provava una certa soddisfazione a battere ogni altro membro del club, nonché un senso di soddisfazione nel sapere che aveva tutte le potenzialità e le capacità per essere lui stesso il presidentecarica che però non aveva nessun interesse ad ottenere, visto il suo scarso (se non completamente assente) livello di socialità.
        Al di fuori di quei due posti, la classe e il dojo, l'unico luogo dove Agito trascorreva il suo tempo a scuola era il tetto. Non quello dell'edificio che ospitava le aule degli studenti del secondo anno - il suo - bensì il tetto dell'edificio del primo anno, dove era meno probabile che qualcuno venisse a disturbarlo: le matricole tendevano a pranzare nelle classi o al meglio fuori sull'erba, nel cortile, o vicino al campo da baseball e di atletica. Quei pochi studenti che avevano tentato di utilizzare quel posto, se n'erano andati appena aveva intimato loro di farlo.

        Ed era proprio sul tetto che si trovava Agito all'inizio di quella seconda settimana di Aprile. La pausa pranzo era per metà già passata, rimaneva poco meno di mezz'ora prima delle lezioni pomeridiane; aveva finito di mangiare e aveva deciso di schiacciare un sonnellino nel tempo rimanente, il chiacchiericcio degli altri studenti era un suono lontano e di sottofondo, poteva quasi dire che rendesse la tranquillità del suo rifugio ancora più accentuata.
        Il vento leggero gli carezzava appena il viso, una nuvola era stata sospinta nel suo campo visivo e seguendone il movimento, lento, Agito iniziava a sentire le palpebre diventare più pesanti... la vista diventava sfocata a mano a mano che le palpebre si chiudevano... il respiro diventava un po' più lento. Si stava addormentando, con la schiena parzialmente appoggiata alla ringhiera verde scuro e le mani sulla nuca. Pochi secondi dopo, la testa scivolò in avanti, il mento posato al petto e gli occhi chiusi...
        Slam! Tonk. Thump.
        "Ow! Ow! Ow!... Maledetta porta!!"
        Takano, non ancora assopito del tutto, raddrizzò la testa e notò un ragazzo che si stava rialzando da terra massaggiandosi la fronte. Da quel che poteva dedurre, lo studente - perché non poteva essere altrimenti, vista l'uniforme - aveva cercato di chiudere la porta del tetto piano, forse per non disturbarlo, ma c'era rimasto attaccato e dato che la porta aveva una molla che la faceva chiudere da sola, aveva finito per sbattere la fronte sulla superficie di metallo e cadere a terra, sparpagliando intorno a sé libri, quaderni, fogli ed un astuccio.
        Agito si raddrizzò un poco, fissando la schiena di colui che aveva osato interrompere la sua pausa pranzo con un'espressione di sdegno dipinto sul volto. "Oi, tu," disse Takano con una voce minacciosa, "vedi di andartene. Non mi piace che si interrompa la mia quiete.".
        Il ragazzo in questione si voltò; sembrava stupito di vedere un'altra persona sul tetto, come se non si fosse accorto della presenza dell'altro. "... Come?" chiese, gli occhi leggermente spalancati e le sopracciglia castane aggrottate - e, poco più sopra, si notava una macchia rossa dove il bernoccolo causato dall'impatto con la porta si stava già formando.
        "Non mi piace ripetermi. Vattene." ripeté Agito, i cui occhi si strinsero pericolosamente. Come osava quel moccioso, quella matricola, restarsene lì per terra a fissarlo come se fosse un fenomeno da baraccone? Inoltre, la pausa era quasi finita e per colpa di quell'idiota stava sprecando quel poco che gli rimaneva prima di tornare nella sua classe piena di rumorosi scansafatiche.
        "... Oh..." disse l'intruso, abbassando lo sguardo, intimorito dai fulmini (immaginari) che minacciavano di partire dagli occhi scuri di Takano ed iniziando a raccattare i suoi effetti personali con dei movimenti secchi e impacciati. "Ehm... scusa del disturbo..." borbottò dopo aver raccolto tutto ed aver afferrato la maniglia della porta di metallo per andarsene.
        Takano rimase ad osservare l'altro studente, aspettando che se ne andasse, ma passati due minuti, la matricola non si era mossa di un millimetro; anzi, stava piegando la testa a destra e a sinistra impercettibilmente, come se stesse ascoltando qualcosa, poi all'improvviso si voltò indietro, fissando Agito con fiammeggianti occhi verdi e puntandogli un dito contro. "NO!" urlò, rosso in viso, "Perché mai dovrei andarmene?! Questo è un luogo pubblico, non è di tua proprietà! Posso benissimo venire qua su e starci tutto il tempo che mi pare!" il ragazzo prese fiato, il colore paonazzo stava recedendo pian piano, ma l'espressione di sfida era ancora al suo posto. "... Quindi ora mi siedo qui e"
        Kin kon kan kon.
        La campana risuonò per tutta la scuola, indicando che la pausa pranzo si era conclusa, interrompendo il discorso dello studente del primo anno, che era in piedi vicino alla porta con la bocca aperta e le braccia conserte. Takano, notevolmente irritato ed infastidito, si alzò con un sospiro inaudibile e raccolse la sua borsa, infilando la tracolla di traverso sulla spalla sinistra, dirigendosi poi verso l'uscita con passi lunghi e misurati; afferrata la maniglia, aprì la porta e prima di sparire all'interno dell'edificio scolastico, lanciò un'ultima occhiata inceneritrice all'altro studente.

        Il giorno successivo, Takano si trovava nuovamente sul tetto a godersi la sua - meritata - pace leggendo un libro con unico sottofondo lo schiamazzo degli altri studenti che si trovavano in cortile. Per quindici paradisiaci minuti, niente e nessuno era arrivato a disturbarlo, anche perché la maggior parte del corpo studentesco di quell'edificio (e, in generale, anche quelli del secondo e terzo anno) aveva capito che quell'area era off-limits: nessuno ci metteva piede a meno che non desiderasse ardentemente una morte atroce.
        "Yoshino-kun! Dove stai andando...??" la voce, proveniente da dietro la porta del tetto, aveva un tono ansioso che faceva pensare che il proprietario fosse sull'orlo del panico.
        "Sul tetto, ovviamente. Non vieni, Matsuda?" rispose una seconda voce, che aveva un che di familiare alle orecchie di Agito; quest'ultima non aveva traccia di esitazione.
        "Scherzi?! Certo che non vengo...!" riprese la prima voce, ancora più impaurita di prima, "... Non hai sentito gli altri del nostro anno? Quel senpai è terrificante..." l'ultima parte era stata detta piano, tanto che per sentirla, Takano aveva dovuto inclinare la testa a sinistra, nella direzione della porta. Una vena di irritazione gli si era formata sulla tempia destra. "Non preoccuparti, Yoshino-kun, se non ti vedo rientrare in classe alla fine del pranzo, chiamerò io i tuoi per informarli della tua dipartita."
        "Tch, grazie tante eh." rispose l'altro, sarcastico; dopodiché si sentirono dei passi scendere le scale, presumibilmente lo studente fifone se n'era andato.
        "Meno uno." pensò Agito, un piccolo ghigno che gli increspava le labbra. Ora non rimaneva che aspettare l'entrata in scena dello stolto del giorno prima - se sperava di cavarsela con un avvertimento, si sbagliava di grosso. Non voleva rompiscatole. E sicuramente, ora che sapeva chi era, la matricola non sarebbe stata così stupida da cercare di contraddirlo come aveva fatto la prima volta.
        La porta metallica si aprì, gettando ombra su Agito per un momento, e si richiuse lentamente e pesantemente da sé. Non notando nessuno in un primo istante, Takano girò la testa completamente verso sinistra e vide che il ragazzo del giorno precedente si era sistemato esattamente come lui - seduto a terra, con la schiena appoggiata al muro e le ginocchia piegate verso il petto mentre si apprestava ad aprire una sottospecie di quaderno di dimensioni insolite - con l'unica differenza che si trovava dalla parte opposta della porta.
        Gli occhi scuri di Takano si strinsero. "Oi." sibilò in un tono che avrebbe fatto accapponare la pelle a chiunque, aspettandosi di vedere la matricola saltare in piedi dallo spavento nel rendersi conto che c'era qualcun altro, lìche c'era lui. Nulla."OI." disse di nuovo, alzando la voce ed indurendo il tono. Non un singulto di sorpresa, non un cambio nella respirazione... il ragazzo continuava a pensare agli affari propri - nel frattempo aveva preso una matita e aveva iniziato a... disegnare? Si, le linee che prendevano vita sul foglio bianco non potevano essere altro che parte di un qualche tipo di disegno.
        Pur essendo vagamente incuriosito, Agito aveva altro per la testa in quel preciso istante. "Mi sta ignorando...?!" pensò, con gli occhi ormai ridotti a fessure mentre continuava a scavare delle voragini sulla parte di volto dell'altro che poteva vedere. Passati due minuti, un ringhio basso di irritazione scappò dalla gola di Takano, che si alzò in piedi e si piazzò davanti a Yoshino, gettandogli ombra sul foglio e costringendolo per tanto ad alzare lo sguardo.
        "Ma che...?" fece per chiedersi la matricola, prima di notare chi si trovava di fronte. Alzò un sopracciglio castano, "Takano-senpai." e, pur essendo una constatazione, aveva il suono di una domanda - come se nel pronunciare il nome, stesse anche chiedendo 'Ti serve qualcosa?' o 'C'è qualcosa che non va?'. Agito rimase a fissare l'altro, prendendo atto del fatto che gli occhi verdi di Yoshino non accennavano a spostarsi; stava aspettando una risposta.
        "... Che ci fai qui?" chiese infine, un angolo della bocca rivolto in basso per rendere ancora più ovvio il disprezzo per chi osava mettere piede nel suo territorio anche dopo essere stato avvertito di non farlo. Le braccia conserte e gli occhi pericolosamente lampeggianti indice che qualsiasi risposta non sarebbe stata gradita a prescindere.
        "..." Yoshino non disse nulla, limitandosi ad osservare Takano stagliarsi di fronte a lui con un atteggiamento di sfida... sicuramente il moro del secondo anno incuteva timore, e trasudava sicurezza di sé e una certa inarrivabilità che era la causa principale del fatto che nessuno osava avvicinarsi. "Che faccio qui, dici, senpai...?" disse poi, completamente impassibile e tranquillo a dispetto dello sguardo torvo che era diretto verso di lui. "Beh... disegno."
        La matricola trovava quasi divertente come l'aura di irritazione e, soprattutto, indignazione non facesse che intensificarsi attorno a Takano. Era ovvio che non era abituato a gente che lo 'sfidasse'; non era abituato a vedere
che persone che considerava non degne di stargli intorno mettessero in discussione la sua capacità di farli scappare con uno sguardo o una parola.
        Staccando finalmente i suoi occhi da quelli dell'altro studente, Yoshino fissò il foglio semi-bianco sul quale stava scarabocchiando poco prima, osservando in particolar modo la consegna che aveva scritto in penna a lato: 'Unire fiori e mitologia - nipponica/straniera'. Sorrise leggermente quando un'idea iniziò a formarsi, poteva vedere l'immagine prendere forma con l'occhio della mente. "Sai, senpai," disse casualmente, alzandosi in piedi dopo aver raccolto le sue cose prima di continuare, "devo ringraziarti..." un'ombra di sorpresa ed incredulità passò nello sguardo di Takano, che però si limitò ad alzare un sopracciglio.
        "Mi ha dato un'idea per la mia 'opera' per il club di arte." elaborò Yoshino. Quest'ultimo poteva vedere che aveva catturato l'attenzione dell'altro e se il piccolo trabocchetto che aveva escogitato fosse andato a buon fine, avrebbe avuto modo di tornare sul tetto senza problemi. "Facciamo così, Takano-senpai: se mi lasci venire qui per la prossima settimana - tempo per completare il mio disegno - prometto che me ne starò buono buono e che poi non metterò più piede sul tetto." propose con un sorriso.
        Agito rimase in silenzio molto a lungo, prendendo in considerazione il ragazzo che gli stava davanti. Era senza dubbio una persona strana: non aveva paura di lui, non sembrava reagire in alcun modo all'aria ostile che emanava, era così stupido da tentare di negoziare un posto sul tetto... non gli andava per niente di dividere il suo posto privilegiato e non gli passava nemmeno per la testa di andarsene da qualche altra parte, d'altro canto si trattava di portare pazienza una settimana. E in caso di minimo disturbo, poteva sempre cacciare la matricola giù dalle scale a calci.
       
In quel momento suonò la campana che segnalava l'inizio delle lezioni pomeridiane, interrompendo le riflessioni di Takano.
       
"... Mmmh." accettò infine con un cenno del capo.
        "Perfetto!" disse Yoshino, con un sogghigno. Prima di sparire oltre la porta, si voltò e aggiunse, "Oh, a proposito, io mi chiamo Yoshino Takumi."

        Era passata una settimana ed era di nuovo martedì.
        Di nuovo Takano era sul tetto, steso a terra con le braccia a fare da cuscino dietro la nuca, mentre guardava le nuvole scorrere lente davanti al suo sguardo assente. Odiava ammetterlo, per fino con se stesso, ma quel Takumi del primo anno non era poi così male... aveva mantenuto la parola e non aveva praticamente aperto bocca se non per salutare. Se n'era rimasto a debita distanza e aveva lavorato sul suo progetto per tutto il tempo, concentrato e con gli auricolari del lettore mp3 ad escludere il resto del mondo.
        Dal suo posto, aveva gettato un'occhiata più di una volta in direzione di Yoshino e aveva trovato la sua dedizione al suo hobby alquanto interessante e a man mano che aveva visto le linee del disegno prendere forma, si era ritrovato a domandarsi cosa mai avesse deciso di rappresentarecosa lui, Takano, gli aveva fatto venire in mente.
        Il giorno prima, lo studente più giovane aveva chiuso il quaderno prima della fine della pausa pranzo e si era alzato. "Beh, senpai, ho finito la mia 'opera' quindi, come promesso, d'ora in poi il tetto è tutto tuo." aveva detto con un sorriso, aggiungendo solo, "Verrò a salutarti domani, così magari ti faccio vedere il disegno completo!" e l'aveva salutato prima di scendere le scale.
        Ormai erano quasi le tre del pomeriggio, la pausa era praticamente finita e non si era vista traccia di Takumi.
        Irritato - non sapeva se con se stesso o con la matricola del primo anno - si alzò in piedi e si diresse verso l'uscita, quando la porta in metallo si aprì, spinta da Yoshino che sgranò leggermente gli occhi nel vedersi l'altro davanti e non steso o seduto come al solito (normalmente non si muoveva dal suo posto finché non suonava la campana). Dopo un secondo di silenzio, Yoshino sollevò una mano e porse un foglio piegato a Takano. "Ho pensato che potevi tenerlo tu, senpai. Dopotutto devo ringraziare te per l'idea." disse con una piccola risata, poi girò sui tacchi e prese a scendere i gradini senza attendere una risposta.
        Agito fissò il foglio, poi lo aprì e vide una donna con un arco in una mano e una faretra piena di frecce che le pendeva da una spalla, in piedi in mezzo ad un campo di quelli che sembravano garofani bianchi, rossi e gialli, con ai piedi un uomo inginocchiato e con il volto insanguinato a cui mancavano gli occhi. A piè pagina, c'era una descrizione del disegno scritta con una calligrafia quasi perfetta: 'Diana, Dea della Caccia - innamorata di un pastore ma impossibilitata a stare con lui per il voto di castità, la Dea vendicativa, irosa e piena di sé gli strappò gli occhi, dai quali nacquero garofani bianchi - anche detti 'fiore degli Dei'. [*]
        Nota personale: dato il carattere di Diana, dubito che sarebbero nati solo garofani bianchi
(a simboleggiare la fedeltà), ecco perché la presenza di rosso (passione, impeto) e giallo (sdegno).'
        La nota sorprese Takano, che si ritrovò a dover trattenere una risata. Aveva deciso. Alzò lo sguardo dal foglio e notò che Yoshino stava voltando l'angolo così, prima di perderlo di vista, sospirò
e disse cinque parole che non credeva di stare per dire. "Puoi tornare anche domani, Yoshino."
        Per tutta risposta, Takumi si fermò e si girò a guardare l'altro, ridendo apertamente. "Vedremo..." disse vago, agitando poi un mano in segno di saluto e sparendo dietro l'angolo.






[*]  Una leggenda narra che il garofano nacque da un capriccio di Diana, la dea della caccia, innamorata di un pastore ma impossibilitata ad unirsi a lui poiché era votata alla verginità. Per non perdere il suo amato gli strappò gli occhi e li gettò nel prato dove nacquero dei garofani bianchi.

   
 
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