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Autore: madamina    07/05/2011    2 recensioni
Solo parecchio tempo dopo la fondazione, si è ritenuto fosse il caso di conservare la conoscenza e la tradizione legate alle origini di Hogwarts, racchiudendole in un libro, ‘Storia di Hogwarts’ appunto. Ma molte cose erano state dimenticate e così la leggenda si è legata ai fatti intrecciandosi in modo così stretto da non riuscire più a distinguere la realtà dalla fantasia. E questo vale anche per la creazione della Camera dei Segreti.
Si dice che sia stata creata a causa dell’odio di Salazar Serpeverde. E se invece fosse legata ad un atto d’amore? Un amore profondo ma non ricambiato che è stato trasfigurato nel corso degli anni in qualcosa di oscuro e completamente diverso.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
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La Camera dei Segreti

La Camera dei Segreti

Salazar stava in piedi, pigramente appoggiato al muro esterno della sua dimora, osservando con attenzione il suo giovane apprendista. La casa, di mattoni chiari con rifiniture in legno scuro, si trovava sulla cima di una collina della tranquilla campagna inglese e dominava il villaggio che si stendeva più in basso, raggiungibile attraverso un polveroso sentiero ghiaioso.
Alle spalle della casa, un fitto bosco di abeti la cui resina profumava dolcemente l’aria, turbata da un lieve venticello che scompigliava i biondi capelli di Samuel. E seguendo i movimenti della chioma del ragazzo, Salazar si perse nei ricordi, tornando al giorno in cui si erano incontrati.
Era in cammino alla ricerca di un posto dove stabilire la sua dimora quando, giunto alle porte di un villaggio, aveva scorto dei ragazzini cenciosi che giocavano nel fango, sporchi dalla testa ai piedi.
Normalmente si teneva ben lontano dai babbani, che riteneva una razza inferiore indegna della sua attenzione ma qualcosa lo spinse, invece, a fermarsi, nonostante la stanchezza per il lungo cammino, e ad osservare meglio quei ragazzini che giocavano a rincorrersi schiamazzando allegramente. All’improvviso calò il silenzio e l’unico rumore nell’aria rimase il ringhio di un cane randagio reso feroce dalla fame, e ben deciso a mettere fine al lungo digiuno. Tutti i bambini presero a fuggire terrorizzati, incuranti di chi rimaneva indietro. Tutti, tranne uno che rimase fermo con lo sguardo fisso in quello dell’animale. Gli occhi azzurro cielo ardenti di determinazione, i lunghi capelli biondi che splendevano al sole nonostante lo sporco, una posa che incuteva un certo rispetto per quel povero bambino cencioso.
Il cane si lanciò ferocemente contro di lui e quando già aveva spiccato il balzo finale, venne respinto lontano da una forza invisibile. L’animale si rialzò subito, scosse rapidamente il muso e poi si lanciò di nuovo all’assalto ma fu respinto come da una sfera invisibile attorno al ragazzino. Si rimise sulle zampe e cominciò a ringhiare furiosamente, diviso tra l’incomprensione per ciò che stava accadendo e la fame lancinante. Una nuova ondata della forza invisibile lo scagliò ancora più lontano costringendolo alla ritirata.
Salazar era affascinato da ciò che aveva appena visto: quel ragazzino babbano aveva una precisa percezione dei suoi poteri ed era in grado di controllarli nonostante non avesse una bacchetta. E finalmente il mago capì cosa avesse attirato la sua attenzione: la potente aura magica che quel bambino coperto di stracci emanava. Non aveva neanche riflettuto prima di parlare, lui che era un tipo molto riflessivo e non si lasciava mai andare a gesti avventati.
“Come ti chiami?” gli chiese con tono severo posando i suoi occhi neri in quelli azzurri del bambino che però sostenne lo sguardo.
“Samuel – rispose con voce chiara – e voi?”
“Io sono Salazar Serpeverde e vorrei parlare con tuo padre. Guidami da lui.”
Samuel annuì e gli fece strada verso una casupola diroccata , dove una donna ricoperta di stracci si occupava di più figli di quanti se ne potesse permettere. Il padre di Samuel fu ben felice di liberarsi di una bocca da sfamare, peraltro guadagnando un discreto gruzzolo.
Samuel lo aveva seguito senza fare storie, un breve saluto alla madre e ai fratelli, un cenno d’assenso al padre e poi si era unito a lui, nel cammino verso quella che sarebbe diventata la sua nuova casa.

Serpeverde si era occupato della sua istruzione, lo aveva visto crescere e si era anche affezionato al ragazzo che, nonostante le sue origini babbane, si era rivelato un mago straordinariamente potente, anzi la sua intelligenza, unita alla forza d’animo e al coraggio avevano costretto Salazar a rivedere i suoi pregiudizi sui babbani. Fino a quel momento non era mai riuscito a trovare un apprendista degno di lui, fino a che non aveva incontrato Samuel, quel ragazzo dai lunghi capelli biondi e dagli occhi azzurri che non avevano perso la sincerità e la forza di quel primo incontro. Con il tempo aveva imparato a leggere e scrivere e si era applicato con costanza, desideroso di imparare sempre di più dal suo maestro verso cui provava un misto di affetto e gratitudine e di cui cercava continuamente l’approvazione, proprio come un figlio avrebbe fatto con suo padre.
E adesso Samuel conversava tranquillamente con la sua amica Merope, un cobra reale con cui amava discorrere, dal momento che Salazar gli aveva anche insegnato a parlare serventese, cosa che gli aveva richiesto non pochi sacrifici, ma il mago era ben deciso a trasmettergli tutta la sua conoscenza, facendone in un certo senso il suo erede.
“Samuel, vieni qui.” lo richiamò.
“Ditemi maestro Salazar.” gli rispose una volta che lo ebbe raggiunto.
Serpeverde rimase un attimo in silenzio fissando il suo apprendista. In realtà lo aveva chiamato solo per il piacere di avere la sua attenzione, per averlo vicino, non aveva un motivo preciso per distoglierlo dalla chiacchierata con la sua amica Merope.
Il silenzio fu interrotto da un rumore di passi sulla ghiaia e da una voce profonda.
“Salve, sto cercando Salazar Serpeverde.”
Salazar si girò e vide un uomo dal fisico possente, sicuramente un mago a giudicare dalla lunga veste amaranto, così inusuale tra i babbani. Subito la mano scattò alla bacchetta e poi chiese con aria guardinga: “Chi lo sta cercando?” continuando a studiare lo sconosciuto.
“Sono Godric Grifondoro – rispose l’uomo avanzando, dal momento che aveva capito che la sua ricerca era finita – e sto cercando il grande Salazar Serpeverde” ripeté con una punta di adulazione che sapeva non dispiacere al mago.
“L’avete trovato – affermò l’altro sicuro, conoscendo di fama il suo interlocutore – Cosa volete da me?”
“Vorrei parlarvi di un mio progetto, magari più comodamente che in piedi lungo la strada di casa vostra. Raggiungetemi questa sera alla locanda del villaggio, potremo parlarrne davanti ad una buona burrobirra.” dopodiché diede le spalle ai due e riprese il suo cammino senza dare neanche il tempo di replicare.
“Maestro, chi era quell’uomo?” chiese Samuel incuriosito, dal momento che le visite erano decisamente rare dato il carattere scontroso del mago con cui viveva.
“Nessuno! Torna ai tuoi esercizi” tagliò corto Salazar ben deciso a passare la serata in casa con il suo apprendista, nonostante la curiosità.
Era passata da un pezzo l’ora di cena quando Serpeverde si infilò il pesante mantello di lana nera e si avviò verso la locanda del villaggio guidato dalla luce della sua bacchetta.
Spinse la porta di legno e dopo una breve occhiata all’interno del locale individuò quasi subito Grifondoro seduto ad un tavolo, impegnato a leggere una pergamena. Così si avvicinò a lui e, una volta raggiuntolo, si schiarì la voce per manifestare la sua presenza. Grifondoro sollevò lo sguardo e non appena riconobbe l’uomo davanti a sè scattò in piedi stringendogli calorosamente la mano che, peraltro, non gli era stata porta.
“Mastro Serpeverde, non speravo più nel vostro arrivo! Ma prego, sedetevi.” gli disse facendogli cenno di sedersi con lui.
“Posso offrirvi qualcosa?” chiese poi con un ampio sorriso.
Serpeverde fece un cenno di diniego con la mano. “Non ho tempo da perdere. Sono qui soltanto per sentire la proposta che eravate così ansioso di farmi, mastro Grifondoro.” rispose leggermente spazientito.
“Bene, diretto al punto. Il mio progetto è semplice, fondare una scuola di magia dove i ragazzi dotati di poteri magici possano studiare ed essere istruiti.”
“E io cosa c’entro in tutto questo?”
“Sto cercando i migliori maghi del paese perché possano trasmettere le proprie conoscenze ai ragazzi, perché siano la loro guida.”
Serpeverde si alzò di scatto e, mentre già iniziava a muovere i primi passi verso l’uscita del locale, disse stizzito: “Non mi interessa!”
“Aspettate mastro Serpeverde” lo richiamò facendolo fermare mentre ancora gli dava le spalle. Lo raggiunse con poche falcate e gli mise una vecchia pergamena apparentemente bianca tra le mani.
“Se cambierete idea, questa vi porterà da noi.”
Serpeverde non rispose, si limitò ad infilare la pergamena in una tasca del mantello e, quindi, a fare ritorno in tutta fretta a casa sua dove avrebbe potuto passare un po’ di tempo con Samuel.
Una volta tornato a casa, Serpeverde non accennò mai a Samuel cosa volesse da lui quel mago, né quella sera, né nei giorni seguenti, ma il ragazzo, che ormai aveva imparato a conoscerlo, capiva che c’era qualcosa che lo impensieriva. Il suo maestro era scostante e distratto, ed il suo umore non era decisamente dei migliori.
Stufo di quella situazione e desideroso di poter fare qualcosa per l’uomo che si era sempre preso cura di lui, un pomeriggio Samuel lo raggiunse e fissandolo con i suoi occhi profondi gli disse: “Maestro Salazar, non so cosa vi preoccupa, ma qualunque cosa sia vorrei che lasciaste correre quel pensiero. Non permettete a niente di turbarvi. Siete un uomo dal grande cuore, per me siete stato come un padre. Ci vorrebbero più persone come voi.”
Salazar fu molto colpito da quelle parole. Oltre dall’affetto che permeava da ognuna di esse, fu il significato di ciò che Samuel gli aveva detto a scuoterlo, che c’era bisogno di persone come lui, e il collegamento con la proposta che Grifondoro gli aveva fatto fu immediato.
“Oh al diavolo!” disse il mago tra sé mentre ripescava dalla sua scrivania la pergamena che gli era stata data quella sera alla locanda. La aprì, ma era bianca proprio come ricordava.
“Dove diavolo sarà quello svitato di Grifondoro e la sua allegra combriccola?!?” domandò a voce bassa, cercando di mascherare con finto fastidio l’impazienza per quella nuova avventura.
Neanche finì di pronunciare quelle parole che sulla pergamena iniziarono a disegnarsi linee all’inizio astratte ma che, a poco a poco, tracciarono una mappa dettagliata che dal villaggio dove si trovava conduceva in un luogo delle campagne inglesi apparentemente disabitato. Il mago scrutò con attenzione la pergamena, poi la ripiegò e si rivolse al suo apprendista: “Samuel, prepara i bagagli, partiamo!”
Il ragazzo, felice per il cambiamento d’umore dell’uomo, che aveva atteso con tanta impazienza, non fece domande, ma si affrettò ad eseguire l’ordine che gli era stato impartito ed in capo a due ore, grazie alla magia, tutto era pronto, compresi i loro bauli magicamente rimpiccioliti e tutto ciò che gli sarebbe servito per il viaggio e per la lunga permanenza che gli si prospettava davanti.
Il cammino fu lungo ma tutto sommato piacevole, non incontrarono ostacoli ed il sole li accompagnò per tutto il tempo, quasi a fare da buon auspicio.
“Maestro Salazar, qual è lo scopo del nostro viaggio?” gli chiese un giorno Samuel.
“Ricordi l’uomo che tempo fa si è presentato a casa nostra? – attese un cenno d’assenso dall’altro prima di continuare – Beh era venuto a chiedere il mio aiuto per fondare una scuola di magia, dove i ragazzi dotati di poteri magici potessero studiare ed apprendere tutte le branche del sapere magico. Ed è proprio da lui che ci stiamo recando” tagliò quindi corto, concentrandosi di nuovo sulla strada che stavano percorrendo.
Giunsero infine nel luogo indicato dalla mappa, una radura rigogliosa piuttosto grande, confinante da un lato con una foresta che emanava una forte aura magica chiaramente percepibile, probabilmente proveniente dalle creature che la abitavano. Dal lato opposto invece si stendeva un lago dalle acque insolitamente scure, quasi come se fossero nere. Fu immediatamente attratto dal fascino della distesa d’acqua e rimase qualche minuto in silenzio a contemplarla. Un tentacolo di dimensioni gigantesche emerse improvvisamente agitandosi in aria qualche secondo, per poi scomparire sotto la superficie, distogliendolo dalle sue riflessioni.
Al centro della radura, su una lieve altura, stavano quattro tende, tre disposte ai vertici di un quadrato ideale, ed una al centro, sulla cui punta spiccava un pennone con tre vessilli, tre lingue di stoffa, ognuna di un colore diverso: rosso, giallo e blu. Salazar si avvicinò al singolare accampamento e gli venne spontaneo depositare le sue cose nel punto che avrebbe chiuso il quadrato, dopodiché si diresse verso la tenda centrale ed infine, dopo aver fatto cenno a Samuel di aspettarlo fuori ed aver preso un profondo respiro, sollevò il telo ed entrò.
Davanti ai suoi occhi stava una sala da pranzo finemente arredata, alle cui pareti erano appesi drappi di velluto rosso, blu e giallo, che richiamavano i colori della tappezzeria, dalle sedie ai divanetti, fino alle tovagliette poggiate sul tavolo di legno massiccio che occupava il centro della sala ed attorno a cui Salazar vide Grifondoro seduto ed intento a discutere con due donne.
“Buongiorno signori.” esclamò con voce bassa ma sicura per palesare la sua presenza.
Il primo a scorgerlo fu proprio Grifondoro che subito si alzò in piedi e lo raggiunse con poche falcate, stringendogli calorosamente la mano.
“Mastro Serpeverde! Che gioia, siete venuto infine!” esclamò tutto d’un fiato per condurlo poi al tavolo dove le due donne guardavano la scena stupite.
“Signore, ho l’onore di presentarvi Salazar Serpeverde, il mago di cui vi avevo parlato. Mastro Serpeverde, queste sono Cosetta Corvonero e Tosca Tassorosso.”
Serpeverde accennò un inchino di cortesia, poi posò i suoi occhi neri in quelli di Grifondoro come in attesa di qualcosa.
“Benvenuto! Prego, sedetevi con noi, stavamo giusto iniziando a prendere le prime decisioni.”
Serpeverde prese posto accanto a Grifondoro, di fronte alle due streghe, e non appena si fu seduto, parte dei drappi alle pareti e della tappezzeria cambiò colore, diventando di un bellissimo verde brillante, cosa che piacque non poco al nuovo arrivato.
Tuttavia la discussione fu abbastanza breve, il viaggio era stato lungo e Serpeverde aveva bisogno di riposare, così si congedò dagli altri, per raggiungere Samuel, con il quale avrebbe montato anche la sua tenda. Fu quindi sorpreso ma allo stesso tempo compiaciuto di notare che il suo assistente era stato così solerte da aver già posizionato e montato la loro dimora provvisoria. Aveva già scostato il telo per entrare quando diede una fugace occhiata alla tenda centrale, e si accorse che sul pennone era comparso un quarto vessillo verde smeraldo. Accennò quindi un sorriso e poi entrò per una notte di meritato riposo.
Il mattino seguente fu svegliato dall’aroma della tisana e delle focacce che Samuel, come ogni mattina, gli aveva preparato, ma del giovane non c’era traccia nella tenda. Serpeverde si alzò e imponendosi di stare calmo consumò la sua colazione anche se sentiva dentro di sé una certa tensione. Uscì quindi dalla tenda, pronto a riprendere la discussione con i suoi colleghi e poco distante vide finalmente Samuel, intento a scherzare con due ragazze ed un ragazzo, quasi sicuramente gli assistenti degli altri maghi, e questo gli provocò una sensazione quasi di doloroso fastidio che tuttavia decise saggiamente di ignorare.
Nei giorni successivi ebbe inizio la costruzione dell’edificio che avrebbe accolto la scuola e a cui si decise di dare la forma di un castello, come il fortino all’interno del quale il sapere magico sarebbe stato custodito e difeso.
I quattro maghi lavorarono alacremente alla realizzazione di un grande spazio dove gli studenti potessero stare tutti insieme sia per mangiare che per trascorrere il tempo libero o anche semplicemente per studiare. Così con la magia costruirono una sala enorme, dal soffitto altissimo, così alto che la sera con l’illuminazione delle lampade a petrolio era praticamente impossibile scorgerlo. E infatti una sera che i quattro maghi erano riuniti a consumare la loro cena attorno ad un massiccio tavolo di legno, Tosca Tassorosso sollevò lo sguardo verso l’alto e mormorò: “Sembra quasi di stare all’aperto, mancano solo le stelle.”
Cosetta Corvonero la sentì e così, dopo la cena, prese da una parte Grifondoro e Serpeverde e gli chiese di fare una sorpresa all’amica. La sera successiva infatti Tassorosso alzò lo sguardo e con immenso stupore vide un cielo con la luna splendente, poi spostando lo sguardo poté scorgere alcune costellazioni e perfino qualche nuvola. Con gli occhi sgranati guardò gli altri che le risposero con un leggero sorriso.
“E’ stato un bel suggerimento il tuo – iniziò Corvonero – così abbiamo deciso di incantare il soffitto affinché mostri sempre il cielo come lo si vedrebbe stando all’esterno. Che sia una notte di cielo stellato o che ci siano tuoni e fulmini, la volta celeste sarà sempre visibile da qui.”
“Grazie, di cuore” rispose la donna al limite della commozione per quella vista tanto inaspettata quanto emozionante, dopodiché corse ad abbracciarli senza fare caso ad imbarazzi e remore.
“Dove dormiranno i ragazzi?” chiese a quel punto Serpeverde schiarendosi la voce per superare quel momento.
“Bisognerebbe innanzitutto decidere come organizzare l’insegnamento.” prese la parola Grifondoro.
“Credo che sia saggio che ognuno di noi gli insegni ciò per cui è più portato.” intervenne Corvonero.
“Si, ma così ognuno di noi si ritroverebbe ad insegnare a troppi ragazzi insieme.” obiettò Grifondoro.
“Potremmo dividere i ragazzi in quattro gruppi – propose Serpeverde – e di ognuno, ciascuno di noi sarà responsabile. In questo modo sarà anche più facile controllare gli studenti, fare in modo che studino e che non combinino guai, o peggio…”
“Mi sembra una buona proposta” ci pensò su Corvonero, subito seguita da un cenno di assenso di Grifondoro.
“Scusate, ma non potrebbe essere stimolante per i ragazzi se invece che in gruppi li dividessimo in vere e proprie squadre? Insomma un po’ di competizione li potrebbe spingere a studiare di più e a dare il massimo.” chiese timidamente Tassorosso che fino a quel punto era rimasta in silenzio a rimirare la volta celeste sopra le loro teste.
“Brava Tosca! – esclamò Corvonero che assestò sulla schiena dell’amica una poderosa pacca dettata dall’entusiasmo del momento – Questo sarebbe stimolante anche per noi insegnanti! A questo punto per rendere la cosa ancora più incisiva si potrebbe fare in modo che anche nella vita quotidiana qui alla scuola siano divisi in squadre. Ci vorrebbe un dormitorio per ognuna di esse. Che ne dite?”
“Mi sembra un’ottima idea, signore” rispose Grifondoro sorridendo alle due streghe, mentre Serpeverde si limitò ad un cenno di assenso come suo solito, senza far trapelare alcuna emozione.
“Bene direi che per stasera è tutto, domattina con il favore della luce del sole potremo cominciare a mettere in atto le nostre idee. Buonanotte.” disse a quel punto Grifondoro decisamente soddisfatto del clima di collaborazione che si era instaurato, e che invece aveva temuto sarebbe stato difficile da ottenere a causa del carattere chiuso di Serpeverde. Ma evidentemente si sbagliava, lo aveva giudicato in modo troppo affrettato durante i brevi incontri che aveva avuto da solo con lui.
Lasciarono quindi la grande sala, l’unico ambiente realizzato fino a quel momento, e si ritirarono nelle loro tende, con la mente già al giorno successivo sfornando le idee per i dormitori della loro squadra.
Ed infatti al sorgere del sole, molto prima del solito orario al quale si incontravano, erano già al tavolo comune pronti per la costruzione.
“Credo che come me, anche voi abbiate passato la nottata a pensare ed immaginare come sarebbe stato il dormitorio della vostra squadra.” prese la parola Grifondoro, ma fu interrotto dalla timida mano di Tosca Tassorosso che chiedeva la parola.
“Ecco… a questo proposito, pensavo una cosa… – e si girò a guardare gli altri come a chiedere un tacito assenso a continuare – Per i ragazzi sarà come stare in una nuova famiglia, quindi mi chiedevo se squadra non suonasse un po’ troppo freddo. Immaginavo che magari potremmo chiamare Casa ogni gruppo, anche per aumentare il senso di appartenenza.” terminò torturandosi le mani.
“Per me non ci sono problemi.” rispose subito Corvonero, subito seguita dagli altri due.
“Bene – rispese la parola Grifondoro – direi che a questo punto possiamo dedicarci ai nostri dormitori… Io avevo pensato di realizzare una torre per i miei ragazzi, e voi?”
“Anche io avevo pensato ad una torre” rispose Corvonero.
“Io invece pensavo a qualcosa di più basso, magari qui al piano terra, o magari nei sotterranei. Non so, seguirò l’ispirazione del momento – si aprì quindi in un sorriso Tassorosso – E voi, mastro Serpeverde?”
“Sotterranei anche io.” replicò asciutto il mago per poi dirigersi fuori della sala per cercare Samuel, che lo avrebbe aiutato a realizzare i suoi dormitori.
Non fu difficile individuare il suo assistente, che poco più in là chiacchierava con gli altri ragazzi che accompagnavano i maghi, dal momento che il sole sui suoi capelli biondi creava degli intensi bagliori dorati. Salazar fu quasi sopraffatto dalla sensazione di essere stato privato di qualcosa che gli apparteneva di diritto, e cosa fosse gli fu subito ben chiaro: la totale attenzione di Samuel. Non gli piaceva per niente che il ragazzo passasse il suo tempo con qualcuno che non fosse lui, che rivolgesse la sua attenzione ad altri, che ascoltasse anche idee e discorsi che non erano i suoi.
“Samuel!” lo richiamò brusco e senza degnarlo neanche di una parola prese a camminare verso la grande sala, ordinandogli implicitamente di seguirlo.
Lungo uno dei lati corti, Grifondoro e Corvonero avevano realizzato una piccola gradinata, da cui partivano due scalinate distinte più piccole, destinate a portare i loro studenti ai dormitori.
Ad uno dai lati del pianerottolo, Tassorosso aveva realizzato un’apertura su cui però si era fermata a pensare, evidentemente ancora indecisa se procedere in piano o scavare sottoterra.
Partendo dallo stesso pianerottolo, ma sul lato opposto alla strega, anche Serpeverde ricavò un’apertura a sesto acuto, poi si rivolse al suo assistente.
“Va in giro e trova della pietra con cui si possano rivestire e sostenere i dormitori della nostra casa.” gli disse con tono più aspro di quanto non avesse desiderato, ma non riusciva proprio a scacciare quel senso di fastidio che lo aveva oppresso poco prima. Samuel non disse nulla, si limitò a voltargli le spalle per andare alla ricerca di solide pietre che avrebbe rimpicciolito e poi trasportato fino a lì, pronte per essere squadrate e quindi posate le une sulle altre.
Salazar prese a scavare sottoterra un lungo cunicolo, nella direzione che lo avrebbe condotto esattamente sotto il lago che gli donava pace ogni volta che ne percorreva le rive. Era giunto alla fine del cunicolo dopo parecchie ore di lavoro quasi ininterrotto, e si apprestava a scavare l’ambiente che avrebbe costituito la sala comune di ritrovo per i suoi studenti, quando sentì dei rumori alle sue spalle. Si girò ed il suo animo finalmente si acquietò. Samuel stava silenziosamente eseguendo gli ordini che lui non gli aveva neanche impartito: con cura stava posando le pietre che aveva raccolto a rivestire il cunicolo, ponendo di tanto in tanto alle pareti delle torce a petrolio per illuminare l’ambiente, stregandole perché non si spegnessero mai e non facessero fumo.
Salazar aspettò che lo raggiungesse, riservandogli anche un accenno di sorriso, per iniziare a scavare insieme il resto dei dormitori. Mentre Samuel si occupava di costruire un enorme camino in malachite, dall’intenso colore verde striato di nero, con venature argentate, Salazar realizzò delle aperture sulla parte alta delle pareti, rendendole trasparenti, facendo in modo che la luce verdastra, filtrata attraverso le acque del lago conferissero all’interno del dormitorio un’atmosfera surreale, quasi ultraterrena. Estremamente soddisfatto del risultato, si aprì finalmente ad un vero sorriso rivolto a Samuel che non esitò a ricambiarlo.
“Maestro Salazar, se qui abbiamo finito, vorrei unirmi agli altri ragazzi per passare la notte tutti insieme attorno ad un falò.”
Subito lo sguardo del mago si indurì ed ogni traccia di serenità e dolcezza scomparve. “No, tu non ci andrai! Non voglio che passi del tempo insieme a loro!” tuonò.
“Ma maestro… – esitò Samuel, non abituato a simili reazioni – si tratta solo di passare la notte tutti insieme a chiacchierare.”
“No, tu non ci andrai!” troncò il discorso.
“Ditemi almeno il perché!” rispose allora Samuel, facendo voltare Serpeverde già all’interno del cunicolo. Il ragazzo non gli aveva mai risposto in quel modo, non aveva mai discusso un suo ordine, non aveva mai messo in discussione la sua autorità.
“Perché non voglio che passi del tempo con altri. E non puoi certo darmi torto. E’ bastato passare un po’ di tempo con loro e già discuti i miei ordini. Tra un po’ probabilmente ti ribellerai apertamente e magari mi sfiderai a duello.” concluse con le profonde iridi scure ardenti di sdegno.
“Siete ingiusto! Non discuto i vostri ordini, semplicemente avrei piacere di passare un po’ di tempo con gli altri ragazzi. Ma se me lo vietate apertamente, allora rispetterò il vostro volere, come ho sempre fatto.” rispose con tono fermo, ma anche con malcelata rabbia.
“Bene, allora stanotte la passerai insieme a me nella nostra tenda. Non voglio che incontri gli altri apprendisti più del necessario.”
“Bene maestro.” gli rispose Samuel con tono glaciale, per poi sorpassarlo e marciare direttamente verso la loro tenda, dove si coricò senza neanche cenare e senza rivolgere la parola a Serpeverde.
Nei giorni seguenti, furono tutti impegnati a completare i dormitori e ad arredarli, cosa che richiese molto tempo e parecchie energie.
Quando i quattro fondatori si trovarono di nuovo nella grande sala, si posero finalmente il problema di come richiamare gli studenti alla loro scuola.
“Purtroppo non c’è un modo per scovare i maghi presenti nel mondo.” iniziò a dire Corvonero.
“Potremmo mandare i nostri assistenti presso le famiglie di maghi per spiegare in cosa consiste la nostra scuola ed invitare i ragazzi a frequentarla.” propose Grifondoro.
“Non se ne parla!” scattò in piedi Serpeverde.
“Mastro Serpeverde, non abbiamo molta scelta – cercò di farlo ragionare Corvonero – a meno di non andare noi stessi.”
Serpeverde si mise di nuovo seduto ma si chiuse in un ostinato mutismo per tutto il resto della discussione, al termine della quale gli assistenti vennero chiamati e gli fu spiegato quale sarebbe stato il loro compito.
Samuel, impaziente per quell’incarico, guardò il suo maestro, come a cercarne il consenso, ma lui girò il volto, poi si alzò e abbandonò la sala, lasciando Samuel con una sensazione di amaro per la sua disapprovazione. Il giovane apprendista entrò nella loro tenda, sicuro che lo avrebbe trovato e avrebbe potuto chiarire, ma le sue speranze andarono deluse, e a lui non restò che preparare una borsa e partire insieme agli altri.

Nel frattempo al nucleo iniziale, costituito dalla grande sala centrale, o Sala Grande, come iniziarono a chiamarla, ed ai quattro dormitori, si aggiunsero ben presto le aule, alcune delle quali erano semplici stanze molto ampie, altre invece erano attrezzate, come quella di pozioni, un grande ambiente sotterraneo con delle prese d’aria ed un pozzo. E poi ancora una torre per l’osservazione delle stelle, una serie di serre per coltivare le piante magiche, un’altra torre che accoglieva gli uffici dei quattro fondatori, dove gli studenti avrebbero potuto trovarli durante il giorno se avessero avuto bisogno di loro, un’infermeria ed infine una grande biblioteca nella quale riposero delle copie dei libri che ritenevano più utili per l’apprendimento dei loro futuri studenti. Da lontano l’impressione era che un gigante avesse scomposto per proprio diletto un bellissimo castello e che poi non fosse più stato in grado di rimontarlo nella sua forma originaria e si fosse limitato a riaccostare i pezzi alla bene e meglio. Però osservando con più attenzione si poteva notare come ogni elemento in realtà si armonizzasse perfettamente con tutto il resto, dando un aspetto elegante, solenne, ma che conservava un certo calore nell’insieme, pronto ad accogliere chiunque.
Ben presto iniziarono a giungere ragazzi da tutto il Paese, segno evidente che gli apprendisti stavano portando avanti con successo l’incarico che gli era stato affidato. E con il passare del tempo iniziarono a tornare anche gli assistenti dei fondatori. Tempo dopo, all’appello mancava solo Samuel, e Salazar si era ormai convinto che dopo il loro ultimo incontro, il ragazzo non sarebbe più tornato, una volta portata a termine la sua missione.
Ma non sapeva quanto invece si sbagliava.

Ormai l’estate stava per lasciare spazio all’autunno e Samuel percorreva con trepidazione tutti i corridoi del castello, alla ricerca del suo maestro, che finalmente trovò in un bagno del secondo piano, mentre era intento a fissare il panorama da una finestra bifora.
“Maestro Salazar!” esclamò contento entrando nell’ambiente, mentre il mago si girava sorpreso per il suo arrivo inaspettato, e subito un sorriso prese posto sul suo viso.
“Samuel! Quando sei arrivato?” chiese avvicinandosi a grandi falcate al ragazzo. Poi fece una cosa inaspettata: lo abbracciò calorosamente.
Samuel si irrigidì tra le sue braccia e si limitò a mormorare: “Poco fa…”
Salazar non diede importanza alla sua reazione e si staccò squadrandolo con attenzione, come ad assicurarsi che stesse bene.
“Sei stato via a lungo, abbiamo sentito la tua mancanza.” si limitò a spiegare, rendendosi conto di essersi scoperto troppo, lui così abituato a tenere i suoi sentimenti ben nascosti.
“Grazie maestro – rispose Samuel, che ritrovò il sorriso – spero che la mia assenza non abbia creato troppi problemi. Ma come farete allora quando mi sposerò?” si azzardò a prenderlo in giro.
Qualcosa scattò nella mente di Serpeverde. “Come scusa?” chiese fissando i suoi profondi occhi neri in quelli azzurri di Samuel.
“Beh maestro – sembrò tergiversare il ragazzo coraggio – prima o poi vi lascerò per formare una mia famiglia con una ragazza… Mi sembra normale.”
“TU NON PUOI LASCIARMI!” urlò a quel punto Salazar.
“Ma maestro, ho diritto ad avere la mia vita!”
“Questo mi sembra ovvio, ma il tuo posto è accanto a me!”
“Che state dicendo? Non capisco!” chiese Samuel, mentre un’idea iniziava ad insinuarsi nella sua mente ma la scacciò con tutte le sue forze, sperando che non fosse possibile.
“Il tuo posto è accanto a me! Il tuo destino e di stare con me! Noi siamo fatti per restare insieme, per tutta la vita. Non mi sembra che finora la cosa ti abbia mai disturbato.”
“Maestro, io rimarrò con voi finchè la mia istruzione non sarà completa, e resterò accanto a voi finchè avrete bisogno di me, in attesa di conoscere qualcuno con cui trascorrere il resto della mia vita.”
“E’ proprio questo il punto! Io ho bisogno di te, e ne avrò sempre!” rispose con ferocia Salazar, gli occhi ardenti per la rabbia, raggiungendo il suo assistente che inconsciamente era arretrato, ed afferrandolo per le spalle e scuotendolo con vigore.
“Maestro lasciatemi! Io non sono destinato a restare con voi! Vi sono molto affezionato, ma il mio destino non è restarvi accanto per sempre!”
“Quindi è solo affetto quello che provi per me?”
“Esattamente! Affetto e gratitudine. E mi sembra che questo sia abbastanza. Cosa altro dovrei provare per voi?”
Salazar prese a tremare per la rabbia, per il sentimento troppo forte che provava e che non era ricambiato, ma che anzi il ragazzo che aveva davanti stava calpestando più e più volte. “Bene, se la metti in questo modo, non mi sembra che abbiamo altro da dirci. Spero che tu mi abbia rubato abbastanza conoscenza della magia, che mi abbia sfruttato per bene per tutto quello che ti potevo dare. Perché è questo che hai fatto. Hai approfittato della mia ingenuità e dei miei sentimenti per rubare il mio sapere!” rispose con la voce ridotta ad un sibilo.
“Adesso siete ingiusto! Vi ho portato sempre rispetto, ho cercato di aiutarvi come potevo, mi sono sforzato di essere un buon apprendista oltre che un buon aiutante, e non merito questo trattamento! Non vi ho rubato proprio niente! Se vi siete crogiolato nell’illusione di sentimenti che non provo e che non potrò mai provare nei vostri confronti, mi dispiace, ma non è dipeso da me! E se pensate che sia rimasto accanto a voi solo per opportunismo, allora non abbiamo proprio più niente da dirci.”
Samuel a quel punto girò le spalle a Serpeverde ed iniziò a marciare verso l’uscita dei bagni e, senza girarsi, quando ormai aveva quasi raggiunto il corridoio sussurrò: “Addio maestro Salazar, vi auguro ogni bene” e senza ricevere nessuna risposta corse a recuperare le sue cose, per lasciare il castello.
Salazar era rimasto solo in quel bagno, fermo nella medesima posizione che aveva mantenuto durante tutta la discussione con Samuel. Si sentiva svuotato e derubato. Non delle sue conoscenze come aveva strillato fino a quel momento, quanto dei suoi sentimenti, dei suoi sogni e dei suoi desideri. Il suo cuore, fino a quel momento pieno d’amore per il suo giovane assistente, era stato brutalmente calpestato e svuotato senza alcun riguardo.
Il silenzio lo stava schiacciando. Tutto il castello di speranze che aveva faticosamente costruito nel corso degli anni andando contro il suo naturale modo di essere, gli era miseramente franato addosso. E lui stava lì fermo incapace di muovere anche solo un muscolo, respirando quasi con timore. Rimase ore lì fermo finché, quando ormai il sole era calato e la luna era alta in cielo illuminando debolmente il suo volto che appariva improvvisamente più vecchio, un’unica lacrima solcò il suo volto. Una stilla d’acqua salata in cui Serpeverde concentrò tutto il suo dolore, che percorse lentamente la sua guancia, fino ad abbandonare il suo viso ed andarsi ad infrangere sulle fredde mattonelle del pavimento. Solo a quel punto, come se una fragorosa cascata si fosse abbattuta ai suoi piedi, si riscosse dal suo stato catalettico, e prese una decisione.
Con un tocco di bacchetta sradicò i lavandini al centro dell’ambiente, fermando poi gli zampilli d’acqua che si erano levati potenti. Prese a scavare un cunicolo verso il basso, diretto verso le profondità della terra, dove avrebbe trovato un luogo sicuro dove ricercare la solitudine che da quel momento sarebbe diventata la sua compagna una volta finito il suo compito di insegnante.
E così alla fine del cunicolo, con la magia ricavò un ampio ambiente dalle pareti di pietra così come il pavimento e l’ampia volta del soffitto. Scavò poi dei canali nei quali potessero scorrere le acque del suo amato lago, l’unico elemento in quel luogo in grado di concedergli la pace interiore. A quel punto riuscì fuori e sigillò il condotto con i lavandini che aveva tolto prima e li stregò perché al suo comando si scostassero e gli permettessero di raggiungere il suo rifugio.
Nei giorni successivi si concesse raramente il lusso di una passeggiata sulle rive del Lago Nero, come l’aveva personalmente ribattezzato, e durante una di queste scorse un rettile di grandi dimensioni che riconobbe subito come un basilisco. Subito gli si rivolse, stupendo l’animale, di certo non abituato a parlare con gli esseri umani, pregandolo innanzitutto di non guardarlo negli occhi e poi chiedendogli cosa stesse facendo lì. Il basilisco gli disse che era in cerca di un posto dove stabilire la sua tana, così gli venne naturale indicargli il passaggio sotterraneo che lo avrebbe condotto al suo rifugio. Gli disse che lì avrebbe trovato un posto dove rintanarsi ogni volta che avesse voluto, ed infatti l’animale rapidamente si voltò e si diresse verso il condotto che gli era stato indicato. Quel pomeriggio ebbe inizio una strana amicizia tra il basilisco e Serpeverde, che passava spesso del tempo a chiacchierare con l’animale, informandosi anche nel frattempo su cosa succedesse al di fuori dei confini del castello, dove il rettile si recava per procurarsi del cibo.

Trascorse così tutto il resto dell’anno scolastico, durante il quale Serpeverde raramente passava del tempo con i suoi colleghi, al di fuori delle riunioni per discutere dell’andamento della scuola e delle decisioni da prendere.
Era già estate inoltrata quando Grifondoro lo avvisò che stava per svolgersi una riunione per fare il punto della situazione sul passato anno scolastico e prendere decisioni per quello nuovo.
Così si ritrovò ad un tavolo della Sala Grande con i suoi tre colleghi a seguire una noiosa discussione, desideroso di potersi rinchiudere al più presto nel sotterraneo con il suo amico.
“Cari colleghi – prese la parola Grifondoro – sono abbastanza soddisfatto di come sia andato quest’anno, tuttavia per il prossimo, vorrei aprire la nostra scuola anche ai nati babbani.”
“Questo però vuol dire che in parecchi casi dovremo anche insegnargli a leggere e scrivere.” intervenne subito Corvonero, centrando il punto della situazione.
“In effetti per loro dovremmo costituire delle classi apposite, per abituarli innanzitutto all’idea della magia, poi dovremmo insegnargli a leggere e scrivere, e solo a quel punto potremmo iniziare davvero la loro istruzione magica.” proseguì Tassorosso.
Serpeverde era rimasto in silenzio meditando sul passato, quando Grifondoro lo riscosse. “Mastro Serpeverde cosa ne pensate?”
“I babbani sono esseri inferiori e non sono degni di praticare la magia. Non devono mettere piede per nessun motivo nella mia scuola!” disse con voce dura e tagliente.
“Ma come? Il vostro assistente non era nato babbano?” chiese in modo poco delicato Tassorosso, rendendosi però subito conto del suo errore.
“Appunto! – tuonò Salazar – E si è dimostrato indegno di fiducia! Nessun altro nato babbano apprenderà qualcosa da me! Non dovranno mettere piede qua dentro.” terminò scattando in piedi e sbattendo veementemente un pugno sul tavolo che fece sobbalzare le due donne.
“Mastro Serpeverde – tentò allora di ammansirlo Corvonero – non vi sembra di esagerare generalizzando in questo modo? I nati babbani non sono tutti uguali…”
Ma non riuscì a concludere che venne immediatamente interrotta. “Per me sono tutti uguali! Non gli avevo mai permesso di avvicinarsi a me ed ero sempre stato benissimo. Poi ho ceduto e sono stato impunemente tradito! Quindi per me i nati babbani non devono assolutamente venire qui!”, dopodiché si alzò e abbandonò la Sala, lasciando basiti gli altri tre che avevano solo una vaga idea di cosa fosse successo, in quanto non avevano voluto invadere la privacy del mago e quindi non avevano mai approfondito la questione di come fossero andate le cose con Samuel.
Ma questo punto divenne ben presto causa di grandi e a volte accese discussioni tra i quattro maghi, che proprio non riuscivano a comprendere e ad accettare la totale chiusura di Serpeverde.
Al termine di un diverbio più acceso degli altri, quest’ultimo, messo comunque in minoranza, prese una grave decisione, lasciare la scuola che lui stesso aveva contribuito a fondare.
Con passo affrettato si diresse verso il bagno del secondo piano, ordinò ai lavandini di lasciarlo passare, dopodiché si calò nei sotterranei. A quel punto richiamò a sé il basilisco e prese a parlargli. “Amico mio, io sto per lasciare questo luogo, ma non temere, potrai venire qui ogni volta che vorrai, considerandola come casa tua. Tuttavia ho un unico favore da chiederti – attese un breve cenno d’assenso dall’animale prima di proseguire – Semmai qui sotto dovesse scendere il mio apprendista Samuel, venuto per cercarmi, dovrai guidarlo da me.”
“Te lo prometto.” gli rispose sibilando il basilisco, dopodiché ascoltò attentamente le istruzioni per giungere nel luogo dove il mago intendeva dirigersi.
A quel punto Salazar si dedicò a scolpire su una delle pareti un grande busto con le sue sembianze a cui affidò il suo messaggio per Samuel, che questi avrebbe potuto ascoltare solo accarezzando la statua e pronunciando: “Maestro Salazar” come solo lui lo chiamava. Serpeverde pensava che solo se lo avesse cercato con affetto sincero nei suoi confronti si sarebbe comportato in quel modo.
Infine si puntò la bacchetta alla tempia e ne estrasse un filamento argenteo che fece penetrare nella statua, che a quel punto prese a parlare con la sua voce, anche se più bassa e amplificata.
“Se stai ascoltando questo messaggio, vuol dire che sei tornato a cercarmi. Ma io non sono più qui, ho abbandonato questo posto tempo fa, incapace di perdonare il tuo tradimento. Tuttavia, se adesso sei qui, vuol dire che hai compreso il tuo errore e che desideri tornare a vivere con me. Non sono tornato nella casa dove abbiamo vissuto per tanto tempo, ma il mio amico basilisco ti condurrà da me. Ti aspetto.”
Serpeverde fece una lieve carezza al muso del basilisco che in sua presenza teneva sempre gli occhi chiusi, come il mago gli aveva chiesto tempo addietro, poi gli voltò le spalle e abbandonò quella stanza sotterranea dove aveva trascorso tanto tempo. Una volta risalito nei bagni, incise sui lavandini che avevano richiuso il passaggio il suo simbolo, come un indizio per Samuel che probabilmente, una volta tornato a cercarlo, si sarebbe recato nell’ultimo luogo dove erano stati insieme.
Nei corridoi fu fermato da Grifondoro che gli chiese spiegazioni per il suo comportamento inammissibile.
“Non vi preoccupate mastro Grifondoro, la cosa non si ripeterà. Lascio la scuola.” e senza aggiungere nulla lo superò, per poi fermarsi e mormorare: “Fate attenzione ai vostri studenti da oggi in poi, la scuola non è poi così sicura. Da qualche parte una camera racchiude i miei segreti, in attesa del mio erede. Ma non cercatela, perché oltre ai segreti, quella camera racchiude grandi pericoli. Sappiate solo che tutto questo è stato causato dalla vostra scelta di ammettere i nati babbani”. E detto questo, si diresse verso i sotterranei dove radunò in fretta le sue cose e abbandonò per sempre il castello, lasciandosi alle spalle la Camera dei Segreti, che contrariamente alle sue speranze, rimase sigillata per secoli, e Samuel, il suo erede, non vi mise mai piede.

Madame's Space: eccomi qui con un'altra delle fanfiction scritte per Lumos e che ho deciso di pubblicare anche qui su EFP. Non ho molto da dire su questa OS, penso che non ci siano punti oscuri, ma se così non fosse, contattatemi pure per avere spiegazioni. E' la prima volta che mi cimento con una coppia così lontana da quelle a cui siamo abituati e sono curiosa di sapere cosa ne pensate, quindi per favore lasciatemi qualche parola di commento!!!
A presto con la prossima ff ;))
P.S. se non volete più mie storie, basta che me lo facciate sapere XP

Disclaimer: l'universo di Harry Potter appartiene a J.K.Rowling che ne detiene di diritti. La storia non è scritta a scopo di lucro, ma solo per divertire me e perseguitare i lettori...
  
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