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Autore: Deep Submerge85    07/05/2011    11 recensioni
L'amore vince su tutto...l'amore inteso nel senso più ampio possibile. Quello che provi per la tua compagna,per la tua famiglia,l'amore che provi per te stessa...Ma anche l'amore più forte deve affrontare degli ostacoli inimmaginabili,posti persino ai confini del tempo e dello spazio...
SEGUITO DI "A VOLTE MUORE ANCHE IL MARE".
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shoujo-ai | Personaggi: Haruka/Heles, Michiru/Milena, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Sailor Pluto era come ipnotizzata dalla figura d’avanti a sè. Non riusciva a muoversi né a distogliere lo sguardo dai suoi occhi, o meglio, da quello che c’era al posto degli occhi: orbite vuote, piene solo di buio e rabbia; più le guardava e più si sentiva sprofondare in un mondo fatto di tenebre, mentre una paura incontrollabile e mai provata prima prendeva completamente possesso di lei.  “Cosa c’è?Non hai niente da dirmi…figlia?”  Il tono mellifluo con cui aveva sottolineato quella parola  le provocò un tale moto di disgusto, che la guerriera di Plutone cercò di rispondergli, intimandogli di non chiamarla così, ma nessun suono usciva dalla sua bocca: l’apriva e chiudeva senza dire niente, boccheggiando come fosse un pesciolino rosso. E questo provocò una risata nel suo interlocutore. Una risata fredda, priva di colore, screva di qualsiasi gioia, che la fece rabbrividire ancora di più.  “Pensavi che non mi avresti più visto,non è vero?Lo pensavate tutti,non è vero?? –la sua voce continuava a rimanere bassa, eppure era talmente carica di rancore, di potere, che Sailor Pluto iniziò a indietreggiare-  E invece sono tornato…per riprendermi quello che mi è stato rubato…quello che tu mi hai rubato!!”  Così dicendo distese le braccia orizzontalmente ai lati del suo corpo, con i palmi delle mani rivolti verso l’altro, dando vita a  delle forti raffiche di vento che iniziarono a squarciare l’aria e a mescolarsi con la sabbia, creando così un vortice di polvere e fumo intorno a se stesso. Sailor Pluto era completamente interdetta da quello che vedeva, sembrava aver perso tutta la sua essenza di guerriera: sembrava una bambina inerme capace solo di scuotere la testa, come se il solo fatto di non volere quello che stava succedendo potesse evitare che accadesse sul serio. Un’immagine nascosta nei meandri più reconditi della sua mente, si fece largo con prepotenza e le balenò d’avanti agli occhi.


Era uscita dalla sua bocca. Non sapeva come né perchè, ma quello era il primo ricordo di cui avesse memoria: una bambina, una neonata o poco più, con una piccola massa di capelli verde scuro e gli occhi rossi, come una pietra di granato, rigurgitata dalla sua bocca. La sua.


“Inginocchiati di fronte a me!!”  La sua voce, sovrastando gli ululati del vento, la riportò al presente.  “Inginocchiati di fronte a Kronos, unico Signore e Padrone del Tempo..!!Colui che ti ha dato la vita…”  La guerriera di Plutone sbarrò gli occhi nel sentire quelle parole: sembrava che le avesse letto nel pensiero, che avesse visto anche lui la stessa immagine. Colui che mi ha dato la vita, ripetè tra sé. Serrò i pugni talmente forte, che potè sentire le unghie infilarsi nella sua carne. Non voleva cedere. Non dopo tutti quei millenni. Non dopo tutto quello che era successo, tutto il male che le era stato fatto. Non poteva umiliarsi a quel modo. Strinse i pugni ancora più forte e irrigidì le gambe cercando di resistere, ma una forza inarrestabile la spingeva a piegare le ginocchia. No. No, no, no, no! gridava la sua anima fiera di guerriera Sailor, nel vano tentativo di resistere, ma ormai, era di un altro la volontà a cui rispondeva il suo corpo, e così, con un tonfo secco, cadde sulle ginocchia. Sailor Pluto appoggiò le mani sulla sabbia, stringendo tra le dita alcuni granelli, il volto stremato dalla fatica, il capo chino per la vergogna di non essere riuscita a resistere, di essersi trasformata in un manichino ancora una volta: sebbene fossero passati millenni, si era di nuovo prostrata ai piedi di quello che in un’altra vita, aveva chiamato Padre.
 
 
 



Non era riuscita a fermarsi. L’emozione di sentire di nuovo la sua voce, di saperla viva, aveva fatto crollare quel muro di cartapesta dietro cui aveva ammassato i suoi sentimenti, e che aspettava solo un piccolo sussulto per crollare. E aveva pianto. Oh se aveva pianto! Come non faceva più da giorni ormai. Come forse non aveva mai fatto. Nelle lacrime che aveva versato c’era tutto il suo dolore, tutto il suo senso di colpa: Setsuna era viva; non l’aveva uccisa, non l’aveva sacrificata sull’altare della sua follia. Era viva. Per un momento che le sembrò eterno si sentì libera,completamente; si sentì di nuovo travolta dalle onde, dall’amore, dalla vita. Per un solo momento. Immediatamente quel pianto di liberazione si era trasformato in angoscia, perché si, Suna era viva, ma era sola, persa in qualche parte dell’universo e evidentemente in pericolo. Doveva aiutarla, doveva fare qualcosa assolutamente, non avrebbe rischiato ancora una volta di perderla a causa sua. Tuttavia, mentre cercava di ricomporsi e di riordinare le idee, la sua attenzione fu richiamata da un problema molto meno importante, ma pur sempre un problema. Neji. Era arrivato. E cosa vuole adesso?! si chiese stizzita, per poi dare una rapida occhiata a tutti i vestiti sparsi per la stanza. Ah. Già. Il pranzo. Si morse velocemente il labbro nel realizzare la cosa.  E sono stata io a invitarlo! si disse dandosi uno schiaffetto sulla fronte. Cercò di sistemarsi nel miglior modo, sebbene fosse impossibile nascondere il fatto che avesse pianto a lungo, e si apprestò ad accogliere Neji: se ne stava fuori casa sua a bussare alla porta, con l’aria serena e allegra di uno che non ha nessun problema al mondo. E questo le fece salire il sangue alla testa. Come poteva essere felice quando la sua migliore amica era persa chissà dove e rischiava la vita? Come poteva sorridere quando lei stessa si sentiva morire? Stava già per scagliarsi contro di lui per manifestargli il suo disprezzo, quando, per fortuna, la Michiru razionale riprese possesso di lei.  Non sa niente, e mai niente saprà, per forza sorride, si disse socchiudendo gli occhi, lui non è come me. Non è Haruka. Fece un respiro profondo e tornando pienamente in sé, aprì la porta, sfoderando un compostissimo sorriso in perfetto stile Kaiou. “Ciao Neji…” disse cordialmente e per tutta risposta fu abbagliata dal sorriso più sincero che avesse mai visto: Neji era veramente contento di vederla, e questo le riscaldò talmente tanto il cuore che fece spuntare un sorriso più vero anche sul suo volto. “Ciao Michiru…stavo quasi per andarmene, pensavo ti fossi dimenticata…” le disse il ragazzo arrossendo leggermente. “Assolutamente..!!Io non dimentico mai le cose che mi interessano…” Bugiarda. L’avevo dimenticato eccome. E ipocrita. Le cose che mi interessano. Perché ho detto così? Lui mi interessa? No.No..? Rimase imbambolata per un paio di secondi, persa in uno strano dialogo con se stessa, per poi tornare nel mondo reale giusto in tempo per sentirsi chiedere  “Allora va bene?” Puntò smarrita i suoi occhi blu in quelli verdi di Neji, nella vana speranza di leggervi tutto il discorso che si era persa. Va bene…cosa? “Michiru?Ci sei?” le chiese il ragazzo rivolgendole l’ennesimo sorriso. “Certo…” No. “Ero solo sovrappensiero, scusami...” Stavo parlando con me stessa in verità. “Dicevi..?” gli chiese sfiorandogli leggermente il braccio, cercando di distrarlo dalla sua evidente, seppur momentanea, insanità mentale, puntando sul suo naturale charme. “Dicevo che volevo portarti in un ristorantino sulla spiaggia, poco distante da qui…è piccolissimo ma si mangia veramente bene e…” E non finì la frase. Lo sguardo colpevole di Michiru bloccò le sue intenzioni sul nascere. “Neji…mi dispiace…ti ho fatto venire fin qui, ma non posso, scusa…” gli disse la violinista cercando di essere il più delicata possibile. “Oh…bè…ma è successo qualcosa? -le chiese sinceramente preoccupato – Non l’ho chiesto prima per non essere indelicato ma, mi sembra che tu…che tu abbia pianto, ecco…” concluse scusandosi con lo sguardo per quella piccola invasione nella sua sfera privata. Michiru si irrigidì. Non era abituata a parlare dei suoi sentimenti con persone semi-sconosciute. Non era abituata a parlare dei suoi sentimenti in generale. Lei li lasciava confluire dentro di sè, facendosene riempire l’anima, per poi esprimerli all’esterno attraverso la sua musica, i suoi dipinti, il mare. Persino per lei a volte era impenetrabile: per quanto Haruka fosse il frammento più prezioso e vitale della sua anima, a volte nemmeno lei riusciva a capire la violinista. Come poteva lui? “Neji…perdonami davvero, ma non mi va di parlarne…Mi sto comportando malissimo lo so, ma, ho bisogno che tu vada, per favore…” gli disse tutto d’un fiato, sinceramente pentita per il trattamento che gli stava riservando. Il ragazzo non rispose subito, e abbassò il capo, evidentemente deluso, fissandosi le scarpe per alcuni istanti; poi infilò le mani in tasca e tornando a guardarla le sorrise ancora una volta, seppur con meno enfasi. “Scusa…non volevo intromettermi…penso solo che, chi ti fa piangere non ti meriti, tutto qua…”  disse con una tale dolcezza, da far sentire Michiru ancora più in colpa. E ipocrita. Cosa? Se non ti piace lascialo perdere e basta. Già. La violinista abbassò la testa e si appoggiò leggermente allo stipite della porta, perdendosi nuovamente nei suoi pensieri; gesto che il ragazzo interpretò come una conferma al suo sospetto. “Hai litigato con lei?Con…Haruka?” le chiese avvicinandosi e poggiandole delicatamente una mano sulla spalla. “No…io non…non ho litigato con lei…” rispose in un sussurro senza sollevare il capo. “E cosa è successo allora?Puoi confidarti con me,Michiru…” con la mano libera le sollevò dolcemente il mento, fissandola così negli occhi e a questo contatto la violinista non si oppose. “Posso confidarmi con te?Davvero?” gli chiese. “Si,certo…”  Michiru si stava perdendo nei suoi occhi, in quegli occhi così uguali alle iridi verdi che l’avvolgevano sempre, facendola sentire protetta e compresa, anche senza volerlo.  No. Tu non potresti mai capire. Tu. Non. Sei. Haruka. Con un gesto gentile ma deciso cambiò la sua posizione, ritirandosi sull’uscio della porta e mettendo un muro invisibile, ma invalicabile, tra lei e Neji.  “Scusami ancora per averti invitata, per averti fatto venire fin qui per poi annullare il nostro appuntameto…”  Era decisa, sicura. Era di nuovo lei. Il Re del Mare. “Scusami Neji,davvero…ma adesso ho delle cose importanti da fare, devo andare…” Neji era interdetto da quel cambiamento repentino: un’attimo prima sembrava una ragazza in difficoltà, bisognosa di comprensione e affetto, e ora, le sembrava forte, decisa, implacabile, fiera e bellissima, come solo il mare sa essere. Anche stavolta non rispose subito, ma la guardò dritto negli occhi, in quegli splendidi occhi arrossati di pianto, e la vide lontana, completamente distante da lui, da quel posto stesso; capì che non c’era più niente che avrebbe potuto aggiungere. Non in quel momento, almeno. “Capisco…allora…allora ciao Michiru, spero che non sia tutto perduto, comunque…” le disse rivolgendole un ultimo sorriso, per poi andare via senza aspettare una risposta.  Si, lo spero anche io, si disse la guerriera di Nettuno, chiudendo la porta, per poi recuperare il cellulare e comporre febbrilmente un numero che negli anni aveva composto diverse volte, tanto da ricordarlo a memoria.
 
 
 



“Sacro Fuoco dammi la divinazione:dei,spiriti,potenza…a  me!!”. Niente. Il sacro fuoco si limitava a crepitare pigramente senza mostrare alcunchè, sebbene Rei lo stesse consultando dalle prime luci dell’alba;si era svegliata con una sensazione davvero strana, e così senza nemmeno fare colazione, si era diretta decisa verso la stanza del fuoco. Quella pira sempre accesa le trasmetteva ogni volta una quiete che in nessun’altro posto era mai riuscita a trovare: il fuoco non l’aveva mai tradita;belle o brutte che fossero, le aveva sempre dato le risposte che cercava. Eppure, da un po’ di tempo a quella parte, quando a notte inoltrata lasciava la stanza, con la gola secca per aver inalato fumo tutto il giorno, la fronte matida di sudore  e l’odore di bruciato che le impermeava il chihaya, c’era sempre una maschera di delusione dipinta sul suo volto: non riusciva a vedere. Non riusciva a trovare Setsuna. E si che tutti contavano su di lei:Haruka la chiamava quasi ogni giorno, per non parlare di Usagi e le altre. Lei era l’unica ad avere quelle capacità. Lei era la sola in grado di vedere. Tutto. Tranne Setsuna Meiou a quanto sembrava. Ad onor del vero però, la cosa non la preoccupava eccessivamente, appunto perché non vedeva niente:né qualcosa di positivo, né di negativo, e questo l’aveva rincuorata molto. In fondo, era stata tutta una questione di volere, fino a quel momento. Voleva trovare Setsuna, voleva dimostrare alle altre che la fiducia in lei riposta era più che meritata, soprattutto voleva dimostrare a se stessa che stava facendo il possibile. Il dono che aveva la faceva sentire più forte di tutte le altre, ma anche più responsabile, più colpevole, quando le cose andavano male. Per questo passava intere giornate a consultare il sacro fuoco: per cercare di prevenire il male;e quando non ci riusciva, si arrabbiava e imprecava con se stessa, per non essere stata più attenta. Per non aver fatto il suo dovere. Quella mattina però, si era svegliata con un campanello d’allarme che le suonava in testa, e più le ore erano passate, più il campanello si era fatto insistente. Adesso doveva vedere. Ma niente. Il sacro fuoco si rifiutava di collaborare;allora pensò di ricorrere alla tecnica dei kuji kiri, che di solito utilizzava con le sue pergamene sacre. Si sedette a gambe incrociate, nella classica posizione del loto. La schiena ben dritta, senza nemmeno una curva. Appoggiò le mani sulle ginocchia, chiuse gli occhi, e iniziò a prendere consapevolezza del suo respiro, lasciando che fluisse con il suo ritmo naturale. La sua testa iniziò ad espandersi e contrarsi, seguendo il ritmo del respiro:la sgombrò completamente. Lasciò solo un punto di luce al centro della sua mente. Setsuna. Su di essa si focalizzò, cercò di percepirla. Lentamente unì le mani e pronunciò i nove tagli.
Rin.La forza della mente e del corpo.
Pyo. Direzione dell'energia.
To. Armonia con l'universo.
Sha. Guarire se stessi o gli altri.
Kai. Premonizione del pericolo.
Jin.  Conoscenza dei pensieri altrui.  
Retsu. Padronanza del tempo e dello spazio.
Zai. Controllo della natura.
Zen! Illuminazione.
Illuminami,ti prego. Aprì gli occhi di scatto e in una fiammata, finalmente riuscì a vedere. Si alzò di botto e immediatamente lasciò la stanza, per andare a recuperare il telefono. Compose febbrilmente il numero della persona che le interessava sentire, ma quando portò il ricevitore all’orecchio, scoprì sconsolata che la persona designata aveva il cellulare spento. Dannazione Haruka!Proprio ora lo dovevi spegnere? imprecò a bassa voce. Voleva parlare con la guerriera di Urano, prima di mettere in agitazione tutte le altre, ma a quanto pare,almeno al momento non era possibile. Respirò sommessamente e si decise a riporre il telefono, ma uno squillo la face desistere. “Pronto?” chiese eccitata, sperando fosse proprio la bionda, ma la voce che sentì dall’altro capo del telefono, le fece spalancare la bocca per la sorpresa. “Rei?Sono io,Michiru…”
 


 


“Haru-chaaannn!!!Mi compri il gelato??Daaaaiiii!!!!Ti prego!!!”  Non era possibile. Non era logicamente possibile. Come accidenti poteva essere che Hotaru avesse lo stesso, irresistibile broncio di Michiru?  Incredibile! pensò la bionda, mentre metteva mano al portafogli per comprarle il gelato. Da quando Setsuna e Michiru si erano volatilizzate, seppur per motivi e in modi diversi, Hotaru si era trasferita da Haruka, e dopo un po’ aveva compreso che dietro quella parvenza di durezza e scontrosità, c’era in realtà un cuore tenerissimo, pronto a sciogliersi come neve al sole. Certo, bisognava sapere come fare: Haruka Tenou non era il tipo da cedere a delle comunissime tattiche di persuasione. I complimenti su di lei non sortivano nessun’effetto: quando una volta le aveva detto che era la più brava pilota del Giappone, cercando di farsi comprare un vestito nuovo, si era sentita rispondere “Si, lo so”. E niente vestito.  Anche le sorprese non la intenerivano più di tanto: quando le aveva fatto trovare un bagno caldo pronto per lei, che tornava tutta sudata e sporca da una sessione di prove con l’auto, nella speranza di restare sveglia fino a tardi per guardare un film horror, aveva ricevuto gratitudine. Molta gratitudine; ma niente film. Stava iniziando a perdere la speranza ormai e a credere in un destino beffardo che l’aveva dotata di ben tre genitori, adorabili, fantastici, ma assolutamente intransigenti. Setsuna era la severità fatta persona: le voleva un gran bene, l’aiutava sempre con i compiti, e ora che non c’era le mancava enormemente, ma quando si trattava di scuola o regole in generale, la guerriera di Plutone era inflessibile; di Michiru neanche a parlarne: la coccolava tantissimo, le preparava dei dolci che nemmeno Makoto avrebbe mai potuto eguagliare, ma guai a ventilare anche solo l’ipotesi di saltare una lezione di violino o d’arte. Haruka si era sempre accodata alle altre sostanzialmente, adeguandosi al loro livello di severità, e così pensava che trovandosi sola con lei sarebbe stata più malleabile. Errore. Non c’era niente da fare, le sue mamme e il suo papà erano incorruttibili. Ed è così che era successo:stava pensando alla sua sfortuna, quando si era spontaneamente imbronciata e Haruka l’aveva vista. In quel momento si aprì un mondo: l’Haruka dura e pura, alla vista di quell’espressione si scioglieva completamente, non riusciva a resistere, qualsiasi cosa le chiedesse.  Era stato grazie a questo che si trovava al parco quella mattina, invece che a scuola, e sempre grazie a questo, all’ora di pranzo stava gustando un bel gelato. Mentre tornava da lei però, vide che qualcosa non andava: aveva il cellulare stretto in mano, probabilmente l’aveva riacceso per vedere se l’avesse cercata qualcuno e sembrava piuttosto agitata: non appena la vide le corse incontro. “Hotaru..!!Piccola dobbiamo andare!!” le disse concitata, prendendola per mano. “Andare dove?Che è successo?” le chiese la piccola liberandosi dalla stretta  “Ha chiamato Rei…lei ha…ha…ha sentito Michiru..!!”  rispose la bionda in evidente stato di schock. Hotaru la guardò con i suoi grandi occhioni viola, pieni di sorpresa e speranza, e decisa prese per mano la guerriera di Urano  “Allora andiamo!!”

 
 



Eccomi…lo so,sono imperdonabile,però dai…guardate quanto ho scritto..!!Credo sia il capitolo più lungo che abbia mai scritto…^_^ Come avete visto,è diviso sostanzialmente in quattro parti,legate comunque tra loro in qualche modo…o almeno era questo l’intento:scrivere di 4 punti di vista,dando però comunque un senso unitario al capitolo…spero di esserci riuscita. Le prime tre parti mi piacciono tutte molto e sono fiera di ognuna di loro,in particolare mi piace moltissimo la parte di Rei e mi sono divertita da morire a scrivere quella di Michiru…i suoi dialoghi interiori con la sua coscienza!!XD Sto cercando (nei limiti del contesto) di renderla un pochino più simpatica,rispetto alla’altra mia long-fic…spero quindi di riuscire a strapparvi qualche sorriso ogni tanto…;) La parte di Haruka e Hotaru non mi piace. L’ho scritta male,è brutta e mi aspetto delle critiche proprio per quella,ma sinceramente,l’alternativa era non inserire Haruka nemmeno in questo capitolo e non mi sembrava il caso…Il fatto è che come lettrice amo leggere di lei,ma come autrice (passatemi il parolone XD) non sono molto in sintonia con lei,mi riesce meglio scrivere di Michiru e Setsuna e quindi,accontentavi se potete di quello che ho prodotto…:( Come avete visto finalmente scopriamo chi è il misterioso nemico e nel corso della storia,ovviamente spiegherò il legame che ha con Setsuna,il suo ruolo,ecc ecc  a tal proposito,suppongo che abbiate trovato la sua nascita abbastanza disgustosa,ma come per Michiru,mi sono rifatta alla mitologia greca:Crono inghiottiva i suoi figli per evitare di essere spodestato da loro,poi fu costretto a “rigurgitarli”,nel caso di Suna lei è nata proprio così. Ci sono altre cose di carattere tecnico da spiegarvi,ma per queste vi rimando alla mia pagina facebook  http://www.facebook.com/pages/Deep-Submerge/138641306205631?ref=ts Non mi considerate presuntuosa,è solo che mi piace perdermi nei particolari e spiegare il perché ho scritto una cosa piuttosto che un’altra,allo stesso tempo però,non amo le note a piè pagina troppo lunghe e quindi…a che mi serve la pagina fb se no?!Detto questo,ringrazio tutti quelli che hanno avuto la pazienza di aspettare,di leggere,di commentare,di rimanere in silenzio…vi ringrazio tutti di cuore. Un bacio enorme.
 

Protetta da Nettuno, pianeta del mare profondo, sono la guerriera dell'abbraccio Sailor Neptune!
   
 
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