...si è sentita la differenza fra ferie pasquali e settimana scolastica, eh? XD Eccomi con un nuovo capitolo di "Folie Parisienne". Ho deciso di pubblicare prima una nuova parte di questa FF in quanto è più semplice e leggera, pertanto pubblicherò l'ultimo capitolo di "Foulard" questo pomeriggio, quando dunque il tepore delle coperte mi avrà abbandonato. Spero di farmi perdonare per il ritardo. Qui compariranno altri due nuovi personaggi, ma... Chiedo subito venia per il nome che ho scelto per uno di loro (mi sembrava azzeccato e divertente, vi prego fan di non uccidermi! xD). E ho voglia di lasciarvi un po' sul misterioso, anche... v.v"
A voi, e ancora grazie °v° (quest'autrice soffre della malattia del Ringraziamento Continuo, abbiate pietà)
Fe (:
< CAPITOLO 3 >
Le Gala des Nouveaux, ovvero: "Camus Blanchard è un'aragosta"
...soprattutto se si ha un gran
bel pezzo di signore a cui leccar le scarpe, dicevo! Chiudete gli occhi e
tuffatevi nel mondo dei gran gala: sentite il parlottare raffinato dei
signorotti? Il profumo invitante dei buffet, le bollicine frizzanti di champagne
che vi scoppiettano in gola?
Benvenuti a Le Diner de Gala des
Nouveaux, dicasi “luogo in cui i promettenti eredi dei grandi casati discutono
fra piatti che noi semplici umani fatichiamo persino a sognare”. E i
maggiordomi furon invitati. Mi pareva d’esser, vi dirò col cuor in mano, ad
una mostra di amici a quattro zampe in cui i padroncini sfilavano pomposamente
tenendo per lo guinzaglio i loro cucciolotti. Ma ben presto Monsieur Ciup-Ciup
si stancò si trascinarmi fra i saloni del convito e mi lasciò sol soletto
appollaiato sul seggiolino d’un bancone, mentr’egli si concedeva alle lusinghe
d’un gruppo d’affaristi.
Da lontano Camus Blanchard
appariva ai miei occhi come sott’un diluvio di luce celestiale; una di quelle
classiche pozze di Paradiso, pensateci, che piovon dall’alto accompagnate da
musiche celestiali. Questo perché, fra tutti i completi scuri e grigi che
s’intervallavano, lui era l’unico a vestir di color confetto; l’unico che, al
posto di tener una biro d’argento nel taschino interno, dal medesimo fodero de’
ricchi proprietari pescava un marshmallow dietro l’altro.
Ero sicuro che non
avrebbe toccato alcun buffet, non quando era sì più interessato agli alimenti
con cui abitualmente si nutre. Strana razza animale, il mio padrone. Dietro le
sbarre di suddette argomentazioni, non m’accorsi ahimè che un altro Bau-Bau
s’era seduto al mio fianco. Il siparietto fu alquanto bizzarro...
“Milo! Non ci credo, sei proprio
tu?”.
Volse il capo l’indolente
maggiordomo di casa Blanchard, stordito dal gran ciarlare del convito; e
subito, inquadrato ch’ebbe il volto familiare, mollò teatralmente la mandibola
facendo sfoggio di gran sorpresa:
“Che ci fai qui?”.
Er’egli un certo Ambrogio Chela,
che tutti però conoscevano, complice il misterioso mondo de’ soprannomi, a nome
“Death”. Suo compare ai tempi di Sion Bonnet, se n’era però andato presto a
lavorar alle dipendenze d’un tal signorotto svedese, svanendo in siffatta
maniera dal raggio d’azione de ‘l nostro protagonista; protagonista che
arraffata l’opportunità, si fece così spiegar l’esistenza del compare.
“Il mio signorotto è Fredric
Lewis Gottfrid, del casato dei Gottfrid, dirigente dell’omonima industria
floreale”, spiegò dunque il signor Chela dopo i dovuti ossequi. “Ma tutti lo
conoscono come Aphrodite”, e segnalò co’ lo dito il suddetto signorotto, il che
bastò al maggiordomo di casa Blanchard per capir il motivo d’un sì strambo
soprannome.
“N’ho sì sentito discorrere! È
proprio un bel giovanotto...”.
“Vedo che sei divenuto un
cagnolino col papillon. A chi dai man forte?”.
“Casato dei Blanchard”.
“Or dunque ti svelerò che la
nostr'occupazione può anche esser spada, oltre a fodero; cosucce a favor
nostro, mio compare, per intenderci”.
“M’hai sfregiato la corazza,
Death. M'hai fatto curioso!”.
“L’aragosta è buona?”.
“Buonissima”.
“Fresca fresca?”.
“Fresca fresca, altrimenti non
l’adocchierei nemmeno”.
“Proprio un figliol fortunato! Ma
sta’ attento che la portata non rimane calda in eterno”, e detto ciò s’ alzò,
lo strambo signor Ambrogio Chela, dipendente di Gottfrid, e rapì il proprio
signorotto da discussione straniera per trascinarlo con sé là dove gli umani si
liberano dalle mortali impurità.
...ebbene non vi scandalizzerete
se vi dico che, almen per quello spergiuro, “aragosta” è sinonimo di “il
padroncino per il qual si lavora”! Giacché non credo che il maggiordomo abbia
il dovere d’accompagnar il superiore anche sin alla tazza del water, se m’avete
inteso.
Non son certo qui per confessare
la mia omosessualità; ma giunti a tal punto mi par un particolare necessario
per un’impeccabile comprensione. Camus Blanchard è certo un bel giovine:
capelli rossi come (aragoste...?) il peperoncino e carnagione d’una zuccherosità impareggiabile. Mashmallowsiana, direi. Tentar non
nuoce, lo san tutti.
Eppure preso com’ero da certe mie
macchinazioni, mentre il mio signorotto cambiava aspetto ai miei occhi,
(perché in questo momento la piega poco al di sotto della zona lombare
mi par più interessante di prima?)
non m’accorsi d’aver dimenticato
un piccolo spunto. Non per vanto ma per realismo, anch’io posseggo un certo
fascino. “Poco ma sicuro”, direte voi. Ebbene, prima ch’io stesso prendessi in
considerazione quest’aspetto, fu qualcun altro ad accorgersene.
Ma come?, non vi ho presentato
questo nuovo personaggio? È una gran svista da parte mia, chiedo venia, ché la
gentil figura pronta ad entrar in scena è cert’importante in questa novella. Vi
narrerò come si concluse quella serata di gala, nonostante...
...no un momento, non posso
essere timido. Un attore non deve
essere timido!
Ehm-ehm....! Permettetemi or dunque di introdurvi...