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Autore: Halosydne    08/05/2011    4 recensioni
Si stupì, e non poco, nel trovare una rosa sulla scrivania del suo ufficio, quel pomeriggio. Corteggiamento? Era forse nella norma, per una donna della sua età? Si avvicinò con cautela al fiore – non era da molto che erano finiti gli anni di Fred e George Weasley ad Hogwarts, dopotutto – ma quando si arrischiò a sfiorarlo notò il ghiaccio che proteggeva nella sua brillantezza adamantina i petali aranciati della rosa. Un’unica, piccola rosa, dal bocciolo un po’ misero, ma di un bel colore vivace. Coperto di ghiaccio.
Un nonsense che vede protagonista la metodica Minerva McGonagall e la sua metodicità, entrambe messe a dura prova da un regalo misterioso...
La storia si è classificata quarta al Battleship contest di Fabi ed è iscritta anche alla Characters&Themes Challenge di Vogue91.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Minerva McGranitt
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
- Questa storia fa parte della serie 'Such a lonely day, and it's mine.'
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Personaggio 29 __Minerva McGrannit.
Tematica: Solitudine.

 

 

 

 

 


Metodica, ecco com’era lei. Le piaceva che tutto fosse al suo posto, che le cose accadessero quando dovevano, che le persone si comportassero come ci si aspettava che facessero. Ammetteva le stravaganze, certo – come avrebbe potuto essere altrimenti, con il lavoro che faceva? – ma preferiva di gran lunga che esse si mantenessero nella giusta pagina della loro storia.
Minerva McGonagall si aspettava la norma dagli altri. Si era nascosta dietro quella cortina di norme e normalità che erano diventate parte di lei, e il resto lo aveva nascosto, perché troppo ingombrante, troppo poco funzionale al suo lavoro, alle preoccupazioni che aveva scelto di non avere.
Si stupì, e non poco, nel trovare una rosa sulla scrivania del suo ufficio, quel pomeriggio. Corteggiamento? Era forse nella norma, per una donna della sua età?  Si avvicinò con cautela al fiore – non era da molto che erano finiti gli anni di Fred e George Weasley ad Hogwarts, dopotutto – ma quando si arrischiò a sfiorarlo  notò il ghiaccio che proteggeva nella sua brillantezza adamantina i petali aranciati della rosa. Un’unica, piccola rosa, dal bocciolo un po’ misero, ma di un bel colore vivace. Coperto di ghiaccio.
Minerva McGonagall si aspettava la norma anche dalla natura, per quanto non avesse mai fatto caso più di tanto al rincorrersi delle stagioni oltre le spesse mura della fortezza. E una rosa arancio, coperta di piccole scaglie di brina luccicante, quando era ormai aprile inoltrato, era sicuramente un qualcosa che non rientrava affatto nella norma.
Osservò il fiore da più vicino, sedendosi lentamente sulla sua vecchia, comoda poltrona. Fu solo quando si punse un dito che la lasciò cadere sulla scrivania. E fu solo in quel momento che notò un piccolo rettangolo di pergamena, vergata di un inchiostro rosso brillante con calligrafia tondeggiante e un po’ incerta, come se il misterioso mittente fosse stato in dubbio fino all’ultimo sulle parole da scrivere.
La vita ed i sogni sono fogli di uno stesso libro. Leggerli in ordine è vivere, sfogliarli a caso è sognare.
Minerva non poté reprimere un sorrisetto sarcastico. Non era mai stata brava con i sogni, né con le parole che non dicessero esattamente ed unicamente quello che ad una prima occhiata sembravano voler dire.
Gettò il foglietto nel camino – nonostante fosse aprile inoltrato, faceva piuttosto freddo – ma lasciò la rosa sulla scrivania, e aspettò che il ghiaccio si sciogliesse, raccogliendosi nel bicchiere nel quale aveva messo il fiore.
Andò a dormire, quella notte,  stendendosi sotto le coperte come per nascondersi: si sentiva osservata da qualcuno con la calligrafia tondeggiante che scriveva tante belle parole alle quali non sapeva trovare un senso. Sentiva due grandi occhi dalle iridi aranciate e dalle ciglia coperte di brina su di sé, e non riusciva a prendere sonno. Così, si alzò e tornò a sedersi alla scrivania, fissando lo sguardo sulla rosa, finalmente libera dalla sua cortina gelata. Sovrappensiero, Minerva staccò uno dei petali e lo portò alle labbra. Era ancora freddo. Senza nemmeno rendersi conto di cosa stesse facendo, mise il petalo in bocca e lo masticò. Aveva un sapore orrendo, ma lo ingoiò – strizzando gli occhi dal disgusto – e poi se ne tornò a letto.
Dormì un sonno senza sogni. La mattina dopo scoprì che le finestre coperte di una brina assolutamente fuori stagione all’alba rifrangevano in tutta la stanza una tenue luce, calda e aranciata.
Minerva si appuntò la rosa al cappello, che quella mattina non era nero come al solito, ma rosso – rosso, sì. Aveva deciso che quella mattina non voleva lasciare tutti i fogli in ordine nella sua storia: per una mattina, voleva metterli tutti un po’ a caso. Così si era messa il cappello rosso da festa, e ci aveva appuntato sopra una rosa arancio. E poi era andata a fare lezione come se niente fosse, senza dare peso ai borbottii delle sue alunne pettegole, che sicuramente – come nella norma – si chiedevano chi fosse il misterioso corteggiatore che aveva regalato alla professoressa una rosa così misera, che lei aveva addirittura abbinato ad un cappello rosso...
Metodica, ecco com’era lei. Mangiò ogni sera un petalo di quella rosa, fin quasi ad abituarsi alla sensazione spiacevole che le dava, dormì ogni notte sonni senza sogni ben nascosta dalle sue coperte, si svegliò ogni mattina con la brina sulla finestra, appuntò ogni mattina la rosa – sempre più sfiorita – al cappello rosso.
Lo fece fin quando la rosa non perse tutti i petali. Quel giorno tornò nel suo ufficio carica di una speranza che non voleva confessare nemmeno a se stessa. Che senso aveva, pensava, sperare di trovare un’altra rosa ghiacciata sulla scrivania? Perché aveva l’impressione che fosse importante? Non era vissuta bene fino ad allora, nascosta dietro la sua bella corazza di norme e normalità, senza quei petali arancioni e quella stupida mania di portarseli a spasso sul cappello rosso ogni giorno?
Aprì la porta con deliberata lentezza. Camminò altrettanto lentamente verso la sua scrivania, tenendo lo sguardo fisso sui suoi piedi e stringendo in una mano lo stelo ormai appassito della rosa, che aveva tenuto nascosto dentro una tasca tutto il giorno. E sempre lentamente alzò gli occhi, prima sulle gambe dritte e lucide della sua scrivania, poi sui libri polverosi poggiati su un angolo, poi sul resto del tavolo, dondolandosi sul posto come una scolaretta che attende non sa se una punizione o un elogio. Non c’era nessuna rosa. Nessun biglietto.
Minerva McGonagall andò a dormire presto quella sera. Dormì un sonno disturbato da rose arancioni che piovevano dal cielo rosso sulle aiuole dove fioriva la neve, e il mattino dopo, quando la luce assolutamente non rifranta dalla brina sulle pareti grigie la svegliò delicatamente, si disse che quel sogno assurdo era dovuto non alla rosa che non c’era, ma al fatto che per la prima volta dopo più di cinquant’anni aveva dormito in una maniera diversa dal solito: tenendo la testa dove abitualmente metteva i piedi, abbracciata al cuscino.
Si autoconvinse che era stato tutto causato dalla sua stranezza – quasi inconcepibile per una persona metodica come lei – e poi andò avanti nella sua giornata come se niente fosse.
Ma per tutto il tempo, fino a quando quella sera non si rimise sotto le coperte come era solita fare,  provò una strana sensazione di abbandono. Dormì bene quella notte, anche se tra i suoi soliti, noiosi sogni che non facevano altro che propinarle le sue solite giornate di lavoro – con l’unica differenza che dietro i banchi vedeva alunni di un passato lontano mischiati ad allievi che ancora frequentavano Hogwarts, e tutta quella gran confusione di pagine di storie diverse la infastidiva perfino in sogno – ogni tanto spuntava qualche ragazzino vestito di rosso, con gli occhi arancioni, tutto pieno di neve.

 

 

 

 

· · L'angolino di Rò · ·

No, non sono deceduta.
E' solo che in questo periodo sono impegnata da: compleanni di diciott'anni per i quali io devo fare i video e trovare i regali e organizzare le sorprese; prove dello spettacolo di teatro nel quale sono la protagonista e per il quale faccio anche da aiuto regista; compiti in classe e interrogazioni assassine; feste per le quali mi sono smazzata e alle quali devo andare; mangiare e dormire; andare a scuola.
Credetemi, la mia vita in queste settimane è pienissima, e mi dispiace molto di non avere mai il tempo di sedermi al pc e scrivere qualcosa, magari che possa mandare avanti la mia eterna Cioccolato all'Arancia o aggiungere qualche storia alle mie su Grey's Anatomy, perché nei rari momenti liberi mi sto guardando la settima stagione coi sottotitoli e la trovo assurdamente ispirante *___*
Comunque, questa storia è stata scritta tipo due tre mesi fa, con trentotto di febbre e un mal di testa boia. All'inizio non volevo scrivere un nonsense, ma temo che sia esattamente ciò che è venuto fuori xD
La storia partecipava al Battleship contest di Fabi_, al quale si è classificata quarta (pensavo di essere squalificata per manifesta insensatezza, quindi immaginatevi la mia giUoia incommensurabile XD).
Eccovi il giudizio della gentilissima giudicia :D

 

Grammatica e sintassi: 14,2/15
Lessico e stile: 9,8/10
Originalità: 10/10
Caratterizzazione dei personaggi: 13,2/15
Sviluppo della trama: 9,5/10
Gradimento personale: 9/10
Punti per le caselle: 12
Totale: 77,7

La tua storia mi è piaciuta. Sinceramente mentre la leggevo mi domandavo se tu avessi ragionato sulle simbologie della rosa e sul significato di mangiarne i petali. Onestamente il senso mi è totalmente sfuggito, come tu hai ammesso la storia è nonsense. Non dovrei neppure stare a cercare il senso, credo. Comunque l'idea nel suo essere così strana, alla fine trova il suo significato: alla fine credo che proprio i comportamenti un po' insensati di Minerva siano un contrasto forte con la sua personalità metodica, come tu stessa l'hai definita. Mi è piaciuto questo inserimento dell'elemento di disturbo, in questo caso appunto la rosa, e la reazione di Minerva ad essa: una reazione un po' folle, non compresa da chi la conosce perché per niente sua. Mi è piaciuto il ritorno forzato alla normalità e la sua voglia di mantenere un po' di follia nella sua vita. Mi è piaciuto il cappello rosso e la brina alla finestra. Forse quello che è mancata è proprio la comprensione dell'identità di questo ragazzo con le iridi arancio che lei sogna. Hai inserito bene la citazione, la storia in sé dà esattamente l'idea del sogno: un insieme di pagine sfogliate a caso. Anche l'immagine è ben inserita. Una storia particolare, sicuramente da leggere.

 

Ringrazio ancora e infinitamente Fabi, e tutti voi che vorrete leggere e commentare la mia schifezzuola e/o perdonarmi per la mia prolungata assenza.
Se Zeus me la manda buona, ci sentiamo dopo il 26 maggio. Sennò, vi ho voluto bene u.u 

Vostra,
Rò.
 


Credits: tutti i personaggi, meno eventuali OC, appartengono alla splendida Zia Jo, alla quale sarò per sempre debitrice. 
 Qui trovate la Characters&Themes Challenge di vogue91.
Il contest di Fabi è invece a questo indirizzo. 

Non scrivo per fini di lucro, ma per la gioia che mi sa dare la parola scritta.

 


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