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Autore: biondich    08/05/2011    9 recensioni
Nicole Dashborn, ragazza carina ma con un pessimo carattere, si trasferisce a Mystic Falls con l'intenzione di dare la caccia a Katherine, la vampira che distrusse la sua famiglia, anni prima.
Uno scambio di persone la porterà a conoscere Helena e i fratelli Salvatore, facendola, in particolare, entrare in conflitto con l'affascinante Damon, deciso a non darle tregua.
L'arrivo di un nuovo vampiro in città ed i misteriosi omicidi nei dintorni di Mystic Falls daranno a tutti qualcosa su cui riflettere, mentre la vita di Nicole prenderà una piega non del tutto desiderata.
"Perchè, anche se è ingiusto, spesso sono le persone che amiamo a pagare per i nostri errori."
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Damon Salvatore, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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E' la fine! [cit.]

Lo scempio è finito, madame e messeri.

Squillino le trombe, rullino i tamburi, si chiuda il sipario!

Anyway, inutili presentazioni a parte, ci vediamo in fondo!

Enjoy the reading,

Biondich.

 

 

 

 

 

 

Diamo così spesso per scontate certe cose, che quando le perdiamo e ci accorgiamo di sentirci persi senza di esse, rimaniamo scioccati.

Nicole Dashborn aveva perso la vita e lei non aveva mai sottovalutato l’importanza di averne una; e forse per questo era stato ancora più doloroso accorgersi di non poterla riavere indietro.

Quella sorta di limbo in cui si trovava le apparve improvvisamente freddo e pericoloso, quasi come se il nulla potesse afferrarla e nasconderla al resto del mondo, per sempre.

Se aveva paura? Certo, che ne aveva. Ma avrebbe affrontato l’inesistenza con silenzioso coraggio, certa che quello fosse il suo destino.

Ma, e non mi stancherò mai di riperterlo, Nicole Dashborn era una ragazza davvero molto fortunata. E il Destino non ne aveva ancora abbastanza di lei.

 

*

 

“Quanto tempo hai detto che è passato?”- aveva sussurrato Bonnie a Stefan, osservando il corpo di Cole, steso sul divano della Pensione, ormai da più di un giorno.

“Damon l’ha portata qui almeno ventiquattrore fa”- aveva spospirato il vampiro dagli occhi di smeraldo, congiungendo le mani davanti alla bocca e osservando con apprensione il cadavere nel salotto.

Era assurdo, non riusciva a credere a quello che Katherine e Max avessero fatto. Ma comprendeva perfettamente quello che Damon si era ritrovato costretto a dover compiere. Un atto di coraggio, una scelta vincolante che lo aveva ridotto ad un’ombra, da quando era tornato alla pensione. Non aveva parlato, non lo aveva fatto per otto ore durante le quali aveva osservato, distrattamente, quasi non fosse realmente lì in quella stanza, il camino davanti a sé. E poi, spinto dal bisogno di sfogarsi, aveva parlato a Stefan, Helena e Bonnie dell’incidente e del complesso e subdolo piano di Katherine per farlo allontanare da Cole, liberare Max e ucciderla.

Oh, accidenti,ma perché Cole ci metteva così tanto? Cosa la spingeva a restare nel Limbo?

Quel posto era spaventoso, nessuno avrebbe voluto rimanervi così a lungo.

“Non dovrebbe … Si, insomma, svegliarsi?”- aveva domandato incerta la strega, parlando a bassa voce, mentre nella sua mente si formava un dubbio che aveva già attanagliato Stefan, Helena, forse Damon stesso.

E se l’avesse trasformata troppo tardi?

“Forse era già … quando …”

“No, non lo era.”- tuonò tetra una voce alle loro spalle.

Bonnie sussultò, sgranando gli occhi e ammutolendosi, mentre Stefan, molto lentamente, si voltava verso quel che restava di suo fratello.

“Dico solo che non è normale che ci metta così tanto.”- insistette ancora la mora, voltandosi verso di lui e osservandolo sprezzante, in cuor suo sperando che reagendo, si sentisse meglio.

“Si sveglierà.”

“Più di un giorno, Damon! È morta!”

“Maledizione sta zitta! Lei si sveglierà!Tornerà, dalle tempo!”-ruggì il vampiro, accecato dal dolore, avvicinandosi con grandi falcate al divano e fulminando un silenzioso Stefan con lo sguardo stravolto.

“È quello che ci auguriamo tutti quanti.”- sentenziò il più giovane dei fratelli, alzandosi e facendo cenno a Bonney di seguirlo fuori dalla stanza, per raggiungere Helena.

“Ha solo bisogno di tempo …”- soffiò il vampiro dagli occhi freddi e sconvolti, osservando con apprensione la sua bella, addormentata, così lontana da lui. Era consapevole del margine d’errore che poteva esserci stato nel trasformarla. Sapeva che forse, qualcosa poteva essere andato storto. Ma avrebbe aspettato, l’avrebbe aspettata, che ci fosse voluto un altro giorno, una settimana, un mese. L’eternità.

*

Niente.

Ancora una volta, Nicole Dashborn non sentiva più niente.

Oh, non a livello emotivo, s’intende. Era confusa, sconvolta, credetemi.

Ma non sentiva più nulla.

Il suo cuore non scalpitava nel torace, spaventato da quanto le accadeva; i suoi polmoni non si espandevano, avidi d’aria, come facevano un tempo.

Si sentiva forte, piena d’energie come mai era stata.

Non respirava, ma viveva. Il suo cuore si era cristallizzato, conservato in una teca di vetro nel petto, in attesa che le si potesse ridimostrare utile, un giorno o l’altro.

Aprì gli occhi e nell’istante in cui lo fece, rivisse l’incidente e la morte come episodi lontani nel tempo, quasi appartenessero ad un’altra …vita.

Ed era così.

Quella notte, Nicole Dashborn era nata di nuovo, o forse, per la prima volta. C’era confusione in lei, mentre osservava il soffitto di legno della pensione con occhi nuovi. Mentre riusciva a toccare l’aria.

Mentre ascoltava il silenzio.

“Mio Dio …”

Helena sussultò. Lei e Stefan si erano addormentati sul divano affianco, mentre facevano la veglia, al posto di Damon.

Aveva visto la sua amica spalancare gli occhi, boccheggiare.

L’aveva vista muoversi, dopo più di un giorno di morte apparente.

Aveva assistito alla sua silenziosa rinascita.

Stefan si svegliò di soprassalto, percependo la misurata esclamazione della fidanzata, e osservò con sorpresa quel corpo che tornava a muoversi. E per quanto fosse un abituè delle trasformazioni e delle resurrezioni, quella lo stupì, forse perché così attesa.

Scattò in piedi, intenzionato ad avvertire Damon del tanto atteso miracolo.

Nicole era tornata e avrebbe chiesto spiegazioni. Lui doveva dargliele.

Ma non lo aveva trovato. Damon non era lì.

Quindi toccava a lui fare gli onori di casa alla neonata.

“Nicole”- la chiamò, attirando la sua attenzione.

La voce di Stefan esplose violentemente nella testa della ragazza, facendola sussultare. Si capovolse dal divano, scivolando a terra. Ebbe un dejavù dell’impatto con l’asfalto, nell’incidente, e questo la terrorizzò, facendola alzare di scatto.

Ma anche la sua rapidità risentiva della sua nuova natura. Lo slancio eccessivo la scaraventò contro la parete dietro di sé, sorprendendola.

Lanciò uno sguardo confuso ed impaurito all’amico dall’altra parte della stanza che la osservava compassionevole ma pronto ad agire, se si fosse rivelata pericolosa.

“Va tutto bene, Cole. Sei con noi, adesso, sei tornata.”

Cosa c’era di buono in quello? Cosa c’era di naturale e rassicurante nel tornare in vita? Tutto bene? Tutto bene?

La calma di Stefan la rese ancora più inquieta.

Aveva paura, ne aveva più di quanta potesse immaginare.

“S-Stefan, che sta succedendo … Come … L’incidente,Damon …”- era confusa, scossa, parlare le risultava così terribilmente difficile, quasi fosse la prima volta che lo faceva.

“Dobbiamo parlare.”

“Parlare?”- la voce di Cole era forte, straziata, incredula - “Parlare?!”- un ruggito roco e esasperato scaturì dalle sue labbra tremanti - “Dov’è Damon!”

“Non lo so.”

A quella risposta, Nicole crollò a terra. Si sentiva orribilmente persa, ma non sapeva darsi una spiegazione a quella sensazione di vuoto provata, una volta consapevole di quello che Damon aveva fatto.

Lo ricordava.

L’aveva trasformata, pur sapendo che lei avrebbe preferito la morte all’essere un vampiro. L’aveva calpestata, ignorando ciò che lei desiderava. Ed ora, Nicole Dashborn si sentiva fortemente tradita, presa in giro dalla persona cui aveva affidato il suo cuore, anche se non glielo aveva mai detto.

“Ma per ora posso aiutarti io. Sei nella Fase di Transizione, al momento. Questo significa che teoricamente non sei ancora stata riconosciuta, né come morta né come Tornata. In parole povere esisti, ma non sei niente. Senza offesa”- il sorriso imbarazzato sul volto di Stefan si incrinò, mentre osservava l’espressione stralunata di Nicole che sentiva le sue parole, senza ascoltarle, lo guardava, senza vederlo.

“Cosa …”

“Devi completare la Trasformazione, ora. Se non berrai del sangue, entro breve tempo di dissolverai. Io posso facilitarti la cosa, potresti bere sangue animale e …”

“No, Stefan”-soffiò Nicole, cercando di ignorare il fatto che alla parola “sangue” aveva sentito un lieve bruciore alla gola, mentre il suo stomaco si era contratto.

Non voleva, era inutile trasformarsi.

Era già stata sola, non voleva esserlo di nuovo e in eterno.

Sua madre non c’era e probabilmente un periodo così lungo di ipnosi le aveva già cancellato più ricordi di quanti se ne dovessero eliminare.

Max … Max era il responsabile della sua morte.

Damon l’aveva abbandonata, uccisa e lasciata sola, nel momento della sua rinascita.

Perché restare?

“Non completerò niente, non voglio, io …No.”- disse con risolutezza la neo vampira, osservando le sue mani diafane che sembravano non appartenerle.

Era diventata ciò che aveva odiato per tanti anni.

Ciò che aveva amato grazie a Damon e al suo esserlo.

Ciò che l’aveva uccisa, portandole nuovamente via tutto.

E poi la sua attenzione era stata catturata dalla figura nella penombra, appena affacciata alla stanza, silenziosa e cupa,ma con gli occhi pieni di speranza.

“Tu!”- ruggì Cole slanciandosi verso di lui, con occhi di brace, furiosa e piena di rancore - “ Perché l’hai fatto, perché mi hai trasformata! Sapevi che non volevo!”- sibilò fuori di sé - “Odio ciò che rappresentate, lo odio!”- poi sembrò calmarsi, mentre osservava il volto di Damon impassibile e distante - “Meglio morta che vampiro, non ti ho mai nascosto la mia opinione a riguardo. Hai tradito la mia fiducia, hai ignorato la mia volontà e hai scelto per me.”- constatò lei amareggiata, disgustata dall’uomo davanti a sé.

Anche se in cuor suo sapeva di non poterlo odiare, doveva farlo.

Damon sostenne il suo sguardo, serio e freddo, mentre, con impressionante rapidità faceva scivolare fuori dalla manica una bottiglietta di plastica piena di un liquido color cremisi.

Ne svitò il tappo, liberando così l’odore ferroso del suo contenuto.

E per Nicole, per un attimo, il mondo si fermò. Osservò quasi ipnotizzata la bottiglia, ne inalò l’odore invitante, sentì la sua gola stringersi in una morsa dolorosa, nel tentativo di uscire e tuffarsi in quel meraviglioso liquido scarlatto.

La ragione intraprese un’ardua lotta con l’istinto per costringere Cole a ritirarsi leggermente, mantenendo quel briciolo di fermezza che da tempo sembrava aver perso.

E Damon, silenzioso, si avvicinò a lei, nuovamente ponendole sotto il naso quel sangue invitante proveniente dalle scorte di Stefan, 100% disapprovato dagli animalisti del WWF.

La vampira sentì i canini farsi prepotentemente spazio nella sua bocca, mentre i suoi occhi chiari assumevano toni sempre più scuri e lontani da quelli umani.

Fu questione di un secondo.

Mentre il suo cervello le imponeva di restare ferma al suo posto, il suo corpo, mosso da fili invisibili, si fiondò su quella maledetta bottiglia e ne ingurgitò avidamente il contenuto, rinvigorendosi e brillando di un nuovo, eterno splendore.

Il patto con l’Eternità era stato suggellato.

Cole gettò a terra la bottiglietta vuota e per qualche istante fissò il punto d’impatto con il pavimento, senza sapere cosa dire, fare, pensare.

E poi, con la nuova rapidità che si ritrovava, sferrò un pugno al volto statuario di Damon che non reagì, forse consapevole di meritarselo. Lei percepì le nocche scotrarsi con le sue ossa,ma il vampiro davanti a lei sembrò non avvertire più di tanto la “carezza”. Del resto erano venti minuti contro centoquarantacinque anni. Era un incontro decisamente sleale.

“Cole, credo che tu stia saltando aconclusioni troppo affrettate.”- cercò di calmarla Stefan, pochi metri dietro di lei, scambiando una fugace occhiata con suo fratello - “ Lascia che Damon si spieghi.”

Nicole osservò con rabbia il vampiro davanti a sé, aspettò che prendesse parola. Ma lui rimase in silenzio, con un lieve sorriso accennato e gli occhi illuminati di speranza.

Perché l’aveva salvata. Che lei ci credesse o no, l’aveva salvata.

“ Il tuo silenzio mi fa capire che ciò che ho detto è la verità.”- la voce di riccioli d’oo tremò. In fondo, lei sperava che tutte quelle pugnalate dietro la schiena si potessero spiegare diversamente, che Damon le desse la possibilità di perdonarlo. “Stefan, voglio tornare a casa mia.”

“Non credo sia una buona …”

“Ti prego, voglio andare a casa.”

Stefan acconsentì, in cuor suo, addolorato che Damon non avesse detto a Nicole il perché del suo gesto. Lui, da fratello minore quale era, aveva ipotizzato una spiegazione: teneva a lei più di quanto immaginasse. Ed era bello, per Stefan, perché sapeva che le azioni di Damon, da un po’ di tempo a quella parte, erano prive di cattive intenzioni.

Ma questo, Nicole non lo sapeva e secondo Stefan, solo Damon aveva il diritto e il dovere di dirglielo.

Ma l’avrebbe mai fatto?

Aveva lasciato Cole a casa da pochi minuti, dopo averle fatto le debite raccomandazioni e averle dato un po’ di sangue della sua scorta personale, per cominciare. Ed era tornato a casa, nella speranza di trovarvi suo fratello e che lui fosse un tantino più loquace di quanto lo era stato con la neovampira/ ex ragazza.

Lo trovò, seduto sul divano, con in mano un bicchiere di Bourbon ormai quasi vuoto. Non seppe dirsi quanti ne avesse bevuti, prima di quello. Ma a giudicare dalla bottiglia pressochè trasparente, dovevano essere stati almeno nove o dieci.

“Lo sai? Ce le avevo eccome delle spiegazioni, per lei.”- ridacchiò Damon, con una tetra risata, mentre buttava giù l’ultimo sorso di liquido ambrato. I suoi occhi lucidi non guardavano il fratello, ma lo percepivano, ne vedevano l’ombra indistinta, lontana da suo campo visivo.

“Ne vuoi parlare?”- domandò il moro, avvicinandosi a lui, desideroso di poter, finalmente, passare un po’ di tempo di qualità con suo fratello. Se quello era il primo passo per un riavvicinamento, allora l’avrebbe compiuto.

“Non con te. Sono ubriaco, non disperato.”

“A me sembri entrambe le cose, a dire il vero.”- commentò con un sorriso Stefan, accomodandosi accanto a lui, non senza imbarazzo. Difficilmente condividevano la stessa stanza, figuriamoci lo stesso divano.

“Già.”- commentò con una strana smorfia Damon, appoggiandosi allo schienale e constatando con delusione che il suo scotch era “evaporato” dal bicchiere. Perché le cose migliori si esaurivano così in fretta?

“Dici di avere delle spiegazioni. Dille a me, parlamene; io non ti giudicherò.”- esordì Stefan, rompendo il silenzio.

“Anche perché se lo facessi, poi ti ucciderei!”

“Allora? Ti ascolto.”- lo ignorò Stefan, allontanando da lui l’alcolico e quindi tutte le distrazioni.

C’era qualcosa in Damon, qualcosa che doveva uscire o forse l’aveva già fatto.

“Nah, ci ho ripensato, non era poi così importante. Va bene così.”- le espressioni di Damon venivano esagerate dall’alcool, le sue risa tetre e nervose venivano ampliate dal silenzio di Stefan e dell’ambiente.

“Perché l’hai trasformata?”

Per qualche secondo Damon tacque, mentre il suo cervello tentava di fare uno sforzo e ragionare.

“Tu che avresti fatto?”- domandò seccamente il vampiro dagli occhi di ghiaccio, serio in viso - “Tu … L’avresti guardata morire, impotente di fronte alla sua umanità? So che lei lo avrebbe preferito, lo sapevo. Ma non potevo, non ce la facevo a lasciarla andare così.

È colpa mia, Stefan. Mi sono lasciato fregare da Katherine, le ho servito Cole su un piatto d’argento. Non volevo che morisse, l’ho lasciata sola perché credevo di essere io il mostro che attentava alla sua vita. Riesci a capire?”

“Più di quanto immagini.”

“Mi odierà per sempre, probabilmente, ma che importa? Per una volta, non ho perso, Stefan. Non l‘ho persa. Conta solo il fatto che sia viva, so che si abituerà alla sua nuova condizione. Se vorrà, mi perdonerà. Io sono felice semplicemente sapendola ancora qui.”

Era bello vedere Damon sotto quella luce così altruista, così umana. In cuor suo, Stefan sapeva che quel lato di suo fratello c’era sempre stato, rinchiuso in una profonda e remota ala della fortezza che il suo cuore era diventato.Il Damon umano esisteva ed ora lottava con tutta sé stesso per uscire allo scoperto.

“Fino all’ultimo ho esitato. All’inizio non volevo farlo, non volevo trasformarla;mi sono visto costretto, i soccorsi non l’avrebbero mai presa in tempo. Non potevo permettermi di perderla, non dopo il modo in cui l’avevo lasciata.”

“Dovresti dirglielo, dovresti dire a Cole le stesse cose che hai detto a me.”- sorrise Stefan azzardando una leggera e cauta pacca sulla spalla, alzandosi dal divano con un sospiro.

“Nah”- le smorfie di Damon erano tornate quelle esagerate di poco prima, forse perché la coscienza si stava nuovamente abbandonando all’ebbrezza dell’alcool - “Voglio che prima si abitui. Insomma … È morta, risorta, diventata vampira … Se scoprisse che sono innamorato di lei nello stesso giorno, darebbe di matto!”

“Non penso possa dare di matto più di quanto abbia fatto oggi.”

“Oh, credimi. Sono convinto che si sia più che contenuta!”- ghignò Damon, whisky alla mano, espressione ebete sul volto.

Stefan lanciò un’ultima occhiata affettuosa a suo fratello, prima di dire “ Sai? È la chiacchierata più lunga e personale che facciamo da anni. Forse è tempo di porre una tregua alle nostre divergenze, no?”

“Ti ripeto che tutto questo”- e roteò gli indici in aria con movimenti scordinati e scomposti - “È successo solo perché sono fottutamente ubriaco. Così ubriaco che se tutto va bene, dimenticherò questa chiacchierata e te, nel giro di poche ore.”

“Pensa a quello che ti ho detto. Devi farglielo sapere, lei merita di saperlo.”

“Se, se”- sospirò svogliatamente il vampiro brillo, sdraiato sul divano, con gli occhi chiusi e le sopracciglia aggrottate, cercando di ignorare i fastidiosi bla,bla,bla di suo fratello e tutte le menate sul “fai la cosa giusta” che la sua bocca partoriva.

Forse perché il suo cervello affogava nell’alcool, forse perché era ancora sconvolto da quella giornata, ora voleva solo spegnere la sua testa e il senso di colpa che lo attanagliava.

 

*

Erano passate due settimane, inesorabilmente lente per chi aveva sempre vissuto giorno per giorno, certa della propria mortalità e dell’ineluttabilità del destino.

Nicole Dashborn non sapeva più come ingannare il tempo. Beh, in parte c’era già riuscita, giusto?

Ma sto parlando del tempo corrente, quello che lei spendeva in conturbante silenzio davanti alla tv o sul letto della villetta di famiglia, trasformata in una fortezza.

Aveva recentemente parlato con Stefan che, forse vinto dalla compassione, le aveva raccontato quello che Damon gli aveva riferito riguardo l’incidente e la vicenda di Katherine e Solomon, dando così un senso alla catena di omicidi che si era creata nel corso degli anni e che aveva sempre coinvolto la ragazza.

Ma non le aveva parlato della sua chiacchierata a cuore aperto con Damon. Non l’aveva fatto perché aspettava che fosse suo fratello a parlarle. E sapeva che non avrebbe tardato.

Cole osservò con scetticismo il diario abbandonato sul comodino, che Helena le aveva regalato cinque giorni prima e che le era stato recapitato da Stefan con tutte le raccomandazioni dell’amica.

Secondo la Gilbert, avrebbe dovuto scrivere sul diario i suoi pensieri, qualunque essi fossero, fino a quando non si fosse sentita pronta a parlarne di persona.

E vinta dalla noia, dopo averlo ignorato per tanti giorni, Cole lo prese fra le mani e lo sfogliò svogliatamente accarezzando le pagine bianche, in attesa di essere riempite.

Prese una penna e cominciò quella che, si disse, sarebbe stata la sua prima ed ultima pagina di diario.

Dal diario di Nicole Rosemary Dashborn

 

Errori.

La mia famiglia sembra geneticamente predisposta a commetterne. Lungo le generazioni, noi discendenti dei Dashborn ci siamo ritrovati inevitabilmente legati da un filo macchiato di sangue, simbolo di quello che ritengo essere una sorta di peccato originale.

Segnati ancor prima di nascere da un Destino che non doveva appartenerci, toccati dalla Morte subito dopo il nostro primo respiro in questo mondo, eccoci, noi Dashborn.

Tutto cominciò con Solomon Artemius D., il responsabile della nostra maledizione.

Un uomo che, per amore, ha condannato a morte la sua discendenza, rinnegando tutto ciò in cui credeva, per un Bene che non è riuscito a dare attraverso il Male.

La sua, la nostra maledizione si chiama Katerina Petrova.

I Dashborn erano cacciatori di rarità, tesori fatti di carne e di sangue; vampiri, licantropi, streghe.

Solomon era un cacciatore, ora lo so. Avrebbe avuto il sangue di vampiro e il denaro necessari a guarire sua moglie e al mantenimento i suoi figli, in cambio di Katerina, una vampira.

Ma quanto può un uomo, contro una creatura così straordinaria, nel bene e nel male?

Un amore non corrisposto che si trasformò in maledizione quando Solomon tradì la fiducia di Katerina e la fece quasi uccidere. Un desiderio di vendetta che seguì il mio antenato fino alla morte.

Il bisogno di distruggere ogni ricordo vivente di quell’uomo. Il sangue dei Dashborn, contraddistinti da una vita breve e da morti atroci.

Me e Max.

Una punizione esemplare, peggiore della morte stessa, è stata quella destinata a noi.

Eredi di cacciatori, trasformati nelle prede preferite dalla nostra famiglia, per marchiare a fuoco e imprimere nelle nostre menti immortali la nostra colpa.

Ossessione, follia, morte. È questo che rappresentiamo? È solo per questo che verremo ricordati?

Eppure i Dashborn hanno fatto tanto. Genitori amorevoli, protettivi, figli devoti, ambiziosi e forti, amici leali e presenti. Siamo stati anche questo, non va dimenticato.

Maledetti, corrotti, traditori. Lo siamo stati e lo saremo sempre, forse. Anche se è ingiusto.

In momenti come questo, torno a pensare a Max.

Se ne è andato, subito dopo il mio incidente, poco prima che morissi. Era pentito. L’ho sentito piangere o forse l’ho solo immaginato, ma so che ha compreso il suo sbaglio.

Sono passate due settimane da quando ho smesso di respirare, da quando il mio cuore è diventato solo un peso superfluo.

Dormire è impossibile, ma non mi è più indispensabile. La Sete è un pensiero costante e questo mi spaventa. Vorrei che il sangue animale lenisse questo desiderio, ma a volte credo lo stuzzichi e basta. Stefan deve avere una forza di volontà superiore alla mia, evidentemente.

Non esco di casa, non voglio; so che non riuscirei a controllarmi, non voglio uccidere.

Ho paura.

La mia testa si è ormai resa indipendente dal corpo e forse questo è l’unico motivo per cui non ho ancora dato sfogo alla mia nuova natura. Ma quanto ancora potrò resistere?

Eppure, nonostante tutto, riesco ancora a trovare qualche lato positivo. Faccio schifo anche come pessimista.

Dovrei odiare il responsabile della mia nuova situazione. Dovrei odiare Damon e forse un po’ lo odio.

Sapeva che avrei preferito la morte a tutto questo, ma ha scelto per me. Egoisticamente, ha scelto di inchiodarmi a questa vita eterna, per capriccio personale.

Forse sono io che l’ho lasciato decidere, sperando che facesse la scelta giusta.

Ma qual è?

Morire e arrendersi o non vivere e stringere i denti? Forse dovrei utilizzare questa seconda possibilità per riscattare il nome della mia famiglia.

Questo sarebbe giusto?

Non lo so, non credo di potermi rispondere da sola.

Helena ritiene che tenere un diario possa aiutarmi, con lei l’ha fatto. Io non riesco a trovare l’utilità, non riesco a considerare questi fogli di carta come un canale di sfogo. Non vedo perché dovrei imprimere sulla carta cose che sto cercando di dimenticare. Forse per rileggerle una volta trovata la soluzione?

Non sarà certo questo taccuino a suggerirmela, non vedo perché dovrei dedicargli il mio tempo.

Probabilmente sarà l’ultima pagina che scriverò, sono stanca. Le persone aiutano, non i diari.

Nicole fermò la mano, pensando a come concludere quella stupida pagina di diario, percorsa da un brivido lungo la schiena.

Gli errori comportano conseguenze imprevedibili, cui il più delle volte non seguono delle soluzioni. È sempre più facile sbagliare che agire bene.

18 anni per comprenderlo, un’eternità per metterlo in pratica.

Nicole Rosemary, ultima erede della famiglia Dashborn.

La vampira richiuse il diario e lo ripose nel cassetto del comodino, accanto al letto.

Le voci dei passanti cominciarono a riempirle la testa, come se in quella stanza ci fossero centinaia di persone. Ma come facevano i vampiri a convivere con tutto quel chiasso?

3274 granelli di polvere sulla lampada da notte, accanto a lei. Oh Dio, da quanto non la spolverava? Che schifo!

Massaggiò le tempie, esausta.

Un fastidioso nodo alla gola e un’orribile sensazione di vuoto la pervasero. Voleva piangere, lo voleva con tutta sé stessa.

Ma i Dashborn non piangono, non dal 2003.

L’ultima volta che aveva pianto, pianto davvero, aveva undici anni, non lo avrebbe fatto più. Eppure, sapeva che se fosse crollata, si sarebbe sentita meglio.

Tirò su con il naso, constatando che nemmeno quel giorno ci sarebbe riuscita.

Il campanello di casa suonò, esplodendo nella sua testa. Non si era ancora abituata a quei sensi troppo sviluppati.

Si alzò con uno scatto dal letto, e, nel giro di un secondo, si ritrovò davanti alla porta.

Giusto, anche la supervelocità … ci mancava. Sbuffò contrariata, mentre puntava l’occhio nello spioncino della porta, domandandosi chi potesse essere.

Rigida come una statua, sussultò, quando si accorse di chi aveva suonato. Perché era lì?

Lui bussò, sorprendendola e facendola ritirare dall’uscio di qualche passo. Non se l’aspettava, la coglieva totalmente impreparata. Il suo cervello ingranava a fatica,preso così alla sprovvista.

“Nicole, so che sei dietro la porta”- aveva detto Damon, con voce calma, serio in viso. Era lì per vederla e non se ne sarebbe andato fino a quando non gli avesse aperto la porta e avessero parlato.

“Vattene”-sibilò lei, senza pensare.

Aveva continuato a forzare la sua mente ed il suo cuore a non perdonarlo, a dimenticarlo, ad odiarlo. Doveva mantenere la sua posizione, anche se sapeva che le sarebbe stato incredibilmente difficile.

Magari, impossibile.

“Stefan ti ha preparato una scorta di sangue. Mi ha chiesto di portartela, apri”- sospirò il vampiro, cercando di non dare a vedere quanto si sentisse a disagio. Nemmeno per lui era così facile.

“Puoi lasciarli lì fuori.”

“Nicole, apri. Ho bisogno di parlarti”

“Io no”- anche se Cole non sembrava molto convinta.

“Non costringermi a buttare giù la porta, riccioli d’oro”- lo disse con la naturalezza di altri tempi, provocandole una fitta al cuore. Sussultò, dall’altra parte della porta, mentre quel nomignolo ridicolo che però amava si insidiava nella sua testa, riaccendendo alcuni ricordi che sperava di aver messo via.

Damon si bloccò, una volta resosi conto di aver detto quell’epiteto ad alta voce. Era da tanto che non la chiamava così, farlo gli fece capire che avrebbe voluto pronunciarlo in eterno. Gli piaceva l’espressione contrariata sul viso di Cole, ogni volta che la chiamava così. Gli mancava orribilmente.

Ma la vampira si era fatta nuovamente un’idea sbagliata di lui.

Nicole si fece coraggio e, furiosa, spalancò la porta di casa. Stupido idiota, come poteva scherzare su quella situazione? L’aveva tradita e ora pretendeva che tutto tornasse come prima. L’aveva uccisa definitivamente e ora si aspettava di poter fare quattro chiacchiere come se niente fosse.

“Con che coraggio sei qui! Voglio che tu mi stia lontano!”- ruggì la vampira, scoprendo i canini. Nicole aveva sete ed era arrabbiata: pessima combinazione.

“Volevo sapere come stavi, avevo bisogno di vederti”- rispose con fermezza il vampiro, porgendole una bottiglietta ricolma di sangue ed osservandola nelle iridi scure, selvagge e pericolose, ferite.

“Mi hai vista, ora puoi andartene”- rispose caustica la ragazza, dopo un abbondante sorso. I nervi si distendevano, la gola cessava di bruciare, i canini sparivano e gli occhi tornavano grigi come la tempesta che devastava il suo cuore, confondendola su quel che provava per il vampiro davanti a lei.

“Come stai?”- domandò lui, fortemente a disagio, mentre deglutiva nervosamente. La sua riccioli d’oro lo odiava, con tutta sé stessa.

Mai come in quel momento si rendeva conto di quello che aveva fatto: Nicole viveva di odio, rancore che avrebbe serbato nei suoi confronti per un tempo infinito. Lei viveva per punirlo. Poteva convivere con quel peso?

“Come vuoi che stia? Bevo sangue animale e non esco di casa per paura di saltare alla gola del primo che passa.”- Cole si sedette sui gradini della casa, distendendo le braccia diafane sulle ginocchia. Lei sospirò, consapevole di non poter far niente per cancellare i sentimenti che provava per lui. Perfino in quel momento, quando, si disse, avrebbe dovuto minacciarlo di morte con un paletto, lo ascoltava, lo assecondava, perché solo così poteva essere felice lei stessa. Aveva bisogno dell’altra metà della mela, per sopravvivere.

“ Nicole, io non avevo scelta. Saresti morta!”- e Damon serrò la mascella, per non crollare definitivamente. Una parte di sé, combatteva per difendere il suo punto di vista. Un’altra parte, si arrendeva al fatto di aver preso la decisione sbagliata, quella notte di due settimane prima.

“Io avevo accettato la situazione, ero pronta a morire! La morte non mi spaventava!”

“Ma spaventava me. La tua morte mi spaventava più d’ogni altra cosa al mondo”- il vampiro lo sussurrò, in piedi davanti a lei, senza guardarla. Temeva di incontrare quello sguardo, temeva di leggere negli occhi di Cole il rifiuto.

Cole sussultò. Se il suo cuore avesse funzionato ancora, si sarebbe fermato. Se i suoi polmoni fossero serviti a qualcosa, le avrebbero fatto mancare il respiro. Se il suo stomaco le fosse stato ancora utile, si sarebbe attorcigliato paurosamente, a quelle parole.

“Non volevo perderti, non ce la facevo a guardarti morire. Perdona il mio gesto egoista.”- ammise Damon contrito, con la voce roca, rotta da un doloroso nodo che gli attanagliava la gola. “ E sebbene una parte di me si stia corrodendo dall’odio nei confronti di sé stessa, per averti vincolata all’eternità, l’altra parte gli è grata, perché le ha reso i giorni finalmente più luminosi, dopo tanto, tantissimo tempo di oscurità. Ho visto il rancore che serbi nei miei confronti, l’ho sentito. E, per quel che vale, è sempre un sentimento che dimostra che provi ancora qualcosa per me, che puoi ancora provarla. Quello che temevo era che nel tuo cuore non ci fosse più niente

Il nulla.

Nicole ne era rimasta terrorizzata, quando lo aveva vissuto. Ed era fuggita dal niente, aggrappandosi a qualsiasi possibilità. Comprendeva perfettamente ciò che Damon aveva detto, forse perché lo pensava lei stessa.

“ Ma per quanto saperti viva mi sia di grande consolazione, è troppo difficile per me sopportarlo, sapendo che mi odi. Forse dovrei semplicemente lasciarti andare.”- sospirò lui, cercando di ridarsi un contegno, dando a Nicole un ultimo sguardo, imprigionando nella sua memoria quel viso che lo guardava con odio, eppure, con compassione, amore, forse.

Si allontanò verso la macchina, cercando di bloccare il flusso dei suoi pensieri. Non voleva pensare a nulla, non avrebbe retto.

“Codardo!”

Quella voce ferma, severa, lo fece sussultare. Damon si bloccò in fondo al vialetto, concentrandosi sulle parole della vampira.

“Sei un codardo, Damon. Hai detto che mi avresti aiutata e protetta, che ci saresti sempre stato per me. Me lo hai promesso la sera del ballo, ricordi?”- la voce di riccioli d’oro tremava leggermente - “Sei la persona di cui mi sono fidata più ciecamente nella mia vita, quella su cui ero pronta a scommettere la mia vita, quella su cui ho scommesso . E non me ne sono mai pentita.”

“Io sono solo un mostro …”- aveva sussurrato il vampiro, senza voltarsi, immobile.

“Ti sbagli.”

Più che mai, Cole comprendeva che il suo odio per Damon era infondato, immotivato. E lo cancellò con incredibile facilità, sgretolando quella barriera che aveva alzato a fatica.

“Io ti ho uccisa.”

“ Per salvarmi.”

“Io ho tradito la tua fiducia, ti ho ingannata, non ti ho dato ascolto.”

“ Lo hai fatto. E non potrei essertene più grata.”

“ Ho rovinato tutto.”

“È vero. Ma abbiamo entrambi diritto ad una seconda possibilità.”

“ Ti farò nuovamente del male, devo andarmene.”

Questa volta, il ragazzo si mosse verso l’auto, con un orribile nodo alla gola, lo sguardo freddo, severo, nei confronti di sé stesso. Si odiava, si disgustava.

“Stammi a sentire!”- gridò Nicole, attirando nuovamente la sua attenzione. La ragazza gli venne incontro, decisa. “ La mia famiglia, per secoli, ha commesso errori. Io non voglio.

Per questo ti sto chiedendo di non lasciare perdere, per questo sono qui a dirti che non ti odio, che non potrei mai odiarti. So che se ti lascerò andare senza prima averti detto tutto questo, commetterò l’errore più grande della mia vita. E io sono stanca di sbagliare, Damon. Lo sono, davvero … Più che mai mi rendo conto di quello che avrei perso, se fossi morta.”- lo ammise in un sussurro, mentre cercava sicurezza negli occhi blu del ragazzo davanti a lei - “ C’è una cosa che non ti ho detto, forse perché credevo di non avere più alcuna importanza per te. Prima di tornare, io … ho capito una cosa. Tengo a te più di quanto potessi immaginare. Non volevo dirtelo, perché tu, beh, tu mi hai lasciata …”

“L’ho fatto perché temevo di essere io il pericolo più grande e forse lo …”

“Non lo sei. Sai bene che non lo sei.”- lo rassicurò lei, abbassando lo sguardo, sorpresa da sé stessa. Non credeva gli avrebbe mai detto quelle cose, non pensava che avrebbe mai trovato la forza di farlo. Ammettere che il suo cuore dipendesse da un altro, per Cole, significava perdere la libertà che aveva sempre difeso. Ma era riuscita a trovare un equilibrio con Damon. Non si sentiva vincolata a lui, non era in obbligo di amarlo. Lo amava perché era lei a volerlo amare.

E per un secondo, sentì il peso dell’immortalità scivolarle via. Era sempre sé stessa, dopo tutto.

E quelle sue parole, riaccesero nel petto di Damon la speranza del perdono, dell’accettazione. Sorrise automaticamente, con quel suo ghigno strafottente, ancora più luminoso, mentre i suoi occhi si illuminarono di vittoria.

Erano gli occhi del Damon umano che aveva finalmente vinto la sua battaglia ed era riuscito a fuggire dalle segrete del cuore del vampiro ed avrebbe combattuto con tutto sé stesso per mantenere il controllo che ora aveva preso.

 

 

 

Eccoci qui.

Si, ho deciso anche io di prendermi uno spazietto a fine capitolo per riempire inutilemente l'ennesima pagina di Word. Ma forse perchè sono claustrofoica,

forse perchè è l'ultimo capitolo e quindi ho piena libertà, forse perchè chi se ne frega?, non mi prenderò un posticino piccolo e striminzito.

Niente "Angoli", "Zone", "Momenti", "Spazi", "Salotti", "Rotatorie", "Circonvallazioni" dell'Autrice. Oh no, non io.

Ho pensato in grande ed eccomi qui ad introdurvi nella

BIONDICH-CAVERNA!

Luogo segreto e oscuro, sconosciuto ai più, schifato dai meno che vorrebbero non conoscerlo.

Mistakes è finita. Non ricordo nemmeno quando ho cominciato a scrivere questa storia (sarà l'alzheimer giovanile?), ma è stata una gioia crearla.

Si, sto rispolverando pareri personali, so che può risultare irrimediabilmente noioso,vanesio forse. Ma sapete tutti come si torna su, quindi se continuerete a leggere sarà una vostra responsabilità! A-ah!

Anyway, devo ammettere di non conoscere poi così bene la trama di The Vampire Diaries. Posso dire per certo, di aver scritto questa storia dopo aver visto due soli episodi di questo telefilm, affascinata ( ma va?) dal nostro buon caro Damon.

E' stata una scoperta per me, visto che inizialmente avevo ignorato la serie perchè temevo fosse l'ennesima "Twilightata". Oh, andiamo, diciamocelo, Stefan è conciato come Edward Cullen! 

Ma vabbè! Comunque,  spero di avervi trasmesso qualcosa di me e di come vedo i personaggi  e perchè no, anche il "romanticume" con i suoi clichè (nei quali certamente sono caduta anche io), con questa storia. Sono ancora sconvolta dalla mielosità complessiva di questo capitolo che, però, non potevo evitare ... A meno di non uccidere definitivamente Nicole, intendo. Ma poi sarei stata lapidata, credo! C'è un lato Barbie, principesse ed unicorni anche in me, purtroppo. Chiuso a doppia mandata in profondità, ma c'è. E quando esce, crea queste scene piene di melassa e appiccicoso romance.

Se il finale vi ha deluse, ditemelo. Se non vi ha deluse, ditemelo. Se cercate i forconi, ditemelo: sono vicino alle torce e ai cappelli da folla inferocita.

Grazie a voi tutte, lettrici meravigliose che avete seguito, recensito, preferito, ricordato questa storia e questa tendenzialmente inutile scrittrice.

 Siete tutte bbbbbbbelle! ( da leggere con tutte le B elencate e la prima E particolarmente stretta!)

Ok, basta con le manie compulsive!

Grazie davvero, danke, merçi, thanks! Alla prossima,

Biondich!

 

   
 
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