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Autore: Lady Aquaria    10/05/2011    7 recensioni
Estratto dal capitolo 1:
Certo che voleva Camus, dentro di sé non aveva mai smesso di provare per lui qualcosa di più del semplice affetto; anche se a sé stessa lo negava, per Camus provava ancora amore.
"Io e papà ci siamo amati, un tempo."iniziò, cercando le parole più adatte."Amare, Lixue, capisci? È qualcosa di molto più forte del volersi bene."
"Quanto forte?"
Forte abbastanza da indurre una ragazza nemmeno ventenne a rivolgere fredde parole cariche d'odio all'altro. Un sentimento così intenso da indurla a restare a letto per giorni dopo il suo abbandono, tanto potente da spingerla a prendere a pugni il fratello che le aveva proposto di abortire.
EDIT: Storia completamente revisionata! Vale
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aquarius Camus, Dragon Shiryu, Nuovo Personaggio, Shunrei / Fiore di Luna
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Le vie del Destino'
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capitolo 19 rivisto

19.

Le cose non vanno mai come credi.


…per questo viaggio ci vuole coraggio
per questo amore pieghiamo il destino
ti resto accanto su questo cammino
però ti prego tu dammi la mano
[Giorgia - Marzo]
 
Ferma al semaforo, Mei gettò una veloce occhiata all'ecografia che giaceva fuori dalla cartelletta dell'ospedale ostetrico-ginecologico dal quale era appena uscita: era entrata quella mattina per una semplice visita, e ne era uscita a pomeriggio inoltrato con una serie di buste, prenotazioni di nuovi esami e una cartelletta di cartoncino celeste contenente le foto ricordo del suo viaggio nell'utero.
"Santi numi."
La ginecologa che aveva scelto tra i medici disponibili dell'ospedale, una donna sulla quarantina che aveva associato alla mitica -per quanto odiosa- Addison Montgomery del suo serial preferito, l'aveva subito messa a suo agio, facendo le domande per l'anamnesi con tatto e cordialità e, dopo la visita, era passata molto rapidamente da un rassicurante:
"Signora, dai sintomi che mi ha descritto e a seconda di quanto leggo dagli esami e dalla dimensione dell'utero, maggiore rispetto all'età gestazionale, ho ragione di credere che sia una gravidanza gemellare."
...a uno sconcertante:
"Dall'ecografia risultano essere gemelli come le avevo detto, ma si tenga forte: potrebbero esserci più di due feti là dentro."
Rassicurante perché nella storia del ramo paterno della sua famiglia non era raro trovare, nel corso dei decenni, almeno una gravidanza doppia quasi ogni generazione; sapeva per certo che almeno una trisnonna e un paio di antenate avevano partorito gemelli.
Sconcertante perché aveva avuto sospetti che non fosse una gravidanza normale, ma addirittura più di due, no, non l'aveva proprio messo in conto.
A quella ridda di emozioni s'aggiunse anche un filo di ansia -terrore, si corresse-: se non ricordava male, sua nonna le aveva detto che parte di quelle antenate erano morte durante il parto, spesso portando con loro anche i bambini.
"Oddèi." mormorò, ripartendo e pigiando il tasto del bluetooth sulla plancia in risposta alla telefonata di Camus. "Sto tornando, ho ancora sei isolati da attraversare e arrivo."
"Cominciavo a preoccuparmi, sei uscita prima di me e torni dopo di me... stai bene? Sei ancora al lavoro?"
"A dire il vero oggi avevo il turno di riposo… e l'ho trascorso interamente al Port Royal." ammise, sicura che Camus si sarebbe preoccupato nel giro di qualche secondo: le parve quasi di vederlo corrugare la fronte.
"...tutto il giorno in ospedale?"
"Si, poi ti spiego. Cam, ho un paio di commissioni da fare, ci vediamo tra mezz'ora."
 
Camus riagganciò, appoggiandosi allo schienale della sedia e sospirando. Avviò Skype e contattò Milo, che sicuramente a quell'ora aveva il pc acceso.
"Non posso stare davanti allo schermo ma... parla, ti ascolto." rispose Milo, collegando le casse al portatile e alzando il volume per sentire meglio l'amico. Camus intravide, attraverso la webcam, uno scorcio della cucina dell'ottava casa e Milo affaccendato davanti ai pezzi di un mobile. "Proprio vero, trovi le istruzioni in tutte le lingue tranne quella che ti serve. Camus, t'intendi anche di svedese, per caso?"
"No, mi spiace."
"... rumeno?"
"No."
"Ma parli russo, non dovrebbero assomigliarsi?"
"Anche no. Il rumeno è una lingua romanza, mentre il russo è slavo. Due ceppi diversi." spiegò Camus.
"Sei sicuro?"
"Milo, sono un linguista. Parlo fluentemente cinque lingue e ne sto studiando altre quattro… certo che sono sicuro di quel che dico." obiettò Camus. "Potrei stare qui per ore a parlarti della differenza tra le lingue romanze e le lingue slave."
"Ma non lo farai, vero?" disse Milo, tentando di unire due pezzi.
"…credo tu abbia bisogno di una chiave a brugola per montare quei due pezzi: vedi quelle viti con la testa esagonale?" indicò Camus.
L'altro cercò tra i pezzi sul tavolo.
"Brugola?"
"Verrei volentieri a darti una mano, ma c'è Lixue che sta facendo i compiti e non intendo disturbarla."
"Pazienza. Di cosa volevi parlarmi?"
"Mei è incinta." spiegò Camus.
"Oh!! Il sospetto è diventato certezza?"
"Aspetto solo la sua conferma ma dato che ha trascorso tutto il giorno in ospedale e che ho trovato un test di gravidanza nel cestino del bagno, ormai sono sicuro."
"Ma che schifo, frughi nel cestino del bagno? Potevi aspettare il suo rientro, no?"
"Difficile non notare lo stick nel cestino, visto che era in alto su una pila di dischetti di cotone zuppi di eyeliner. Non ho trovato un nuovo hobby, stai tranquillo."
"Oh, menomale. Sai, per un attimo ho temuto di dover nascondere il cestino del mio bagno tutte le volte che vieni qui a cena."
"Non c'è pericolo, guarda."
"Bene. Potresti vedere cose che potrebbero spaventarti, come i miei preservativi, ad esempio." sghignazzò Milo. "Comunque, dov'è Mei? Vorrei farle i miei complimenti."
"Sto aspettando il suo rientro." spiegò Camus. "Ti farò richiamare quando torna."
"Ci conto." sorrise Milo, allegro. "Comunque, in bocca al lupo!"
 
Acido folico, vitamine di ogni tipo insieme ad altri tipi di integratori e diverse altre cose che, rammentò, per Lixue non aveva mai preso: uscì dalla farmacia con un sacchetto così grosso che le pareva d'aver appena fatto spesa.
"E ora a casa, finalmente." sospirò, infilandosi in auto, nelle orecchie ancora le parole della dottoressa.
"Non le ho ancora chiesto qual è il suo lavoro, madame."
"Ehm…" Mei si era ritrovata a ridacchiare. "Sono una judoka e... insegno aikido e taijiquan." Con serietà, Addison aveva richiuso tutte le cartellette.
"Credo che per almeno un anno dovrà rinunciare ad aikido e judo, senza dubbio. Per quanto riguarda il taijiquan invece potrà continuare ma sempre senza esagerare."
La dottoressa poteva stare tranquilla in tal senso: ci avrebbe pensato Camus a ricordarglielo.
 
Non appena la serratura scattò nella porta, sentì Camus precipitarsi in corridoio mentre rimestava qualcosa dentro una grande boule: se lo trovò davanti con un ampio sorriso sulle labbra e il solito odioso grembiule di Gaston addosso.
"Te l'avevo detto, Cam: mezz'ora e arrivo. Ho fatto un po' di spesa in farmacia." spiegò. "Ho pensato: perché comprare pane e latte quando al loro posto posso comprare acido folico per tutta la mia famiglia?"
"Nǐ hǎo, māmā!"
"Ciao tesoro!" rispose alla figlia, guardando il contenuto della boule che Camus teneva sottobraccio. "Davvero buffo."
"Cosa?"
"Dico, non dovrebbe essere il contrario? Tu che rientri la sera mentre io cucino?" replicò, divertita. "Sono proprio una pessima moglie, chiedo venia."
"Ma smettila."
"A proposito, cos'è?" gli prese il cucchiaio dalle mani e al primo assaggio, seguì una cucchiaiata più corposa. "Caspita!"
"Ridammi quel cucchiaio o andrà a finire che non avrò più crema per la torta." fece Camus, seguendola poi in camera.
"Torta? Abbiamo qualcosa da festeggiare?"
Dopo qualche istante, Camus si schiarì la voce.
"Non saprei, questo dovresti dirmelo tu. C'è qualcosa che finalmente puoi dirmi? Perché sto facendo congetture da giorni e anche se mi vedi tranquillo, non sto più nella pelle."
Mei posò il sacchetto sul mobiletto del bagno e gli porse la cartella dell'ospedale.
"Ti devi sedere, però. Perché se svieni, non posso certo tirare su da sola settanta e rotti chili d'uomo."
Camus posò la boule sulla cassettiera e prese la cartellina.
"Addirittura? Credo di poter sopportare certe notizie." replicò, sfilando dalla sua custodia le ecografie e guardandole.
"Ti metto subito alla prova allora." fece Mei. "Avrai già capito da te che sono incinta..."
"Direi proprio di sì." rispose Camus divertito e su di giri, continuando a fissare le ecografie. "Non credo di capirci granché… questo cosa sarebbe, il tuo bacino?"
"Si vede proprio che non sei in te." ridacchiò Mei, indicandogli qualcosa sull'istantanea. "Non è il mio bacino. Sono due."
Come previsto la reazione di Camus non si fece attendere: occhi sgranati, respiro accelerato e pallore.
"...due?"
"La dottoressa dice che sicuramente sono due, ma che c'è qualcosa che le fa pensare che qui dentro possano anche essere più di due e che qualcuno qui faccia il furbo e si nasconda per farci uno scherzo."
Camus arretrò di un paio di passi e si sedette sul bordo del letto.
"Avevi ragione, ho bisogno di sedermi." le disse. "Ehm... come sarebbe, più di due?"
"Non è detto, magari era solo un'ombra dell'ecografia." rispose Mei. "Hey, ma non avevi detto di desiderare un altro figlio? Su con la vita, abbiamo aderito all'offerta due al prezzo di uno, non sei contento?"
Ovviamente era contento.
Come aveva spesso sognato, durante la loro lontananza, desiderava anche una bella famiglia numerosa –quella che lui non aveva mai avuto-. Certo, non aveva mai immaginato di averla, per così dire, in blocco.
"Credo che sottosopra sia il termine più adatto per descrivere come mi sento in questo momento: sai, mi sento come dopo una sbronza. Felicissimo, ma frastornato." le rispose, tirandola a sé. Affondò il volto nel suo addome, ringraziando il fatto d'essere seduto: si sentiva le gambe come gelatina, sul punto di svenire.
 
**
 
Ottava casa, più tardi.
"Mi raccomando, non alzare troppo il volume o ti faranno male le orecchie." ammonì Milo, posando una tazza di cioccolata di fronte a Lixue, che guardava un film sul pc di quest'ultimo mentre i due uomini si affaccendavano in cucina.
"Buon cielo, sei più pallido del solito." disse Milo, infilando i piatti sporchi in lavastoviglie e avviando il programma di lavaggio.
Camus si sporse in direzione dell'altra stanza, dove Mei e Shaina stavano parlottando tra loro davanti a un film.
"Sì, beh… sono successe un paio di cosette…" spiegò Camus. Intravide il mobile ancora mezzo smontato. "…vorresti davvero farmi credere che non sei stato capace di montare un elementare mobiletto da cucina? Stai scherzando?"
"Non tutti sono dei geni del fai-da-te, sai?"
Camus scosse la testa, prendendo il depliant con le istruzioni e dispiegandolo alla ricerca di una lingua a lui congeniale.
"Ci sarà pur qualcosa che sei capace a fare, a parte il sesso." commentò Camus, afferrando una coppia di pezzi e iniziando ad armeggiare con viti e brugola.
"Chiedilo a Shaina."
"Era una domanda retorica."
Sentirono le due donne ridacchiare e Milo sorrise a sua volta.
"A proposito, non è contagioso, vero?"
"Uh?"
Milo mimò un pancione con le mani.
"La gravidanza, dico. Non è contagiosa, dico bene?"
"Ma smettila, tonto. L'ho già detto che saresti un buon padre."
"E io dico che dovresti smetterla di dire bugie."
"Ma hai visto come ti comporti con Lixue? Sei premuroso, attento."
"Sono qualità che non bastano per diventare padre." rispose Milo. "E poi… tua figlia è un caso a parte, è una bambina tranquilla che non da' particolari grattacapi e non ce l'ho davanti tutto il giorno, tutti i giorni. Non è mica facile crescere un figlio."
"Non ho mai detto che è facile." disse Camus. "Ci vuole impegno costante, dedizione totale, amore infinito. Anteporre i suoi desideri e i suoi bisogni ai tuoi. Essere pronto a dare la vita, per lei."
Milo corrugò la fronte.
"Scusa, ma questo non è il matrimonio?"
Camus ridacchiò.
"Anche. Ma con un figlio è diverso."
"Certo che è diverso: pannolini da cambiare, biberon da sterilizzare, vaccini, pediatri… scarlattina, varicella, morbillo…" elencò Milo. "Riunioni di donne che parlano di cacche brutte e pustole…"
"Guardi troppi telefilm americani, secondo me." Camus levò gli occhi al cielo "Essere genitori significa… avere delle responsabilità, è vero. Significa modificare le tue abitudini e crearne di nuove e sulle prime è destabilizzante, ma… significa anche avere qualcuno che ti accoglie con un abbraccio e un bacio quando torni a casa, che ti regala un disegno per la festa del papà… qualcuno che ti regala dei biscotti fatti in casa per il tuo compleanno. Significa guardare tua figlia e pensare che non esiste niente di più bello al mondo."
"Dire addio alla propria vita sociale…"
"Non dire sciocchezze. Mica ho smesso di frequentare questa casa o di andare al pub con te, no?"
"No, ma… non fa per me. Proprio no. Beh? Che hai da guardare?"
"Niente." sorrise Camus.
"Non si ride delle idiosincrasie altrui."
"Idiozie, semmai." replicò Camus. "La verità è una e una soltanto: hai paura."
Milo assottigliò lo sguardo.
"Non sei venuto qui per aiutarmi col mobiletto, dì la verità." lo riprese, sviando il discorso.
"Va bene, riprenderemo il discorso in un altro momento."
"Oh no."
"Oh sì invece. Diciamo che il mobiletto è solo una parte della ragione." spiegò Camus. "Avevo bisogno di parlarti a quattr'occhi senza una webcam di mezzo."
"Finché durano biscotti e film, hai tutto il tempo che vuoi."
"Guarda la posizione."
"A proposito, che film ha portato Mei?" domandò Milo, lanciando un'occhiata nel piccolo salottino, dal quale arrivava, smozzicato, l'audio del film.
"…dev'essere rigido."
"…?!" Milo sgranò gli occhi, mentre Camus corrugava la fronte, concentrandosi sulle parole.
"Questo è il mio spazio e questo invece è il tuo: io non entro nel tuo e tu non entri nel mio."
"Dirty Dancing." spiegò poco dopo, alzando gli occhi al cielo.
"Ah!! Per un attimo ho temuto chissà che cosa…"
"Ma ti pare? Che film poteva mai portare Mei?" commentò. "Anzi, mi stupisce il fatto che non abbia portato il super-mega-iper cofanetto da collezione con tutti i film conosciuti e non di Keanu Reeves. Ma in effetti quello lo conserva come una reliquia su una mensola del salotto tra l'action figure di Neo e quella di John Constantine e guai a chi osa avvicinarsi."
"Noto una punta di gelosia nella tua voce."
"Irritazione." lo corresse Camus. "Pura e semplice irritazione, credimi."
"Ma dai, un attore di Hollywood riesce a irritarti? Buon cielo, ha una differenza d'età enorme, potrebbe essere suo padre." ridacchiò Milo.
"Le ho detto la stessa cosa, una volta. Sai che mi ha risposto? Sarà, ma se l'avessi davanti tutto farei tranne che vederlo come una figura paterna."
"Ha fatto una battuta, dai." ridacchiò Milo.
"Quando lo vede, si scioglie. Letteralmente. Come Nutella su una crêpe calda, capisci? Il suo personaggio può essere il classico eroe buono o l'emerita carogna di turno che picchia la moglie e minaccia una vedova o strangola le vittime con le corde di violino, e Mei è lì che sbava. Poi la sera, in camera, guarda me e… niente. Al contrario, se si trovasse quello là, nudo, nel letto, minimo le piglierebbe un infarto secco."
"…ovviamente dopo aver dato fondo alle sue fantasie."
"Grazie, Shaina." borbottò Camus.
"Oh, quanto rompi. Potrei capire se ti avesse chiamato Keanu anziché Camus quando siete a letto, ma che male c'è ad avere fantasie sugli attori?" fece Milo. "Anche io le ho. E sicuramente anche tu."
"Non proprio." ribatté Camus. "Io mi eccito con lei, solo con lei. Con nessun'altra, neanche con la Jolie che, comunque, ha un fondoschiena di tutto rispetto."
"Ha! Vedi?"
"Ha! Cosa?" Camus gli fece il verso "Ho occhi ben funzionanti anche io, ma non significa avere fantasie. Mei ne ha fin troppe: guarda Troy e sbava su Achille, guarda Thor e sbava su Loki... guarda Matrix e sbava su Neo."
"Beh, la panoramica del fondoschiena di Neo nel secondo capitolo è tutto un programma!" proseguì Shaina.
"Potrei vomitare."
"Ma anche tu ti difendi benissimo in tal senso, fidati." interloquì Mei.
"Lo dici solo per indorarmi la pillola. Che diamine, la mia autostima ne risente."
"Esagerato." ridacchiò Milo.
"Cerca di capire: un tizio qualunque a confronto con tre attori di Hollywood... ovvio che sono destinato a perdere in partenza."
"Stai parlando del mio migliore amico, attento a quello che dici." scherzò Milo. "Quelli sono solo attori, tu sei il suo uomo."
Camus afferrò una delle guide a scorrimento e lo posizionò su un cassetto.
"Il suo uomo con i capelli rossi, le efelidi e la tendenza a diventare color aragosta. Uhm. Non c'è che dire, Mei ha fatto un affarone."
"Il mio uomo sta dicendo troppe sciocchezze!" esclamò Mei.
"Visto?"
"Lo dice solo perché altrimenti sa che la manderei in bianco." borbottò Camus.
"Ah, guarda che il dispetto non lo faresti a me, ma a te stesso." ridacchiò Mei. "Perché so che se avessi voglia di fare sesso potrei sempre venire qui all'ottava casa e riuscirei comunque a rimediare qualcosa. A te non spiacerebbe prestarmi Milo, vero Shaina?"
"Figurati."
"Che c'è? Io non c'entro." rise Milo, captando lo sguardo dell'amico. "Lixue, una domandina al volo: chi è più bello, tuo padre o Thor?"
Lixue distolse lo sguardo dal computer, sul quale stava guardando il film con Chris Hemsworth, e rispose a Milo dopo essersi tolta le cuffie.
"Papà."
"Visto?"
"Ha sette anni ed è mia figlia, non è obiettiva abbastanza." protestò Camus.
"Scommettiamo?" fece Milo. Tornò a parlare a Lixue. "E tra me e Thor, chi è più bello?"
"Thor!" rispose la bambina, rimettendosi le cuffie.
"…"
"No, mi sbagliavo. Ha sette anni, è mia figlia, ed è obiettiva esattamente come suo padre." si corresse Camus, orgoglioso. "Grazie amico, mi hai proprio risollevato il morale. "
"Prego, non c'è di che."
   
**
 
L'indomani, di ritorno dal lavoro, Mei si chiuse nella Stanza degli Avi, per pregare e riflettere: aveva ricevuto una telefonata dalla cugina residente a Nanchino e pensava a quello scambio di battute da quand'era tornata a casa.
"…e dove potevo trovarti, se non qui?" domandò Camus, facendo capolino dalla porta. "A proposito, ciao!"
"Ciao, Cam."
"Chi ha portato quel pacco? Non c'è timbro postale e…"
"Credo l'abbia portato Hyoga, c'è un biglietto ma è scritto in russo."
"Oh. Allora devono essere gli abiti per il matrimonio di Kirill e Zoya." ragionò Camus. "Beh, la cena è quasi pronta."

Mei si voltò e gli sorrise nervosa.
"Cena? Miei Dèi quant'è tardi… non mi sono accorta del tempo che passava, ti chiedo scusa. Che pessima moglie sono... tu a spignattare e io qui a pregare." mormorò, con un tono di voce che a Camus non piacque affatto.
Entrò, si chiuse la porta alle spalle e si tolse le scarpe prima di raggiungere il piccolo altare, dinanzi al quale si inchinò rispettosamente.
"Adesso mi dici che cosa c'è che non va." le disse sedendosi sul cuscino accanto al suo, a gambe incrociate.
"Non c'è niente che non va. Va tutto bene, loro qui stanno bene." rispose lei, posando istintivamente una mano sul ventre.
"E tu?" le domandò, accarezzandole una guancia. "Spesso ti rigiri nel letto, dormi poco e mi stai facendo preoccupare. Anche adesso."
"Non devi, stai tranquillo. Sono solo brutti pensieri."
"Di che genere, se ti va di parlarne?"
Mei si schiarì la voce, prendendo la mano che Camus teneva ancora sulla sua guancia e stringendola tra le proprie, in grembo.

"Mi ha telefonato Zhi, mia cugina, dicendomi che durante il trasloco sua madre ha trovato due grossi bauli che a quanto pare appartenevano ai miei genitori."
"E come mai li ha lei?"
Mei sorrise nervosa.

"Ufficialmente nella confusione che seguì l'incidente di Tokyo gli averi dei miei sono rimasti a Nanchino, dove abbiamo soggiornato quel breve periodo prima dello smistamento di Shiryu. Ufficiosamente, è un modo meno crudo di dire furto. Alcuni parenti acquisiti, in famiglia, hanno sempre avuto un certo… come dire… passatempo: ma che bell'anello indossi, attento a non perderlo di vista! Ops, adesso è mio! "
"Sono un pochino… ladri?"
"Un pochino? Se li lasci avvicinare troppo son capaci di sfilarti anche gli slip di dosso e nemmeno te ne accorgeresti." disse Mei. "Mia cugina non è come sua madre o i suoi nonni materni, ma ho imparato a mie spese che di certi parenti è meglio non fidarsi: di solito quando Liling si mette in contatto con qualcuno raramente lo fa per affetto. Sono certa che la storia dei bauli è solo una scusa. C'è altro sotto."
"Mh. Diciamo che te li restituisce perché ha già avuto modo di controllarne il contenuto e ciò che ha trovato non è stato di suo gradimento." ragionò Camus.
"Ah, sicuramente." annuì Mei. "Immagino che contengano… o meglio, contenessero i trofei e le medaglie mancanti di mio padre e i gioielli di mia madre. A quest'ora saranno finiti su qualche bancarella o in mano a ricettatori."
Argomento, quello, che per Mei e Shiryu era ancora un tasto dolente.
"Ma c'è altro sotto."
"Conoscendo mia zia, sì."
"Non parlavo di lei, ma di te. C'è altro che non vuoi dirmi."

"Perché tanto sono cose nelle quali non credi, quindi che te le racconto a fare?" sospirò Mei.
Spiriti, maledizioni e affini: chissà che cosa doveva averle raccontato sua cugina per farla preoccupare in quel modo.
"Uhm, okay." rispose lui, capitolando. "A proposito, tornando a casa dal mercato, stamattina, ho fatto una piccola deviazione per Boulevard Haussmann e… ricordi quella bella torta di cioccolato e marzapane che abbiamo mangiato al compleanno di Freya?" aggiunse, ottenendo la sua totale attenzione.
"Quella russa?"
"C'era una fetta in frigo pronta per essere divorata ma a quanto pare, dovrò sacrificarmi al posto tuo."

"Dannato." disse Mei.
"Lo so, lo so. E' un colpo basso da rifilare, specie a una golosona che deve mangiare per tre. Ma sai, il fine giustifica i mezzi, diceva qualcuno. Allora, dimmi tutto."
Parlando con sua cugina, le aveva parlato inavvertitamente della gravidanza e Zhi si era lanciata in tutta una serie di aneddoti poco simpatici rispetto le gravidanze gemellari nelle loro famiglie: antenate uccise da strane infezioni, da complicazioni dovute al parto, bambini nati morti, strozzati dal cordone ombelicale…
"…in poche parole, gran parte di quelle antenate sono morte di parto e… con loro anche i bambini."
Camus sbuffò.
"Dèi del cielo, Mei, perché mai hai parlato con tua cugina di certe cose? Ti ha solo suggestionato e basta."
"Non è suggestione! Ha detto che centocinquant'anni fa è successo anche a una parente nel ramo materno della sua famiglia e persino una mia prozia è morta per questo motivo ed è successo appena ottant'anni fa. Non è tantissimo tempo, è abbastanza da farmi preoccupare."
Sbuffò di nuovo, posando lo sguardo prima sulla fotografia di Letizia, quindi su quello di Joséphine e infine, su quello di Natassia.
"Quello che mi sto chiedendo in questo momento, Mei…" iniziò "…è: come fa una donna intelligente come te, che si è laureata con l'ottimo voto di 104, che riesce a tener testa a chiunque…"
"Cam…"
"…a farsi suggestionare in questo modo da disgrazie avvenute più di un secolo fa?" concluse Camus, ignorando le sue proteste. "Proviamo a ragionarci su. Quante di queste vostre antenate si sono affidate alle cure di medici o strutture ospedaliere?"

Mei lo guardò corrugando la fronte.
"Scherzi? Secondo te le mie antenate conoscevano il significato del termine struttura ospedaliera? Si partoriva rigorosamente in casa con la levatrice, le donne della famiglia e, in casi eccezionali, con l'aiuto della sciamana del villaggio: si nasceva e si moriva in casa e anche con l'avvento dei primi grandi ospedali, si ricorreva a quelle strutture solo in casi molto estremi."
Camus annuì.
"Appunto. " le rispose. "Le vostre ave hanno vissuto in epoche nelle quali non conoscevano né medici né ospedali, nelle quali era facile morire perfino per un banale raffreddore, dove le medicine erano poco più che inutili intrugli d'erbe. Mei, tu vivi nel ventunesimo secolo... per partorire non devi affidarti a sciamani o guaritrici che usano strumenti di fortuna ed erbe trovate chissà dove. Sicuramente ci saranno anche stati dei casi in cui si sono salvati sia la mamma che i bambini, ti pare? Casi che non possiamo conoscere perchè non sono stati documentati. A differenza loro, hai a disposizione medici, ospedali e medicinali... nessuno di voi, tu o i bambini, rischiate di morire. E se ci saranno complicanze, allora le affronteremo e torneremo a casa vincitori."
"Zhi ha anche aggiunto che forse dipende da una maledizione e... se dovessi morire e lasciare te e Lixue? Se dovessi lasciarti solo?"
Le prese il volto tra le mani, fissandola dritta negli occhi.
"Io non credo nelle maledizioni. Non l'ho mai fatto, non inizierò certo a farlo ora. Quelle donne sono state sfortunate, d'accordo? Ai loro tempi era difficile portare avanti anche una gravidanza singola, semplicemente non avevano adeguate conoscenze in materia. Non vi succederà nulla, capito? Fidati di me e non ascoltare tua cugina." le disse. Le indicò le fotografie votive con un cenno. "Pensa a chi c'è, qui, pronto a proteggervi: le nostre madri, i nostri padri... monsieur Degél. Natassia, persino... era una madre anche lei e sono certo che ti sta proteggendo. Erano tutte persone straordinarie che ci vogliono bene e impediranno a chiunque, vivente o no, di farci del male. Io impedirò a chiunque di farvene. Lo giuro."
Gli sorrise, un poco rincuorata.
"Anche se tu non credi negli spiriti e hai detto quelle cose solo per rincuorarmi... grazie." sussurrò. "Ha quasi funzionato."
"Solo quasi?" domandò, fingendosi offeso.

"Credo che solo quella torta riuscirà a rincuorarmi del tutto."
Che gusto ci provava, certa gente, a spaventare il prossimo a quel modo? Alla prima occasione avrebbe scambiato un paio di paroline con la cugina di Mei, invitandola a smetterla di gettare ansia su una donna incinta e impressionabile.
"Posso chiederti un favore?" chiese Mei, distraendolo.
"Qualunque cosa."

"Verresti con me a Pǔtúoshān a pregare Kwan Yin?" domandò Mei. "Per me significherebbe molto."
"Oui."
"Io verrò da Athena, se tu lo desideri."
"Se pregare la tua dea o la mia ti farà sentire meglio e scaccerà via i cattivi pensieri, verrò dovunque vorrai."
 
***

Lady Aquaria's corner:
[Capitolo modificato in data 18 febbraio 2015]
-Addison Montgomery: chi ha seguito Grey's Anatomy sa che Addison è l'odiosa prima moglie di Derek Shepherd, donna a mio avviso insopportabile ma professionista (ginecologa) straordinariamente capace.
-Il sistema sanitario francese, da quanto ho letto su vari siti (che ahimè non ricordo, poichè la lista consultata era nei preferiti di chrome prima della formattazione del pc) è diverso dal nostro (e forse anche migliore) e, se non ricordo male, dà la possibilità di scegliere un certo medico rispetto a un altro durante certe visite specialistiche.
-"...l'emerita carogna di turno che picchia la moglie e minaccia una vedova o strangola le vittime con le corde di violino..." sì, Keanu Reeves nel corso della sua carriera ha interpretato anche ruoli da antagonista (che, a dirla tutta, spesso lo rendono più sexy di quel che già è).
Nel primo caso, Camus si riferisce all'antagonista di The Gift, dove Keanu interpreta Donnie Barksdale, un arrogante bifolco manesco accusato di omicidio e nel secondo, al film The Watcher, dove interpreta David Allen Griffin, un killer psicopatico che uccide le proprie vittime con, appunto, una corda di violino.
-Pǔtúoshān e Kwan Yin: vi rimando a questa pagina, altrimenti non saprei bene come spiegarvi.
 
Come sempre, mi scuso per il ritardo col quale rispondo alle recensioni e vi ringrazio.
Alla prossima.
Lady Aquaria
   
 
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