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Autore: Sun_Tk    10/05/2011    4 recensioni
Lei. Troppi problemi; una madre persa da poco tempo, una sorella che invidia per la sua nonchalance nell'affrontare la vita e un padre costretto a cambiare spesso città per lavoro.
Lui. Il ragazzo più strano della scuola, affascinante e misterioso. Un fratello che deve spesso difendere dai bulli di turno, una madre perfetta, un padre che non vuole vedere per il semplice fatto che nella sua mente li ha abbandonati e costretto a rinunciare a molto per occuparsi della sua famiglia, il suo sfogo sul sacco da boxe che riesce a distrarlo.
Basta un'entrata in ritardo e una caduta per loro. Due opposti che si conosceranno tra litigi e cruenti avvenimenti.
Una trasformazione, un matrimonio e una grande scoperta li attende.
Sta a loro capire cosa fare delle loro vite e dei loro pensieri.
Spero vi abbia incuriosito con questa presentazione. E' la mia terza FanFiction ed è la migliore che io abbia scritto fino ad ora: la meglio articolata e la più profonda e descrittiva. Spero di non deludervi!
Genere: Commedia, Fluff, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Tom Kaulitz, Un po' tutti
Note: AU, Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Change.

 

Era passata una settimana ed era preoccupato. Sapeva dove lei fosse, ma non sapeva come stesse e cosa stesse facendo. Era dalla zia, a Los Angeles, eppure lui non si sentiva tranquillo. Nella sua mente riaffioravano in continuazione le immagini di quella sera. Prima di andare a dormire si ricordava dei brividi impercettibili che le sue lacrime gli provocavano bagnandogli la maglietta. Mentre faceva colazione ricordava il suo tono strozzato nel raccontargli la sua vita. Mentre camminava per strada si ricordava di quando le corse dietro e dell’istante in cui l’idea di tornare indietro per Bill lo fece rallentare. Quando era davanti scuola come in quel momento, ricordava di quando l’aveva vista senza occhiali e vestita come una ragazza. Per quel piccolo particolare si sentiva importante, quasi unico. Era la sola persona lì che l’aveva vista bella, femminile. Era il solo che la conosceva, nonostante si parlassero da soli tre mesi. Era uno dei pochi che l’aveva vista sfogarsi, l’aveva vista vera, l’aveva vista Chanel.

Era circondato dai suoi amici e sentiva una ragazza parlargli, molto probabilmente del film che avrebbero visto quel pomeriggio, ma per lui non era importante, per lui contava solo rivedere quel corpicino impacciato che cammina titubante per entrare in classe senza dare troppo nell’occhio.

Si girò verso la ragazza bionda che gli parlava.

- Si, Sibyl, ho capito! Ti verrò a prendere per…- non riuscì a finire la frase. Un rombo di una moto fece ammutolire tutto il cortile, provocando dei brusii di stupore.

Una Kawasaki blu. Completamente nera e blu. Si stava parcheggiando proprio in quel cortile, vicino gli scarabei e i centoventicinque.

Era troppo magro per essere un ragazzo, ma era troppo strano che una ragazza portasse una moto tale, secondo il criterio contorto di Tom. Poi guardò in basso, guardò i suoi piedi. Di certo un uomo non potrebbe mai portare dei tacchi così alti e avere un piede così piccolo e curato. Delle scarpe aperte e oro, lo smalto rosso lucido.

La ragazza scese dalla moto con disinvoltura, facendo girare tutti i ragazzi che non si fossero girati al suo arrivo e provocando in Tom una strana scintilla di istinto, placata da un pizzico di gelosia inspiegata. Tolse i guanti di pelle neri, mostrando le mani sottili e le dita affusolate con le unghie tinte dello stesso smalto usato per i piedi.

Quei movimenti gli erano terribilmente familiari, eppure non riusciva a trovare un nesso con le due persone. Come se lo avesse chiamato pensandoci, la ragazza si tolse il casco, mostrando quel filo d’unione.

Sbottonò la giacca di pelle nera per facilitare i suoi movimenti e portò le mani sul casco. Lo tolse con disinvoltura, scuotendo la testa per ridare fluidità e vita ai capelli castani e oro.

Quel viso ora truccato che prima era naturalmente fine. Quelle labbra da cui una settimana fa aveva sentito uscire cose orribili. Quegli occhi così maledettamente espressivi e verdi.

Era lei. Era lei ma non sembrava per nulla. Quel sorrisino malizioso lui non l’aveva mai visto e ora potevano vederlo tutti. Lui aveva faticato per ottenere quella smorfia, quelle labbra rilassate e la visione di quei denti bianchissimi. Ora l’aveva ottenuta tutta la scuola senza nemmeno sforzarsi.

Si sentiva ferito e allo stesso tempo stupito. Non credeva che lei potesse provocare in lui una tale palpitazione.

La immaginò per un secondo sotto di lui, sdraiata sul suo letto d’ottone. Sentì le mutande stringere lievemente e capì che quel pensiero sbagliato gli ebbe provocato una leggera e incompleta erezione. Ringraziò mentalmente il suo stile che gli permise di non dare a vedere quello che stava succedendo sotto il suo ventre.

La vide camminare verso di lui e si irrigidì d’istinto. Tutti la seguivano con gli occhi, nessuno osava parlare né tantomeno distogliere l’attenzione da una tale visione.

Ogni persona dentro quell’ edificio si chiedeva chi fosse quella ragazza e perché non si era mai vista prima. Solo Tom la conosceva bene, solo lui sapeva chi lei fosse, solo lui l’aveva notata anche prima.

Gli arrivò davanti e gli sorrise, come un re che sorride ad un povero e piccolo straccione.

- Kaulitz, sei davanti la porta. Mi fai passare? – gli sussurrò guardandolo negli occhi.

Era confuso, Chanel lo capiva. Ma era stanca di far parlare sempre male di lei. Non voleva far vergognare più nessuno della sua conoscenza. Ora era lei a dover far vergognare gli altri. Era lei a dover mettere a disagio le persone. Era lei a far balbettare chiunque la guardasse negli occhi.

E ovviamente Tom non fu escluso dal trattamento. Lui, che aveva già un debole poco identificabile per lei e che non lo avrebbe mai ammesso.

Si soffermò sui suoi denti e notò un piccolo brillantino che li esaltava. Ora non sapeva più con chi avrebbe passato il resto dell’anno, né tantomeno chi fosse la sua quasi sorellastra.

- Che hai fatto? – le chiese, ignorando il consiglio di togliersi dall’entrata rifilatogli poco prima.

- Levati Kaulitz. E poi, non sei nessuno per fare domande.- disse in un soffio, per poi sorpassarlo e incamminarsi verso il corridoio.

Lui rimase lì a fissare il punto in cui pochi secondi prima risiedeva quella regina che aveva occupato la sua mente con un tono regale e sfarzoso.

Cercò tra la folla la piccola Eve per chiedere spiegazioni con lo sguardo eloquente che lo contraddistingueva, ma nemmeno lei sapeva cosa stesse succedendo alla sorella. Anche lei era stupita e frastornata da tutta quella situazione paradossale.

La seguì subito nel corridoio, sperando che nessuno la stesse importunando, data la sua appariscenza repentina. Subito l’immagine di lei che parlava con qualcun altro scombussolò tutti i neuroni del suo cervello, mischiandoli come un mazziere mischia un mazzo da poker.

Fortunatamente era lì, sola al suo armadietto che controllava i libri che andavano portati a lezione la prima ora. C’era chimica in prima ora, lui lo ricordava bene. Si erano preparati un mese e mezzo per tutte le materie in cui lui aveva un’ insufficienza e quel giorno aveva deciso di ripararla.

A Chanel non aveva detto nulla, voleva farle una sorpresa, ma quello sorpreso lì era lui.

Era lì, appoggiata lievemente con il bacino sul metallo freddo degli armadietti e consultava tutti i suoi libri. Solo in quel momento notò la lieve rientranza che formava la sua spina dorsale, appena sopra il suo sedere. Non era alta, ma quei tacchi la slanciavano e i jeans la fasciavano perfettamente. La camicetta blu era infilata minuziosamente nei pantaloni, quindi Tom dedusse che sotto, l’indumento era chiuso come un body, per non rischiare di farla uscire. I suoi capelli erano come se li ricordava da una settimana a quella parte, solo che erano più chiari e con dei boccoli morbidi alla fine. Era ad un passo da lei e la osservava, in attesa della sua attenzione. Notò la matita nera e il mascara abbondante che contornavano i suoi smeraldi, si soffermò sulle palpebre coperte di brillantini e sulle labbra lucide e leggermente più rosse del solito. Il suo profumo era sempre lo stesso. Il Dior che lo mandava in tilt per la troppa dolcezza che avrebbe nauseato la maggior parte degli uomini, ma che incantava il rasta ora troppo impacciato per essere riconosciuto come Tom Kaulitz, il Don Giovanni della scuola, se non del quartiere.

Esatto, ora lei lo metteva in difficoltà, gli faceva soppesare ogni singola lettera che sarebbe uscita dalla sua bocca, lo faceva soffermare in dettagli frivoli che in altri momenti non avrebbe mai notato, come il suo piccolo nasino all’insù, troppo perfetto per essere considerato l’originale cartilagine che si era mantenuta fin da quando era bambina, ma che in effetti era.

Ora, con quel nuovo aspetto, era perfetta, lui lo sapeva, ne aveva preso atto, come tutti quei lupi affamati che la fissavano e la salutavano senza che la conoscessero.

Tom pensava al motivo per il quale vedeva tutti tranne lui, che le stava così vicino, poggiato appena dopo il suo armadietto. Decise che il momento dei pensieri e delle considerazioni doveva andarsene, per lasciare il posto alle parole, pesate e ripesate per non offenderla in nessun modo e per darle il regalo che aveva comprato per lei appena due giorni prima.

- Chrys, mi vedi? O forse ho bevuto un siero dell’invisibilità senza che lo sapessi? – ironizzò il biondo, provocando una risata cristallina e lieve nella ragazza che gli rispose dolcemente e fissando i suoi occhi in quelli nocciola di lui.

- Tier, certo che ti vedo! Sei il mio Tier, sei il primo e l’unico che io voglia vedere ora! – poi il suo fragile sorriso si spense, immaginando la domanda dell’amico. – Non chiedermi nulla, Tom. Ho cambiato tanti stili e ora ho trovato quello giusto. Sii felice per me senza fare domande, sai che prima o poi ti spiegherò, come sempre del resto. – disse richiudendo l’armadietto, facendo attenzione a non provocare quel fastidioso rumore morto.

- Chanel, lo sai, io non mi faccio gli affari degli altri, ma devo chiederti solo un chiarimento: tuo padre che ha detto? –

La ragazza sfoderò un sorrisino amaro e ironico. – Mio padre non ha più voce in capitolo,Tom. –

- E io? Io posso parlare? – le chiese addolcendola con lo sguardo zuccherino a cui lei non riusciva a dire no.

- Dimmi, piccolo Tier. Che problema ho? –

- Sei troppo provocante Chrys. So che ti da fastidio sentirlo, ma ora i nostri genitori hanno annunciato il fidanzamento da una sola settimana, sono nella tua stessa famiglia e, anche se non lo fossi, io devo proteggerti, sempre.- ironizzò muovendo quel piercing, ricordandole la prima volta che si parlarono, tre mesi prima. Ricordandole il suo peso sul suo gracile corpo e il suo profumo sotto il naso.

- Bhè, se sei contento tu…allora ti considererò il mio angelo custode!- scherzò lei, senza accorgersi che quelle parole avessero un fondo di verità.

- Senti…- iniziò Tom, portandosi una mano dietro la nuca - intanto volevo darti un regalo che ti ho comprato…- disse porgendole un pacchettino nero. – vorrei che tu la indossassi stasera per cena a casa tua…ci siamo tutti. Verrai, Chrys? -.

La mora prese il pacchettino e lo aprì. Ne tirò fuori una collanina di Gucci che terminava con un ciondolino a forma di cuore.

- Tom è…non…io…oh, grazie! – esclamò per poi legargli le braccia al collo per farsi sollevare subito dopo dal biondo.

- Di niente, piccola…ma ora promettimi che non serberai rancore.- le ordinò guardandola negli occhi.

Il viso di lei si incupì leggermente, ma dopo un piccolo silenzio esclamò un “ok” smorto e flebile, solo per far piacere al ragazzo.

- Ora andiamo in classe, le sorprese non sono ancora finite!- esclamò Tom, cingendole un fianco per invitarla ad andare.

Stavano per entrare in classe, quando Chanel si sentì fermare leggermente per un braccio. Era Carl, il capitano della squadra di basket, nonché uno dei ragazzi più ambiti della scuola. Alla mora era capitato di incrociarlo un paio di volte per i corridoi, ma lui non l’aveva mai guardata.

Le sorrise. – Ciao –

- Ciao. – rispose lei, impercettibilmente agitata e alquanto stralunata.

- Chanel, giusto?- le chiese, mantenendo quel sorriso falso e sgargiante di cui solo Tom percepiva l’ambiguità.

-Si, sono io- rispose lei, un po’ titubante e lievemente insicura.

-Io sono…- Non gli diede il tempo di finire, lo interruppe.

- So chi sei, Carl. Ti conoscono tutti. – parlò, con tono ovvio e sarcastico.

Lui sorrise minimamente imbarazzato e la guardò negli occhi. In quel momento Tom tossì, catturando l’attenzione del ragazzo moro dagli occhi chiari che non aveva mai sopportato.

Carl era alto come lui, solo che lui aveva le spalle più grandi del moro. Molti non riuscivano a spiegarsi questo particolare, ma Tom sapeva che la palestra e la boxe erano molto più efficaci di due partitelle che finiscono quasi sempre con le urla del coach.

- Oh, Kaulitz, non ti avevo visto.- esclamò Carl, abbassando la voce, creando in Tom ancora più nausea che esternò con una squadrata dalla testa ai piedi e viceversa, tirando su un lembo della bocca con disgusto, come quando la madre gli rifilava i broccoli che gli davano il voltastomaco solo alla vista. - Comunque, Chanel, volevo chiederti se verresti con me al ballo di Febbraio, è da un po’ che ci penso e ora te l’ho chiesto. Allora? –

Chanel guardò incredula Carl, per poi girarsi verso Tom, che le consigliava esplicitamente con lo sguardo di rifiutare.

Lei, dal canto suo, aveva sempre avuto un debole per quella figura così solare e non capiva perché Tom lo odiasse così tanto.

Accettò l’invito, calcolando che il ballo si sarebbe tenuto due settimane dopo.

Entrando in classe, Tom non la guardò nemmeno. Non le parlava ed era cupo.

Si sedettero al banco e subito il ragazzo si offrì volontario per l’interrogazione, stupendo sia il professore che la mora.

Non poteva credere che non lo aveva ascoltato. Lei doveva fidarsi, come poteva dare retta ad un pallone gonfiato come Carlton Krein? Non era una brava persona e non si fidava minimamente a lasciarla sola con lui. Sarebbe potuto succedere di tutto quella sera e lei era un fiore troppo delicato per essere strappato dal terreno come un’erbaccia sgradita.

Forse con l’odio nei confronti del ragazzo c’erano anche le ripetute minacce che subiva il fratello Bill da parte dei suoi seguaci.

Sta di fatto che lei non doveva andare e se fosse andata, lui l’avrebbe seguita, non perdendola mai di vista. Per ora doveva farle capire che lui non era d’accordo, che lei non doveva fidarsi di gente che non le aveva mai rivolto la parola.

E poi cos’era quella stronzata che aveva tirato fuori? “ È da un po’ che ci penso” , ma per piacere! Se non l’aveva mai nemmeno degnata di uno sputo! Ora l’aveva sempre notata? Che buffone!

Iniziò a parlare speditamente di chimica, non facendo nemmeno caso a tutti quegli occhi che lo fissavano. Era strano come ora, grazie all’aiuto di quella ragazza che lo guardava sbalordita dalla sommità dell’ultimo banco, riuscisse a parlare senza interruzioni davanti al professore e non dire stronzate varie.

L’interrogazione era finita e Tom se ne era tornato a posto intascando un bel 9 che lo avrebbe salvato dalla bocciatura e dei complimenti da parte di Chanel, che apparentemente non lo toccarono.

Finalmente la campanella. Non avrebbe resistito un altro minuto seduto su quella sediolina che gli appiattiva completamente le natiche.

Uscì fuori, non aspettando né la ragazza, né il fratello. Si era acceso una sigaretta e stava parlando con Georg, un suo amico dall’infanzia insieme a Gustav, con i capelli lunghi e rossicci perennemente piastrati e gli occhi verdi quasi come quelli di Chanel.

Erano poggiati al muro laterale e stavano discutendo animatamente di Gran Turismo, un videogame in cui dovevi gareggiare con delle macchine velocissime e vincere soldi ad ogni gara vinta, permettendoti così di comprare sempre nuove macchine, più veloci.

Tom si sentiva strano; non capiva dove fosse la sua amica, né tantomeno suo fratello e percepiva delle vibrazioni maligne nell’aria. Subito sentirono un tonfo e un urlo strozzato. Potevano riconoscere quell’acuto tra mille e quello non era un buon segno. Subito corsero dentro, verso la provenienza del rumore.

***

 

- Bill!!- urlò Chanel, che passava per quel corridoio per caso.

Non poteva sopportare di vederlo lì, a gattoni per terra, mentre sputava saliva mista a sangue tentando di alzarsi.

Subito gli corse in contro per aiutarlo. Prese il braccio del ragazzo che lo stava prendendo a calci, intimandolo a lasciarlo stare, ma in un attimo la situazione peggiorò. Quella montagna si girò e la prese per il suo esile polso, strattonandola e facendola sbattere al muro lì vicino. Intanto altri due avevano preso Bill da sotto le braccia e lo costringevano a guardare stremato la scena che stava per traumatizzargli la vita.

Il bullo sollevò Chanel, sempre immobilizzata dal muro e dalle mani del ragazzo che le stringevano dolorosamente i polsi. Cercava di fuggire alla presa, dimenandosi con le gambe e urlando, ma con poco tutto il suo corpo fu immobilizzato dalla pressione di quello più possente del ragazzo.

Stava per succedere il peggio di nuovo, Chanel lo sapeva, e non poteva evitare di far fuoriuscire una piccola lacrima.

In un secondo tutto cambiò. Chanel cadde a terra e Bill venne tenuto su da due ragazzi, un rosso con un fisico probabilmente palestrato e un biondo più basso e robusto ma visibilmente dolce e riservato.

 Tom aveva steso a terra il bullo con un pugno, mettendo in fuga gli altri due, poi corse da Chanel per vedere come stesse. La fissò negli occhi e percepì tutta la sua paura, provata per uno sbaglio di un altro ragazzo incosciente nei suoi confronti. Le posò la mano callosa sulla sua guancia rosea e calda per poi lasciarle un leggero bacio sulla fronte e sollevarla, prendendola in braccio.

In un momento tutti i cattivi pensieri che vagavano nella testa di Tom scomparvero, lasciando il posto alla preoccupazione per la piccola Chrys e suo fratello Bill.

Si spostarono tutti in una classe vuota per riprendersi.

 - State bene? – chiese Georg, mentre Gustav era andato a chiamare la preside per denunciare l’accaduto.

Subito Chanel iniziò a piangere, un po’ per la paura, un po’ per i ricordi causati dalla precedente vicenda.

Tom non disse nulla, pensava a medicare il fratello e a soffrire per i singhiozzi strozzati e  soffocati dalla spalla di Georg che sentiva.

La preside entrò con foga nell’aula, come se qualcuno sarebbe morto da un momento all’altro, seguita dalla figura imponente di Gustav.

- Cosa è successo? – chiese, facendo saettare lo sguardo da Chanel a Bill. Subito Tom spiegò tutto e disse alla donna chi fossero i ragazzi.

 - Andate in infermeria voi due, a quei delinquenti penso io. Non credo che li rivedrete più comunque. Anche perché a giudicare dalla ragazza, non posso pensare che a lei non sarebbe successo nulla se voi non foste arrivati. – detto questo se ne andò verso il suo ufficio per chiamare i genitori dei ragazzi e informarli dell’espulsione.

Le lezioni erano finite e dell’aggressione rimaneva solo un piccolo taglio sul sopracciglio sinistro di Bill e dei segni violacei sul polso di Chanel.

 Quest’ultima aveva già preso la moto ed era già partita per andare a casa, senza nemmeno salutare i quattro ragazzi che l’avevano aiutata.

Anche Tom stava tornando a casa, ma, passando con Georg vicino al cancello, si accorse dei ragazzi appena espulsi che parlottavano  sospettosamente e furtivi con Carl. In quel secondo Tom ringraziò la figura ignota e onnipotente per avergli donato un udito tremendamente acuto e fine

- Ma siete pazzi? Ve l’ho già detto, il frocetto potete malmenarlo quando volete, ma la ragazza non dovete toccarla! È con me ora, chiaro? Ci penso io.. – disse il ragazzo. 

Tom avrebbe preferito essere sordo, per non capire che Chanel sarebbe finita presto nei guai. Decise quindi di essere il suo angelo custode invisibile, per proteggerla in ogni momento, come del resto si era già proposto di fare.

Li fissava con occhi trucidi, con ribrezzo, come se fossero ricoperti di sterco di cavallo. Pregustava già ogni possibilità di torturarli. Immaginava di frustarli con dei rovi, di far fare loro il bagno nell’ acido, di far sbattere ripetutamente loro la testa contro dei cocci di vetro di un parabrezza spaccato con i loro nasi direttamente sull’asfalto.

Non potevano farle del male. Nessuno ne aveva il diritto, solo che il rasta era consapevole del fatto che lei non gli avrebbe mai creduto, anzi, lo avrebbe allontanato e si sarebbe arrabbiata poiché non avrebbe dato fiducia al suo accompagnatore.

Ma lui non poteva lasciarla nelle mani del viscido, perverso e arrogante Carlton Krein. Lei non poteva soffrire, come aveva già notato in precedenza, i suoi occhi non erano stati fatti per piangere, non potevano essere rovinati dal rossore o da liquidi superflui.

Lui l’ avrebbe protetta ad ogni costo, senza tener conto delle conseguenze. Ormai si sentiva in dovere di proteggerla, come se qualcuno lo pagasse per farlo, e non capiva il perché fosse così infastidito da quella coppia appena formata. Sta di fatto che lei doveva avere sempre il sorriso sulle labbra rosee, il suo sorriso perfetto doveva essere sempre ben visibile sul suo viso. Ora era questo il suo compito.

 

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Okok lo so..ci ho messo tantissimo! È che con la storia della rissa e tutto mi sono impicciata e ho dovuto risolvere tutto..coomunque! spero che questo capitolo vi piaccia, anche perché su questo vorrei un po’ di sicurezza che a me non piace per nulla, non è descrittivo ed è frettoloso! L ma se a voi piace..

Intanto RINGRAZIO:

SuperStar_483: sono contenta che la storia ti piaccia sempre di più! Spero che continui così!

MarschTomLouder:si il capitolo è molto triste e questo non è da meno secondo me! Ma poi si svilupperà tutta un’altra storia!

ZoomIntoMe:zoom anche per me, come già ti ho detto, Tom ha reagito benissimo e sono contenta che il mio modo di scrivere ti entusiasmi!

SuperEle483: Ele per te vale la stessa cosa che ho detto a Zoom, mi fa piacere che ti piaccia il mio modo di scrivere! Spero ti emozioni sempre e che io non smetta mai di scrivere così! J vabbè, mi sono fomentata troppo...

Baci, Sun_Tk!

  
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