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Autore: Mary15389    11/05/2011    1 recensioni
Quattro anni dopo l'arresto di Ronald Weems, un seriale con le sue stesse caratteristiche si ripresenta tra le strade di Washington. La squadra è chiamata a collaborare, ma un presentimento aleggia nei pensieri di tutti...
Genere: Introspettivo, Suspence, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Spencer Reid
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Then you catch him CAP26 CAPITOLO 26
 
L’agente Prentiss non pensò nemmeno alla possibilità di bussare. Spalancò semplicemente la porta gettando nel panico Penelope che si alzò in piedi voltandosi con le lacrime già agli occhi. L’agente Hotchner si voltò con più calma ma non meno spaventato.
“Cosa...” cominciò a sussurrare Garcia ma si interruppe prendendo fiato con la bocca aperta, allargando l’intero petto come in deficienza di ossigeno.
Emily posò il volume sul ripiano che aveva vicino, “Nessuna novità da JJ, scusate se sono entrata come una furia...” si scusò spostandosi una ciocca di capelli dal viso e voltandosi sentendo entrare anche Derek e Dave che si fermarono a pochi passi dalla porta. La donna riportò l’attenzione sui colleghi di fronte a lei. “Stavo continuando a sfogliare il libro di Harris e ho notato questo.” Disse indicando un simbolo all’apparenza incomprensibile su una pagina.
“Cos’è?” domandò l’informatica sedendosi di nuovo e sistemandosi gli occhiali.
La mora scosse il capo. “Non lo so con esattezza, però...” cominciò a girare le pagine una dopo l’altra, “...appare altre volte, molte altre volte.”
“Pensi ad un indizio?” domandò Hotch strofinandosi il punto tra il naso e la fronte.
“Potrebbe essere...se voleva arrivare a Reid potrebbe aver lasciato anche questi segnali sparsi.”
“Dobbiamo capire cosa rappresenta però...” aggiunse Morgan.
David superò il collega prendendo tra le mani il volume e guardando con attenzione quel simbolo. “Ricorre dopo ogni uccisione, spesso quando il ragazzo è a casa a rivivere il crimine.” Constatò. “Garcia, potrebbe in qualche modo cercarlo sul suo sistema?” chiese alzando gli occhi verso la donna che si guardò intorno prima di rispondere.
“Si, signore, posso acquisirlo con lo scanner e cercare delle corrispondenze.” Rispose allungandosi per recuperare il volume dalle mani dell’agente anziano e ponendolo dentro il marchingegno elettronico. “Non ci vorrà molto.”
Gli agenti rimasero in attesa di scoprire forse finalmente la verità.
“Quante possibilità abbiamo che ci porti realmente da loro?” chiese Emily pensando poi che l’unico che avrebbe potuto rispondere esattamente a quella domanda sarebbe stato proprio Spencer.
Hotch scosse il capo voltandosi poi a guardare il monitor sul quale stava apparendo la scansione della pagina. “Prima cerca di capire cos’è.” Ordinò alla bionda che cominciò a digitare sulla tastiera.
“Evidenzio lo stemma e lo inserisco nella ricerca.” Spiegò mentre compiva l’azione. In una finestra alla sinistra dello schermo vi era la parte della pagina che interessava loro, mentre sulla destra si aprì un’altra zona in cui cominciarono a ruotare velocemente altri simboli. Tantissimi simboli che si andavano confrontando con quello che poteva essere la chiave di tutto. Stemmi della stessa dimensione, della stessa forma, che avevano qualche elemento in comune. Ce n’erano alcune migliaia, che sembravano molti di più visto il tempo che incalzava. Rimasero in silenzio ad osservare lo schermo in attesa di un segnale.
“Ma il padre di Nathan?” chiese l’agente Rossi nel silenzio.
“Un incidente stradale, è morto quando il ragazzo aveva solo nove anni.” Spiegò Hotchner, ma un allarme richiese l’attenzione di tutti.
“Trovato!” disse Garcia. “Vediamo di cosa si tratta.” Inviò il comando al sistema perché le aprisse un elenco di risultati sulla natura di quello stemma. Gli altri agenti si strinsero speranzosi intorno a lei.
“Una casa farmaceutica?” chiese Derek.
“La madre di Nathan è medico..lo portava spesso al lavoro. Ha dimestichezza con i medicinali.” Constatò Aaron. “Cos’altro sappiamo?”
L’informatica si concentro sul suo computer. “Produceva molti dei farmaci usati negli ospedali americani, ma è fallita cinque anni fa. Aveva filiali in tutti gli stati.”
“Cerca quella di Washington.” Propose Emily e l’altra donna subito lasciò saettare le dita sulla tastiera alla sua solita enorme velocità.
“La centrale della nostra città si trovava a questo indirizzo e c’era anche un magazzino per rifornire gli ospedali che non era nello stesso edificio...” la donna fu interrotta dalla voce di Morgan.
“Bambolina, sovrapponi i risultati alla mappa.” Il tono era particolarmente esaltato, il motivo fu confermato dal suono che fece il software quando segnalò che proprio il magazzino si trovava dentro quel raggio di tre chilometri che era stato evidenziato dalla scomparsa del segnale del GPS di Reid.
Penelope si voltò verso Emily lasciandosi andare ad un ampio sorriso. “L’abbiamo preso?” domandò e la donna scosse il capo in segno affermativo attendendo poi un comando dal capo.
“Chiamo Carlson per dirgli di far convergere le truppe verso quel magazzino, prepariamoci ad andare anche noi.” Comunicò Hotch avviandosi verso l’uscita, seguito dai tre agenti.
Prentiss si soffermò appena uscita dall’ufficio dell’informatica raccogliendosi i capelli in una coda, quando sentì una mano poggiarsi sulla sua spalla. “Ottimo lavoro...” sentì dire da Dave prima che le sorridesse e la superasse lungo il corridoio. La donna pensò che in realtà non aveva fatto nulla di particolare. Aveva solo trovato una ricorrenza tra quelle pagine, come sicuramente aveva fatto il piccolo genio prima di lei. Ma il momento più difficile doveva ancora arrivare. Non erano certi che il luogo dove avrebbero trovato Harris fosse proprio quello, ma poteva essere sicuramente un ottimo punto di partenza. Ma soprattutto non sapevano cosa avrebbero trovato in quel capanno. Sospirò mettendosi nuovamente in marcia convincendosi che sarebbe andato tutto bene.
 
Spencer stava ancora osservando in silenzio JJ tra le braccia di Nathan, i suoi occhi concentrati a mirare di fronte a sé nonostante gli fosse impossibile sparare senza colpire la donna.
“Perché questo capanno Nathan?” gli domandò per distrarlo e acquistare tempo. Sperava che i suoi colleghi sarebbero arrivati ad aiutarlo ma ricordava di essere andato via senza dire nulla e loro non sapevano del nascondiglio del giovane.
“Piuttosto, mi dica come ha fatto a trovarmi.” ribatté Harris.
“Il romanzo...c’era lo stemma della casa farmaceutica. Ricordavo di aver letto la notizia della chiusura di questo magazzino sei anni fa. Ma non capisco come facevi a conoscerlo tu.”
“Ci venivo con mia madre a prendere le forniture per l’ospedale. È qui davanti che ho visto per la prima volta una prostituta. Quella visione mi ha causato una sensazione sgradevole. Quando lo hanno chiuso venivo qui se volevo stare da solo. Per un certo periodo è rimasto nelle mani di barboni e prostitute, ma al ritorno dalla clinica l’ho trovato vuoto e ho deciso di farne la mia casa. Visto che con mia madre non c’era più posto per me. Ma non creda che riuscirà a farmi distrarre a lungo.” Riportò l’attenzione su JJ cominciando a ferirle il collo in superficie con il bisturi. Un leggero rivolo di sangue le macchiò la candida pelle.
“Spara!” sussurrò la donna comprendendo la paura del collega che non rispose sentendo semplicemente il battito del suo cuore aumentare considerevolmente. Non poteva farlo, non poteva rischiare. “Spara...” ripetè la donna che sentiva la lama fredda premere ancora contro la sua pelle.
“Cosa succede agente Reid? Ha paura di colpirla?” domandò l’assassino beffardo al giovane che non poté fare a meno di distogliere l’attenzione dal mirino per concedere uno sguardo alla bionda agente. Gli dispiaceva di averla messa in quel guaio e voleva tirarla fuori da lì senza un graffio, ma non poteva uccidere nemmeno Nathan. Lo sguardo nelle iridi blu di JJ era strano, non più spaventato, ma sicuro. Improvvisamente Spencer si riconcentrò sulla sua mira.
“Può anche colpirmi...” cominciò la donna rivolta al ragazzo che la teneva stretta a se. “Ho scelto il mio lavoro con i suoi rischi perché amo farlo. Potrei avere solo un rimpianto...lasciare solo mio figlio.” Pronunciò con sicurezza e gli occhi di Harris si spalancarono. La donna avverti una strana vibrazione nella lama che le premeva contro il collo. Aveva ottenuto l’effetto sperato, lo avrebbe colpito dove l’aveva sentito più vulnerabile sperando in un suo errore che avrebbe permesso di prenderlo senza ferire nessuno. “Lo amo più di ogni cosa al mondo. Ogni volta che posso dedico tutto il mio tempo libero a lui, sono i momenti più belli della mia vita, quelli che mi fanno capire che nonostante io rischi costantemente con il mio lavoro una volta tornata a casa c’è il mio piccolo che mi aspetta...” Sentì la presa intorno al braccio allentarsi lievemente e il bisturi allontanarsi dalla ferita già provocata e si preparò a sgusciar via dalle sue mani non appena possibile.
“Avrei voluto avere anche io una madre come te...” mormorò il giovane e Jennifer si mosse per allontanarsi da lui. In quel momento uno sparo rimbombò riempiendo l’intero ambiente.
 
Morgan aveva guidato nervosamente per tutto il tragitto e Emily al suo fianco si era retta allo sportello con la speranza viva nel cuore che tutto sarebbe andato bene. Subito dietro di loro c’era l’altro SUV che ospitava Hotch e Dave, ugualmente agitati per la situazione che avrebbero affrontato. In breve raggiunsero la zona indicata dalle coordinate date loro da Garcia e videro la macchina di Reid posteggiata, intorno alla quale sostavano Carlson e gli altri poliziotti ad attenderli. Dopo aver spento il motore, scesero dal veicolo già con i giubbotti antiproiettili indossati e raggiunsero gli altri. C’era anche due ambulanze con dei paramedici, pronti nell’evenienza in cui ce ne fosse stato bisogno.
Derek si stacco dal gruppo avviandosi subito ad estrarre la torcia che usò per illuminare l’interno del SUV che aveva portato lì Reid in cerca nemmeno lui sapeva di cosa. Poi si voltò di nuovo verso i colleghi.
“Il magazzino che ci avete indicato è quello.” Disse Carlson indicando alla loro sinistra. “Da questa parte non c’è nessun ingresso. Sembra abbandonato.”
“Ma siamo nel posto giusto...” aggiunse Emily indicando con la testa il veicolo scuro del collega.
“Forse lo ha solo attirato qui per portarlo da qualche altra parte.” Azzardò l’agente Hotchner guardandosi intorno. “Dov’è Dave?” domandò poi e anche gli altri due agenti si voltarono scrutando ogni angolo intorno a loro. Sembrava sparito.
Poi un rumore di boscaglia precedette un grido. “C’è un sentiero!” sentirono dire da un lato dell’enorme capanno. Era la voce di Rossi. I tre agenti sfilarono le pistole dalla fondina e si avviarono verso il luogo da cui era provenuto il richiamo seguiti a breve da Carlson. All’imbocco di un sentiero alla destra del magazzino, nascosto da alcuni rami, ritrovarono David che tornava verso di loro. “Potrebbe essere passato da qui, ci sono alcuni rami spezzati.”
Aaron si voltò verso il detective, “Lei e i suoi uomini coprirete il lato opposto, noi quattro possiamo da questo sentiero. Dobbiamo trovare una porta da cui fare irruzione all’interno.” Ordinò e l’uomo si riportò dai suoi uomini per muoversi dal lato sinistro della costruzione.
Si stavano per incamminare quando il rumore di uno sparo risuonò in lontananza. Ebbero la conferma che erano nel luogo giusto. E che non c’era un minuto da perdere.
  
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