Ed eccoci qua! Vi sottopongo questa storia scritta di getto mentre
più o meno assistevo agli avvenimenti trattati con un punto di vista del tutto
diverso.
Commentate e soprattutto criticate!
Prologo
Finalmente arrivai nella via
dove si trovava il mio liceo.
Era la prima volta che venivo
in motore, dopo un'intera estate passata a fare scuola guida con mio padre.
"Almeno ne è valsa la
pena. E anche un altro anno è iniziato" sospirai pensando che avrei di
sicuro visto Nicola con la sua nuova fidanzata.
Misi la catena al motore e mi
incamminai verso la scuola.
Non so quanta gente mi salutò,
ragazzi di qualsiasi anno. Conoscevo più o meno tutti.
In classe eravamo sempre i
soliti quattro gatti. Dal secondo anno eravamo rimasti sempre 17 e io pregavo
perché non ci fosse nessuno di nuovo. Stavamo bene così, tutti molto uniti.
Quasi inimmaginabile il nostro legame.
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Primo capitolo
"Si avvisano gli alunni
dell'istituto che è stata indetta un'assemblea giorno 20 ottobre per presentare
i candidati delle varie liste".
Io sorrisi tra me e me pensando
che mi sarei pure io candidata.
Poco dopo uscii dalla classe
per riunirmi con il resto della lista.
Il mio ex ragazzo mi aveva
convinta a entrare a far parte del suo gruppo. Io non conoscendo gli altri
capilista accettai.
Passai tutta la ricreazione a
distribuire volanti e a parlare con un gruppo di professori.
Tutti a scuola mi davano come
la preferita della mia lista, e questo mi dava ancor più sicurezza.
Quel 20 ottobre entrai in aula
magna puntuale per l'inizio dell'assemblea.
Il mio ex stava male e
rappresentavo io la mia lista.
Arrivai e tutti mi accolsero
con forse eccessivo entusiasmo. Salutai qualche altro ragazzo al quinto anno.
Mi sedetti accanto ad un mio
amico (l'unico che conoscevo bene). Dopo un po' mi disse all'orecchio «ti devo
presentare a dei ragazzi».
«Non ho bisogno di fidanzati, Ale, sto bene da sola» e non avevo tutti i torti a dire
così, i suoi amici erano tutti fumati o eccessivamente strani per me.
Se ne fregò del mio commento e
fece cenno a due ragazzi.
«Lei è Gloria, te ne avevo
parlato, è una promessa sta ragazza! ».
Stranamente si rivolse ad uno
di loro in particolare.
In quella frazione di secondo
li squadrai dalla testa ai piedi con una certa alterigia tipica del mio
carattere.
Il primo alto nella media, una
viso perfetto, occhi profondi e ammalianti (oserei dire seducenti), un'aria da
ragazzo che si sente superiore e ciò lo rende antipatico.
L'altro alto, magrolino,
capelli ricci chiari, occhi intelligenti e accesi, tutto il contrario del corpo
di cui facevano parte. Risposi con un sorriso e con uno sguardo altrettanto
profondo ad entrambe e tesi la mano, anche se già sapevo chi erano quei due.
I miei acerrimi nemici, i
preferiti in assoluto, li conoscevo di fama. Il primo rispose all'occhiata e
sostenni il suo sguardo per come si deve.
«Marco» e mi strinse la mano.
Guardai l'altro sempre con la
mano tesa, sorridendo un po' spacciata.
«Claudio».
Tornarono al microfono e il
secondo mi presentò per parlare.
Appena arrivai al microfono ci
furono applausi e urla. Io non ero per niente agitata, avevo discusso un mare
di volte davanti a tutte quella gente.
Con il mio bel sorriso iniziai
a parlare ed esporre i vari obiettivi della lista.
Quando parlavo tutti mi
guardavano e ascoltavano ammaliati, era una brutta sensazione ma ciò garantiva
un'ottima riuscita dei miei discorsi.
Ero, come mi definiva
Alessandro, un'incantatrice delle masse, un modo originale, e a parer mio di
pessimo gusto, per dire che ero
un'ottima oratrice.
Finito il discorso intervenni
qualche altra volta anche per rispondere a varie domande.
Alla fine l'assemblea fu
sciolta e feci per uscire dalla porta «Gloria aspetta un secondo, hai un
minuto? ».
“No, ho il motore in doppia
fila” fu la prima scusa idiota che mi venne in mente.
Guardai dietro, dei miei amici
mi facevano segno di ascoltare Marco.
Annuii, e mi avviai verso
l'uscita senza girarmi per controllare se avesse inteso di dovermi seguire.
Mi raggiunse con passo
moderato, senza correre.
«Bel discorso, anche se per
quello che mi hanno raccontato di te, la politica della tua lista non è ciò in
cui tu credi, ne sono sicuro».
In fin dei conti era vero, ma
non potevo ammetterlo davanti ad un altro capolista.
«Può anche darsi, ma è il primo
anno che partecipo attivamente ad una lista e potevo entrare a far parte solo
di questa». Modero le parole quasi misurandole una ad una.
«Te lo chiederò una sola volta.
Anche perché non penso che tu possa cambiare idea. Che ne pensi di passare
nella mia lista, e la danno come la preferita e saresti il secondo esponente.
Ho già parlato con Claudio, ti cede il suo posto se sei dei nostri».
"Discorso che non ammette
obiezioni". Aspettai un secondo pesando alle parole che avevo appena udito
e cercai di rispondere d'istinto: «Si, anche se così è una scelta azzardata, ma
ci sto».
Mi tese la mano e la strinsi un
po' più forte dell'ultima volta. «Mi ero permesso di preparare i documenti del
cambio, in caso tu avessi accettato».
Lo guardai negli occhi e
firmai. «Non leggo, mi fido» e con queste parole mi girai e uscii dal liceo.
Sopra il motore mi aspettava la
mia migliore amica.
«Ciao vita, sei da dieci minuti
ufficialmente nell'ambiente e già hai fatto colpo su questi bei ragazzi?»
Sorrisi cordialmente, «sai che
non ho tempo per un ragazzo, e poi quello ci prova di sicuro con tutte! » dissi
pensando che se sarebbe passato Nicola avrei cominciato a sbavare.
«Ma se tu fai stragi! Non so se
hai notato quante persone ti vanno dietro! Tu sei convinta che siano solo tuoi
amici... Come Andrea».
«Lo conosco da quando ero piccola»
alzai gli occhi al cielo.
«Ah e il chitarrista! Te lo
ricordi il chitarrista? Ti andava sempre dietro».
«Amico di un amico, non vale!»
mi misi alla guida e partii.
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