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Autore: Mel Winchester    12/05/2011    0 recensioni
“Avevo deciso di crearmi un futuro lontano da tutti i miei fallimenti.”
“Benvenuti a Shady Hill… questa era l’accoglienza della mia nuova cittadina, della mia nuova vita.”
Siate clementi, questa è stata una delle prime FF che ho scritto XD
Spero vi coinvolga, non è un capolavoro ma sarei felice di sapere cosa ne pensate! ^^
Genere: Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2.

Era già una settimana che mi ero trasferita a Shady Hill, quell’accogliente cittadina circondata da boschi e montagne.
Era metà ottobre e già faceva un freddo pazzesco, quel freddo che ti entrava nelle ossa e ti faceva venire brividi in tutto il corpo, ma ultimamente i brividi in me non li suscitava il vento gelido che caratterizzava la zona bensì il mio attraente e alquanto misterioso vicino di casa;
no che ci vedevamo molto, ma le poche volte che ci incontravamo per le vie del corso o quando i nostri sguardi si incrociavano sul vialetto di ingresso dei nostri appartamenti… io beh… mi sentivo confusa, come se una forza invisibile mi attirasse verso di lui, Seth, il ragazzo con il sorriso più sexy che abbia mai visto.
Ma a parte le strane sensazioni che suscitavano in me questi rari incontri, la settimana passata nella mia nuova vita procedeva lenta e regolare, andavo in giro per la città osservando gli incantevoli paesaggi che offriva Shady Hill e cercando un lavoro, e poi la sera c’era l’immancabile chiacchierata al cellulare con Cass.

Quella mattina decisi di svegliarmi prima perché volevo andare a correre;
raccolsi i miei lunghi capelli castano scuro in una treccia spettinata, mi infilai una felpa pesante, il pantalone della tuta e le mie vecchie converse e, con le cuffie alle orecchie, uscì di casa.
Il cielo mi osservava grigio e minaccioso mentre correvo, sotto le note del mio gruppo preferito, lungo il Mystic Park.
Non ci ero mai entrata prima e percorrendolo avevo capito finalmente perché il parco pubblico della città si chiamasse in quel modo…
Era un grande parco immerso nel verde, che si snodava tra alberi secolari, ognuna delle quali portava il nome di un personaggio leggendario.
C’era il grande Mago Merlino, la potente Fata Morgana e tanti altri…
ma mentre correvo lo sguardo mi cadde su una statua di pietra grigia, ai piedi di un enorme salice, che raffigurava due donne affascinanti i quali occhi erano scolpiti talmente bene da sembrare veri.
Tolsi una cuffia e mi avvicinai incuriosita all’imponente scultura, sotto c’era una targhetta che riportava il nome dell’opera:
“ Eleonore Colins e Genevieve Spencer le magiche fondatrici di Shady Hill”…

Colins? Spencer? Ma che… - ma i miei pensieri vennero interrotti da una presenza che mi ritrovai accanto come se fosse comparsa dal nulla…
Ehy! Ciao vicina! – esordì sorridente come sempre un affascinante ragazzo in tuta – ciao Seth… - dissi ricambiando il sorriso, poi lui continuò – stavi osservando la statua delle fondatrici, eh? – si… ehm… quei cognomi… - si infatti la cara Genevieve è una mia discendente… per quanto ne so doveva essere la nonna di mia nonna o qualcosa del genere… - disse allegramente – ah questo spiega i miei dubbi su una, ma invece che mi dici dell’altra? Sai Colins… porta il mio stesso cognome… - dissi sempre più incuriosita, lui osservò la statua e poi prima di continuare fissò il suo sguardo su di me… - si infatti notavo una certa somiglianza… - disse ironico, poi ricominciò – la leggenda narra che Eleonore e Genevieve erano nate lo stesso giorno, lo stesso mese e lo stesso anno pur non essendo sorelle gemelle, le loro famiglie erano grandi amiche e furono tra le prime colonie a stabilirsi in questa grande collina, che in antichità era formata solamente da boschi enormi che con i loro immensi alberi, si diceva non facessero penetrare nemmeno la luce del sole, da qui infatti il nome “Shady Hill” cioè “Collina Ombrosa”.
La Spencer e la Colins erano  praticamente inseparabili, condividevano tutto, unite da una specie di sorellanza, ma tra le cose che condividevano c’era anche un grande potere…
si diceva fossero streghe e infatti oltre il merito da parte dei cittadini per essere riuscite a far arrivare il sole anche nei punti più oscuri grazie a un incantesimo, c’era la disapprovazione e l’ignoranza delle famiglie nobili della zona, che vedevano il potere delle due come qualcosa di indecente e pericoloso, e che non riconoscendo il grande dono che entrambe avevano fatto alla cittadina, che a causa di quell’incessante ombra stava morendo di freddo e anche di fame perché gli alberi da frutto e le colture non crescevano senza calore, decisero di punirle per aver utilizzato la magia, che era considerata malvagia e oscura, bruciandole sotto questo grande salice, precisamente nel punto dove tu adesso vedi la statua in loro onore… si perché i cittadini cercarono di opporsi al volere di quegli spregiudicati ricconi,e anche con il passare degli anni, dei secoli, delle generazioni le due ragazze furono ricordate sempre come le eroine senza le quali Shady Hill adesso sarebbe ancora un’oscura distesa di alberi… e vennero così riconosciute le fondatrici della città – Seth finì il suo racconto senza mai scollarmi gli occhi di dosso, e adesso mi guardava come se volesse leggermi nel profondo dell’anima, come se volesse decifrare i miei pensieri, le mie reazioni…
Wow… davvero una favoletta interessante – dissi sarcasticamente, cercando di non far vedere quanto ne fossi stata turbata… - una favoletta dici?... pensi che non siano esistite davvero? – mi domandò lui incuriosito,  sorrisi – non dirmi che credi realmente a questa storia?! – dissi, ma già sapevo che lui ci credeva eccome! Si notava dal tono della sua voce mentre si perdeva nel racconto - lui rise – io? Crederci? No certo che no! – mentì spudoratamente, me lo sentivo, ma non capii il perché… - ah, certo – risposi – adesso, dopo questa pausa, sarà meglio che continui – dissi avviandomi lungo il sentiero, ma lui mi seguì, correndomi vicino, era davvero affascinante anche con addosso una felpa sgualcita con tanto di cappuccio sopra la testa per ripararsi dal freddo… - allora dimmi… - incominciò lui – come mai ti sei trasferita qui? Per lavoro? Per amore?...mi sono trasferita per dare una svolta alla mia vita, allontanarmi dal passato… aria nuova, gente nuova… e soprattutto sono in cerca di lavoro, vorrei finalmente cominciare a svolgere seriamente la mia professione – risposi seria – allontanarti dal passato dici eh? – disse come se sapesse qualcosa di cui io non avevo idea – si perché? – ribattei accigliata – no… niente… mi sembra un’ottima causa… tutto qui – rispose lui tranquillamente – ma ancora non mi hai detto di che tratta il lavoro a cui aspiri… - beh… è un lavoro che parla della vita di tutti i giorni, ma anche delle novità, delle stranezze, delle emozioni delle persone, un lavoro dove chi opera deve essere in grado di non farsi influenzare, di raccontare la realtà dei fatti con estrema lucidità e schiettezza ma cercando di non essere freddo e crudele… insomma mi piacerebbe fare la giornalista… - wow! È la prima volta che sento una descrizione tanto appassionata su una professione! ed è anche la prima volta che vedo una giornalista tanto bella quanto leale e professionale, di solito sono tutti opportunisti e con il desiderio di guadagnare il più possibile anche gettando fango sulle persone… - beh non tutti sono così! Per me il giornalismo è questo – risposi pensando che il mio bel vicino era proprio un adulatore.

Chiacchierando scoprì molto di più sul suo conto.
Aveva 24 anni, un anno in più di me, e lavorava presso la rivista cittadina come fotografo, era nato e cresciuto a Shady Hill anche se adesso i suoi genitori si erano trasferiti per mandare avanti l’azienda di famiglia, mentre lui aveva deciso di non seguire le orme del padre e di rimanere lì praticando la professione che amava.
Così parlando del più e del meno, arrivammo davanti l’ingresso dei nostri appartamenti… - allora ciao – mi apprestai a dire – aspetta dove corri?- sorrise lui – ancora non so molto di te, che ne dici di un giro in centro sabato sera? – rimasi sorpresa da tanta audacia, però accettai lusingata.

Era ancora mercoledì mattina, avevo circa tre giorni per prepararmi mentalmente a quell’uscita.

  
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