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Autore: _NEMO    12/05/2011    5 recensioni
"Era con un sorriso compiaciuto che Ninfadora Tonks intagliava le sue iniziali insieme a quelle dello sconosciuto, senza sapere che quella sarebbe stata solo la prima di una lunga serie.
R.J.L e N.T.
"
C'è chi crede nel destino e chi no, ma tutti credono nell'amore. Questa storia è per voi
*
-Storia classificatasi TERZA al Jewel's Contest di Jules_Black e vincitrice del premio Originalità-
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nimphadora Tonks, Remus Lupin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Nick Autore (sul forum e su EFP): _NEMO 
Titolo: Lacrime dal cielo 
Personaggi: Ninfadora Tonks, Remus Lupin 
Pacchetto scelto:
 Sodaliti (Remus/Tonks; Lacrima) 
Genere: Introspettivo, Malinconico 
Rating: Verde 
Avvertimenti: One Shot  


 

Lacrime dal cielo 
 
 


Una goccia dopo l’altra, il cielo scaricava la sua disperazione su Londra, con le sue grigie lacrime di pioggia. Il fragile temporale estivo, cominciato nel pomeriggio, si era presto trasformato in un acquazzone vero e proprio che scuoteva con forza i pochi passanti che si erano attardati per le strade. Il vento fischiava esultante, finalmente padrone delle strade, mentre tuoni e lampi affollavano l’orizzonte nero, oscurato dalle nuvole.

Chiusa nel suo piccolo appartamento, nella periferia Est di Londra, Ninfadora Tonks ascoltava assorta il ticchettare della pioggia contro le finestre.

Gli occhi, rapiti dalle geometrie impossibili disegnate dalle gocce di pioggia che scivolavano sul vetro, apparivano tristi e spenti, immersi in un passato perduto. I capelli, grigi e disordinati erano lo specchio dell’animo, tormentato e infelice. 

Come il cielo, Tonks piangeva.

Fragili lacrime salate sfuggivano dalle ciglia della ragazza e scivolavano inesorabilmente lungo il profilo della sua guancia. 

Con il cielo, Tonks piangeva.

Tonks piangeva in silenzio, come chi si vergogna. Senza un singulto, senza un tremito. Come chi finge, le lacrime bagnavano il suo viso senza che lei si preoccupasse di asciugarle con la mano tremante, come se non fossero davvero lì.

In grembo, una scatolina di legno scadente e rozzamente inciso, celava l’origine inconfessata del suo dolore. Un dolore che solo un amore troppo forte e troppo sincero può provocare. 
 

*

Una ragazza sottile e minuta, dagli accesi capelli rosa chewing-gum, camminava trafelata per un deserto corridoio del sesto piano, controllando di non essere seguita.  
Cercando di non incespicare nella sua stessa uniforme, la giovane si diresse decisa verso una scala che l’avrebbe portata al piano superiore. Imprecando mentalmente per essersi dimenticata, come al solito, di saltare il Gradino a Scomparsa ed aver quindi rischiato di precipitare di sotto, Dora si affrettò verso la cima della scala, sperando che Gazza il Custode per una volta si stesse facendo i fatti suoi.

Se le informazioni di quel Weasley erano esatte, lì  avrebbe potuto trovare un luogo in cui nascondere il suo segreto. Il pugno si strinse automaticamente attorno alla pietra nascosta in una tasca del mantello, un’azzurra sodalite.

Se ricordava quanto le era costata le veniva voglia di girare i tacchi e tornare nella Sala Comune di Tassorosso, ma al pensiero della punizione che era stata inflitta dalla McGranitt al povero Archibald Howkins, che era stato sorpreso in possesso di uno di quei gioiellini durante una simulazione, le venivano i  brividi. No, la sua decisione era la migliore.

Doveva essere impazzita quando aveva speso tredici falci per quell’affare, nonostante i miracoli che prometteva. Era stato solo un attimo di debolezza, causato dall’incombente avvicinarsi dei M.A.G.O. che avrebbe potuto costarle caro.

Se ne sarebbe liberata per poi tornarne in possesso, una volta finiti gli esami. Infondo era una bella pietra, magari avrebbe potuto camuffarla da ciondolo.

Persa nei suoi pensieri, Dora era arrivata davanti all’arazzo di Barnaba il Babbeo bastonato dai Troll di fronte a cui, secondo le indicazioni ricevute, avrebbe trovato la porta della Stanza che cercava.  
Sorrise fra sé e sé soddisfatta e, come le era stato indicato da Charlie Weasley, camminò davanti alla pietra apparentemente liscia della parete per tre volte, concentrandosi su cosa desiderava.

Incerta e tremante aprì gli occhi e si ritrovò  davanti ad una grande porta.  
Sorrise soddisfatta e si appuntò mentalmente di ringraziare il Grifondoro per il consiglio determinante che le aveva dato.

Prese forza ed aprì la porta. Ciò che si trovò davanti la lasciò a bocca aperta.  
Era all’interno di una specie di cattedrale, con delle grandi finestre inondate di luce che illuminavano in modo quasi sacrale il  luogo. La cosa più strabiliante però, era il contenuto della stanza. Montagne di oggetti accatastati alla rinfusa si ergevano a perdita d’occhio in ogni direzione, tanto da dare l’impressione di essere dentro ad una città degli oggetti perduti. Per un attimo la paura di perdersi in quel labirinto di ricordi le attanagliò le viscere. Il silenzio non era mai stato più assordante e carico di significato. 

Il rintocco lontano di un orologio la riscosse da quei pensieri esistenziali, informandola che l’ora del coprifuoco era appena suonata.  
Doveva muoversi, e anche subito, se non voleva beccarsi una bella punizione la settimana degli esami finali.

Giusto accanto alla porta c’era una bella scrivania di mogano, con le gambe intagliate a zampa di leone. Aprì con furia uno dei cassetti, sperando di non liberare un Molliccio e vi trovò dentro, fortunatamente, soltanto una scatolina. Era di legno semplice e per nulla prezioso e recava un’iscrizione malamente intagliata con un coltellino.  

 

R.J.L.

La ragazza alzò  le spalle e aprì la scatolina, ringraziando mentalmente il precedente possessore per aver creato un così  bel nascondiglio per la sua pietra.

Per poco non fece cadere il contenitore dalla sorpresa, per ciò che vide.

Una pietra, azzurra come la sua.

Una sodalite, come la sua.

Probabilmente comprata anch’essa in vista di un qualche esame.

Rimase qualche attimo interdetta di fronte a quella scoperta a dir poco fortuita prima di riscuotersi e nascondere la sua pietra al sicuro con la gemella.

Chiusa la scatolina notò ancora una volta le iniziali del possessore intagliate sul dorso ligneo del contenitore.

Era con un sorriso compiaciuto che Ninfadora Tonks intagliava le sue iniziali insieme a quelle dello sconosciuto, senza sapere che quella sarebbe stata solo la prima di una lunga serie.

R.J.L e N.T.

*

Il temporale, fuori dalla finestra, non accennava a calmarsi. Il vento sbatteva violentemente contro le vetrate appannate dal vapore dell’appartamento di Tonks. Le gocce di pioggia, tristi lacrime che piovevano dal cielo, ticchettavano incessantemente diffondendo per la casa immersa nel silenzio una nenia ripetitiva ma intrigante. 

Tonks era ancora distesa sul divano che ultimamente fungeva anche da letto, immersa nei suoi ricordi. Nelle sue mani la scatolina di legno che come un fantasma, aleggiava da sempre nella sua memoria.

 
Ninfadora non credeva nel fato, non credeva nel destino.  
Ma doveva ammettere che scoprire che quel piccolo contenitore di legno era appartenuto all’uomo che amava e che lei l’aveva usato, anni dopo, per il medesimo scopo, la metteva un po’ in soggezione.

E la riempiva di amarezza.

Perché quell’uomo la respingeva. Per paura, per viltà, per troppo amore, aveva deciso di separarsi da lei.

Gli occhi stanchi della ragazza indugiarono per l’ennesima volta su quelle lettere intagliate maldestramente nel legno. I loro nomi sarebbero stati uniti per sempre, su quella scatola e nella sua memoria. Perché non potevano restare uniti anche loro due, fisicamente?

Con un movimento incerto la ragazza sollevò il coperchio, rivelando le due pietre gemelle custodite all’interno della scatola. Erano due gioielli davvero straordinari, rilucevano di un azzurro limpido e puro, con delle venature più scure. Ne prese in mano uno, senza riuscire a distinguere se fosse il suo o quello di Remus, tanto erano identici.

Un ondata di dolore la travolse, trovandola impreparata. Non poteva continuare così, doveva fare qualcosa. Doveva sapere. Voleva sapere se doveva nascondere quella scatola nella Stanza delle Necessità da cui l’aveva riesumata, o se poteva sfoggiarne il contenuto con un sorriso amorevole stampato sulle labbra. 

Strinse con forza la sodalite, tanto da ferirsi il palmo della mano, sperando che fosse lei a dargli una risposta.

Ma la pietra era dura e fredda e non poté darle alcun conforto.

Inutile. Come aveva potuto cercare una risposta in un oggetto inanimato?

Stava per gettarla fuori dalla finestra, in un estremo gesto disperato quando un rumore alle sue spalle la bloccò. 

Davanti a lei, fradicio di pioggia c’era l’uomo per cui aveva pianto per tutti quei mesi.

Remus John Lupin.

Non si chiese come avesse fatto ad entrare senza che lei se ne accorgesse, lui era lì e tutto il resto aveva improvvisamente perso d’importanza.

La barba era incolta e molti ciuffi di capelli erano caduti o erano ingrigiti. L’uomo che aveva davanti sembrava più vecchio di dieci anni di quello che aveva conosciuto. Ma per lei non c’era alcuna differenza.

Remus le prese la mano in cui era serrata la pietra azzurra e lentamente liberò la sodalite dalla sua prigione, riponendola accuratamente nella scatolina.

“Non ti permetterò di gettare via le mie cose” sussurrò con una voce così roca che sembrava essere stata muta per mesi ma con un tono che cercava di essere divertito

 
“Tu però hai gettato via il cuore che ti avevo offerto”

“Tutto ciò che ho fatto, l’ho fatto per te. Non ho mai voluto farti soffrire, speravo solo di offrirti una vita migliore allontanandomi da te. Ma ho sbagliato. Ho capito che sono io che non posso allontanarmi da te. Se i tuoi sentimenti sono cambiati, dimmelo subito Ninfadora... i miei non potrebbero essere più sinceri... Ti amo, Ninfadora”

“Non chiamarmi Ninfadora...”

“Ti amo Tonks” 

La vide riflettere, la vide esitare, la vide trattenersi.

Vide nei suoi occhi lo stesso amore che le aveva appena promesso che sforzava di restare nascosto, orgoglioso.

La vide sorridere e la vide sciogliersi.

Con un solo passo, la giovane si avvicinò al suo uomo e lo strinse con forza, inebriandosi del suo odore. Perdendosi nella sua stretta forte e protettiva.

Senza più nemmeno domandarsi se ciò che le bagnava il viso, i capelli, i vestiti, erano le sue lacrime o le lacrime del cielo.

“Ti amo anch’io Remus”

Spioveva.






Spazio di _NEMO:

 

Volevo ringraziare di cuore Jules_Black per aver indetto questo meraviglioso contest e soprattutto per il magnifico giudizio che ha scritto per la mia storia, è stato un onore per me ricevere tanti apprezzamenti da una delle migliori autrici di EFP! GRAZIE ^.^

Parlando della storia, non so bene da dove mi sia uscita questa One-Shot. A mia discolpa vorrei solo dire che ero appena uscita dal pranzo di Pasqua e da innumerevoli bicchieri di vino che potrebbero avermi leggermente offuscato la mente. 

In ogni caso, meglio dare qualche precisazione. La parte in corsivo è un flashback in cui Tonks ricorda l’occasione in cui ha trovato la scatola dove Remus (R.J.L) aveva nascosto anni prima una pietra, uguale a quella che la ragazza sta cercando di nascondere. Mi è venuto in mente che in occasione degli esami a Hogwarts fiorisce il commercio illegale di amuleti e cose strane e mi sono inventata che Tonks, spinta dall’ansia di passare i M.A.G.O. abbia acquistato una sodalite, che avrebbe dovuto assicurarle ottima concentrazione eccecc. 

Per il resto, la storia è da ambientare durante il sesto anno del Trio dei Miracoli... un periodo non troppo allegro per la coppia Remus/Tonks. Ho immaginato che in una giornata più triste delle altre Dora si metta a ripescare oggetti del passato, fra cui anche la vecchia scatola contenente le due sodaliti e che questo l’abbia depressa ancora di più. Il finale forse un po’ stona con il resto della storia però mi andava di farla concludere bene, per una volta :-)

Grazie per aver letto, spero avrete voglia di lasciare una recensione... sono sempre bene accette ^^"

Frra <3


 

Questo è il giudizio di Jules:

III CLASSIFICATA

_NEMO “Lacrime dal cielo”

Stile: 9/10 punti 
Grammatica: 9/10 punti 
Caratterizzazione dei personaggi: 10/10 punti 
Originalità: 8/10 punti 
Gradimento personale: 4/5
Punti bonus: 5/5
Totale: 45/50 punti

Ai contest dovrebbe essere vietato presentare storie come questa che fanno gioire l’autrice senza alcun ritegno. Storie che mi ricordano perché è bello prendere in mano una penna e scrivere a raffica. Cara, qui hai saputo stupirmi: non amo molto la coppia Remus/Tonks, tranne quando il lieto fine non c’è, ma in questo caso ho letto con passione ogni singola parola, scoprendomi ansiosa di sapere come sarebbe andata a finire. Lettura scorrevole e pulita, nulla da dire sullo stile. Non ti ho dato il massimo perché non mi ha profondamente colpito come è accaduto invece in altre storie. La grammatica è ottima: manca solo una virgola dopo “i capelli, grigi e disordinati”; non trovo la necessità di inserire la maiuscola nell’espressione “Gazza il Custode”; la frase “Aprì con furia uno dei cassetti, sperando di non liberare un Molliccio e trovandovi dentro, fortunatamente, soltanto una scatolina.” sarebbe stata più chiara se avessi scritto “Aprì con furia uno dei cassetti, sperando di non liberare un Molliccio e vi trovò dentro, fortunatamente, soltanto una scatolina” poiché il gerundio non mi pare la scelta verbale migliore. Caratterizzazione invidiabile, senza una virgola fuori posto, specialmente per quanto riguarda il personaggio di Tonks. E’ l’originalità che, secondo me, è mancata. Dopo la meravigliosa spiegazione dell’origine della scatolina (a proposito, ho adorato il flashback), sei caduta in un finale troppo “banale”, quasi scontato. Nulla di grave, ovviamente, poiché hai saputo davvero sorprendermi. E’ davvero una bella storia, piacevole e scorrevole. In conclusione, un bel lavoro.

Premio Originalità: _NEMO

 

  
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