The
warmest scarf
Per
Hermione Jean Granger
il 19 settembre non era mai stato un giorno tipicamente felice. Ogni
anno,
quella data le ricordava l’inesauribile corso delle cose, lo
scorrere del tempo
in una clessidra che non si può fermare.
Contrariamente
alle
ragazzine della sua età, voleva che il suo compleanno fosse
festeggiato con
semplicità, per evitare di avere qualcosa di indimenticabile
con cui fare i
conti, qualcosa che le avrebbe puntualmente ricordato il giorno in cui,
simbolicamente, un altro anno della sua vita era andato.
Questo
i suoi amici lo
sapevano. Fu perciò semplice da parte loro scegliere cosa
regalarle per il suo
quindicesimo compleanno. Harry, privo di fantasia quanto maldestro nei
rapporti
con le donne, aveva acquistato per lei l’ennesimo libro; Ron
aveva scelto una
sciarpa, sua personalissima espressione dell’affetto che lo
legava alla
ragazza. Era rossa, come i colori della loro casata, forse l’unica
cosa che li accomunava.
***
Quell’anno
ad Hogwarts il Ballo del Ceppo aveva collezionato molti commenti
entusiastici,
specialmente da parte delle ragazze, che non vedevano l’ora
di sfoggiare i loro
stupendi abiti.
Tutte,
tranne Hermione. Non invitata dall’unico di cui avrebbe
voluto accettare la
proposta, si era convinta che la danza non le interessava quanto un
buon libro.
Ufficialmente, avrebbe voluto
indossare la sciarpa di seta regalatale da Ron quell’anno,
portarla come un
segno del sentimento che li univa, ancora
troppo acerbo e puro per essere paragonato alla passione del rosso;
ma
l’abito da cerimonia che aveva nel suo baule era di un
limpido blu pervinca, il
cui abbinamento col rosso acceso della sciarpa avrebbe stonato
decisamente. La
scusa non si reggeva in piedi, ma era sufficiente per lei, da sempre
abituata
ad accontentarsi in materia di
sentimenti. Questa, unita al fatto che la ragazza era sicura che
nessuno, a
meno che un’illuminazione divina fosse giunta
all’umile cervello di Ronald,
l’avrebbe invitata, era la motivazione migliore che aveva per
giustificare la
sua permanenza nella Sala Comune di Grifondoro, in compagnia di un
pezzo della
sua collezione da biblioteca, mentre i suoi compagni si sarebbero
goduti la
festa.
Hermione
non si era ancora resa conto che qualcuno era interessato a lei. Viktor
Krum,
il famoso giocatore di Quidditch nonché Campione di
Durmstrang nel Torneo
Tremaghi, voleva che fosse proprio lei la sua dama per il Ballo.
Hermione,
indecisa, fu convinta ad accettare dal feeling istintivo che la legava
al
ragazzo straniero. Il ragazzo l’aveva notata da dietro il suo
perenne scudo
costituito da una catasta di libri, l’aveva cercata ogni
giorno in biblioteca
nella speranza di strapparle una conversazione, aveva voluto conoscere la ragazza che era.
A
differenza di Ron, per il quale non era un’appartenente al
genere femminile,
per il quale era poco più che un ripiego quando le altre
possibili dame erano
già occupate.
Peccato
che adesso lo fosse anche lei.
Peccato
che la sciarpa giacesse indisturbata sul fondo del baule nella sua
camera,
dimenticata.
Almeno
per una volta.
***
Per
quella sera Hermione si era preparata al meglio. Voleva dimostrare a se
stessa
–a Ron– che anche lei era una ragazza, l’ennesima
sfida postasi da una delle persone più ambiziose di Hogwarts.
Sistemò
i suoi capelli, truccò gli occhi e indossò
l‘abito che aveva scelto con sua
madre in un negozio della Londra babbana. Controllò
l’orario: era leggermente
in ritardo, ma sapeva che Viktor, lui
l’avrebbe aspettata. Si fidava.
Percorse
le scale velocemente, per quanto le consentiva l’inusuale
abito da sera. Giunse
al fianco del ragazzo, che, molto gentilmente, le porse il braccio.
«Buonasera,
Hermi-un.»
Hermione
sospirò: tentare di insegnare al ragazzo la corretta
pronuncia del suo nome
pareva essere una battaglia persa in partenza, ma non sarebbe stato da
lei
desistere.
«Ciao,
Viktor.» lo salutò con un luminoso sorriso,
completamente dimentica, almeno per
il momento, della delusione che le aveva provocato Ron facendola
sentire la
ruota di scorta di un carro già lento. In altre parole, inutile.
Quando
le porte della Sala Grande si aprirono e gli studenti ebbero preso
posto ai
tavoli, i quattro campioni e i loro accompagnatori entrarono tra lo
scrosciare
degli applausi degli occupanti di Hogwarts.
Hermione
mosse la bocca nel suo splendido, nuovo
sorriso, pronta per la sua fantastica serata.
***
Una
ragazza corse fuori dalla Sala Grande con passo incerto, malfermo,
sconvolto
dall’umiliazione e dalla delusione che scottavano dentro di
lei, marchi infuocati, testimoni del suo
affetto
tradito.
Ron
non la conosceva affatto se la considerava capace di ingannare una
delle
persone a cui teneva di più al mondo. Nonostante si
proclamasse suo amico, non
aveva esitato a voltarle le spalle, credendola una traditrice.
Ed
Hermione, anche se il coraggio che le scorreva dentro era stato
più forte
dell’ingegno facendola essere smistata a Grifondoro, aveva
paura. Paura che i
suoi amici potessero allontanarla. Non poteva sopportarlo, aveva
bisogno di
loro.
L’aria
fredda condensò le lacrime sul suo volto. Involontariamente,
rabbrividì.
«Tu
non dovfeste
stare fuori.»
La
voce di Viktor proveniva dalle sue spalle. Si voltò,
guardò quel volto amico
e si buttò tra le sue braccia. Lui
la strinse, tenendola a sé, senza parlare.
Dopo
qualche attimo di pace, Hermione alzò la testa e
fissò i suoi occhi in quelli
di Viktor.
«Grazie.»,
sussurrò con la voce soffocata dai singhiozzi.
Viktor
prese il suo volto tra le mani, sfiorò le sue labbra con il
pollice.
«Non
defi ringraziarmi. Lo faccio
perché
tengo a te.»
Viktor
sciolse la sua sciarpa e la arrotolò attorno al collo di
Hermione.
«Afevi freddo.» disse per
giustificare il
suo gesto.
Hermione
si strinse in quella sciarpa, di una calda e pesante lana, utilizzata
nella
scuola di magia della fredda Bulgaria.
Aveva
bisogno di Viktor.
Si
girò verso di lui, si alzò in punta di piedi e lo
baciò.
Gli
voleva bene.
Forse
non era abbastanza, ma se lo sarebbe fatto bastare. Avrebbe coltivato e
fatto
crescere questo sentimento. Perché lei aveva
bisogno di lui, di qualcuno che la accettasse per
la ragazza che era.
Un
pallido raggio di luce proveniente dalla luna appena sorta
illuminò le loro
figure abbracciate nella notte.
E in ogni caso, la sua sciarpa era più calda.
Note: Solo un piccolo appunto: nell'ultima scena il sorgere della luna sembrerebbe fuori luogo, dato che è ormai notte. Ho fatto riferimento all'ultimo quarto di luna, che sorge alle 24 e tramonta alle 12. Così è contenta pure la mia prof di scienze!