Serie TV > JAG
Segui la storia  |       
Autore: ivi87    12/05/2011    5 recensioni
Dopo la conclusione della serie Harm è a Londra senza Mac e con l'aiuto di Booth e Bones risolverà l'ennesimo caso e forse anche i suoi problemi d'amore...
Genere: Comico, Sentimentale, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harmon 'Harm' Rabb
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

# 6 – Instinct

 

Riattacco il telefono soddisfatto. Mi piacciono proprio quei due!

Booth mi ha appena informato che dal database dello Yard è saltato fuori un nome.

Stanno venendo qui al Jag con i risultati. Finalmente avrò qualcosa da dire a Benton e Johns, infatti, anche se non seguono più il caso, sono molto interessati al suo sviluppo. Li ho proprio giudicati male! Ma non ci stavo con la testa e nemmeno adesso sto granché meglio, ma almeno questa notte sono riuscito a dormire abbastanza tranquillamente. Il pensiero di Booth e la Brennan che bisticciavano mi ha davvero rallegrato e, per una volta, non mi ha fatto pensare a me e Mac con tristezza, ma con una dolce malinconia che mi ha accompagnato dal dormiveglia al sonno profondo.

La Stevens bussa alla porta entrando con una tazza di caffè in mano.

Me la porge e mi riferisce delle telefonate di ieri pomeriggio, quando ero fuori per l’indagine.

Mi sorride gentile e se ne torna alla sua scrivania.

Ok. Time out. E’ vero che ho finalmente riposato, ma siamo sicuri che non sto ancora sognando?

Questa è la prima volta che mi porta il caffè senza che io glielo chieda espressamente! Non mi ha nemmeno guardato di sottecchi con il tipico sguardo odio il mio capo e, ora che presto più attenzione, non sento nemmeno le consuete risatine a cui ormai mi stavo abituando. Allora è vero, sto proprio sognando.

Mi alzo e faccio un giro degli uffici. Chiedo informazioni ad un ufficiale, mi informi sugli sviluppi dei casi più importanti…chiedo pure al sottufficiale Taylor come va la gravidanza, e di solito non lo faccio perché mi ricorda Harriet e i bambini.

Ognuno di loro è stato gentile e rispettoso. E soprattutto sorridevano calorosamente, come quando ringrazi di cuore qualcuno.

La cosa diventa ancora più strana ma mi fa piacere, almeno finchè dura questa tregua. Torno verso il mio ufficio e vedo Benton e Johns che si preparano per dibattere il caso Thorp in aula. Mi fanno il saluto per rispetto al mio grado e si avviano all’ascensore. Io rimango lì a guardarli andare via e comincio a capire. Devono avere detto a tutto l’ufficio della pessima figura che ho fatto fare al Segretario. E a quanto pare ne sono tutti contenti. Allora non è tutta colpa mia. Il clima freddo e ostile si era già creato in precedenza a causa del loro ex superiore, che lasciava i suoi uomini in mano al SecNav. Entro nel mio ufficio sorridendo, pensando a quante volte l’Ammiraglio Cheggwidden si scontrava con il SecNav prendendo sempre le nostre difese. Sant’uomo!

Mi siedo e la foto che troneggia sulla mia scrivania mi fissa. E’ lei, o meglio, siamo noi.

La stessa foto che avevo fatto ingrandire per regalargliela a Natale di due anni fa. Eravamo in Afghanistan e, nonostante le pessime circostanze in cui ci trovavamo, eravamo sereni e soprattutto amici.

Teoricamente lo siamo ancora. Amici, intendo. Sereni direi proprio di no, almeno io.

Per il primo mese di lontananza ci siamo sentiti quasi giornalmente, telefonate, mail… E poi pian piano è come se per un tacito accordo avessimo smesso. Faceva troppo male. Ma adesso? Non fa forse male?

Lo sai che lo devi fare! ALZA – QUELLA – CORNETTA ! ! !

Sii uomo, per la miseria! Mi dice la mia odiosissima vocina interiore.

Ma come faccio? E cosa le dico dopo sette mesi? Ehi, Mac. Come ti va?

No. Impossibile. Ma la mia mano è sul telefono e sta componendo il numero…

Oddio ma che sto facendo? Il mio cuore sembra allenarsi alla maratona di New York..

Primo squillo.

Ciao Mac, come stai, avevo voglia di sentirti. Ecco, posso cominciare così.

Secondo squillo.

Ma che ore sono a San Diego? Non ho fatto il calcolo…

“Signore, L’agente Booth e la Dottoressa Brennan sono arrivati” mi dice il tenente Stevens, sulla porta.

Riattacco bruscamente.

Non mi ero nemmeno accorto che avesse bussato. Mi sfrego il viso e mi do dello stupido imbecille. Perché no, anche cretino ci sta bene.

“Li faccia accomodare” rispondo cercando di riacquistare un po’ di lucidità.

 

“Il suo nome era Tina Forrest” esclama Booth una volta seduto.

Mi passano i fogli con tutti i suoi dati, e c’è anche una foto. Impressionante, è quasi identica al viso ricreato olograficamente dal team della dottoressa.

“L’ impronta dentale ci ha permesso l’identificazione del corpo” mi spiega lei.

“Perciò abbiamo una ragazza bianca, di ventiquattro anni studentessa di Oxford.”

Chissà se lei e Pierce si conoscevano? O se lui si è imbattuto nel suo corpo per caso, passeggiando al parco..

“Posso tenerlo? Vorrei andare a parlare ancora con Pierce” chiedo indicando i fogli.

Bisogna che capisca se e quanto centra il tenente in questa storia. Altrimenti come lo difendo?

“Ma certo, e noi andremo a fare una visitina alla famiglia della ragazza”

Ci alziamo tutti e tre. Ci diamo appuntamento per pranzo nello stesso posto di ieri sera, per i ragguagli.

 

 

Cammino in direzione del Boom Boom Cafè. Ho chiesto al tassista di lasciarmi un po’ più indietro. Mi va di camminare.

Devo schiarire le idee, l’incontro con Pierce mi ha segnato non poco.

L’ho trovato in uno stato pietoso, molto peggio di ieri. Tremava e piangeva.

Ho cercato di essere il più gentile possibile spiegando la situazione in cui si trovava.

Rannicchiato sulla sedia, nella stanza dei colloqui, il tenente mi fissava.

I suoi occhi non erano vuoti però. Capiva quello che gli dicevo, ne sono sicuro.

Occhi spaventati. Occhi atterriti. Occhi che sapevano.

E’ stato in quel momento che ho capito.

Quegli occhi avevano visto tutto. Quelli erano gli occhi di un uomo che aveva visto un omicidio, non quelli di chi l’aveva commesso.

Come spiegarlo a Booth e alla Brennan però? Il mio istinto mi dice che l’uomo che ho davanti è una vittima tanto quanto la povera Forrest. Ma come provarlo?

“Perché si trovava accanto al corpo, tenente?” ho provato a chiedere senza ottenere risposta. “Robert?” riprovo, mettendo da parte gradi e formalismi.

Lui continua a fissarmi come a voler farmi leggere tutto attraverso i suoi occhi. Ma il velo delle lacrime mi impedisce di leggervi alcunché. Se non che è innocente.

“Conoscevi Tina Forrest?” chiedo mostrando la foto che correda il fascicolo che mi ha lasciato Booth.

La sua reazione a quel nome però mi spiazza. Piange e grida forte, i singulti lo fanno tremare e cadere dalla sedia. Chiamo subito le guardie che lo riportano nella sua cella. Una di esse prima gli somministra un tranquillante.

Si, conosceva Tina Forrest.

 

Sono arrivato, entro nel locale e li cerco con lo sguardo.

Sono seduti l’uno di fronte all’altra, impegnati in una conversazione.

Mi fermo un attimo a guardarli. Stanno bene insieme. Esteticamente parlando. Sono armoniosi. Davvero una bella coppia.

Per il resto… mah, credo di avere colto qualcosa di più di una semplice partnership lavorativa nel loro comportamento. Ma non saprei affermarlo con certezza. La dottoressa Brennan dev’essere una donna abbastanza complicata e credo che Booth – se veramente interessato, ma mi pare proprio di si – dovrà sudare le famose sette camice per cavarci fuori qualcosa…

Ma è meglio che io stia zitto. In fin dei conti una soluzione per noi, Mac, la si poteva anche trovare e invece ho mandato tutto all’aria!

Booth alza lo sguardo e mi vede. Mi fa cenno di raggiungerli.

Mi siedo accanto alla dottoressa e ordiniamo.

Nell’attesa chiedo com’è andata con la famiglia della ragazza.

“Non la vedevano dal giorno prima del delitto, ma non avevano ancora denunciato la scomparsa, poiché viveva da sola e studiava medicina..” comincia Booth

“Orari massacranti, a volte nemmeno tornava a casa e rimaneva in biblioteca a studiare, perciò hanno considerato normale non trovarla a casa” prosegue lei

“E immagino che durante lo studio tenesse il cellulare spento” concludo io.

I due annuiscono e Booth torna a parlare “Non sapevano molto delle sue amicizie, tutti studenti come lei, ma non conoscevano nessuno in particolare”

“Però lei aveva appena cominciato una relazione con un ufficiale di marina e secondo i genitori lei era molto coinvolta, un certo Robert” dice la dottoressa.

“Il tenente Pierce. Quando gli ho detto il nome della ragazza ha dato di matto, perciò ho intuito che non si è trovato accanto al corpo per caso, ma che si conoscevano”

“Ha detto altro?” mi chiede Booth.

Si, i suoi occhi mi hanno detto tantissimo.

“No. Nient’altro…” dico invece

Lui mi guarda, mi scruta. Non mi molla un secondo.

“Non mi credi?” gli chiedo sorpreso

Non risponde. Seguita a fissarmi con lo sguardo tipico di chi sa che non gli stai dicendo tutto.

“Booth ci sa fare con le persone, le capisce al volo” mi spiega la Brennan sorridendo

“Si, me ne sono accorto!” le restituisco un sorriso, riferendomi soprattutto sulla conversazione della sera precedente

Lei mi guarda perplessa, lui invece capisce e mi accenna un sorriso.

“Tecnicamente non ha detto altro ma… i suoi occhi… quell’uomo non è un assassino!”

Lei sbuffa “E così capitano anche lei è dotato di un istinto spiccato!” dice arrendendosi all’evidenza.

Sempre avuto! E ne vado molto fiero!

“Dai Bones, ce l’hai anche tu” la rassicura Booth prendendole una mano “Da qualche parte…” lasciandola prontamente, non’appena vede che me ne sono accorto.

“Io mi baso solo sui fatti e sulle prove empiriche, lo sai. Per l’istinto… mi fido del tuo! E a quanto pare anche del suo, Capitano, visto che concordano” risponde guardandoci entrambi.

“Ah, si?” chiedo in modo vagamente sarcastico. Ormai credo sia chiaro a tutti e tre che io e Booth siamo molto in sintonia.

“Siamo stati nell’alloggio della Forrest, al campus di Oxford” mi spiega lui.

La dottoressa da voce alle sue parole mostrandomi il contenuto della busta sul tavolo, accanto a lei.

“Ho trovato vari capelli sul copriletto, insieme a tracce di dna” mostrandomi dei contenitori, quelli tipici della scientifica. “Appena li avrò fatti analizzare vi saprò dire se solo il tenente Pierce frequentava l’alloggio”

“E c’erano queste…” mi dice Booth mostrandomi delle fotografie imbustate nella plastica. Foto dei due ragazzi, la Torres e Pierce. Anzi no, Tina e Robert.

Ci sono loro in queste foto e… beh, si. Sembrano davvero coinvolti. Innamorati.

Chiunque guardando queste foto capirebbe che Pierce non la sfiorerebbe se non con un fiore.

E non perché sono belli e sorridenti. Spesso dietro una persona apparentemente felice e sorridente si cela uno spietato assassino. Troppe volte mi è capitato. Solo una persona che sa cos’è l’amore, che l’ha provato, può capire. Solo una persona che ama può riconoscere l’amore negli occhi di questi ragazzi. Ecco cosa c’era negli occhi di Pierce. Ecco cosa c’è negli occhi di Booth. E da come mi guarda credo che lui veda la stessa cosa nei miei.

Angolo dell'autrice:

ciao a tutti jag/bones fan!!! ecco il sesto capitoloooo!! che dite riuscirà Harm a chiamare Mac??

alla prossima, manca poco alla fine!!! XD

   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > JAG / Vai alla pagina dell'autore: ivi87