papāFino a qualche ora fa ero
serena, ero appena tornata dal centro dopo aver trascorso un bellissimo
pomeriggio in compagnia delle mie migliori amiche. La giornata stava
procedendo per il verso giusto, ero andata bene a scuola e avevo
passato un pomeriggio ridendo e facendo la matta con le persone che mi
volevano bene, fino a quando sono arrivata a casa. All'inizio non
ho notato niente di particolare ma appena vidi mamma capii che era
agitata. Brutto segno, mi sono detta tra me e me. Quando mamma č
agitata vuol dire che ci sono cattive notizie. Che palle! Ma una
giornata tranquilla no? Pensai. Un po' timorosa mi avvicinai a lei, era
seduta sul divano e batteva il piede destro ritmicamente sul tappeto
come se stesse pensando a come affrontare il discorso. Quando
alzō lo sguardo fino a incrociare il mio, mi resi conto che
aveva paura di parlarmi e in quel momento mi preoccupai tanto. Che
diamine era successo? Urlava una vocina nella mia testa. Un minuto di
silenzio. Due minuti di silenzio. Al terzo prese fiato e mi disse che
quella mattina l'aveva chiamata mio padre. Mi sorpresi, non me
l'aspettavo. Stavo per interromperla quando con un gesto della mano mi
interruppe e continuō a dirmi che lui voleva riallacciare i
rapporti con me e che nel pomeriggio mi avrebbe chiamata. Mentre
parlava sentivo la rabbia crescere e senza accorgermene, mi ritrovai a
urlarle in faccia che si doveva fare i cazzi suoi, che non doveva
prendere decisioni di questo genere perchč ero IO che dovevo
decidere, IO che soffrivo, IO che venivo trattata come una bambola. Poi
andai in camera mia, avevo bisogno di riflettere. Dopo qualche ora
mamma andō al lavoro e mi accorsi che mi stava vibrando il
cellulare nella tasca dei jeans. Titubante lo presi in mano, non sapevo
se rispondere o no ma alla fine risposi, pių per mandarlo a
fanculo che per altro. Ero stanca di essere presa per il culo e volevo
mettere un punto a quella storia che andava a vanti da tanto, forse
troppo tempo. Con queste intenzioni risposi ma non riuscė
neanche a parlare perchč lui mi sommerse di domande. Sembrava
un'intervista tra sconosciuti. Finita la telefonata mi misi a piangere,
erano lacrime di dolore, puro e semplice dolore. Ho sempre cercato di
essere forte di nascondere dietro ad un sorriso quello che provavo ma
alla fine non ci sono riuscita e sono scoppiata. Mi vergognavo, non ero
riuscita a dirgli quello che pensavo, a sentire la sua voce mi era
andato in tilt il cervello, si era preso una bella vacanza, lasciandomi
lā da sola. Mi sedetti sul pavimento della mia stanza con
la schiena appoggiata alla porta e tra una lacrima e l'altra ripensavo
a quella spiacevole telefonata. Mi chiese cosa volevo per il mio
quindicesimo compleanno ma io gli risposi che quell'anno ne avrei
compiuti 14, lui si mise a ridere e con una voce tipica di chi ti stava
prendendo per il culo mi disse che era uno scherzo e che ci ero
cascata. Susseguirono domande come: che scuola fai? Che film ti piace?
E altre cazzate simili dove io rispondevo e ridevo come se mi stessi
divertendo. Devo ammattere che sono diventata una brava attrice, ho
mentito per tutto il pomeriggio perchč non avevo intenzione
di soffrire ancora. Tante volte mi sono fidata di lui e questa volta
non mi sarei fatta ingannare. Voleva giocare? Avrei giocato ma questa
volta ero IO a dettare le regole e avrei vinto. Mi stavo gustando
il sapore della vittoria, il premio non sarebbe stato un oggetto o dei
soldi, ma la mia pių grande soddisfazione, ridendogli in faccia
mentre gli dicevo quanto mi faceva schifo. Riemersi dai miei pensieri
quando mi accorsi del suono fastidioso del citofono, mi andai a
sciaquare il viso per cancellare il passaggio delle lacrime e aprii la
porta. Mamma appena mi vide cercō di parlarmi ma io girai i
tacchi e tornai in camera mia. Non avevo voglia di vedere nessuno,
dovevo preparare le regole del MIO nuovo gioco.
Questo č il seguel di Ciao papā, spero che vi piaccia, č la mia storia. Fatemi sapere ^^ Si accettano critiche =)