Storie originali > Commedia
Segui la storia  |       
Autore: L_Fy    13/05/2011    19 recensioni
...Se lo disse anche a fior di labbra, sottovoce: "Veronica Alberice Scarlini della Torre, sei uno schianto."
Aveva diciotto splendidi anni, era raffinata, ricca, alla moda, trendy da morire, più fashion di Paris Hilton, più glamour di Anna Wintour, più sensuale di Monica Bellucci. Nessuno del centinaio abbondante di ragazzi della sua scuola poteva non sbavare mentre lei passava senza degnarli di un solo sguardo, nessuna delle 2000 oche della sua scuola poteva non morire d’invidia, nessuno del corpo insegnanti poteva non rimpiangere di non avere avuto un solo grammo del suo allure nella loro triste, patetica esistenza.
Quindi, non poteva essere altrimenti: lui finalmente l’avrebbe guardata.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Maria Beatrice Finzi Sforza parcheggiò con elegante noncuranza la sua borsa firmata sulla spalla e si aggiustò il rossetto e l’uscita del seno dalla scollatura, a ignaro beneficio dei compagni che entravano a scuola e che non potevano di certo non notare le sue manovre. Qualcuno le sfiorò la spalla e Maria Beatrice si esibì in un dietrofront hollywoodiano degno di una folla di Paparazzi.
“Marialu!” cinguettò all’indirizzo di Maria Lucrezia Odescalchi.
“Mariabe!” rispose a tono la giovane, sparando due bacetti all’aria ai lati del viso di Maria Beatrice.
“Stamattina sei un incanto!”
“Anche tu, tesoro, sei bellissima! Chanel?”
“Dior!”
Nel mentre arrivò alle loro spalle anche Maria Vittoria Degli Estensi.
“Mariavi!”
“Marialu! Mariabe!”
Bacetti in aria.
“Stamattina sei favolosa!”
“Anche tu, tesoro, sei bellissima! Saint Laurent?”
“Hermes!”
Mentre cinguettavano come cinciallegre arrivò con passo stranamente deciso anche Veronica Scarlini della Torre: la scena era destinata a ripetersi con deprimente regolarità.
“Vero!”
“Mariavi! Marialu! Mariabe!”
Bacetti in aria.
“Stamattina sei splendida!”
“Anche tu tesoro, sei spettacolare. Valentino?”
“Gucci!”
Terminati i convenevoli, Maria Vittoria iniziò a raccontare con dovizia di particolari la sua ultima seduta dal personal trainer di yoga mentre Veronica, con fare casuale, si aggiustava i capelli dietro l’orecchio e si guardava intorno. Individuò Bianchi in arrivo dal corridoio, deglutì e sfarfallò le ciglia, arrossendo leggermente senza nemmeno accorgersene: con la coda dell’occhio seguì la sua entrata mentre camminava ciondolando e sbatacchiando la sua logora borsa contro il ginocchio, ignaro di essere osservato così attentamente. Indossava un maglione di cotone e un paio di jeans che offendevano grandemente il senso estetico di Veronica, ma quando si grattò la nuca e per un attimo si intravidero i tre ciuffi a forma di virgola dei suoi capelli, per poco non venne travolta da un’ondata di tenerezza. Bianchi raggiunse uno sparuto gruppetto di persone nell’angolo più lontano dell’atrio normalmente denominato “il muro degli sfiguz”, quello contro cui stazionavano i vari “sgorbio”, “scherzo della natura”, “mostro” e creature similari della scuola. Come al solito salutò una specie di cormorano pelle e ossa chiamato affettuosamente “il Tucano” per le colossali dimensioni del naso e un barilotto basso e rotondo detto “il Ciccio” per motivi più che ovvi. Era ora di entrare in azione, pensò Veronica con un improvviso attacco di batticuore.
“Ho paura che il brillante dell’anello che mi ha regalato mio zio non sia autentico.” esordì di punto in bianco, troncando a metà la telecronaca di Maria Vittoria.
Sventolò persino il suddetto anello in mezzo al gruppo per confermare i suoi sospetti.
“E’ impossibile.” si riprese prontamente Maria Lucrezia, ma l’amo era stato gettato per Maria Beatrice, vero asso nel valutare peso, caratura, qualità e composizione chimica di qualsiasi pietra preziosa.
“Fai vedere.” disse infatti quest’ultima prendendo il monile e avvicinandosi alla finestra per studiare la pietra in piena luce; la finestra era situata esattamente di fianco al muro degli sfiguz e mentre Veronica e le altre si avvicinavano alla finestra i tre contro il muro si ammutolirono all’istante osservandole come se fossero una delegazione vulcaniana discesa sulla terra a scopi bellici.
“A me sembra autentica” valutò Maria Beatrice con aria professionale dopo un attento studio dell’anello contro la luce “E poi dai, figurati se tuo zio ti rifila un falso… non sarebbe da lui!”
“Probabilmente hai ragione” rispose Veronica riprendendo l’anello e facendoselo scivolare al dito: sperava che il Tucano, Ciccio e Bianchi a quel punto stessero guardando di sottecchi dalla sua parte, ma non ne era certa: d’altronde non era normalmente possibile avvicinare uno degli sfiguz più di così senza dover ricorrere a un “evapora, scherzo della natura” che avrebbe mandato all’aria i suoi piani, quindi non arrischiò nemmeno un’occhiata nella loro direzione ma proseguì la conversazione guardando fuori dalla finestra come se le piacesse il panorama.
“Diamine, la scuola è appena cominciata e mio padre ha già cominciato a tartassarmi per i voti” sospirò con voce sufficientemente alta.
Era una balla, naturalmente: suo padre a malapena ricordava con quale delle sue tre ex mogli l’avesse generata, figurarsi se si interessava della scuola.
“Non me lo dire” agganciò subito Maria Vittoria, su cui si poteva sempre contare per un “a me di più” “Mia madre è un tormento! E pensare che siamo a scuola solo da una settimana!”
“Veramente sono tre” rettificò Veronica con nonchalance “Comunque quest’anno è l’ultimo e mio padre pretende assolutamente che arrivi preparata al diploma. Vuole addirittura che prenda lezioni.”
“Ma non ne hai assolutamente bisogno, tesoro!” protestò oltraggiata Maria Beatrice “Una come te che ha sempre avuto la media del sette…” media che era sempre stata regalmente concessa a fine anno, a parte grammatica dove stranamente era un asso, ma quello era un dettaglio “Dì a tuo padre che ci vada lui a lezione da un supplente con l’alitosi!”
“A dire il vero non è male come idea” buttò lì Veronica sempre a occhi bassi e voce piena “Non vorrei arrivare all’esame di stato con delle lacune e dover studiare tutto l’ultimo mese… dopo chi se la gode Bora Bora in luglio con un tale stress alle spalle?”
“Hai perfettamente ragione” rigirò prontamente la frittata Maria Beatrice senza nemmeno mezza remora morale “Un aiuto professionale fin dall’inizio ti toglie metà del lavoro alla fine! Hai bisogno di qualche nominativo conosciuto? Lo sai che mio padre conosce il rettore dell’università e se vuoi il professore migliore sulla piazza non devi far altro che dirmelo e te lo rendo disponibile.”
Veronica cercò di dominare l’agitazione rigirandosi l’anello nel dito.
“Veramente non pensavo di avvalermi di un professore” disse cercando di sembrare noncurante “Non credo di essere poi così indietro col programma.”
“Giusto” approvò immediatamente Maria Lucrezia con un breve sguardo vittorioso verso Maria Beatrice “Nemmeno io scomoderei i luminari dell’insegnamento per delle lezioni private. Hai in mente qualcos’altro? Un centro didattico?”
“Io, ehm, pensavo di più a un… compagno di scuola.”
Ecco, l’aveva detto. E non le era nemmeno tremata la voce. Non guardare verso Bianchi e la sua compagnia circense le costò uno sforzo sovrumano. Però, nemmeno le facce sconcertate delle tre Marie erano un gran bello spettacolo.
“Un compagno di scuola?” domandò Maria Vittoria prudentemente.
“Uno di quelli bravi” spiegò Veronica con naturalezza “Saprebbero già cosa studiare e come affrontare specificamente le materie. Conoscono i professori. Insomma…. A me sembra una buona idea.”
“Fantastica, oserei dire!” enfatizzò Maria Beatrice: benedetta leccapiedi, grazie.
Finalmente Veronica si concesse un rapidissimo sguardo verso il muro degli sfiguz: il Tucano era tutto orecchie e mancava poco che i suoi occhi sgranati cascassero dalle orbite, Ciccio era un po’ meno interessato anche perché, pur essendo a pieno titolo uno sfiguz, non era un secchione come il Tucano, mentre Bianchi guardava per terra. Forse nemmeno ascoltava. Dannazione!
“Naturalmente pagherei profumatamente” continuò Veronica in tono quasi aggressivo “Ma non mi viene in mente nessuno a cui chiederlo.”
“Qualcuno al di fuori della nostra cerchia, presumo” disse Maria Lucrezia con logica inoppugnabile “Non mi viene in mente nessuno che conosco che possa essere abbastanza bravo da dare lezioni.”  
“La persona che cerco è sicuramente al di fuori delle nostre amicizie. Potrebbe essere uno qualunque… magari uno della nostra classe.”
“Già! Magari uno sfiguz!”
Maria Vittoria rise divertita mentre Maria Lucrezia inalberava uno sguardo perplesso e sospettoso.
“Perché no?” rispose Veronica e Maria Vittoria smise bruscamente di ridere “Dopotutto sarebbero solo affari.”
Maria Beatrice non disse niente: si limitò ad aggrottare le sopracciglia prima che la conversazione potesse diventare imbarazzante, suonò la campanella. Grazie a Dio!
“Bene, è andata” sospirò tra sé e sé Veronica andando a sedersi con andatura regale “Non mi resta che aspettare. Come disse Napoleone… il dado è tratto. O forse era Garibaldi?”
Stava per entrare in classe, un filino più rilassata, già pregustando il sottile e peccaminoso piacere di spiare i ciuffetti ribelli dei capelli di Bianchi, quando una voce sorniona la inchiodò sul posto:
“Cosa stai tramando, altezza reale?”
*          *          *
Veronica intuì immediatamente l’errore madornale che aveva fatto: si era dimenticata di includere Tebaldo nel suo accurato piano.
Tebaldo Santandrea della Torre era un lontano cugino. Ma più precisamente, era la temibile, nefasta e pericolosa versione maschile di Veronica, in tutto e per tutto: bellezza, ricchezza, perfidia. Stessi capelli neri, stessa espressione altezzosa, stessa predisposizione a trattare il volgo come concime per orticelli. Tutto a pari merito.
Tebaldo, appoggiato con indolenza al muro, la fissava con le braccia incrociate sul petto e l’aria vittoriosa: se fosse stato un pochino più plebeo, avrebbe sogghignato perversamente, ma non avrebbe avuto una tale caduta di stile proprio davanti a lei, sua pari. Si stava concedendo semplicemente uno scintillio perverso negli occhi chiari mentre Veronica, palesemente colta in fallo, mentiva automaticamente con voce acuta.
“Niente.”
Bugia spudorata e sbagliatissima: i della Torre stavano sempre tramando qualcosa. Sarebbe stato più credibile “Sto progettando un’arma di distruzione di massa”. Il fatto era che Tebaldo l’aveva colta di sorpresa. Era quasi un anno che non si scambiavano nemmeno i saluti di rito: di comune e tacito accordo, si erano allontanati con educata alterigia prima che arrivassero a scannarsi sulla pubblica piazza, come due pescivendoli in lotta per il banco del mercato. Si conoscevano da quando erano bambini per ovvi motivi di famiglia, ma si erano sempre stati reciprocamente antipatici. Naturale, erano troppo uguali per piacersi. L’anno prima tra loro due c’era stato una specie di love affaire quasi obbligato dalle famiglie, dalle convenienze e dalla curiosità. Era iniziato male e finito anche peggio: tradimenti, bugie, noia, crudeltà viziata da bambini ricchi e capricciosi… non c’era mai stato niente di simile al sentimento in quello che si erano scambiati in quel periodo, e forse era stato meglio così. In ogni caso, Tebaldo era un elemento pericoloso e avrebbe dovuto ricordarsi di tenerlo d’occhio. Invece se n’era scordata: e chissà da quanto tempo lui la stava spiando, traendo infine le sue ovvie conclusioni…
Veronica gli lanciò uno sguardo diffidente e spaventato mentre il sorriso di Tebaldo si allargava.
“Andiamo, cuginetta: così me la rendi troppo facile! Va a finire che non è più divertente.” le disse perfidamente soave e canzonatorio.
Fortunatamente, Veronica era una la cui mente lavorava veloce: era stata beccata probabilmente dal suo peggior nemico, doveva correre ai ripari per arginare i danni. Che fare? Prese una decisione su due piedi: afferrò il cugino per il braccio e lo trascinò a passo di marcia verso il bagno.
Tebaldo si lasciò trascinare docilmente, continuando a sogghignare sotto i baffi: solo quando la porta si chiuse alle sue spalle si concesse il lusso di un vero e proprio sorriso, facendo scintillare i denti bianchi sulla pelle abbronzata.
“Wow, un nascondiglio!” sospirò deliziato “Sembra proprio una cospirazione! Andiamo, raccontami tutto: stai organizzando un blitz militare alle sfilate di moda autunno/inverno? O vuoi far fuori la nonna per ereditare il malloppo e fuggire a Monte Carlo?”
“Non c’è niente di niente” sentenziò Veronica con convincente sicurezza “Ho dei… problemi a scuola. Problemi accademici. Ma niente che ti riguardi, niente che generi gossip e niente che possa avere qualche guadagno per te. Quindi, stanne fuori.”
“Veronica carissima” tubò Tebaldo con gli occhi sempre più scintillanti “Così mi offendi. Sottovaluti la mia intelligenza! Posso capire che tu abbia le scalmane per il figlio del bidello, con quei capelli biondi da cherubino quasi quasi scatenerebbe anche le mie di fantasie perverse, ma che non ti vada di condividere l’informazione con i tuoi familiari più cari, beh, questo mi offende grandemente!”
Veronica sbiancò: dunque, se n’era accorto. Proprio lui, Tebaldo, proprio l’ultima persona che doveva accorgersene. Uno dei pochi in grado di distruggerla socialmente, anche con molto meno… E lei che credeva di essere stata prudente!
“Non so di cosa stai parlando.” ringhiò comunque a muso duro, coraggiosamente.
“Le tue amiche sono talmente oche che non si accorgerebbero di un missile nemmeno se ce l’avessero nello sfintere” spiegò Tebaldo ammiccando sereno “Ma io non sono le tue amiche. E i tuoi sguardi con le ciglia sfarfallanti parlano più che chiaro, credimi. Mi stupisce che Bianchi non se ne sia accorto: ma d’altronde anche lui sembra essere uno di quelli del club del missile.”
“Stai prendendo un enorme abbaglio, credimi. Io non guardo mai nessuno, tantomeno Bianchi.”
“Risposta sbagliata” sospirò Tebaldo sempre più trionfante “Per essere credibile avresti dovuto dire, e chi diavolo è Bianchi?, col naso per aria e l’espressione un po’ schifata di chi è costretto suo malgrado a pronunciare qualcosa di oscenamente plebeo. Andiamo, a che pro mentire ancora? Hai una cotta per il figlio del bidello… e che c’è di male? Certo, tu sei Veronica Scarlini della Torre e lui conta meno della polvere che suo padre pulisce dal tuo banco, ma, cieli beati, quando c’è l’amore, nient’altro conta…”
Sospirò estasiato e Veronica non poté fare a meno di arrossire, mordendosi il labbro.
“Certo, sarebbe un po’ meno imbarazzante se lui almeno ti corrispondesse” continuò poi Tebaldo pensieroso “Ma che sarà mai, una malattia venerea sarebbe molto peggio, no?”
La mente di Veronica elaborò di nuovo velocemente: Tebaldo l’aveva beccata, non c’era via di scampo. L’aveva azzannata alla caviglia e non aveva nessuna intenzione di mollare la presa: doveva per forza cambiare tattica.
“Che cosa vuoi?” domandò quindi con voce dura e senza nessun fatuo sorriso.
Le labbra di Tebaldo si stirarono su un’espressione serafica e quanto mai perfida.
“Aiutarti, mia adorata consanguinea. Niente di più di questo! Mettermi al tuo servizio e sostenerti in questo tua esaltante favola del Cenerentolo. Tu sai quanto ci tenga a te: oltre che mia parente, sei anche stata vicina al mio cuore…”
“Tu non ce l’hai un cuore, Tebaldo.”
“Mio incanto, così mi ferisci e mi distrai dal discorso. Davvero, non ho secondi fini.”
Ce li aveva eccome: sembrava un gatto che aveva appena scoperchiato un barile di panna.
“Te lo ripeto, Tebaldo: cosa vuoi?”
Tebaldo le lanciò un breve sguardo da sotto le lunghe ciglia prima di iniziare a controllarsi accuratamente le unghie.
“Lo sapevi che Bianchi ha una fidanzata?” buttò lì quasi a caso con voce neutra.
Colpo basso e potentissimo: Veronica sbatté le ciglia e impallidì leggermente.
“C… cosa?”
“Una fidanzata” ripeté Tebaldo dolcemente “Una femmina della specie umana con cui presumibilmente applica i suoi impacciati e deprimenti approcci sessuali. Non te n’eri accorta?”
D’un tratto, Tebaldo e la sua perfidia passarono in secondo piano, la possibile costernazione delle sue amiche nel sapere di Bianchi scivolò ancora più lontano, tutto subissato da quella innocente, inaspettata dichiarazione.
“Chi è?” chiese a voce bassissima, le labbra quasi bianche dallo sconcerto.
Tebaldo tornò al laborioso compito di controllarsi le unghie.
“Una plebea come lui” rispose con noncuranza “Ha qualche anno in meno, ed è la figlia di un altro bidello. Apparentemente sembrano fatti l’uno per l’altra, non trovi?”
Veronica rimase in silenzio, lottando contro qualcosa che le stringeva il petto e che non riusciva ad inquadrare: Tebaldo le lanciò uno sguardo quasi amorevole.
“Sembri sotto shock, cuore mio. D’altronde, nemmeno io avrei mai pensato che Bianchi si permettesse di avere una propria vita sentimentale senza il tuo benestare, ma coi tempi che corrono questi plebei si intestardiscono a ribellarsi al loro karma. E’ davvero assai fastidioso.”
Qualcosa frullò nella mente di Veronica: non sapeva cosa fosse, ma decise di seguire l’istinto, anche perché non aveva idea di cos’altro avrebbe potuto fare.
“Come si chiama?”
“Chi, la plebea del tuo Bianchi? Colombi. Serena Colombi. Non è da buttarsi via dal ridere? Colombi Bianchi!”
Mentre Tebaldo rideva con una parvenza di sincerità, lo sguardo di Veronica si fece vigile e felino.
“Ah.” disse infine, e la sua voce finalmente era quella dell’autentica, unica ed inimitabile Veronica Scarlini della Torre. Tebaldo se ne accorse e ritornò immediatamente sull’attenti.
“Ah cosa?”
“Ah che anche tu hai dato la risposta sbagliata, diletto cugino. Avresti dovuto dire “ma chi si abbassa a conoscere il nome di una qualunque plebea fidanzata con un plebeo?” Invece conosci nome e cognome. E scommetto che conosci anche qualcos’altro.”
“Non so di cosa stai parlando.”
“Si che lo sai. Com’è che ti sei accorto che io sfarfallavo le ciglia per Bianchi? Forse perché tu stavi sfarfallando le ciglia per questa Colombi?”
Tebaldo inarcò appena le sopracciglia e per quanto intuisse di aver centrato il segno, Veronica non poté non ammirare la sua perfetta faccia di bronzo.
“Cuore mio, ti sembra che sia il tipo che possa sfarfallare per una tizia qualunque che si chiama Colombi? Andiamo.”
“Tebaldo carissimo, mi sono sorpresa a credere questa e ben altre cose. Ma… alla luce di quello che ci siamo detti qui oggi, non dovrebbe essere un problema per nessuno dei due. Vero?”
Si sfidarono lungamente con lo sguardo, soppesandosi.
“Forse, potrebbe essere così.” rispose in fine Tebaldo lentamente.
Veronica annuì, un po’ meno tesa: era chiaro che Tebaldo aveva qualche mira nei confronti di quella Colombi del cavolo (già la odiava a prescindere, per ovvi motivi). Al momento, non aveva nessuna voglia di chiedersi che genere di mire fossero, anche perché se riguardavano Tebaldo, non si trattava di sicuro di qualcosa di socialmente utile. Ma finché quello poteva servirle per nascondere il suo imbarazzante segreto, ben venissero le mire. Anzi, tutto sommato a quelle condizioni, Tebaldo poteva dimostrarsi un ottimo alleato.
“Lei com’è?” chiese quindi con interesse accademico.
Tebaldo, nonostante lo nascondesse benissimo, sembrò sulle spine.
“Lei chi, la Colombi? Piuttosto anonima. Magrolina, con due gambette nervose che sembrano stecchi. Si veste in maniera oscena, con dei vomitevoli straccetti da mercato. Capelli color topo, aria trasandata, occhioni vacui. Un essere mortalmente privo di qualsiasi allure.”
“Ma ti piace.” si sorprese a constatare Veronica.
“Non esagerare” ribatté Tebaldo freddamente “Ho un interesse di tipo quasi entomologico per quella creatura. Normalmente lo scaccerei come si fa con un moscerino, ma al momento sono disgustosamente annoiato da tutto e questa sorta di… alleanza tra me e te… sembra per lo meno divertente.”
Messaggio piuttosto chiaro: finché la situazione avesse continuato a divertirlo, e finché Veronica avesse continuato a non fare domande, poteva avere il suo appoggio. Molto, molto pericoloso… l’interesse di Tebaldo era notoriamente fuggevole e instabile. Ma d’altronde, che alternative aveva?
“Posso allora considerare che questa conversazione rimanga tra noi.” propose con finta nonchalance.
“Puoi. E tra parentesi, la sceneggiata della tua presunta necessità di un tutor è piuttosto buona, ma mi sa che non sarà molto efficace per smuovere il tuo Bianchi.”
“Per via della tua Colombi?”
Stecchetto malvestito del cavolo. Non l’aveva mai vista, e già avrebbe voluto cuocerla allo spiedo.
“Per via di te” rispose Tebaldo con un sorriso “Non credo che si proporrà spontaneamente. In ogni caso, se Maometto non va alla montagna…”
Fece spallucce, allusivo. Veronica decise che farsi consigliare da Tebaldo sul possibile approccio con Bianchi era qualcosa che andava oltre le sue possibilità emotive e tagliò corto.
“Per la faccenda del tutor ci penso io. E per la Colombi… posso sperare che ci giochi un po’ tu per tenerla fuori dai piedi?”
Tebaldo sorrise misterioso.
“Qualcosa mi inventerò.” disse fatuo, e Veronica pensò che se non l’avesse odiata, avrebbe provato pietà per quella povera ignara ragazza.
  
Leggi le 19 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Commedia / Vai alla pagina dell'autore: L_Fy