Anime & Manga > Axis Powers Hetalia
Ricorda la storia  |      
Autore: Tifawow    13/05/2011    2 recensioni
“Lascia che io sia il tuo Demone, mio Angelo.
Lascia che io sia la parte più oscura di te.
Lascia che la tua luce e la mia ombra si combinino in un solo essere.
Perché come il nero non esiste senza il bianco, io non esisto senza te.”
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Germania/Ludwig, Nord Italia/Feliciano Vargas
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
..::.Crimson feathers.::..



“... per come è cominciata, l'unica parola che riesco a trovare è scontro.
Uno scontro.
Tra me e te.
Due anime destinate ad incontrarsi, che si sono cercate per tutta la vita e che,
 infine, hanno picchiato la testa l'una contro l'altra, intrecciando strettamente le loro mani.

Le nostre mani.
Dio, eravamo così giovani... eppure, ci crederesti se ti dicessi che già allora sapevo che io te
 eravamo destinati a stare insieme per sempre? Non ho avuto dubbi su questo.

Eddai!! Smettila di guardarmi come se fossi pazzo!
Ho detto che staremo insieme per sempre, non che non cercheranno di dividerci...”



Il nostro amore nacque un'estate lontana, quando ancora non eravamo coscienti dei sentimenti che provavamo e che avremmo provato in futuro. Eravamo solo bambini, fanciulli legati dalla voglia di giocare e divertirsi, che mai avevano pensato all'amore se non come possibilità remota che un giorno, forse, avremmo compreso.
Come potevano sapere che quell'incontro, quello scontro di anime che era avvenuto all'alba dei nostri sei anni, avrebbe cambiato così tanto la nostra vita? Nostra e non nostre, perché di singolare tra di noi non c'è mai stato niente, nemmeno i pensieri.
C'era il sole quella mattina, era giugno e faceva un gran caldo. Avevamo finito da poco la scuola e mia madre e tuo nonno ci avevano iscritti a quei centri estivi che tanto venivano decantati sperando che in quel modo avremmo fatto nuove amicizie, che saremmo usciti da quel guscio introverso che il Caso e la Vita ci avevano portato a costruire attorno a noi.
E loro come noi, non potevano immaginare certo che cosa sarebbe accaduto.
Mi ricordo che eri chino nella sabbia, a giocare con tuo fratello. Ed io camminavo, silenzioso, alla ricerca di qualcosa che nemmeno io sapevo di cercare, di compagnia forse. Ognuno di noi viveva la sua vita, serenamente, inconsapevole del fatto che saremmo stati due ancora per poco, che nel giro di pochi minuti non saremmo più stati “io e te” ma solo “noi”.
Poi accadde, esattamente come nelle favole.
Tu alzasti il tuo sguardo ridente ed io mi voltai verso di te, attratto da una forza che ho sempre considerato come il Destino. Il sole illuminava i nostri volti ed il nostro incontro. Ricordo che tu indossavi una maglietta rossa ed io una camicia bianca. Ricordo che tu eri sporco di terra quanto io ero lindo. Ricordo che i nostri sorrisi allegri si smorzarono di colpo quando i nostri sguardi si scontrarono, così bruscamente che per un secondo temetti quasi di averti fatto del male.
Era assurdo pensarlo, eppure quel pensiero ricordo chiaramente di averlo fatto.
Rimanemmo alcuni secondi fermi, silenziosi, immobili nel tempo mentre il mondo attorno a noi continuava a scorrere incessantemente.
Il nocciola incontrò il blu e noi ci siamo semplicemente innamorati.
L'Angelo aveva incontrato il suo Demone.



“Chi sei?
Io sono Feliciano! E tu?
No, no, aspetta! No dirmelo!!
Io lo so chi sei... sei un Angelo!
Sei vestito di bianco e sei biondo come gli angeli, non può che essere così!
Giochiamo insieme? Sei troppo bello e poi sei un Angelo! Diventiamo amici?
Anzi... non lo diventiamo!
Lo siamo già.
Mi sembra chiaro. Io so che siamo già amici...”



Tenevi tra le mani la tua bambola di porcellana preferita, la tua contadinella dai rossi capelli e mi guardavi con un sorriso tenero, così dolce da farmi mancare il respiro.
-Prenditi cura di lei...- sussurrasti quel giorno, quando me la regalasti. Le tue mani tremarono leggermente nel separarti da colei che per anni era stata la tua la tua compagna di giochi e di sofferenze, la tua confidente nascosta quando io non c'ero e non potevi piangere con altri. Io ti avevo sempre preso in giro per il tuo attaccamento a quello stupido giocattolo femminile, sapevo che non era un passatempo da “maschio” ma tu la adoravi tantissimo.
-Non posso...- sussurrai io, incredulo, poggiando le mani sulle tue in quel gesto che ci era da sempre familiare -E'... è troppo per me...-.
-Niente per te è troppo...- sussurrasti tu, sorridendomi.
Quel sorriso che era mio e mio soltanto.
Quel sorriso che solo noi capivamo.
Quel sorriso che voleva dire tutto e niente.
-Ma è la tua bambola...- cercai, invano, di convincerti a tenerla. Non perché non la volessi ma perché sapevo quanto ti costasse separarti da lei.
-Saprai averne cura meglio di me...- risposi tu con noncuranza, prima di serrare con ancora più decisione le mani attorno alla bambola -Davvero Ludwig, prendila. Lo sai che cosa rappresenta per me, vero?- domandò.
Io annuii. Ovvio che lo sapevo. Non c'era niente di te che io non sapessi -La tua infanzia. La tua ultima scintilla di purezza. Le lacrime che un Demone come te ha versato...- sussurrai.
-Le lacrime che tutti vedono ma che solo tu puoi capire...- risposi tu, lasciando ora che la bambola fosse ceduta dalle tue mani alle mie, scivolando via dalla mia stretta possessiva ma delicata -Sei l'unico a cui le affiderei, mio Angelo. L'unico a cui ho permesso di vedere il perché. L'unico che mi comprende...-.
Ed io capii.
Sapevo che cosa in quegli anni avevi dovuto passare, che cosa era successo per renderti quello che eri, così com'ero consapevole di essere l'unico con il quale tu potessi mostrare quel dolore che a volte diventava troppo forte per essere sopportato. La morte di tuo nonno, la separazione dall'amato fratello che ti era stato portavo via, l'adozione da parte di quell'austriaco freddo e distante... erano tutte cose che ti avevano trasformato agli occhi esterni, che ti mostravano frivolo e un po' stupido.
Ma non per me.
Ai miei occhi rimanevi sempre Feliciano, il piccolo demonietto che parlava troppo, apparentemente sciocco, con un sorriso troppo grande per quelle labbra ma che nascondeva una personalità molto più complessa delle apparenze.
Sentivo la fredda porcellana sotto le mie dita, sentivo il mio calore trasmettersi a quell'oggetto, quel simbolo inanimato che noi due, con poche parole, eravamo stati in grado di trasformare in qualcosa di più grande. E la consapevolezza delle tue parole mi raggiunse in pieno, scaldandomi di un calore di che raramente avevo provato in vita mia. Strinsi al cuore quella bambola, la strinsi forte come spesso avevo fatto con te -La custodirò come se fossi tu stesso...- la cosa più preziosa che avevo.
Ed era vero.
Credevo in ogni singola parola.
Tu mi sorridesti e allungasti la mano verso la mia, conducendomi nella mia stanza per portare quella bambola che ora era tua e mia allo stesso modo sulla mensola, in bella mostra. Ci tenevi che fosse in vista.
Mi lasciasti la mano, curioso di sapere dove l'avrei messa.
Sorridevi divertito, perché sapevi quale sarebbe stata la sua posizione.
Senza parlare ulteriormente mi avvicinai alle mie mensole, allungando la mano e sistemandola lì, nell'unico posto che sembrava abbastanza degno di questo dono: vicino a lui, al mio trenino, al mio simbolo. Al treno in legno dai vagoni colorati che, lo sapevamo entrambi, avevo tenuto a simboleggiare la mia infanzia. L'unica macchia nera del mio bianco passato. L'innocenza perduta che avevo faticosamente ritrovato nel momento in cui eravamo diventati amici.
E vedere insieme i nostri due giocattoli, vicini, così prossimi allo sfiorarsi, pareva così naturale, così semplicemente giusto.
Un po' come eravamo noi due.
Giusti nel nostro tenerci la mano.
Perfetti mentre con naturalezza portavi le tue braccia attorno a mio collo e avvicinavi il tuo volto a mio, lasciando che le nostre labbra si unissero in un bacio che sapeva totalmente di noi.
Del nostro passato.
Del nostro futuro.
Ma sopratutto del nostro presente.



“Caro amore mio... sei spettacolare!
Solo tu puoi essere così indifferente e poi spiazzarmi totalmente con una cosa così importante da farmi piangere!
Se consapevole che tuo fratello ti prenderà in giro a vita??

Veh, pazienza!
Ti amo immensamente! Tuo eterno Feliciano...



Ricordo la tua gioia quando tirai fuori quella scatolina quadrata, quel piccolo contenitore di gioielleria che conteneva le nostre promesse. Il nostro amore non era come tutti gli altri: nessuno lo capiva ma a noi non importava. Era bello e puro più di qualsiasi altro, un legame che superava tutto. Certamente fisico ma non solo, perché quello che sentivamo andava ben oltre la carne e riguardava sopratutto lo spirito, le nostre anime.
Ed erano loro che volevamo mantenere unite e, finalmente, ufficializzare quel matrimonio spirituale che avevamo intrapreso fin dal primo giorno del nostro incontro. Era quello il nostro desiderio ed io non potevo non fare in modo che si realizzasse anche se ero così intimidito da quel gesto che stavo per compiere da sentirmi ridicolo.
Era natale.
Il periodo in cui le famiglie si riunivano per stare insieme.
Il momento giusto per un regalo importante.
E così, fregandomene di tutto, di soldi e di altrui pensieri, persino della mia timidezza, feci la pazzia più grande della mia vita, cercandoti quel regalo speciale che avrebbe dato alla nostra relazione un nuovo simbolo in cui rispecchiarsi, un'effige che avremmo portato con noi sempre.
Piangevi come un bambino mentre infilavo il simbolo della nostra nuova promessa al tuo anulare sinistro, mentre la fede nuziale con i nostri nomi incisi dentro, per la quale avevo lavorato mesi e mesi, sanciva quelli che erano i nostri sentimenti, unendoci in una promessa che ci eravamo già fatti ma che ora prendeva forma di un nuovo simbolo.
Sorrisi stupidamente alla tua pigolante richiesta di essere io infilartela, quasi dovessi pronunciare "Con questo anello, io ti sposo".
Ma che senso avevano le parole?
Le nostre anime se lo erano già detto anni prima!
-Ti amo tanto, Ludwig!- singhiozzavi -Ti amo da sempre e per sempre! Altro che "finchè la morte non ci separi"!-.
Asciugai le tue lacrime come avrebbe fatto un qualsiasi amante, sfiorandotele con le labbra mentre tu, ridendo della nostra sentimentale stupidità, infilasti al mio dito l'altro anello, stringendoti a me in quella macchina scassata di fronte alla gioielleria.
Persino della religione ci saremmo fatti beffa!
Perché chi non approvava il nostro legame, poteva anche sparire per sempre.



“Lascia che io sia il tuo Demone, mio Angelo.
Lascia che io sia la parte più oscura di te.
Lascia che la tua luce e la mia ombra si combinino in un solo essere.
Perché come il nero non esiste senza il bianco, io non esisto senza te.”



Ingenuamente ti permisi di farlo. Stupidamente mi fidai delle tue parole, lasciando che essere mi penetrassero dentro e mi portassero ad amarti nel nostro modo oltre ogni altro, crogiolandomi nell'illusione di alcune sillabe e nell'incantatore sguardo di porcellana di un simbolo che ci avrebbe sempre rappresentati. 
Ero felice.
Più che felice.
Di una felicità che sapevo non poteva durare a lungo ma che mi faceva sentir vivo, mi svegliava dal torpore di una vita comune e mi ridava quella luce che, nel corso degli anni, era da me un po' svanita. Svanita perché eravamo cresciuti. Svanita per restarti accanto, anche quando sapevo che chiunque al di fuori del nostro mondo non avrebbe approvato. Svanita un poco ma pur sempre presente.
Per te avrei fatto di tutto e di questo ne eri consapevole. Forse un po' te ne approfittavi ma, allo stesso tempo, io stesso approfittavo del fatto che anche tu eri legato a me, che per me avresti fatto qualsiasi cosa. Faceva parte del nostro amore e non ce ne vergognavamo affatto, era anche quello che rendeva una cosa sola, il fatto di saper che l'altro avrebbe sempre perdonato queste piccole cose.
Ma forse avrei dovuto ascoltare il buon senso. Avrei dovuto ascoltare gli altri che parlavano. Avrei dovuto dare retta a chi ne sapeva più di me, a chi mi sussurrava quella verità che ignoravo, che non volevo sentire, che avrebbe sporcato il nostro rapporto.
Anche se mai ne avevi avuto la parvenza ti eri autodefinito un Demone, in modo da poter restare sempre vicino a me, che chiamavi il tuo Angelo.
Avevi deciso di essere Ombra,votandoti a quella realtà innegabile che io rifiutavo a priori: un Demone, rimane sempre un Demone.
Un Demone apparterrà sempre all'oscurità e un giorno essa lo reclamerà.
Anche se piange.
Anche se soffre.
Anche se ti ama.
Rimane sempre un Demone.
E come un Demone ti portasti via tutto.



“...io ho sempre considerato il nostro amore sopra ogni altra cosa, qualcosa di talmente grande da non essere spiegabile a parole.
Questo mi ha portato alla completa ossessione, possessione e gelosia nei tuoi confronti.
Non sono mai stato una persona gelosa, lo sanno tutti, eppure quando hai tra le mani qualcosa di così grande e importante,
vivi costantemente nel terrore che possano un giorno portartelo via.
Credo sia per questo, che a volte mi comporto in quel modo che tu reputi tanto odioso.

Ma cerca di capirmi...tu sei sempre stato tutto.
Se te ne vai, di me che cosa resta?
Ma mi sto preoccupando per nulla, vero Ludwig?
Noi non ci separeremo mai... insomma, dai!
Sappiamo anche noi che il nostro amore è più forte di tutto!
Anche della morte...”



Cocci e polvere.
Solo cocci e polvere che vengono spazzati via dall'amorevole mano di chi è rimasto e che si sobbarcato l'onere di dover rimettere insieme i pezzi.
Pezzi di una bambola che vorrei aver distrutto e non ho nemmeno il coraggio di guardare.
Frammenti di un anello che nel mio cuore è  ancora al mio dito ma che nella percezione reale è sepolto in una scatolina, dentro un carillon portagioie, seppellito tra molti altri gioielli inutili della mia vita.
Della nostra vita.
Schegge di ricordi che sono più taglienti di una lama e che continuano solo a domandare, un un coro insistente e monotono, un perché che non mi è stato dato.
Un perché che non esiste.
Un perché che non hai fatto in tempo a dirmi.
Un perché che forse, adesso, nemmeno mi interessa così tanto.
Eri davvero tu quella presenza che mi dichiarava il suo amore in ogni singolo istante? Eri davvero tu che piangevi se ti facevi male e che minacciavi chiunque mi si avvicinasse? Eri davvero tu che amavo?
Questo non lo so più.
L'unica certezza che ho è che eri tu che hai smesso di fare tutte quelle cose.
Ho così pochi ricordi di quel giorno, quasi la mia mente avesse cercato di rimuovere quell'evento che mi rese simile ad una bambola per giorni, incapace di piangere ma con dentro una sofferenza così grande da non poter essere espressa a parole.
Ricordo solo che camminavamo per strada con un gelato in mano, discutendo a bassa voce sul fatto che tu volessi tenermi la mano ma che io mi vergognassi troppo per farlo in pubblico. Ricordo il tuo visetto imbronciato sporco di cioccolato. Ricordo i tuoi occhi nocciola fissarmi, imploranti.
Ricordo un addio che non aveva sapore. Il rumore di una frenata e di vetri che si infrangevano così come la consapevolezza di aver perso per sempre la possibilità di essere un Angelo, rubata da un Demone che era stato riportato all'Ombra a cui apparteneva.
Non era un “non ti amo più”.
Non era un “ti ho mentito”.
Non era un “è finita”.
Non era niente che avrebbe potuto, un giorno, farmi mettere l'animo in pace.
Era solo silenzio. E quel silenzio mi fece più male di qualsiasi altra parola che tu avresti mai potuto pronunciare.



“...una volta Arthur, il fidanzato di mio cugino Francis, mi ha fatto i tarocchi sai??
Uff, smettila di fare quella faccia esasperata!! Io ci credo... sei tu il miscredente!
Questo tuo atteggiamento ti porterà sfortuna! O forse lo faranno gli gnomi...
bho, non me lo ricordo, Arthur dice sempre tante cose così che non posso mica ricordarmele tutte, no?
Comunque mi ha detto una cosa bellissima... la vuoi sapere??
Dai, dai, dai, dai, dai, dai!!
Mi ha detto che tu mi avresti amato per sempre!!!!
Non è magnifico???
Uff, non sorridere così... non prendermi in giro, Lud!
Arthur è potente e se lui dice così tu puoi solo restare a guardare il nostro amore perfetto!”



E semplicemente, io restai a guardare.
A guardare il tuo corpo steso sull'asfalto tra vetri e sangue, mentre una folla di persone si radunava attorno a noi, preoccupata e urlante. A guardare i tuoi occhi nocciola offuscati dal dolore e dalla confusione, che cercavano i miei tra la gente. A guardare perché altro non potevo fare. Perché io stesso ero diventato fermo e immoto, glaciale come i nostri giocattoli che mi fissano dalla mensola. Inutili come quell'anello che aveva significato tanto per noi e del quale quasi non riuscivo a ricordare il colore.
E nel silenzio, unica cosa che riuscivo a percepire tra le urla che regnavano attorno a me, nel disperato grido muto di quel momento disperato, riuscivo soltanto a chiedermi che cosa avevano significato quegli anni passati insieme, la nostra intera vita dedita l'uno all'altro, se ora ti perdevo. Che cosa ne sarebbe stato di me. Che cosa ne sarebbe stato di tutto.
Il Demone avrebbe infine abbandonato l'Angelo.
Anche se non lo voleva lo avrebbe fatto, sarebbe tornato all'Oscurità a cui diceva di appartenere ma che mai lo aveva voluto, lasciandomi solo in quella Luce che ora sembrava tutto meno che splendente.
Il mio corpo si era mosso, accorrendo al tuo fianco per stringere la tua mano sporca di sangue, per sfiorare un'ultima volta il pallido calore del tuo corpo piegato in una posizione del tutto innaturale. Fisicamente mi ero mosso ma la anima era ancora lì, in piedi, poco distante da noi, ferma come se fosse fatta di legno o di porcellana, incapace di guardare l'anulare sinistro che ancora, dopo mesi, è segnato dalla nostra promessa, perdendo le piume delle mie bianche ali da Angelo in un fiume di lacrime rosse che lentamente andavano a colorare di nero la mia anima.
La candida anima che tu tanto avevi amato.
La candida anima che avevi ferito.
La candida anima che la tua morte stava trasformando.
La candida anima che avevi lasciato con delle parole così semplici, così normali, che per pochi secondi, mentre ti spegnevi tra le mie braccia, mi potarono a chiedermi se davvero non stessi semplicemente dormendo.



“... fa tanto freddo, Lud.
Perché piangi? E' perché fa freddo, vero?
Non preoccuparti... tra poco andiamo a casa.
 Però...è strano... oggi c'è il sole, non può... fare freddo... no?

Veh... io ho un po' di sonno sai?
Adesso... chiudo gli occhi e dormo... poi...
dopo ci facciamo un piatto di pasta e... magari andiamo al parco.

Ok?
Allora... ci si vede... dopo...”


..::.Fine.::..



Non ho la minima idea di come mi sia uscita questa storia O_O
Mi sentivo un po' depressa per alcune cose mi sono capitate ultimamente e, abbandonando il mio studio compulsivo, mi sono trovava quasi senza accorgermene a scrivere queste righe. Nel mio delirio depressivo mi sono figurata Lud e Feli  e mi sono chiesta che cosa significherebbe per il primo la morte del secondo... lo so, non sono molto normale a fare certi mentre studio, ma è' solo colpa del mio cervello sovra-stressato, credo O.o
Beh, spero comunque che vi sia piaciuta!
Spero di non essere andata OOC con i personaggi, è la prima volta che scrivo di loro due. Nel caso provvederò subito a mettere l'avvertimento.
Nel frattempo vi lascio e vi mando un bacio grandissimo!
Un bacio,
Tifa.
   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Axis Powers Hetalia / Vai alla pagina dell'autore: Tifawow