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Autore: Eredel    14/05/2011    2 recensioni
Vi siete mai chiesti cosa sia successo alle Gocce Astrali? Dove siano finite, con quale aspetto, se si incontreranno ancora? Perché l'Oracolo ha fatto loro quei "segni" sulla spalla sinistra? E cosa dovranno fare, quando quel segno si sarà illuminato?
Questa fanfic vuole essere una tra le tante possibili risposte.
E' tempo che le Gocce Astrali scrivano la loro storia e vivano finalmente la loro vita!
Genere: Avventura, Commedia, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, The Oracle
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Il liceo Voltaire era stato fondato nel 1940 da un eminente professore della Sorbonne di Parigi, che era fuggito insieme alla sua famiglia e ad alcuni colleghi quando aveva presagito il disastro della Seconda Guerra Mondiale; così come avevano fatto molti altri intellettuali europei dell’epoca, il professor Millet era emigrato in America e si era ricostruito una vita nella cittadina di Hopesville. La scuola aveva offerto lavoro e rifugio a molti suoi conterranei e aveva prosperato sotto la guida dei suoi discendenti; dalla fine del dopoguerra, si era aperta a tutti coloro che desideravano dare un’ottima istruzione ai loro figli.
Tutto questo Wei An lo sapeva già. Tibor non l’avrebbe fatta uscire di casa senza darle tutte le informazioni possibili, era così puntiglioso! Ma la ragazza aveva ascoltato lo stesso, pazientemente, il discorso del preside Chastant. Quando aveva – finalmente! - terminato, le aveva porto la sua tabella degli orari e lei aveva dovuto sforzarsi per non strappargliela di mano. 
Mentre poi stava uscendo, calma nei limiti del possibile, dalla presidenza insieme al suo accompagnatore, aveva incrociato altre due persone che stavano entrando. Era bastato uno scambio d’occhiate con la ragazza mediorientale perché le si accendesse di nuovo l’interesse.
Cos’era quella sensazione? Aveva avvertito che anche l’altra era rimasta…come dire…sorpresa?
Purtroppo non Wei An non aveva potuto fermarsi ad ascoltare, aveva solo sentito il preside esclamare: -Siete leggermente in ritardo, signor Fyfield! Mi toccherà spiegare tutto di nuovo!- e dal suo tono giulivo aveva intuito che non ne vedeva l’ora. 
Fy…field…giusto?
Wei An si era segnata mentalmente quel nome. A quanto pare, la ricerca era iniziata prima del previsto.
-Ciao, Tibor! Ci vediamo per pranzo!- aveva esclamato quando il suo accompagnatore si era dovuto accomiatare. Era poi stata scortata da una bidella taciturna fino alla porta dell’aula di Storia.
Ora si trovava lì davanti, eccitata. Tantissime cose sarebbero cambiate nel momento in cui la porta sarebbe stata aperta. Non si poteva più tornare indietro, ma non era spaventata. Era l’inizio, o meglio…un nuovo inizio. 
Bussò.
Scocciata, da dentro una voce sbuffò: -Avanti..!-
La bidella la precedette, spalancando la soglia e spingendola dentro senza troppi complimenti. Poi chiuse la porta alle sue spalle, lasciandole l’imbarazzante compito di presentarsi davanti a venti facce sconosciute che la fissavano perplesse. Avvampò.
-Oh…eh…sssalve?! Sono..ehm…una nuova studentessa! Mi…mi chiamo Wei An, Li Wei An. Ehm, Li è il mio cognome. So che ci si potrebbe confondere, perché nomi e cognomi cinesi si somigliano un po’ tutti e…- 
Penoso! Cosa stava facendo?! Era così agitata da non riuscire a frenare il fiume di parole che le usciva dalla bocca! Ma il silenzio e gli sguardi tutti puntati su di lei non facevano che peggiorare la situazione. Per smaltire l’imbarazzo, riusciva solo a passarsi una mano tra i capelli, irrigidita com’era.
Sembrerà che ho le pulci così, grandioso!
-Ehm, signorina Li, giusto? La ringrazio, può sedersi adesso.- 
Wei An arrossì ancora di più. Desiderosa di sprofondare, fece un goffo inchino che scatenò diverse risatine e cercò con gli occhi un banco libero.
Là! In prima fila, di fianco a quella ragazza dai capelli castani…
Oh?
Di nuovo quella sensazione!
Questa volta non aveva intenzione di perdersela. Si sedette senza esitare accanto alla ragazza.
-Ciao!- sussurrò. –Come ti chiami?-
Si chiese se ricevere un’occhiata storta come quella fosse normale. 
Naide invece si domandò che cosa avesse di strano quella nuova, improbabile, compagna di banco. Di solito nessuno le si rivolgeva con tanta disinvoltura.
Mah, forse in Cina sono così di carattere…ha detto di essere cinese, giusto?
Si chiese anche come mai una ragazza cinese si iscrivesse a quel liceo. Erano pochi gli stranieri che lo facevano.
Beh, in fondo io sono francese d’origine…
E poi perché da quando era entrata aveva quella strana sensazione?
Come se l’avessi già vista da qualche parte, ma non ricordo dove.
 -Non…me lo vuoi dire?-
Naide si voltò ancora a guardarla, osservandola bene: capelli corvini, naso piccolo, piatto ma non troppo, nerissimi occhi a mandorla che spiccavano sopra gli zigomi alti e rotondi, sopracciglia sottili e fronte alta.
Abbastanza ordinaria come orientale, se non fosse per quella pettinatura assurda.
In effetti Wei An portava i capelli intorno al volto e alle orecchie corti, che arrivavano solo fino al collo, ma aveva lasciato che le due ciocche che incorniciavano il viso un poco tondeggiante crescessero fino al petto. Non solo, ovviamente, altrimenti non sarebbe stata tanto assurda. Il resto dei suoi capelli era raccolto in una coda che arrivava fino al sedere. Pensò che sarebbe stato uno spettacolo vederli sciolti, quei capelli neri e lisci come la seta, dai vaghi riflessi blu…
-Naide.-
-Come, scusa?-
-Naide. È il mio nome. Me l’hai chiesto tu, no?-
Rimase sorpresa nel vedere quelle labbra esili aprirsi in un meraviglioso e caldo sorriso. 

***

Ione era irritata e brontolava dal suo banco con un’espressione corrucciata e le braccia conserte.
-Andiamo, ti ho già chiesto scusa!-
Non si voltò neanche verso Talia, che occupava il banco accanto al suo.
-Mi hai gettato nella doccia. Vestita. Con l’acqua ghiacciata.- ribatté.
-Non avevo scelta! Non è colpa mia se tu eri ancora in pigiama!-
L’acida risposta di Ione fu interrotta dall’arrivo della professoressa Leench con le fotocopie. Aveva deciso di iniziare l’anno con una bella spiegazione di geometria che ovviamente non era presente sui loro libri di testo, quindi stava facendo il giro tra i banchi distribuendo schede piene di disegni incomprensibili. Porgendo a Talia e Ione le loro, intimò il silenzio con un’occhiataccia degna della Gorgone Medusa. La rossa si azzardò ad aprire bocca solo quando la prof diede loro le spalle.
-Faremo i conti dopo.- bofonchiò. 
La giornata non era iniziata nel modo migliore e non aveva l’aria di migliorare, pensò inoltre gettando un’occhiata al foglio.
Matematica in prima ora, il primo giorno di scuola! Vogliono farci morire?!
-Ughh…sto per vomitare!- mormorò Talia fissando il suo, in chiaro accordo con la sua amica.
La Leench era una delle persone più noiose che Ione avesse mai conosciuto. Parlava, parlava, parlava…peccato che Ione non riuscisse a memorizzare il benché minimo niente, anzi, stava per usare il banco come cuscino… 
Si stava per chiedere che senso avesse alzarsi prima, se tanto poi sarebbe stata ripresa comunque perché si addormentava in classe, quando bussarono alla porta.
-Permesso? Chiedo scusa per il ritardo. Sono nuova, sono arrivata solo adesso. Mi chiamo Fyfield Sharazad…ehm…piacere?-
Tre cose colpirono Ione con una forza tale da risvegliarla del tutto: primo, il fatto che la ragazza si chiamasse come la narratrice di "Le Mille e Una Notte" era curioso e indicava che sicuramente non era americana (come accertò guardandola in viso); secondo, la voce esitante indicava al tempo stesso che era timida e che non si era preparata affatto una presentazione, ma questa sua timidezza aveva qualcosa di scioccamente familiare; e, soprattutto, terzo, ebbe la nitida sensazione di conoscerla…in pratica da sempre. 
-Ione?- la chiamò Talia –Hai idea di dove posso aver già visto questa tizia? Mi ricorda qualcuno, ma non saprei dirti chi!-
L’amica si voltò stupita a fissarla. Allora non era solo lei ad avere questa sensazione! Eppure era la prima volta che la incontravano, per quanto andasse indietro con la memoria, non rammentava di averla mai incrociata da nessuna parte…Capelli lunghi mossi e neri, occhi dorati, viso tondo dalle guance piene e morbide, bocca a cuore schiusa in un sorriso timido.
Pelle color caffelatte, abbastanza formosa, non troppo alta., aggiunse mentalmente mentre la guardava sedersi.
No. 
Se l’avesse già vista in giro prima, se ne sarebbe ricordata, a Hopesville non erano tanti gli stranieri. Pensandoci e ripensandoci, non le veniva in mente niente. Eppure…
-Signorina Heathrow!-
-Eh? Cosa?- esclamò Ione alzando di scatto la testa. La Leench la fissava con un misto di disgusto e diabolica soddisfazione. Rabbrividì istintivamente.
-Stavo giusto dicendo alla vostra nuova compagna che ho esaurito le fotocopie. Saresti gentile a cederle la tua e seguire con la signorina Road, ma dato che ti vedo già poco incline a prendere appunti, forse sarebbe molto meglio se tu stessa ti spostassi qui davanti insieme alla tua scheda…-
Ione ingoiò il boccone amaro insieme a una serie di insulti che avrebbe volentieri rivolto alla Perfidia. Era tornata dell’idea che la mattina poteva solo peggiorare.
Rassegnata, prese le sue cose e si allontanò dal banco, salutando Talia con un cenno abbacchiato.
Odiava il primo banco. Alzarsi prima quel lunedì aveva avuto senso solo per scegliersi il posto in fondo all’aula. E ora…si ritrovava catapultata sotto lo sguardo beffardo della Leench senza neanche poter fare un commento a fior di labbra! 
Che noiaaaaa…
-Scusa se te lo chiedo ma…tu frequenti il pub "L’Arpa"?-
Ione sgranò gli occhi verso la sua nuova compagna di banco.
-Scusa?-
-Cioè, no…nel senso…-
Era uno strano modo di iniziare una conversazione. Ione poteva vedere quanto fosse costato alla ragazza porre quella domanda, perché era talmente rossa in viso, il che era strano, perché se uno ha la pelle scura il rossore di solito si vede pure poco!…forse era importante?
-No…non lo frequento, anche se ammetto che non mi dispiacerebbe vedere com’è dentro. Scommetto che si ascolta della buona musica.- sorrise, un po’ incerta, per spezzare la tensione.
Shara rimase un po’ sorpresa. Non si sarebbe stupita a vederla al bancone del pub, con i suoi anfibi neri, tutti cinghie e stringhe, i polsini a quadretti rossi, i tre orecchini ad anello all’orecchio sinistro e i capelli rossi cortissimi e spettinati. Era un tipo singolare, non sapeva dove altro potesse averla vista se non nel pub irlandese all’angolo della sua via. 
Ma lei non lo frequentava.
-Uhm…allora…il circolo militare fuori città?
-Militare? No, sono allergica alle regole.-
-Il parchetto degli skaters vicino al centro?-
-Non so usare lo skate..-
-Corso di danza orientale?!- buttò fuori, alla disperata. Non le veniva in mente altro.
-Cosa?!- Ione scoppiò a ridere. Fu impossibilitata a parlare per trenta secondi, nei quali si dimenò sulla sedia per non cadere e batté silenziosamente il pugno sul tavolo per frenare le risa. Shara diventava ogni secondo più rossa.
–Mi ci vedi davvero, a fare una cosa del genere?- riuscì infine a dire la rossa.
-Beh…-
Avevo finito le idee! 
-Signorina Heathrow! Non solo non ascolti le mie lezioni, ma ti permetti anche di disturbarle? Fatti beccare un’altra volta a parlare e dovrai passare il primo pomeriggio dell’anno scolastico in punizione!-
Shara si morse la lingua. Quella donna era spaventosa! Ma perché nelle scuole private avevano il vizio di chiamare gli studenti con "Signor" e "Signorina"? Che angoscia!
Per dieci minuti buoni non riuscì a spiccicare parola. Sentiva addosso lo sguardo infuocato della Leench. Solo appena dopo che la professoressa si fu voltata, sussurrò piena di rammarico: -Scusami per prima!!!-
L’altra scosse la testa, apparentemente per nulla toccata dalla minaccia ricevuta.
-Na, non ti preoccupare, non è colpa tua. Comunque, avrebbe urlato "Signorina Heathrow!" anche se fosse scoppiato un incendio in corridoio.- 
Shara non poté trattenere un sorriso. Poi le balenò un'altra idea.
-Heathrow…è il nome di un aeroporto, giusto?-
-Mh? Sì…di Londra.-
-Ah, bello! Sei inglese allora?-
Stavolta l’altra restò un attimo in silenzio prima di rispondere. Nonostante il tono calmo, aveva una sfumatura più cupa.
-Non lo so. Porto il nome di un aeroporto perché i miei genitori sono probabilmente morti nell’incidente del volo Heathrow-Los Angeles. Hanno trovato solo me sul luogo dell’incidente, a dieci chilometri dalla costa, al largo di Boston.-
Shara ammutolì. Aveva decisamente toccato un tasto sbagliato. 
Ione rimase in silenzio. Perché aveva detto quelle cose a quella ragazza appena conosciuta? Che era orfana lo sapevano tutti, ma di questi dettagli lei non parlava mai con nessuno, al di fuori di Talia. Chi era questa tizia per spingerla a confidarsi? Forse era perché non lo capiva che aveva pure usato un tono brusco. Era infastidita. Da se stessa.
Shara passò gli ultimi minuti della lezione a cercare un modo per rimediare. Lo trovò solo al suono della campanella.
-Ah! Trovato!- esclamò, voltandosi verso Ione, che era già in piedi.
-Sabato sei stata al "Platinum"!- 
Il "Platinum" era il negozio di dischi, strumenti musicali, dvd e libri più grande della città. Punk, rockettari e giovani band emergenti ne frequentavano attivamente il baretto. Lei era andata lì sabato per comprare il regalo di compleanno di suo cugino, forse l’aveva intravista…
-No. Non di recente.-
A Ione era tornato il sorriso, queste domande la divertivano.
A Shara invece no. Quella strana sensazione era così pressante! Non era neanche riuscita a concentrarsi sulla lezione, invece di solito lei era sempre attenta! Perché sentiva di dover trovare una risposta a tutti i costi?
Mugolò con le mani nei capelli.
-Uff. Ma allora dov’è che ti ho già visto…?!-
Ione la fissò sbalordita, ma prima che potesse elaborare una risposta, fu trascinata fuori dalla classe dalla calca di studenti. 

***

Appena suonò la campanella una decina di studenti si tuffarono sul banco di Wei An.
-Ciao! Ti chiami Wei An, giusto? Ma sei cinese?-
-Ma il cinese lo sai scrivere davvero? Mi dici qualcosa?-
Naide arricciò il naso, quasi disgustata dalla stupidità che trasudava da quelle domande. I suoi compagni di scuola avevano trovato il loro nuovo giocattolino e il fatto che fosse straniera rendeva tutto più divertente, per loro. 
Non che ci fosse qualcosa di male nel mostrare interesse. Però, quando era successo a lei, Naide aveva sofferto l’abbandono a causa del fatto che non era riuscita a mantenere viva la loro attenzione, o qualcosa del genere. Forse erano le voci che già giravano ad aver allontanato quegli "amici".
Ma chissà, magari Wei An avrebbe avuto più fortuna di lei, aveva un bel caratterino vispo che la rendeva simpatica a tutti…non avrebbe avuto bisogno di una amica come lei
…Perché stava così male se pensava che anche quella sconosciuta l’avrebbe abbandonata? Dopo solo un’ora passata accanto a lei non potevano considerarsi "amiche", o no? Eppure, sentiva di non poterla considerare più nemmeno una sconosciuta.
Forse non lo è mai stata. 
Che pensieri assurdi! Scosse la testa. Era ora di metterli da parte, la ragazza nuova non sarebbe stata diversa dai suoi compagni, rifletté mentre si alzava e riponeva il libro nella tracolla.
-Senti, non hai bisogno di stare vicino a quella lì, se vuoi possiamo spostare un banco dalla prima fila all’ultima, così ti metti di fianco a noi!-
Frecciatina velenosa. Naide si impose di ignorarla.
-Perché mai? Naide è gentile e simpatica, non mi trovo male qui.-
Naide sbarrò gli occhi, sorpresa. Sapeva di non essere "simpatica", tuttavia sentiva sincerità nell’affermazione di Wei An e non un’adulazione da lecchina.
Forse le sto simpatica davvero. 
Perché un pensiero del genere la riempiva di una meravigliata felicità?
-Ah! A proposito, Naide!-
Quando la strana ragazza orientale si voltò verso di lei, apparentemente ignara dell’effetto shock che avevano avuto le sue parole sui compagni, Naide non era ancora riuscita a ritrovare la sua espressione impassibile. Era rimasta lì, con lo sguardo perso e le guance arrossate.
-Mi accompagni all’armadietto? Non ho mai capito come funzioni questa cosa. Devo lasciare lì tutti i libri? Per sicurezza li ho portati tutti!- aggiunse alzando con fare significativo lo zainetto che, Naide lo notò solo ora, sembrava sul punto di scoppiare. 
Trattenne a stento una risata.
-Pfh…d’accordo, ti aiuto.-
Uscendo, passarono accanto agli studenti e le sembrò di udire: -Hai visto, Miss Snob ha sorriso!-, ma gli altri commenti furono coperti dalla voce vivace di Wei An.
-Ah, e poi mi devi spiegare come si apre il lucchetto. Ci vuole una combinazione? Nel caso non la troviamo ho comunque dietro il piede di porco.-
Questa volta non riuscì a trattenersi. Naide rise apertamente. 

***

-Un cappuccino, per favore. Con mooooolto zucchero.- ordinò Talia all’addetto del bar della scuola.
-Difficile il primo giorno, eh?- commentò questi con un sorriso, porgendole la sua tazza.
-Come sempre, del resto.- rispose lei. Afferrò un altro paio di bustine di zucchero e si diresse col cappuccino al tavolo dove la stava aspettando Ione. Che si stava abbuffando con una brioche al cioccolato, per completare il pranzo.
-Mi chiedo come fai a mangiare così tanto senza ingrassare.- sospirò Talia.
-Forse nella mia vita precedente ero un asceta che non mangiava mai, quindi ora devo compensare.- ribatté l’altra a bocca piena.
Talia rise. 
-E questa da dove ti è venuta?-
Ione scrollò le spalle.
-Tu non sei messa meglio di me. Per quanto ti riguarda, dovrei chiedermi come fai a non essere diabetica con tutto quello zucchero.-
Talia abbassò istintivamente lo sguardo verso ciò che rimaneva delle quattro bustine di zucchero versate nel cappuccino. Scrollò le spalle anche lei, mentre continuava a mescolare.
-Forse nella mia vita precedente ero un cocainomane e ora mi è rimasta la fissa delle sostanze bianche.- 
Ione emise uno sbuffo divertito.
-Sei sicura di non esserlo ancora? Devo controllare che quello sia veramente zucchero?!-
-Smettila!- sbottò Talia in una risata –E poi lo sai che preferisco quello di canna allo zucchero bianco, i tuoi sospetti sono bocciati.-
L’altra non smise di sghignazzare.
-A-ah. Di canna, eh?-
Le loro risate si sentirono anche dall’altro lato del bar.
Shara, che stava arrivando in quel momento dal corridoio, sentendo le voci alzò lo sguardo e le vide da lontano.  
Che buffo. Come aveva fatto a riconoscere così alla svelta la risata di quella ragazza coi capelli rossi? Si insultò mentalmente ancora una volta per non averle chiesto il nome. Per di più la lezione dopo, Storia, che avevano sempre in comune, non era riuscita a sedersi vicino.
Una conversazione normale sarebbe iniziata con un semplice "Come ti chiami". Perché accidenti tra tutte le domande che le ho fatto non ho pensato anche a quella?!
Come se non bastasse, per colpa della pessima gaffe, non era riuscita a concentrarsi su nessuna lezione, quel mattino. Si biasimò: lei di solito era sempre attenta, anche se non interveniva molto. Prendeva sempre appunti sui quali poi riusciva a studiare bene e per meno tempo rispetto agli altri, in vista dei test.
-Ehi!- 
Non si voltò neanche per vedere chi l’aveva chiamata. Sapeva già chi era: il secondo motivo per cui non era riuscita a seguire Geografia.
Era la ragazza orientale che aveva incrociato nell’ufficio del direttore; per qualche oscuro motivo l’aveva fissata per tutta la lezione! Si allontanò a grandi passi, relegando in un angolino della mente il fatto che quella ragazza le dava la stessa sensazione che le aveva dato l’altra.
Un problema alla volta, per piacere!
Essersi appena trasferita in una nuova scuola, riconoscere una ragazza che non aveva mai visto prima, scappare da un’altra non conoscente e mangiare il pranzo tutta sola in cortile, cercare le parole per rimediare al suo madornale errore della prima ora…Tutti insieme erano troppi da affrontare per una mente ordinata e razionale come la sua. Senza contare che l’ultimo era quello che l’affliggeva di più, perché sapeva quanto può far male sentirsi soli; lei stessa, ogni tanto, provava quel dolore, come sentirsi incompleti…Ma era difficile trovare le parole giuste se doveva scappare metà del tempo! 
Cercò di confondersi tra la folla del bar mentre si avvicinava alla ragazza rossa. Ora o mai più. In qualche modo, decise, sarebbe riuscita a chiederle scusa.
Un’azione temeraria da parte sua, che progettava sempre tutto nei dettagli. Però era troppo tardi per tirarsi indietro, ormai era arrivata al tavolo e la rossa era pure da sola, dato che l’amica con cui stava parlando si stava allontantan…
Ah!
Di nuovo! Anche quella tizia l’aveva già incontrata?
Non. Pensarci. Adesso.
Solo il pensiero che ci fosse in giro l’ennesima "s-conosciuta" la mandava in panico. Prese un grosso respiro e affrontò la ragazza che si voltò verso di lei. I suoi occhi bruni la riconobbero subito con un guizzo. 
-Ehilà!-
Shara aprì la bocca, poi la richiuse. Quanto avrebbe voluto anche lei essere così disinvolta! Scosse la testa, rassegnata.
-Senti, volevo chiederti scusa per…quella domanda che ti ho fatto prima. In effetti, per tutte…- aggiunse arrossendo. Si rese improvvisamente conto di quanto potesse esserle sembrata inopportuna e invadente. 
-E…e…Oh, insomma!- si sedette sulla sedia vuota, sotto lo sguardo basito ma attento dell’altra.
-Volevo solo dirti che mi dispiace per averti fatto ricordare una cosa triste. Quando parla, la gente non si rende conto che le parole possono ferire in profondità, anche se in superficie non si vede. Ho fatto questi ragionamenti per molto tempo. A volte la gente fa allusioni senza accorgersi di averle fatte, come per sottolineare che tu sei diversa, a volte lo fa di proposito. In ogni caso, tu soffri comunque, no? Ho pensato queste cose a lungo, ed è per questo che mi dispiace ancora di più per quello che ho detto. Anch’io…sono orfana anche io. I miei genitori adottivi sono americani, mi hanno salvato la vita in Iraq quando non avevo neanche un anno. Quindi anche io posso capire come ti senti. Mi dispiace davvero.-
Infine tacque. Si sorprese di se stessa, quel fiume di parole era uscito praticamente da solo. Tuttavia non era riuscita a guardare l’altra negli occhi un attimo solo; aveva parlato sempre a capo chino, si vedeva che era arrossita solo dalla punta delle orecchie. 
Ione si meravigliò che una ragazza con la pelle così scura riuscisse ad arrossire così bene.
Per il resto era rimasta ammutolita. Come poteva quella ragazza sconosciuta dare voce a tanti suoi pensieri inespressi, che giacevano sul fondo del suo inconscio e che riusciva a sfogare unicamente trasformandoli in musica con la sua chitarra?
-Ah…senti…-
Era lei che parlava?
-Non…non ti devi preoccupare di questo. Io non me la sono presa…beh un po’, ma certo dopo un discorso profondo come questo, come faccio a tenerti ancora il muso?! E per quanto riguarda le altre domande, io mi stavo divertendo!- ridacchiò per sciogliere la tensione e scacciare via l’ansia da quella ragazza. Funzionò, perché Shara alzò esitante gli occhi. 
-Comunque, io sono Ione. Piacere di conoscerti, Sharazad.- aggiunse, tendendole la mano. L’altra la strinse, piena di sollievo e di gratitudine.
-Chiamami Shara.-
-Ehiii! Ti ho trovata finalmente!- urlò una ragazza orientale che sgomitava tra la folla per arrivare fino a loro.
Shara trasalì e, prima che Ione potesse chiederle qualcosa, fuggì lesta con un: - Grazie di tutto! Scusa, ma devo proprio scappare! Ci vediamo a lezione!-
In tre secondi era già dall’altro capo del corridoio, con la ragazza asiatica che continuava a chiamarla invano. 
-Certo che questa scuola si sta riempiendo di gente strana, uh?- commentò Ione osservandola.
Talia si avvicinò al tavolino, annuendo.
-Ah, ma eri qui? Dov’eri finita?-
-Non ci vuole una scienza a pagare un cappuccino, solo che quando sono tornata non mi andava di interrompere la tua amica!- replicò.
-Ah…hai origliato!- sogghignò Ione.
-No!- sbuffò Talia –Però non ho potuto fare a meno di ascoltare.-
-Ma…hai preso dell’altro zucchero!-
La biondina guardò la bustina con aria colpevole. 
-Quel discorso mi ha messo un po’ tristezza…non so, non proprio…però ha smosso qualcosa dentro di me. È difficile da spiegare…-
Ione annuì. Non c’era bisogno, provava esattamente la stessa cosa.
L’amica sbuffò, abbandonandosi sulla sedia.
-Beh, ritornando alle tue pillole di filosofia di prima, direi che devo cambiare teoria. Nella mia vita precedente ero una ragazza che affogava i dispiaceri della solitudine ingozzandosi di roba dolce.-
La rossa sorrise dolcemente, comprensiva.
-Ma non è lo stesso anche adesso?-
Ma da adesso non sarò più sola.
Talia non seppe da dove era uscito quel pensiero, né da dove derivava tutta quella certezza che lo permeava. Però ci credette con tutta se stessa. 




 

Tutto questo Wei An lo sapeva già. Tibor non l’avrebbe fatta uscire di casa senza darle tutte le informazioni possibili, era così puntiglioso! Ma la ragazza aveva ascoltato lo stesso, pazientemente, il discorso del preside Chastant. Quando aveva – finalmente! - terminato, le aveva porto la sua tabella degli orari e lei aveva dovuto sforzarsi per non strappargliela di mano.

 

  
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