Serie TV > The Vampire Diaries
Ricorda la storia  |      
Autore: FraRose    14/05/2011    7 recensioni
Elena capisce di essere innamorata di Damon. Ma è troppo tardi. Il destino vuole che lui muoia per il morso di lupo mannaro e nessuno può ingannare ciò che è già scritto.
Elena riuscirà però a trovare la felicità dopo la sua morte, grazie al frutto dell'amore che Damon e lei hanno dato in dieci anni, il tempo concesso al vampiro di vivere...
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Damon Salvatore, Elena Gilbert
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Mi manchi



Image and video hosting by TinyPic

 

 

Era mezzanotte passata ed ero a casa Salvatore. Ero in piedi e, per la stanchezza, continuavo a spostare il peso da una gamba all’altra. Fissavo la luna che splendeva nel cielo, bella e luminosa nella notte chiara di stelle. E pensavo alla mia vita, riflettevo fino a sentire dolore al cervello sul perché proprio quella vita fosse stata data a me.  
Ma pensavo anche a un’altra cosa…
Chi fosse passato davanti alla finestra avrebbe visto Elena Gilbert che guardava incantata la luna nella speranza che tutte le persone che era stata costretta a perdere cadessero dal cielo. Ma non era così; non credevo nei miracoli. Un morto è morto, non c’è nulla da fare.
Ricordavo i giorni successivi al sacrificio e alla fuga di Klaus: il funerale era stato molto intimo e quasi nessuno vi aveva partecipato. La morte di Jenna Sommers e di John Gilbert aveva un che di inquietante, visto che due membri della stessa travagliata famiglia erano morti circa alla stessa ora e nessuno sapeva la ragione. Beh, tranne chi doveva sapere.
Decine di persone mi avevano incontrata per caso e non avevano fatto altro che sussurrare alle mie spalle: “Povera Elena”, “come sarà successo?”, “e il fratello?”, “senza nessuno…”.
Avevo alzato la testa, trattenuto i singhiozzi e accelerato il passo. La gente non faceva che ricordarmi con quegli sguardi falsamente compassionevoli che non avevo un parente che non fosse mio fratello. E che la probabilità di perdere anche lui non fosse esattamente lo 0%.
Chiusi gli occhi e sbuffai, come se quel soffio potesse contenere tutto il mio dolore e potessi scacciarlo via così velocemente. Come se con un semplice sbadiglio potessi allontanare i miei pensieri.
Dietro di me, un singulto. Mi voltai e con passo affrettato corsi verso il divano, dove sdraiato e senza forze stava Damon.
Lo vidi mugolare di dolore; sapevo che si stava trattenendo per non spaventarmi, ma era inutile. Sentivo grida colme di sofferenza nei miei pensieri; immagini scorrevano alla velocità della luce nella mia mente. Rose e le sue grida riempivano la mia testa.
“Damon” sussurrai all’orecchio del vampiro. Gli accarezzai il volto dolcemente, nel vano tentativo di infondergli tranquillità e sollievo. Con mio stupore, forse un po’ ci riuscii.
“Elena” disse lui con una smorfia. Per quanto stesse male non poteva fare a meno del suo solito tono, il che mi fece scappare un sorriso appena accennato. Vederlo così sudato e malaticcio, più pallido del solito e sofferente, mi stordiva. Se lui soffriva, mi pareva di soffrire anch’io. Forse non solo mi pareva, ma era davvero così.
“La morte fa schifo, Elena” borbottò, tirandosi la coperta fino al mento. Batteva i denti, come un bambino infreddolito.
Scossi la testa: “Non stai morendo, Damon” lo tranquillizzai. In realtà quella frase aveva un doppio scopo: non far perdere le speranze a lui, ma soprattutto non farle perdere a me. Sì, perché negli ultimi tempi mi ero resa conto quanto mi avrebbe fatto male veder andare via Damon e non avere quel potere per trattenerlo in vita.
Perché chi ero io contro la natura? Semplice: io non ero nessuno.
“Elena, non mentire a te stessa. Ma soprattutto, non mentire a me” rispose Damon sprezzante. I miei occhi si riempivano di lacrime; non poteva essere lui stesso così pessimista riguardo alla sua vita. Non poteva solamente pensare alla possibilità di una vita separata da un confine invisibile e intangibile, ma allo stesso tempo così marcato e solido. Non avevo idea di quello che c’era dopo la morte e non ci avevo mai neanche pensato seriamente. Nemmeno quando mi trovavo all’interno del cerchio di fuoco di Klaus: ero più preoccupata per Stefan, per Jeremy e per Damon. La mia vita contava fino a un certo punto.
“Stefan troverà una soluzione” lo rassicurai non smettendo di accarezzare il suo volto tutto coperto di sudore e scosso da brividi continui.
Stefan era andato da un clan di streghe in Inghilterra, nel tentativo di trovare una soluzione. Speravo con tutto il cuore che sarebbe riuscito a trovarla in tempo, perché davvero non avrei sopportato di perdere un amico come Damon.
“Stefan la troverà anche… ma quando tornerà io sarò già morto decrepito” sospirò Damon, con un tono né triste né contento. Avrei detto il tono di uno che si arrende, di uno che si è stancato di combattere. “No” dissi solamente io. “Tu devi farcela, hai capito? Tu devi farlo per me” scandii bene, obbligandolo a capire.
Lui mi fissò un attimo, poi esplose: “Per che cosa, Elena? Per soffrire ogni nuovo giorno che sorge? Per vedere la donna che amo baciare mio fratello, senza nemmeno vederla sforzarsi di capire come io possa sentirmi in quei momenti? Dimmi per che cosa dovrei sopportare il resto dell’eternità che ho davanti, quando la possibilità di porre fine al dolore è qui davanti a me. Non la devo nemmeno andare a cercare, devo solamente attendere. E poi tutto finirà, finalmente” disse rabbioso Damon.
Cosa? Aveva davvero detto che mi amava? In un certo senso aveva detto proprio questo, anche se con altre dolorose parole. Faceva male, molto male. Ma aveva ragione: mi aveva fatto capire che me ne ero altamente fregata dei suoi sentimenti.
“Come hai detto?” chiesi sussurrando così piano che per un attimo pensai che non mi avesse nemmeno sentita. Poi vidi il suo viso contrarsi in una smorfia di disapprovazione, scettica e di nuovo quello sguardo… arrendevole. “Davvero lo capisci solamente ora?” domandò urlando.
“Davvero non hai mai capito che ti amo ti amo ti amo?” sbottò infine esasperato.
Avevo le lacrime agli occhi e non sapevo nemmeno bene il perché. Non ero la classica ragazza che scoppiava in lacrime alla prima romantica dichiarazione, anche se questa non era proprio definibile romantica, ed ero una che teneva duro. Non mi lasciavo mai trasportare troppo dalle emozioni, perché quando accadeva mi sentivo troppo vulnerabile.
E ora là, davanti a me, Damon in lacrime. “Scusa” sussurrò lui poi. Afferrò la coperta e si rimise sul divano a dormire, stanco dopo uno sforzo emotivo e fisico come quello che lo avevo appena involontariamente costretto a fare.
La mia mente frullava, fondeva. Stavo pensando così intensamente sul da farsi che sentivo male al cervello. “Ascolta il tuo cuore” mi dissi. E mi lasciai andare, feci quello che sentivo che dovevo fare. Lentamente mi avvicinai al volto di Damon. Lo vidi leggermente disorientato, ma quando capì quali erano le mie reali intenzioni non esitò a venirmi incontro.
Dieci centimetri, cinque, tre, due, uno. Zero. Dopo mesi, anni di inespresso desiderio, finalmente le nostre labbra si toccarono. Inizialmente fui sul punto di tornare indietro e l’immagine si Stefan occupò la mia mente. Damon però non era d’accordo e cercò avidamente la mia lingua. Con un gemito cedetti alle sue provocazioni e mi lasciai andare, perché in fondo sapevo che era quello che volevo. Non avevo mai pensato a come fosse baciare Damon. Avevo conosciuto la timidezza del primo bacio con Matt, la dolcezza con Stefan e mai l’audacia di Damon. Avrei dovuto immaginare che morto o vivo, lui era sempre pronto per questo genere di cose.
Le nostre lingue si toccavano, danzavano e si rincorrevano.
Ma dovevo chiedergli una cosa: “Mi ami, Damon?”.
Aprii gli occhi in quel momento e incontrai i suoi, bramosi di riprendere il nostro piccolo momento di passione. Il nostro primo momento di passione. “Sì che ti amo, Elena” dichiarò lui, sicuro di sé. “Te?” aggiunse poi, accarezzandomi il volto.
Lo fissai intensamente, vogliosa di comunicargli ogni mio sentimento nei suoi confronti in tutti i modi possibili. Perché finalmente lo avevo capito. Avevo capito che lo amavo e che in un certo senso avevo sempre amato lui, ma non avevo mai avuto il coraggio di ammetterlo. E mi vergognavo di questo, a dirla tutta. “Sì, ti amo anch’io. Da sempre. E ti chiedo scusa per averlo capito solo adesso…” cominciai, ma lui mi interruppe con un bacio.
“I discorsi seri li lasciamo a domani. Lasciami vivere la mia ultima sera con chi ho sempre desiderato negli ultimi cinque mesi” sussurrò lui. E cedetti alla sua frase, triste ma dolce, dolorosa ma felice. Perché ero felice di aver trovato la mia via.

 

*

 

“La soluzione c’è, Elena” annunciò serio Damon. Aveva lo sguardo corrucciato, cupo. Non capivo il perché: aveva appena trovato una soluzione ai nostri problemi.
A differenza sua, sorrisi apertamente: “Cosa c’è da essere così di malumore, Damon? Guarirai, abbiamo la cura!” esclamai trionfante, contenta che Bonnie fosse riuscita a scovare il sistema giusto nei suoi numerosi libri di incantesimi. Eravamo insieme da qualche ora, ci eravamo baciati. Quella mattina lo avevo detto a Stefan, appena tornato dall’Inghilterra con un’importante novità, e tutto era andato a meraviglia, dato che lui mi aveva confessato di volere ritornare da Katherine. Ore prima mi sarei arrabbiata all’inverosimile, ma ora no. Ero solamente contenta di aver sistemato tutto per il meglio.
Non capivo però che avesse Damon. Lo vidi sorridere appena. Lo guardai, tentando di capire cosa non funzionasse: “Che c’è?” chiesi sospettosa.
Non lo sentii rispondere e i miei occhi cominciarono a inondarsi di lacrime. Perché tutto era così triste se poteva sopravvivere? “Damon, che c’è? Cosa non mi stai dicendo?” chiesi in lacrime, esasperata. Aveva paura che lo facessi soffrire ancora?
“Damon se hai paura per noi, che non possa funzionare e tutte cose del genere, ti giuro che non succederà. Funzionerà. Non ti farò più soffrire, mai più. Non potrei tollerare da parte mia un comportamento così crudele nei tuoi confronti!” lo tranquillizzai. Ma non ebbe l’effetto desiderato: anzi, tutto il contrario. Il che mi fece scoppiare a piangere ancora più ininterrottamente e sommessamente. “Damon?” chiamai con un tono stridulo.
Alzò improvvisamente lo sguardo e vidi i suoi occhi, tristi e gelidi: “Dieci anni” mi disse con tono lugubre. Dieci anni? Che intendeva per dieci anni?
“Ho ancora dieci anni” chiarì lui. La realtà fu per la prima volta qui davanti a noi, penzolante sopra le nostre teste. E sembrò che dirla ad alta voce avesse permesso a Damon di afferrarla, perché solo ora cedette alle lacrime.
“Elena, che me ne faccio di dieci anni?” domandò in preda ai singhiozzi. “Sono solamente dieci, e questi schifosi 150 anni che ho già vissuto sono passati alla velocità della luce, nonostante abbia sofferto ogni singolo dannato giorno. Se tu prometti di rendermi felice, questi merdosi dieci anni passeranno ancora più veloci di un solo giorno” esclamò lui.
Non era possibile: allora perché Stefan aveva chiamato quella cura una cura? Non lo era! Dieci anni non erano una cura! Dieci anni non erano un rimedio.
“Non c’è un’altra soluzione? Non potresti rinnovare la cura fra dieci anni?” suggerii io, abbracciandolo per dargli conforto. In realtà, anch’io avevo un estremo bisogno di sostegno.
Lo sentii scuotere la testa: “La polvere che Stefan ha portato non è salutare per i vampiri, ma guarisce i morsi di lupo mannaro. In genere lo usano gli umani per guarire più in fretta ma noi vampiri non possiamo ingoiarne una quantità troppo grossa, perché il nostro corpo non riesce a smaltirla e riesce a tollerarne la presenza solo di una certa dose. Se ingoiassi troppa polvere, morirei sul colpo, soffocato. In poche parole, più polvere prendi, più vivi. Ma visto che io non posso prenderne tanta, vivo sì, ma per dieci anni al massimo” spiegò Damon. Quello che mi stava dicendo con così tanta triste e tragica tranquillità mi faceva sentire un buco nello stomaco. Non poteva essere. Che cavolo di cura era? In pochi secondi sarei esplosa, mi sarei buttata sul divano e avrei pianto, fino a quando dai miei occhi non sarebbe uscito il sangue.
“Elena. Dimmi, vuoi che io viva ancora dieci anni? O vuoi porre fine a tutto ora? Il per sempre non è più un’alternativa. Mi dispiace” mormorò Damon. Era incredibile come riuscisse a nascondere la sua paura, il suo dolore. Perché ero certa che ne fosse invaso.
Riflettei attentamente. “Scelgo i dieci anni. Saranno i dieci anni più belli della nostra vita, faremo in modo che siano così. Non baderemo al tempo che passa. E quando arriverà il giorno, beh… se non c’è un’alternativa…” sussurrai.
“No. Non esiste” spiegò tristemente lui.
“Allora…” proseguii ma le parole mi morirono in gola, troppo terrorizzata dal seguito della frase. Come si poteva chiedere a una persona di scegliere fra dieci anni di felicità, in cui si rischiava di innamorarsi ancora di più, oppure di porre fine a tutto all’istante.
“… morirò” concluse lui per me.
Ci guardammo negli occhi e ci abbracciammo, bagnandoci le rispettive maglie di lacrime amare.

 

*

 

Fissai Damon che mi guardava con la tipica occhiata di chi sta sulle spine: “Allora, Elena?” domandò nervoso. Abbassai lo sguardo, non sapendo neanche da dove cominciare.
“Elena, lo sai che ho gli anni contati?” mi informò con pessima ironia lui. Gli lanciai un’occhiataccia per fargli capire quanto poco avevo apprezzato quella battuta. “Cattiva, scusami. Ma davvero, che succede? È tutto il giorno che mi guardi in questo modo come se tu mi volessi dire qualcosa ma non hai il coraggio sufficiente per farlo. Non ti mangerò, qualsiasi cosa sia” parlò rapidamente Damon.
Mi decisi finalmente a spiccicare una parola: “Io…”. Avevo cominciato, ora dovevo andare avanti. Forza, Elena! “Io… sono incinta, Damon” confessai.
Chiusi gli occhi preparandomi a tutto il possibile immaginabile: divani rovesciati, tavolini dall’altra parte del salotto, sacche si sangue spalmate sulle pareti. Ma, contro le mie aspettative, solamente uno scettico ma leggermente entusiasta: “che cosa?”.
Annuii leggermente: “Sono incinta” ripetei.
Vidi il suo volto cambiare espressione ogni cinque millesimi di secondo. Infine sembrò optare per quella contenta: “Elena! È meraviglioso!” strillò, correndo verso di me abbracciandomi.
“Lo so!” risposi io urlando, saltellando come una bambina.
Ci ritrovammo con i volti vicinissimi. In quel momento vidi balenare un lampo di luce sinistro nei suoi occhi e capii a cosa stava pensando: i nostri figli avrebbero visto il padre solo per meno di dieci anni. E poi fine, nessuna possibilità di rivederlo. Se non attraverso una lapide.
“Non dobbiamo abbatterci per questo” sussurrai, nel tentativo di consolarlo.
“No, non dobbiamo” concordò lui con un sospiro. Si staccò da me e si lasciò cadere sul divano, sconsolato dalla piega che quel momento aveva preso.  

 

*

 

Erano nate le due bambine gemelle più belle del mondo. Avevamo deciso di chiamarle Lily e Jenna. Lily semplicemente perché ci piaceva molto come nome: era dolce, semplice e breve. Jenna, invece, in memoria della mia amata zia, morta con onore durante il sacrificio per Klaus: aveva cercato di salvare la situazione, senza successo, ma ci aveva provato.
Stefan era diventato il padrino di entrambe e Katherine la loro madrina. Su di lei non ero d’accordo, inizialmente, ma quando mi garantì che avrebbe svolto il suo compito con dignità e lo avrebbe preso sul serio, acconsentii.
Gli anni passarono alla velocità della luce, come Damon aveva previsto. La giornata maledetta incombeva su di noi: ogni giorno che passava, significava un giorno in meno da vivere per Damon. Alcune volte ignoravamo la dura verità perché con le nostre bambine ci divertivamo troppo, altre volte non potevamo fare a meno di volgerle il pensiero anche solamente per un secondo.  
“Jenna!” urlai io un giorno, abbracciando la bimba che era appena tornata da scuola. A suo seguito arrivò Lily, che corse incontro al papà. Lei era particolarmente legata a Damon, il quale sapeva perfettamente che questo legame aveva lati sia positivi che negativi. Quando lui sarebbe morto, Lily sarebbe stata malissimo per molto tempo. Si sarebbe depressa, probabilmente.
“Com’è andata a scuola?” domandò Damon, facendo salire Lily sulle sue spalle. Si divertiva un mondo ad aggrovigliarsi sulla schiena del papà.
“Bene! Abbiamo preso tutte e due ottimo della verifica di matematica!” urlarono in coro le due. Erano belle, intelligenti e piccole donne in tutto e per tutto. Avevano gli occhi di Damon e i miei capelli. Lily aveva il dono di averli mossi, come quelli di Katherine, ed era stupenda.
“Bravissime!” urlammo in coro io e Damon.
Poi ci abbracciammo tutti quanti, come un’unica e inseparabile famiglia. Perché quei momenti dovevamo goderli fino in fondo, finché sarebbero durati.

 

*

 

Il giorno era arrivato: Damon sarebbe morto da un momento all’altro. Le bambine erano andate a scuola non molto tranquille: avevano visto di sfuggita il braccio del papà che aveva ricominciato a pulsare e a tingersi di rosso.
“Cos’è, papà?” aveva domandato preoccupata Lily.
“Nulla, tesoro” aveva risposto Damon, tirando velocemente giù la manica della camicia nera. Poi aveva parlato con entrambe; voleva che lo vedessero per l’ultima volta con un aspetto sano il più possibile. “Promettetemi che farete le brave sempre. Non farete arrabbiare la mamma e le vorrete bene in ogni momento. Non deludetela e non fate cose stupide. E promettetemi che lotterete per realizzare i vostri sogni e per essere felici, chiaro?” aveva detto Damon.
Le bimbe avevano annuito ad ogni frase che il papà aveva detto. Dopo il suo lungo discorso avevano solennemente detto in coro: “Promesso”. Lui aveva sorriso e le aveva abbracciate forte. Quando furono uscite, lasciò una lettera a ciascuna di loro. Le diede a me, in modo che io potessi darle loro quando sarebbero cresciute. E lasciò un orso di peluche a ognuna, teneramente sepolto fino al collo sotto le coperte del letto.  
“Mi mancherai” sussurrai, quando ormai mancava poco.
“Anche te. Ti aspetto, un giorno ci ritroveremo” rispose lui baciandomi la fronte. “Promettimi che anche tu farai la brava. E che aiuterai le nostre piccole, ok?” disse lui.
Annuii: “Promesso”.
“Ti amerò per sempre” sussurrò, baciandomi per l’ultima volta.
“Anch’io” risposi.  Poi sentii  la presa della sua mano affievolirsi e poi capii che non c’era più, davvero. Se ne era andato. Questa volta per sempre. E io sentii per la prima volta di non potermi opporre a ciò che è già scritto.

 

*

 

“Venite. Jenna, Lily” chiamai io. Avevamo comprato il giorno prima degli eleganti vestiti neri, in occasione di quel giorno.
“Mamma, dov’è il cimitero?” chiese Lily. Era normale che lo chiedesse, visto che avevo sempre con cura evitato che entrassero in quel luogo, per la tristezza e i ricordi che conteneva.
“Da questa parte” risposi io solamente. Non avevo la forza di aggiungere altro. Afferrai il mazzo di fiori che avevo comprato il giorno prima e avevo appoggiato davanti allo specchio nell’ingresso della casa dove ormai vivevo da anni. La stessa casa che io e Damon avevamo comprato quindici anni fa. Erano passati cinque anni dalla sua morte.
Camminammo lente e non usammo la macchina. Ci dovevamo preparare a quel luogo e arrivarci troppo in fretta non sarebbe stato d’aiuto.
Dopo una mezz’ora di camminata arrivammo al cimitero; spinsi il cancello in ferro battuto che cigolò sinistramente. Lily e Jenna si scambiarono uno sguardo ansioso, ma io proseguii decisa per infondere loro coraggio.
Le vidi seguirmi anche se leggermente indugianti. Percorsi altri dieci metri e svoltai a sinistra e la vidi: la tomba dove Damon era stato sepolto.
“Papà” sussurrò Lily, sorpresa e triste alla vista della sua foto migliore. Sentii la sua voce incrinarsi leggermente, come se le lacrime stessero per esplodere.
Udire il singhiozzare delle mie, delle nostre figlie fece cedere pure me: scoppiai in un pianto di nostalgia, di dolore e che mi fece inevitabilmente ricordare quanto la vita fosse più dura, vuota senza Damon Salvatore. E il sentimento peggiore che mi assaliva era il senso di colpa: forse se non avessi aspettato così a lungo per ammettere il mio amore per lui tutto questo non sarebbe successo. Sicuramente se io non fossi quella che sono, Damon Salvatore non sarebbe mai morto e continuerebbe a vivere la sua eternità nel migliore dei modi. Probabilmente avrebbe trovato un’altra donna che lo avrebbe meritato davvero, non come me. O l’altra possibilità è che avrebbe vissuto di strip club e spogliarelliste. Damon era imprevedibile, pensai con tristezza.
Nonostante tutto, però, io lo amavo. Lo avevo amato e, per come potevo, lo amavo ancora. Perché quando perdi una persona provi un dolore pulsante al cuore, come una ferita che non smette mai di bruciare. E poi, quando finalmente riesci a trovare la felicità che allieva il taglio, si cicatrizza, lasciando per sempre un segno della tua sofferenza nel cuore. La felicità l’avevo trovata in Lily e in Jenna. Loro avevano cicatrizzato la mia ferita che, nonostante tutto, a volte ritornava ad aprirsi.
Potevo solamente dire che i dieci anni d’amore che Damon mi aveva regalato erano stati i più luminosi che avessi mai vissuto. Aveva dato alla luce insieme a me due gemelle belle come lui che amavo da impazzire, mi aveva fatto dimenticare persino che avevamo gli anni contati. Lui proseguiva il suo conto alla rovescia, io invecchiavo, così un giorno lo avrei raggiunto sotto terra.
La vita è dura, lo sanno tutti. Eppure io mi chiedevo: perché a me tutto questo? Non lo sapevo, sapevo solo che la felicità nel dolore si trova nelle cose più visibili della tua vita, così chiare e presenti che a volte non ci fai nemmeno caso. Guardavo le nostre figlie e vedevo lui.
Fissai l’incisione sulla sua lapide e vidi lui.
Vidi lui e vidi Lily e Jenna.
Vidi un amore che aveva creato magie che non cessarono mai di vivere.
Tirai fuori dalla tasca la lettera che avevo scritto in modo simbolico e l’appoggiai accanto al mazzo di fiori. Jenna lasciò una rosa e Lily baciò semplicemente la foto del padre. Notai che una lacrima la bagnò.
Mi commossi talmente tanto che le abbracciai, tirandole indietro per allontanarle da là. Diedi l’ultima occhiata alla tomba e mandai un bacio con la mano. “Ti amo, Damon” sussurrai impercettibilmente.

 

*

 

Sono passati quarant’anni; sono Lily Salvatore e sto fissando il mio riflesso nello specchio da ore. Ho due enormi occhi azzurro chiaro, la pelle pallida e i capelli castano scuro e mossi. Finisco di guardare la me nel vetro e abbasso lo sguardo sulle mie mani. Comincio a fissarle insistentemente, come se volessi distinguere ogni cellula l’una dall’altra.
Mia sorella Jenna non è qui a Mystic Falls; ha trovato un lavoro ottimo in Europa. È diventata una ricercatrice contro il cancro.
Sospiro e afferro una lettera che il giorno prima ho scritto per papà: sono passati quarant’anni dalla sua morte e voglio essere lì vicino a lui. So che non può sentirmi, non può percepire la mia presenza, non ha la minima forza per captare il mio odore e il mio respiro. E, probabilmente, non può nemmeno udire i miei singhiozzi.
Vado a piedi verso il cimitero passando per la strada principale, quella dove ogni giorno centinaia di macchine passano e ignorano quanto per altre sconosciute persone può essere triste passeggiare lungo quel viale.

 

 

Papà,
mi manchi. Tanto. Io e Jenna pensiamo tutti i giorni a te, a come sarebbe con te intorno. Perché se tu fossi intorno a noi, siamo certe che ci sarebbe anche la mamma.
Se n’è andata qualche anno fa; era malata, oltre che molto triste per la tua mancanza. Ma sai una cosa, papà? Lei ci ha raccontato perché ora non sei qui con noi. Sappiamo che avevi tutte le buone intenzioni del mondo, volevi semplicemente aiutare Tyler Lockwood e ci sei riuscito, ma a un caro prezzo.
Papà, non hai idea cosa significhi per noi la lontananza da te. Siamo grandi, cresciute e siamo entrambe sposate. Ma non hai nemmeno idea di cosa significhi per noi che tu sei morto per aiutare il prossimo, quando sapevi sin dall’inizio che era rischioso.
Papà, non sei un codardo. Ricordo che i dieci anni che ti sono stati concessi dalla cura sono volati nella più grande serenità possibile, e io non avevo la minima idea di quello che c’era dietro l’angolo ad aspettarci.
Sei stato il migliore papà del mondo, ci tengo a dirtelo perché sei riuscito a darmi i più bei dieci anni della mia vita. Grazie papà.
Jenna è diventata una ricercatrice contro il cancro. Lei non mi dice il perché, ma penso che lei voglia aiutare le persone che per una malattia muoiono impotenti, lasciando famiglia e figli soli. Non esistono casi come te, papà. Nessuno è mai morto per un morso di licantropo dopo dieci anni che era successo. Sappiamo cosa si prova a perdere qualcuno e non potere fare niente per fermarlo. E sappiamo anche cosa significhi avere le ore contate.
Non meriti questo, papà.
Io sono una casalinga. Ho due figli: Damon e John. Lo zio John ha salvato la vita di mamma e a me e a Jacob sembrava un’idea carina ricordarlo. E ricordare te, soprattutto.
Jacob è il figlio di Tyler e Caroline Lockwood. A dir la verità, è stato Tyler ad insistere che chiamassimo nostro figlio Damon. ti è eternamente riconoscente, papà. Si prende cura di me e di Jenna, quando è a casa, in un modo che non hai idea.
Sono bravissimi i tuoi nipoti: belli, con i tuoi stessi occhi, e intelligenti. Mi chiedono spesso di te e io rispondo che un giorno verranno qui e parleranno con te, leggendo i ricordi di Elena e i miei nelle nostre lettere. E loro ne lasceranno una, e andrà avanti così all’infinito.
Jenna ha una figlia sulla sedie a rotelle. Si chiama Elena. È dolcissima, vorrei tanto che la conoscessi. Mi ha dato il suo orsacchiotto di peluche da lasciarti qui. Voleva che il nonno avesse qualcosa di lei.
Ora vado, papà.
Grazie per esserci stato, grazie per avermi regalato quei momenti stupendi passati assieme.
Grazie
Con affetto
Lily

 

Sento che lui può sentirmi. Sento che lui sa tutto di me.
Per la prima volta con quella consapevolezza mi allontano, asciugandomi le lacrime, pronta a raccontare la storia di nonno Damon ai miei figli, in modo che l’uomo più altruista che abbia mai conosciuto possa essere ricordato. Per sempre.

 

 

 

Angolino della Matta Fra

Ciao gente!
Allora, la Fra è in vena di tristezza. La puntata 2x21 mi ha scossa parecchio e prima di vedere la season finale avevo abbozzato questa OneShot. Ora la pubblico, nella speranza che l’apprezziate nonostante la tristezza che contiene.
Non esiste una cura al lupo mannaro e si sa. Ora sappiamo che non è proprio così, ma questo è un finale alternativo. Tragico e molto drammatico.
Ma finalmente avrò una delle mie tante storie pazze “completa”! Così forse tornerò ad aggiornare il mio pazzo crossover  Please Come Back  e continuerò ovviamente con I Feel You . Vi segnalo anche la mia raccolta di pazze OS Delena, per chi avesse voglia di ridere. Qui: ♥Damon&Elena♥. 
Presto tornerò ad aggiornare tutto, abbiate pazienza: sono gli ultimi giorni e devo darci dentro.
Ora vi lascio, spero che questa cacchetta che ho scritto vi piaccia! L’obiettivo che spero di raggiungere è quello di creare tanti nuovi fiumi di acqua salata. Io stessa mentre scrivevo la letterina di Lily ho pianto come una scema… detto questo,
Bacioni e recensite in tante!

Fra

 

 

   
 
Leggi le 7 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > The Vampire Diaries / Vai alla pagina dell'autore: FraRose