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Autore: Back To Vegas Skies    14/05/2011    1 recensioni
Gabe era arrabbiato. Arrabbiato con William, perché era così dannatamente perfetto, arrabbiato con se stesso, perché non riusciva a fare a meno di sentirsi attratto da lui e di essere geloso delle persone che gli stavano vicine più del dovuto, era addirittura arrabbiato con Pete, perché, cacchio, era colpa sua se lo aveva conosciuto!
Non voleva finire per innamorarsi di William, era veramente troppo per lui e sapeva che ne sarebbe uscito solo ferito.
[GabeXWilliam]
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Cobra Starship, The Academy Is
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo un po’ noioso, ma è solo “di passaggio”. Nel prossimo vi divertirete u.u
Sta diventando una cosa lunghissima, e pensare che volevo finirla con questo capitolo! (ce ne saranno almeno altri due). *fpalm
Vabbè, grazie a tutte le persone che hanno letto! :)
Posterò presto il resto :D

p.s. Come nell'altro capitolo, Gabe e William.
 

We can turn our backs on the past and start over.

 
Gabe aveva deciso che non sarebbe più andato da Pete, ma non riuscì a mantenere la promessa per più di tre giorni, perché gli mancavano i suoi amici, gli mancava Bronx e soprattutto gli mancava William. Gli mancava vederselo sempre tra i piedi, sentirlo cantare in giro per la casa o ascoltare le sue battute stupide che non facevano ridere nessuno.
Gli mancava il fatto che nonostante lui fosse sempre acido e scortese con lui, William tornava sempre alla carica, chiedendogli qualcosa o cercando di includerlo nei suoi discorsi.
Bussò alla porta della villa, per la prima volta ansioso.
Pete gli aprì e lo abbracciò forte. Aveva qualcosa di strano nel modo in cui lo guardava e gli parlava, qualcosa di diverso, eppure erano solo tre giorni che non si vedevano!
Bronx gli corse incontro gridando allegramente e gli saltò in braccio.
- Ciao piccolino! Come stai?
Gli sussurrò Gabe, stringendolo dolcemente, e il bambino si limitò a poggiargli la manina sulla faccia, sorridendo.
- Non sono bellissimi insieme? – disse Pete ad alta voce, facendo rendere conto a Gabe che non erano soli.
Alzò lo sguardo e vide che William, seduto sul divano, annuiva sorridendo e sentì il suo viso andare in fiamme.
- Ciao, scusa non ti avevo visto. – balbettò, senza guardarlo in faccia.
- Fa niente. Ciao, comunque. – rispose l’altro, alzando le spalle.
- Bronx, piccolo selvaggio, vieni, andiamo a fare il bagno, che tra due ore viene a prenderti quella putt… ehm, tua madre! – li interruppe Pete, prendendo il bambino e trascinandolo, tra le proteste, al piano di sopra. – Scusate ragazzi, devo tirarlo a lucido, tra poco arriva la strega! – gridò, mentre saliva su per le scale.
Gabe si guardò le scarpe, imbarazzato.
- Io… - cominciò William, a voce bassa. - Io credo che noi abbiamo iniziato con il piede sbagliato. Cioè, - sospirò, in evidente difficoltà. – forse io ho fatto…insomma, qualcosa di male nei tuoi confronti e vorrei rimediare.
Gabe si sentiva lo stomaco attorcigliato, le parole gli morivano in gola. Poi disse:
-  No, assolutamente. Tu non hai fatto niente di male.
- Allora perché sei sempre così freddo con me? – William lo stava guardando e Gabe sentiva i suoi occhi su di sé, come se, cocenti, gli stessero attraversando la pelle.
 

* * *

 
Era felice di averglielo detto. E ora lo stava osservando, aspettando una risposta.
Ma perché ci metteva così tanto?
- S-scusa, non era mia intenzione. – balbettò Gabe.
- Allora non è una cosa voluta il fatto che mi ignori palesemente? Che io ti inseguo come un cagnolino per…ehm, fare amicizia e tu non mi degni di una parola o di uno sguardo? – La voce di William era diventata tagliente, la delusione bruciava ancora.
L’altro lo guardò, restando in silenzio. Poi disse:
- Ecco, vedi. È questo.
- Questo cosa?
- È questo che mi da fastidio di te, William. Il fatto che tu voglia piacere alle persone per forza.
- Io non voglio piacere alle persone per forza! Io volevo piacere a te per forza! – rispose William, alzando la voce, pentendosi quasi subito delle parole che erano uscite, quasi automaticamente dalla sua bocca.


 

* * *


Gabe quasi svenne dalla sorpresa. Aprì e richiuse la bocca tre volte, cercando di emettere un qualunque suono, ma i risultati furono scarsi. Forse aveva frainteso.
- C-che vuoi dire, scusa? – chiese esitante.
- Mio Dio, Gabe, sei un completo idiota! Come puoi non capire? – rispose ad alta voce l’altro, alzandosi ed andandosene, arrabbiato.
Gabe rimase con un’espressione da stupido stampata sul volto, in piedi come quando era entrato, sobbalzando al rumore della porta chiusa con violenza da William.

 

* * *

 
Nessuno l’aveva mai rifiutato. Sapeva di essere bello, bravo, simpatico e discretamente famoso: qualità che avrebbero fatto impazzire tutti. Tutti meno che lui.
Il signorino era troppo impegnato ad essere divertente e gentile con tutti per potergli prestare attenzione. Era troppo impegnato ad essere così dannatamente adorabile e dolce. E bello. E simpatico. E…bello l’aveva già detto?
Scosse la testa, per allontanare quei pensieri e ricordare il motivo per il quale era arrabbiato.
Sbuffò, camminando verso il suo piccolo appartamento soffocante. Stare così tanto tempo nella gigantesca casa di Pete lo stava abituando male.

 

* * *

 
Gabe era seduto sul divano, con gli occhi ancora spalancati e la bocca semiaperta, pensando e ripensando alle parole di William, incapace di attribuirgli un significato.
Pete scese e lo guardò, ridacchiando.
- Sai che hai proprio la faccia da scemo? – gli disse, sedendosi accanto a lui con Bronx sulle ginocchia.
- Mio Dio, Pete. Che casino.
- Non ho potuto fare a meno di ascoltare i vostri delicati toni dal piano di sopra. E devo dire che William ha ragione, sei un idiota patentato.
- Ha detto che sono un “idiota completo”.
- Quello che è. Comunque idiota resti. – rise Pete.
- Ma perché? – piagnucolò Gabe.
Pete finse di essere preso momentaneamente dai calzini del figlio, ma era chiaro che voleva semplicemente evitare di rispondere.
Poi disse:
- Dovresti conoscerlo un po’ meglio. Bill, intendo. È un ragazzo d’oro, ne vale la pena.
- Ma se adesso lui mi odia! – sbottò Gabe, incrociando le braccia al petto.
- Muovi il culo e va’ da lui. Non è un consiglio, è un fottuto ordine, Gabe. – si alzò, scribacchiò l’indirizzo su un pezzo di carta e spinse il ragazzo verso la porta con modi molto poco educati.
- Ma... – Gabe era perplesso.
- Niente ma! Lui ha provato a fare amicizia con te, tu sei stato sgarbato, ora rimedi.
 

* * *

 
Gabe camminava lentamente lungo la strada assolata, senza sapere bene perché lo stesse facendo e perché stava davvero dando ascolto a Pete, quando poteva benissimo fare dietro-front e tornarsene a casa. Ma non lo avrebbe fatto. Sapeva di essere troppo attratto da William per lasciarsi sfuggire quell’occasione. Si era accorto che lo odiava solo perché in realtà non si sentiva alla sua altezza.
Gli piaceva. Gli piaceva la sua voce, il suo viso, i suoi capelli, il fatto che fosse sempre allegro. Gli piacevano pure le sue manie da checca.  
Arrivò all’indirizzo scritto sul foglietto stropicciato e l’ansia cominciò ad attanagliargli lo stomaco.
 

* * *

 
- Cosa ci fai qui? – chiese William spiazzato, non appena si era reso conto di chi aveva bussato alla porta.
- Ciao. – disse Gabe, facendo spallucce.
- Che vuoi? – stavolta era lui ad essere sgarbato. Fanculo, gli avrebbe fatto vedere quanto era bello comportarsi così.
- Io credo chenoi possiamo lasciarci alle spalle il passato e ricominciare da capo.- sussurrò Gabe, evitando accuratamente di guardarlo.
William sorrise. Poi gli porse la mano destra e disse:
- Okay, faremo così.- si schiarì la voce e continuò - Piacere, io sono William. Ma puoi chiamarmi Bill, se ti piace di più. – continuò a sorridere verso il suo interlocutore, che lo guardava un po’  sorpreso e un po’ divertito.
 

* * *

 
- Io invece sono Gabriel Eduardo, ma ormai nemmeno mia nonna mi chiama più così, quindi chiamami Gabe!
Will gli scoppiò a ridere in faccia e lui rise a sua volta. La tensione si era molto allentata e si sentiva più tranquillo.
William lo fece entrare in casa. L’appartamento era piccolo e abbastanza in disordine: pile di CD, duo o tre chitarre in giro, mensole piene di foto e di regali dei fan. A Gabe piaceva, però. Quell’ambiente era proprio come William: incasinato, ma comunque bello e piacevole.
- È carino qui! – disse sinceramente, sorridendo ancora all’altro.
 

* * *

 
Ok, si era rassegnato al fatto di essere completamente perso per Bill, ma…
Aveva avuto troppe delusioni, aveva incontrato troppe persone che lo avevano illuso e poi ferito. E se non lo avevano illuso o ferito, lo avevano ignorato. Sembrava che nessuno riuscisse a capirlo davvero. Che nessuno si accorgesse che il fatto che lui fosse simpatico e sempre allegro non significava che in realtà non potesse soffrire.
Ed ora non voleva cedere di fronte ad un paio di occhi scintillanti. Meravigliosi occhi scintillanti, si corresse mentalmente.
William era veramente troppo per lui, lo sapeva.
Si era veramente rassegnato al fatto di essere completamente perso per Bill, ma…
Non era ancora riuscito a scrivere quella dannata canzone.
 
 
 
 
 
 
 
   
 
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