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Autore: TechnicolorBarbi    14/05/2011    1 recensioni
Kurt Hummel è chiuso nella sua camera. Le gambe strette al petto. Il dolore troppo grande da sopportare. Un enorme senso di colpa e una parola gli trafiggono il cuore e la mente: "perché?". In un lungo flashback raccontato alla sua migliore amica Mercedes, Kurt spiegherà la sua storia. Dalla violenza, all'amicizia fino all'amore con il suo famigerato bullo David Karofsky. Passando per le sofferenze e le incomprensioni il lettore viene proiettato dentro al cuore e alla mente dei due protagonisti.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Dave Karofsky, Kurt Hummel
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ecco a voi il 6 capitolo!
Sono stata veloce sta volta, ammettetelo :)
Mi raccomandoooo!
Commenti, commenti e commenti. Voglio sapere se la storia fila e se abbia un senso ciò che sto elaborando :P

Love yaa, all, as always
Tech-B.



Dave Karofsky passò una notte tormentata. 
 
Temeva di addormentarsi, per poi svegliarsi e realizzare che tutto fosse stato un sogno.
 
Poteva essere la realtà? Poteva, Kurt Hummel, essere entrato in casa sua ed averlo capito? Consolato, per alcuni versi?
 
Gli si formava un nodo allo stomaco solo al pensiero della sua mano che sfiorava la sua spalla, poco prima di andarsene. Il brivido lungo la schiena che il tocco leggero del piccolo gli aveva causato. E la voglia di rincorrerlo, fermarlo e dirgli quanto lo amasse, prima che uscisse dalla porta.
 
Non l’aveva fatto perché era un codardo. E, in cuor suo, sapeva che non ci sarebbe mai riuscito.
 
Kurt era troppo per lui. Troppo bello; troppo aggraziato; troppo fine e, come aveva appena scoperto; anche molto poco superficiale. 
 
Alle sette meno un quarto decise che era ora di alzare il suo possente didietro e andare a fare colazione. 
 
Il pensiero del test di storia che avrebbe dovuto affrontare quella mattina stessa, lo mise in ansia. 
 
Non era il tipo di ragazzo che stava chiuso in casa a studiare giorno e notte per prendere tutti A+, certo. Solo gli dispiaceva prendere delle insufficienze. 
 
Soprattutto perché la scelta del college si stava avvicinando e non sapeva da che parte sbattere la testa. Era certo di vincere una borsa di studio per il Football ma, in fin dei conti, non era sicuro di voler passare la vita in un campo, a correre, saltando addosso ad avversari per accapparrarsi una palla.
 
Voleva fare legge e entrare ad Harvard, magari con un’ottima media e diventare un gran avvocato. 
 
Gli avvocati sembrano sempre così sicuri di se stessi…
 
“Davey, pensi di mangiarle quelle uova o no?”
“Eh?… Ah, si, scusa, Mami… Ora… Ora mangio.”
“Davey, tutto ok? Sei così perso sta mattina… Dopo che è uscito quel ragazzo ieri sera sei… Sei così…D iverso… Ieri sera non sei neanche sceso a cena…”
“Mami, non… Non è niente…”
“Davey, non voglio insistere… Solo… Mi ha detto “Lo tenga d’occhio signora”… E mi sono preoccupata”
“Ha detto cos..? No, mami, seriamente… Non è nulla… Veramente, te lo giuro. Ti voglio bene”
 
Dave si infilò le scarpe e uscì dalla porta.
 
Davvero Kurt Hummel era preoccupato per lui? Davvero aveva detto a sua madre di tenerlo d’occhio? 
 
Era dolce da parte sua, no? Carino… 
 
Avevano o non avevano gettato le basi per un’amicizia? Sembrava quello, no? Volente o nolente si era aperto al giovane cantante ed era stato… Compreso? Accettato?
 
Doveva pur essere la base di qualcosa di sincero, no? 
 
Quante domande, Dave, quante domande… Che fottuto casino che hai in questa cazzo di testa…
 
-------------------------
 
Kurt si era svegliato in ritardo. 
 
Aveva dormito poco e male e aveva passato gran parte della notte a pensare.
 
Per un certo senso si vergognava di se stesso. Stupirsi così tanto del fatto che Karofsky fosse una persona e avesse un cuore. Era ovvio che avesse un cuore. Era ovvio che fosse una persona. Ed era anche altrettanto ovvio che tutto quell’odio celava una personalità insicura che non faceva altro che gridare aiuto.
 
Era dannatamente ovvio. Ma non l’aveva capito prima di allora.
 
Come puoi essere così stupido, Kurt?
 
“Hei, Bro, tutto bene?”
“Buongiorno Finn, certo, te? Hai già fatto colazione? Ho preparato un po’ di toast per Burt e Carole e ne hanno lasciati un paio, prendi pure se hai fame!”
“Sicuro di non volerli tu?”
“Ma no, prendi pure!! Mi potresti dare uno strappo fino a scuola? Sono in riserva con la macchina e non ho contati per andare dal benzinaio al momento…”
“Certo volentieri!”
 
Proprio in quel momento entrò Burt in cucina, sistemandosi il cappellino, pronto per andare in officina.
 
“Come mai sei già in riserva, Kurt? Hai fatto il pieno pochi giorni fa”
“Ho fatto un viaggio molto lungo, sono andato a trovare una pers… Un amico che abita un po’ fuori città”
 
Amico? Beh sì… E’ la parola giusta… Amico… Stiamo costruendo un’amicizia… Ha senso, dopotutto… Lui si è aperto con me, io non l’ho giudicato e abbiamo parlato… E’… Un’amicizia, no?
 
“Blaine?” sbottò Finn con poco interesse, concentrato sui suoi toast.
“No, Finn: non amico COSI’ amico, ecco. Mi hai detto che si chiama… David, se non sbaglio?”
 
Burt era un bravo padre. Parlare di ragazzi con il figlio lo metteva un attimo in soggezione, certo. Ma lo accettava e faceva di tutto per stargli accanto e risultare sempre interessato alla sua vita amorosa.
 
“Ei aato asa i Arosky??!?!?!?!?!?!?!”
 
Urlò Finn, alzandosi in piedi dalla sedia, svegliandosi totalmente dal suo dormi-veglia e sputando toast in giro per la cucina.
 
“Potresti ripetere, prego? Comprensibilmente per gli esseri umani, grazie?” Rispose secco Kurt, scrollandosi di dosso quel poco di toast sputacchiato dal fratellastro con aria disgustata.
 
Finn ingerì il boccone tutto d’un fiato, soffocandosi, quasi, e ripropose la domanda:
 
“SEI ANDATO A CASA DI KAROFSKY?!?!?!?”
 
Il piccolo Gleek temeva di aver capito bene la domanda la prima volta. 
 
“Senti, Finn, lo so che non approvi e che mi ha fatto del male… Ma è solo molto insicuro e molto timido riguardo a un sacco di cose… E’ riuscito ad aprirsi un po’ con me e… E voglio stargli accanto perché… Perché mi sembra giusto, ecco… Siamo… Amici, tutto qua…”
 
Amici, oddio quanto suonava creepy come parola…
 
“Kurt… Voglio fidarmi di te… Ma… S… Sei mio fratello e ci tengo a te… Per qual… Qualsiasi cosa, dimmelo, ok? Chiamami o… Quel che devi… Ok?”
 
Finn aveva corrucciato la fronte… E sembrava seriamente preoccupato per Kurt che lo guardava con fare distante e disinteressato.
 
“Mamma mia, Finn, calmati! Non c’è niente di cui essere preoccupato… Non sono in preda a nessuna sindrome di Stoccolma o…”
 
“SINDROME DI CHE?!?!?”
 
“Finn… Lascia stare… Solo… Non preoccuparti, ok? Andiamo a scuola”
 
“Ok… Come vuoi… Mi fa un po’ paura ‘sta cosa… Ma se preferisci… Non parliamone più solo… Ci sono, ok? Vado a prendere le chiavi della macchina.”
 

--------------
 
Dave arrivò a scuola e non sapeva cosa fare. 
 
Continuava a guardarsi intorno sperando di vedere Kurt… 
 
Ma cosa avrebbe dovuto fare, dopo? Salutarlo? Non salutarlo? Magari il giovane si era pentito di essersi dimostrato così amichevole nei suoi confronti… Magari non voleva neanche vederlo…
 
O magari avrebbe voluto salutarlo anche lui ma aveva gli stessi medesimi dubbi esistenziali… 
 
Forse entrambi stavano aspettando che l’altro li salutasse e quindi non si sarebbero salutati mai e poi mai…
 
Dave, ripigliati, te ne prego…
 
“Ehi, Bro, come butta?” disse una voce alle sue spalle
“Kurt?!?!?” Rispose Dave, senza pensarci, riaffiorando dall’oblio dei suoi pensieri
“No, vecchio… Azimio… Adams… Tutto ok? Perché sarei dovuto essere quella checca di Hummel?”
“Lascia stare, ho dormito male sta notte e… Prima l’ho visto passare (magari) e mi sarà rimasto impresso”
“Ahahahah vecchio, sei fuori, oggi! Ci vediamo dopo ad allenamento!”
 
Avrebbe voluto dirlo ad Azimio… Almeno a lui… Di quanto gli piacesse Kurt e di quanto fosse LUI STESSO una checca. 
 
D’altronde erano amici da COSI’ tanti anni che non era giusto nei suoi confronti tenerglielo nascosto… 
 
Nel profondo del cuore sapeva che non lo avrebbe giudicato. Forse gli sarebbe servito un po’ di tempo per metabolizzare la notizia ma, di certo, non lo avrebbe giudicato o preso in giro o, peggio, pestato. 
 
Era il suo migliore amico e la cosa era assolutamente reciproca e, anche se non se l’erano mai detti, era implicito.
 
“Ehi, ciao, va un po’ meglio oggi?”
“Azi, dimmi!”
“No, non sono Azimio, sono Kurt!”
 
Kurt…
 
“Ah, scusa Hum… KURT! Stavo parlando con Azimio prima e pensavo fosse tornato indietro a chiedermi una cosa”
“Non c’è problema… Tutto bene?”
“Sì, direi di sì… Te?”
“Tutto bene, grazie… Senti… Ti andrebbe di finire la chiacchierata iniziata ier…”
“…CERTO!”
 
Che cretino, avresti potuto aspettare, per lo meno, che finisse la domanda, no?
 
“Per… Perfetto! Potremmo andare al bowling o a casa tua se non vuoi che ci vedano ins…”
“… al bowling va benissimo, Kurt… Sarebbe perfetto, no? Ma tu così perfettino non hai, ehm, problemi con le scarpe?”
 
Gli piaceva punzecchiare Kurt… Per la prima volta, in modo innocente, senza avere bisogno di apparire il suo bullo famigerato.
 
“Ma va là, ho le mie, OVVIAMENTE” Rispose il giovane con un sorrisetto, come se si aspettasse la domanda.
 
“Allora a oggi pomeriggio?”
 
“Sì, per… Perfetto!”
 
Il cantante aveva girato i tacchi e aveva accennato ad andarsene quando Karfosky raccolse tutto il coraggio che trovò in corpo.
 
“Kurt… Non è che… Sarebbe una bella idea, nel senso… Se ci scambiassimo i numero… Così… Metti il caso che non ci becchiamo ci facciamo uno… Uno squillo, ecco.”
 
Il gleek rispose con un “Mi pare una grandissima idea, Dave” e gli scrisse il suo numero su un foglietto di carta.
  
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