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Autore: Aesir    15/05/2011    1 recensioni
[Aliens/Predator]
Racconto che si svolge nell'universo fantascientifico di Alien e Predator, o rispettivamente come si chiamano xenomorfi e yaut'ja.
La storia segue il film Alien vs Predator, ma va a cancellare i vari Alien seguenti.
La storia comincia con un'oscura profezia.
E' il 2012.
E gli xenomorfi... stanno arrivando...
Genere: Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Scena Quattro (IV): I MOSTRI
 
Parigi, Terra
 
“Ma com’è che sono finto a fare questo lavoro de mierda?” si chiese Jacques.
Jacques, a sentire i suoi amici era uno degli uomini più sfortunati del mondo, forse il più sfortunato in assoluto.
Il padrone di casa che lo assillava, una moglie alcolizzata che non gli dava tregua, sempre a lagnarsi di non avere abbastanza soldi, e che tra l’altro da un po’ minacciava di lasciarlo, e ciliegina sulla torta, quel che lui stesso definiva “un lavoro de mierda” .
Ripulire i condotti fognari di Parigi.
Non era esattamente quello che avrebbe voluto quando si era presentato ad un’agenzia per trovare lavoro, ma ci si doveva accontentare.
“Ci si doveva accontentare”.
Aveva tirato avanti anni con quell’eterna cantilena.
E non aveva intenzione di smettere.
Cominciò a canticchiare un motivetto che solo lui conosceva, mentre scrostava viscidume dalle pareti delle fogne.
C’era la storia, sotto Parigi, se si sapeva dove andarla a cercare, bunker improvvisati della seconda guerra mondiale.
Ma soprattutto cunicoli che fornivano rifugio ad eterne comunità di senzatetto.
Eh, a proposito dei senzatetto.
Com’era che non ne aveva visto nessuno?
Di solito si imbatteva in almeno quattro o cinque poveracci, nel corso dei suoi spostamenti sotto la superficie.
Oggi, stranamente, neanche uno.
Meglio, pensò, non devo neanche chiedergli di spostarsi per lavorare.
E magari ricevere per tutta risposta una scarpa e qualche insulto.
Ingrati.
Dopotutto era anche merito suo se non si prendevano la rabbia, la salmonella o Dio sa che altra cosa là sotto.
Vide un movimento, nell’acqua.
Lì per lì non ci badò.
I ratti là sotto potevano diventare davvero grossi.
Per non parlare dei pitoni!
Talvolta questi rettili venivano abbandonati nelle fogne dai loro sconsiderati proprietari.
La maggior parte moriva, ma alcuni riuscivano ad adattarsi.
Ma quella “cosa”, qualunque cosa fosse, era più grossa di qualsiasi pitone.
Ripensò alle storie sul coccodrillo, che, gettato da un gabinetto, era diventato albino e mostruosamente grande…
Ma no.
Fantasie.
Ma lì c’era qualcosa.
Di grosso.
Di spaventoso.
Lentamente, il buio sotto i suoi occhi prese forma…
Una specie di coda calò dal soffitto.
Spostò tremante il raggio della torcia.
“Sssshhhhhhhhhhh…”
Una forma oblunga e semitrasparente.
Una bocca piena di denti che gocciolava bava.
Una bocca che si apriva di scatto.
“Vraaaarrrhhhhh!!!”
 
Qualche ora più tardi, un altro “operatore ecologico” venne mandato alla sua ricerca.
L’addetto, una donna sulla trentina, che i suoi colleghi guardavano con curiosità chiedendosi perché mai non facesse un lavoro più decoroso, e che aveva il suo bel daffare per respingere le proposte di uomini non sempre perfettamente sobri, caratteristica questa tra l’altro non particolarmente richiesta nel loro lavoro, camminò in mezzo ai cunicoli per più di due ore, fermandosi di tanto in tanto a chiamare il nome del disperso.
Stava per darsi per vinta, quando sentì un rumore.
Incuriosita, svoltò l’angolo.
Le pareti del cunicolo erano coperte da un materiale nero, sembrava quasi di trovarsi nel corpo di qualche gigantesco animale.
Almeno venti persone erano state appese come crocefisse alle pareti, legate da una resina nera.
La maggior parte era morta, aveva il petto squarciato, le costole rivolte in fuori.
Come se qualcosa fosse uscito da quei corpi.
Sul pavimento si scorgevano strani oggetti di un materiale simile al cuoio, alti più di mezzo metro.
Sembravano uova.
Ma ciò che vide dopo le fece scordare le “uova”.
Jacques era bloccato dai medesimi legacci, ma il corpo era intatto.
“Jacques!” chiamò sottovoce la donna.
Lui sollevò spaventato la testa.
“Resisti, cerco di tirarti fuori!”
Ma prima che potesse fare una mossa, uno spasmo attraversò il corpo dell’uomo.
Poi un altro.
Dopo quelle che sembrarono infinite contrazioni, accompagnate da urla strazianti, il torace dell’uomo esplose, e da lì fuoriesce una creatura.
Giallastra, completamente imbrattata di sangue, sembra un serpente.
Completamente privo di occhi, però.
Ma in compenso dotato di una bocca.
E di denti.
Tantissimi denti.
Il mostriciattolo stridette un attimo, poi scivolò al suolo e schizzò via.
La donna lo osservò paralizzata.
Non si accorse che, dietro di lei, uno di quegli oggetti a forma di uovo si era aperto, e che delle zampette simili a dita si agitavano sul bordo…
 
Parecchio fuori di Seward, Alaska, Terra.
 
Gli umani nemmeno si erano resi conto di essere finiti nel territorio dei terribili predatori… finchè non fu troppo tardi.
Fra i sibili e gli stridii e le urla che si alzavano nell’aria, le code saettanti indicavano il luogo dove era avvenuta ogni uccisione.
Metà del gruppo venne macellato prima che ancora si rendessero conto di ciò che accadeva.
Poi, il panico.
Atterriti dall’orrenda sorpresa, gli uomini cominciarono a correre urlando.
Uno di questi, nel fuggi fuggi si voltò… giusto per vedere la creatura balzargli alla gola…
Frank sbadigliò.
Lo scassato apparecchio televisivo stava trasmettendo un qualche film, ma non ci badava troppo.
Come lavoro, affittava mezzi di trasporto sul ghiaccio di inverno e li teneva in custodia per conto di qualcuno in estate.
Nessuno aveva voglia di andare ad impantanarsi nella fanghiglia piena di insettini turbinanti che si formava al disgelo.
Che noia.
Il mondo era sconvolto dall’apparizione di mostri nelle principali città, ma lì, dove le notizie giungevano ancora con la motoslitta del postino con una settimana di ritardo, ancora non si sapeva nulla.
Sbadigliò di nuovo e si aprì una birra.
Stava cominciando a berla quando sentì dei suoni all’esterno.
Non ci badò.
Forse il cane aveva trovato uno scoiattolo sprovveduto.
L’abbaiare cessò, sostituito da un guaito patetico, poi nulla.
Deglutì.
Improvvisamente la birra non aveva più un gran sapore.
Prese il fucile.
Potevano essere dei lupi, sapeva che da un po’ bazzicavano in zona.
Aprì la porta.
Una coda terminante con una punta calò.
L’ultima cosa che vide fu la neve, al suolo, mentre veniva trascinato via.
Era rossa.
Sporca di sangue.
Del suo sangue. 
   
 
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